seunanot12

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Non basta dichiarare che la mia è una reazione di rifiuto

da Se una notte d'inverno un viaggiatore, di Italo Calvino (1979). Einaudi, Torino. Pag. 133.

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La prima sensazione che dovrebbe trasmettere questo libro è ciò che io provo quando sento lo squillo d'un telefono, dico dovrebbe perchè dubito che le parole scritte possano darne un'idea anche parziale: non basta dichiarare che la mia è una reazione di rifiuto, di fuga da questo richiamo aggressivo e minaccioso, ma anche d'urgenza, d'insostenibilità, di coercizione che mi spinge a obbedire all'ingiunzione di quel suono precipitandomi a rispondere pur nella certezza che non me ne verrà altro che pena e disagio. Né credo che piú di un tentativo di descrizione di questo stato d'animo varrebbe una metafora, per esempio il bruciore lacerante d'una freccia che mi penetra nella carne nuda d'un fianco, e questo non perché non si possa ricorrere a una sensazione immaginaria per rendere una sensazione nota, dato che sebbene nessuno sappia piú cosa si prova quando si è colpiti da una freccia tutti pensiamo di potercelo facilmente immaginare, — il senso d'essere indifeso, senza riparo in presenza di qualcosa che ci raggiunge da spazi estranei e sconosciuti: e questo vale molto bene anche per lo squillo del telefono, — ma perché l'inesorabilità perentoria, senza modulazioni della freccia esclude tutte le intenzioni, le implicazioni, le esitazioni che può avere la voce di qualcuno che non vedo, che già prima che dica qualcosa posso prevedere se non quel che dirà almeno la reazione che susciterà in me ciò che sta per dire.

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