Finalmente si torna a teatro! E lo si fa per conoscere la coscienza eretica e vibrante di Pier Paolo Pasolini, a cui Raffaello Fusaro dà corpo e sostanza portando in scena l'accattivante monologo dedicato all'infanzia e alla giovinezza dello scrittore corsaro.
"Vivo sempre gettato nel futuro", l'urlo e il sussurro di un animo in tumulto che non rifugge la contraddizione, che si lancia nel baratro, nell'esplorazione di sé, di quella sua interiorità fatta di pulsioni corporali e istintualità, che finisce per condannarlo alla solitudine nel magma dell'esistenza. Bellissime le suggestioni di un'alunna alla fine dello spettacolo: "Ho vissuto in prima persona questa mattina un magnifico sogno, con le parole, con la musica, con le immagini. Mi è parsa un'esperienza di viaggio, come se fossi salita su un treno astratto, immaginario, che mi ha condotta nei vari luoghi che il grande Pasolini ha toccato. In particolare i luoghi della mente e del cuore di chi ha conosciuto il disprezzo verso chi è diverso. Ma la vita mi insegna che siamo tutti diversi e tutti "erriamo" per sentieri ostinati e contrari. È perfetta così la nostra storia sbagliata!"
Permane allora l'attesa, ovvero la speranza di un tempo altro, di una primavera rigenerante.
Forse è proprio qui il senso della "meglio gioventù".
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