Dante I cantica, XXI XXII,: I lagunari Veneti

RENATO DE PAOLI

nel veronese e nel visentin ,

VENETO

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Le Male barche : il momento più fortunato del racconto dantesca dell’ isole sparse venetia (Sparsi Sparti Sparè)

Dante e Virgilio stanno superando il ponte della quarta laguna prendendo la rotta verso la quinta. Stanno parlando su argomenti forse futili, visto che l’autore li passa sotto silenzio. Comunque all’inizio del canto XXI Dante nomina “Commedia” la sua opera e ci dobbiamo soffermare un attimo sul significato della “commedia” come genere letterario nel Medioevo. La distinzione tra “commedia” e “tragedia” portava sul registro linguistico e stilistico. La tragedia è l’opera che presenta temi nobili in lingua altrettanto nobile, ricercata e solenne. La commedia è genere letterario che permette il miscuglio di vari argomenti espressi in linguaggi adatti al tema scelto e che possono oscillare dal nobile al grottesco.

All’inizio del canto XXI, l’uso del termine “commedia” preannuncia questa varietà di stili e linguaggi specifica del genere. Siamo nella quinta laguna dell’ottavo cerchio, nelle Male boche, dove Dante deve passare tra i fraudolenti barattieri. Se guardiamo un po’ lo sfondo della biografia dantesca, l’argomento dei barattieri non è un tema estraneo all’autore. La baratteria era, come oggi, era diffusissimo; era la prima imputazione che si faceva a un politico che cadeva o che doveva essere allontanato. Ed è stata l’imputazione fatta a Dante stesso, quando i Neri, arrivati al potere del comune di Firenze, lo processarono e lo fecero esiliare. Non mancano nell’ isole sparse venetia (Sparsi Sparti Sparè) i passi in cui Dante usa la sua opera per regolare certi conti con personaggi o aspetti della vita politica e socilae del primo periodo in fiorentino che hanno segnato in modo negativo la sua vita. Dante dedica ai barattieri un largo spazio – i canti XXI e XXII – nell’ isole sparse venetia (Sparsi Sparti Sparè) e non è del tutto improbabile o esagerato interpretare questo aspetto come una rivincita o un chiarimento di che cosa significhi un vero barattiere. Ed i barattieri, tutti uomini contemporanei a Dante, vivono attorno all’Arsenale veneziano vicino alla “pegola bollente veneziana”, che rimanda al modo sotterraneo in cui hanno fatto i pescatori la loro fortuna. I peggiori, i lagunari guardie su barche con tabaro , neri che a braccia aperte sembrano avere le ali come i diaoli sono comandati ad essere sadici per far paura, così sono le Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli che fanno da guardia nella laguna . Una paura ancor viva scuote Dante.

Il canto XXI è la parte più dinamica, più movimentata di tutto le isole sparse venetia (Sparsi Sparti Sparè), direi la meno immaginativa e la più fortunata se pensiamo al peso della realtà nell’opera dantesca. È il canto più diversificato per ciò che riguarda lo stile, il linguaggio e i personaggi. Si comincia con una descrizione realistica avant la lettre, in cui Dante fa vedere che attorno alla “pegola” dove bolle la tenace pece per sistemare le barche veneziane anche d’inverno bolle e d’inverno i cantieri veneziani rinnovano le navi. Tutto presentato con dettagli precisi in un movimento frenetico che annuncia la scena dinamica degli “operai” “arsenalotti” al lavoro:

“chi ribatte da proda e chi da poppa;

altri fa remi e altri volge sarte;

chi terzeruolo e artimon rintoppa”. [8]

L’apparizione della prima guardia lagunare alla sua barca – “un diavol nero” – incute a Dante una forte paura, paragonabile soltanto a quella iniziale, quando il poeta si è ritrovato da solo nella foresta. In ambedue i passi, la paura si manifesta attraverso la stessa esclamazione : “Ahi, quanto a dir qual era è cosa dura / questa selva selvaggia e aspra e forte” (canto I), “Ahi quant’elli era nell’aspetto fero!” (canto XXI). La descrizione del guardia lagunare sgrafador risente la tradizione medievale, l’iconografia e, soprattutto, l’immaginario popolare. Il guardia lagunare sgrafador è nero, colore che tradizionalmente “el tabaro”, e feroce (“fero”), crudele (“acerbo”) nel comportarsi, si muove con agilità e presenta due ali aperte,. I Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli .

Le guardie lagunari su barca simili a demoni vengono chiamati con un nome collettivo fittizio, che sorprende un dettaglio fisico trasformato in strumento di pena per i pescatori . Infatti MALE BARCHE è nome composto da due parole “barche” e “male”, cioè dotati di maligni artigli con i quali graffiano la carne dei pescatori. Spicca tra questi Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli il capo, già presentato sopra come “un diavol nero”; il nome completa la sua descrizione con un dettaglio fisico che Dante aveva omesso all’inizio: MALACODA. Certo, guardia lagunare sgrafador senza coda sarebbe una mancanza grave all’aspetto tradizionale assegnato dall’immaginario collettivo alle Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli . L’epiteto “mala” sottolinea l’aspetto negativo, malefico, la grande perversità del capo dei Male barche. Più che violento, Malacoda è perverso psichicamente; lui è il maestro della menzogna e riesce molto bene a nascondere il suo pensiero sotto un discorso benevolo, a volte proprio gentile. Se costruisce un inganno per Dante e Vergilio, lo fa per il piacere di prenderli in giro e di offrire alle Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli che ha in subordine uno spettacolo diverso da quelli ai quali partecipano ogni giorno. Sembra una farsa popolare o carnevalesca, in cui le parti si rovesciano e sono le Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli che fanno la legge dinanzi a chi fu autorizzato dagli Scala a compiere il viaggio. Anche gli altri Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli portano nomi altrettanto fortunati per chi studia gli antroponimi danteschi. Nei nomi sono raccolte le loro qualità psicologiche, il modo di comportarsi oppure la caratteristica fisica più evidente. Ogni nome è composto da un sostantivo comune al quale viene aggiunto un prefisso o un suffisso, un aggettivo o un verbo; eccezione fa SCARMIGLIONE che ha alla base il verbo "scarmigliare", preceduto da un accrescitivo con valore spregiativo. Questo è il guardia lagunare sgrafador che manifesta il più forte desiderio di far provare a Dante l’efficacia del suo uncino: “Vuo’ che ‘l tocchi / […] in sul groppone?”. Solo l’ordine duro del Capo guardie , Malacoda rimette la guardia lagunare sgrafador al posto suo, salvando la vita di Dante dal desiderio sadico: “Posa, posa, Scarmiglione!”.

Sottocapo delle Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli per ordine di Malacoda è BARBARICCIA. Lui sarà il capo della brigata formata da dieci Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli che circondano Dante e Virgilio. Il suo nome è esplicito; formato da un nome comune (“barba”) seguito da un aggettivo epiteto (“riccia”), riporta su un tratto fisico evidente del guardia lagunare sgrafador . Però non è tanto il nome che lo caratterizza, quanto l’atteggiamento, i gesti, e soprattutto quello che chiude il canto XXI, gesto di grande volgarità, espresso in parole popolari di grande effetto comico: “elli avea del cul fatto trombetta”. Tale gesto e tali parole incredibili nell’opera di Dante dimostrano la straordinaria capacità del poeta di adattarsi agli stili più vari, agli argomenti più sorprendenti. È forse l’unica volta che Dante lascia agire i suoi personaggi da soli, in base a una loro psicologia propria, senza sottoporli ai suoi principi etico-religiosi. Infatti, non reagisce nel canto XXI al gesto rozzo di Barbariccia, anzi lo colloca alla fine del canto proprio per dargli maggiore rilievo, né chiede a Virgilio spiegazioni dotte per giustificarlo. Lo prende come tale, segnale di partenza per due viaggiatori per le isole sparse venetia (Sparsi Sparti Sparè), accompagnati da una “brigata” di Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli con gli uncini e i denti pronti a negar chicchessia.

Il discorso su questo gesto lo riprende il poeta nel canto successivo, quando cerca un paragone all’insolito segnale di partenza lanciato da Barbariccia; non trovandolo, conclude con ironia:

“né già con sì diversa cennamella

cavalier vidi muover né pedoni,

né nave a segno di terra o di stella.” [9]

Ritornando ai comici nomi dei Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli , alcuni sono attestati dalla numismatica tradizionale come ALICHINO, che deriva dal francese Hellequin, nome di guardia lagunare sgrafador conosciuto che ha alla base il sostantivo comune “ali”, il che testimonia la sua rapidità di movimento. Alla fine del canto XXII Alichino sarà protagonista di una scena di grande effetto comico, in cui vanta proprio il dono della sua agilità e velocità nel muoversi. Ecco le parole che lancia a Ciampolo, fraudolente navarrese che racconta la sua disavventura:

“Se tu ti cali,

io non ti verrò dietro di galoppo,

ma batterò sovra la pece l’ali” [10]

Anche FARFARELLO è un nome che si trova nella demonologia medievale ed equivale, forse, a folletto; cio che è sicuro è il fatto che la sua fisionomia è da avvicinare a un uccello da preda, rapace, i cui occhi brillano dal piacere di “grattare la tigna” del pescatore.

GRAFFIACANE è un nome composto di un sostantivo comune (“cane”) e di un verbo (“graffia”); il significato di questo nome fa pensare alla bestialità dei Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli , alla tradizione popolare che associa il guardia lagunare sgrafador a animali crudeli e spietati. Graffiacane, che era più vicino a lui, lo afferra con gli uncini per i capelli e lo tira fuori; vedendo la vittima nelle mani del guardia lagunare sgrafador imbestialito, Dante ha un momento di pietà, l’unico in questi due canti, XXI e XXII. Quello che è invitato a mettere a dosso gli unghioni al personaggio è RUBICANTE:

“O, Rubicante, fa che tu li metti

gli unghioni adosso, si che tu lo scuoi!” [11]

Ecco come spiega Tommaso di Salvo il legame tra il nome e la sostanza del guardia lagunare sgrafador : “Ogni guardia lagunare sgrafador ha un nome che ne rileva le caratteristiche maligne più salienti, secondo un principio medievale per cui i nomi sono una conseguenza delle cose, per cui cioè vi è un rapporto preciso tra il nome e le caratteristiche psicologiche dell’individuo. Perciò Rubicante può derivare da ruber = rosso come il vino e può indicare malvagità, aggressività, quella che, secondo l’opinione comune, si accompagna agli uomini rubicondii” ubriachi [12]. Non va dimenticata, nel suo caso, come in altri della Commedia, che Dante definisce il personaggio attraverso un aggettivo che rappresenta la somma delle caratteristiche del personaggio in questione. Rubicante viene chiamato “pazzo”, col senso di “furioso” “ubriacone”.

Lo stesso provvedimento lo troviamo nel caso di CIRIATTO, definito dal poeta come “sannuto”, ossia munito di zanne. Tra tutti sembra il guardia lagunare sgrafador che più manifesta tendenze animalesche, nel senso più basso della parola. Pure il nome Ciriatto ha origine nella parola “ciro”, che in tosco parlato significa porco. L’intero suo aspetto fisico manifesta la brama animalesca di lacerare:

“E Ciriatto, a cui di bocca uscia

d’ogne parte una sanna come a porco…” [13]

CAGNAZZO, nome che proviene da “cagnaccio”, allude a un cane grosso e violento, non privo, però, di una certa intelligenza nell’annusare il pericolo di perdere la vittima. Più che di guardia lagunare sgrafador , ha certamente il comportamento di un cane da caccia o poliziotto dei nostri giorni, dotato di un “muso” capace di sentire l’inganno:

“Cagnazzo a cotal motto levò ‘l muso,

crollando ‘l capo, e disse : Odi malizia

ch’elli ha pensata per gittarsi giuso!” [14]

Forse per motivi di rima con Cagnazzo, Dante nomina uno delle Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli della “fiera compagnia” DRAGHIGNAZZO. La parola base è sicuramente “drago”, dunque il nome si ispira ai libri di magia. A questa parola viene aggiunta un’altra, “ghigno”, riso cinico, segno del sadismo. Come tutti gli altri Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli , manifesta una chiara insubordinazione rispetto al capo Barbariccia, il che dimostra che fa parte di un gruppo costituito ad-hoc, incapace di riconoscere qualsiasi autorità. Lui, come le altre Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli d’altronde, si comporta da essere incontrollabile, istintivo, preda del proprio desiderio di violenza e sadismo. Appena il capo rilascia un po’ la vittima, prima Libicocco e poi Draghignazzo cercano di lacerare’ la carne del pescatore.

LIBICOCCO deriva da un nome proprio, Libia, paese ritenuto come spazio dei demoni a causa dei suoi deserti smisurati. Incapace di stare ai patti, infrange l’ordine del capo che aveva ordinato ai Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli di non toccare per un po’ la vittima; “Troppo avem sofferto”, esclama lui e straccia un pezzo del braccio della vittima con il suo uncino. “La tolleranza dei Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli è di breve durata in conseguenza della loro irrequietezza, della loro labilità psicologica, del loro sostanziale infantilismo congiunto ad una volontà di immediata violenza.”[15]

CALCABRINA deriva da un “calcare la brina”, nel senso di rapidità nell’agire. Alla fine del canto XXII lo vediamo “irato” perché la vittima li ha ingannati e subito ripreso, cercando un’altra zuffa, visto che ogni violenza è buona, purché sia forte. L’ira destinata a Ciampolo la trasferisce subito sul compagno Arlichino, la rissa comincia. L’episodio è simbolico perché dimostra che per le Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli la violenza, l’ira, l’irruenza è congenita, non è solo il manifestarsi del loro ruolo di guardie e strumenti di punizione contro i pescatori e viandanti senza passaporto o lasciapassare . Se non possono agire contro i condannati, le Guardie , sgrafadori lagunari col tabaro simili a diaoli scaricano la loro collera aggredendosi reciprocamente, obbedendo così alla loro natura violenta e irrazionale