Chi sono…
Sono un’insegnante di lingua e cultura spagnola e ispanoamericana di scuola secondaria di II grado, più che un lavoro, è la mia passione.
La prima volta che…
Da piccola le mie tecnologie (non digitali ma altrettanto interattive) preferite erano le favole che mia madre mi leggeva e che mi facevano “navigare” con la fantasia per oceani lontani, “esplorare” luoghi sconosciuti, “conoscere e chiacchierare” con personaggi storici, leggendari, fiabeschi che si materializzavano al suono di una sua parola. In fondo, come afferma Carmen Martín Gaite,
si può viaggiare con l’immaginazione
e fare ciò non è meno reale della realtà.
Altre tecnologie precedettero l’entrata del computer nella casa della mia famiglia: la televisione, il videoregistratore e i giochi interattivi tipo Sapientino, Conoscendo il corpo umano…
All’età di circa 10 anni, ho guardato con sorpresa quello strano marchingegno che papà aveva collegato al monitor della tv e che faceva divertire me, mia sorella e le mie amiche con giochi come Pacman, Tetris, Nibbles…
Si trattava di uno di uno dei primi modelli di pc, che sfruttava il sistema DOS: un vero e proprio “brontosauro”, grande, ingombrante e lentissimo, anche se allora sembrava perfetto.
Alla scuola media, il computer si trasformò da compagno di giochi in materia di studio abbastanza difficile e non molto divertente: una volta a settimana un professore di informatica ci portava in un laboratorio pieno di computer dove ci insegnava come erano fatti e come si programmava in linguaggio Pascal.
Col passare del tempo, tuttavia, cominciai a scoprire quali risorse nascondeva il computer e iniziai ad apprezzarne le caratteristiche: potevo chattare con i miei amici, fare ricerche di qualsiasi tipo in internet e, quando andai a vivere in Spagna, potevo rimanere in contatto con i miei familiari attraverso le email e la web-cam.
È stato come se un universo sconosciuto e quasi parallelo si dischiudesse davanti ai miei occhi con le sue molteplici possibilità e innovazioni.
Io e le tecnologie digitali oggi…
Il mio computer è la mia finestra sul mondo
Perché diventare una profe 2.0…
Dopo essermi laureata, mi sono iscritta a due master dell’Università di Roma Tre (Multimedialità per l'e-learning e Moodle per la didattica) per imparare ad insegnare attraverso le tecnologie e migliorare la didattica in classe grazie all’uso di strumenti e risorse che creano curiosità e interesse e quindi possono facilitare il processo di apprendimento. Sono state senza dubbio due esperienze straordinarie nel mio viaggio di formazione professionale: per la prima volta seguivo video lezioni, intervenivo attivamente nei forum di discussione, entravo nell’Ambiente Wiki e partecipavo ad attività di scrittura collettiva, in cui il testo non era soltanto aperto a molteplici letture come il libro, ma anche a innumerevoli ri-scritture. Ho imparato a costruire piattaforme Moodle, ad utilizzarne strumenti e a sperimentarne possibili applicazioni. I primi due master mi hanno permesso di vivere internet come una “macchina”, nel senso di un qualcosa che “accende e accelera” il pensiero e la cooperazione, allo stesso tempo mi hanno dato l’opportunità di riflettere sull’importanza di alcuni fattori nel processo di insegnamento-apprendimento, come la creazione di un ambiente stimolante, aperto all’interscambio di idee e soprattutto alla collaborazione.
Ho cominciato a pensare a un metodo più interattivo di lavorare per condividere, confrontarsi e costruire insieme per imparare, insomma un nuovo modo di fare didattica in cui scomparivano i confini, dove non c’erano più soggetti e oggetti preventivamente definiti, con ruoli nettamente distinti… Da quegli anni di ricerca e sperimentazioni è nata l’idea di scrivere un libro di apprendimento dello spagnolo attraverso un approccio ludico, digitale e non.
Successivamente, appena ho avuto la possibilità di utilizzare la LIM in classe, ho sperimentato anche i materiali che avevo creato e in seguito pubblicato.
Mi sono iscritta al mio terzo master sulle nuove tecnologie (Tecnologie dell'istruzione e dell'apprendimento, Università di Macerata) e, successivamente, al corso di perfezionamento Insegnare e comunicare con le superfici interattive - LIM e Tablet, l’e-book e i contenuti digitali (Università di Firenze) perché, oltre ad essere competente nella disciplina che si insegna, il docente deve saper motivare i propri alunni, aiutarli nello sviluppo delle competenze e delle abilità, guidarli lungo il percorso formativo alla ricerca e alla scoperta del proprio talento.
Ho poi imparato autonomamente ad usare Sigil, un software per l'elaborazione di e-book e ho pubblicato su amazon il mio primo e-book:
Da qualche anno condivido in rete le attività e i progetti che realizzo con gli alunni: http://www.aulasencontacto.es/
Dal 2012 insegno ai Corsi TFA e PAS per l’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria, sono formatrice Corsi Moodle e di didattica innovativa.
So che le tecnologie digitali non mi daranno mai la ricetta per essere un’insegnante perfetta, ma penso che siano degli ingredienti importanti da conoscere e combinare a seconda della situazione e delle necessità di chi si ha di fronte.
I miei desideri tecnologici…anzi “barbarici”!
Non ho veri e propri desideri tecnologici da esprimere per il futuro perché penso che l’innovazione andrà avanti e continuerà a facilitare le nostre vite, quello che spero è che cambi l’atteggiamento verso la tecnologia nella scuola, molto spesso avvertita come un’apocalisse dei saperi, proprio come afferma Alessandro Baricco nel libro “I barbari. Saggio sulla mutazione”
«Tutti a sentire, nell’aria, un’incomprensibile apocalisse imminente; e, ovunque, questa voce che corre: stanno arrivando i barbari. Vedo menti raffinate scrutare l’arrivo dell'invasione con gli occhi fissi nell’orizzonte della televisione. Professori capaci, dalle loro cattedre, misurano nei silenzi dei loro allievi le rovine che si è lasciato dietro il passaggio di un’orda che, in effetti, nessuno però è riuscito a vedere. E intorno a quel che si scrive o immagina aleggia lo sguardo smarrito di esegeti che, sgomenti, raccontano una terra saccheggiata da predatori senza cultura né storia».
Oggi, davanti ai “barbari moderni”, i “difensori della cultura” hanno una visione esclusivista non molto diversa da quella dell’antichità classica, essi infatti percepiscono la propria identità in termini di una fenomenologia “noi” – “gli altri”, associata alla dicotomia positività vs. negatività. Ma, come osserva Baricco
«Bisogna concedere ai barbari la chance di essere un animale, con una sua compiutezza e un suo senso, e non pezzi del nostro corpo colpiti da una malattia. Bisogna fare lo sforzo di supporre, alle loro spalle, una logica non suicida, un movimento lucido, e un sogno vero. E questa è la ragione per cui non basta deprecare la pinna (effettivamente inutile in un quadrupede), ma è necessario capire che essa forma un’unità organica con le branchie, le squame, quel modo di respirare, quel modo di vivere. Il braccio che è diventato pinna, forse non è un cancro, ma l’inizio di un pesce».
Per cercare di superare tale atteggiamento, mi auguro che presto si capisca che non ci sono né invasori né invasi/usurpati, in fondo se ci immergessimo nel mare del sapere multimediale, scopriremmo, forse sorpresi, di avere tutti le branchie. Negando invece questa mutazione non facciamo altro che costruire nuove mura...
«Ogni volta che qualcuno si erge a denunciare la miseria di ogni singola trasformazione,
esentandosi dal dovere di comprenderla, la muraglia si alza, e la nostra cecità si moltiplica nell’idolatria di un confine che non esiste, ma che noi ci vantiamo di difendere. Non c’è confine, credetemi, non c’è civiltà da una parte e barbari dall’altra; c’è solo l’orlo della mutazione che avanza e corre dentro di noi. [...] Ognuno di noi sta dove stanno tutti, nell’unico luogo che c’è, dentro la corrente della mutazione, dove ciò che ci è noto lo chiamiamo civiltà, e quel che ancora non ha nome, barbarie. A differenza di altri, penso che sia un luogo magnifico».