L’ISOLA CHE NON C’E’
Nel 1997 si scoprì per la prima volta la gigantesca isola di plastica al largo delle coste della California quando il capitano di marina e oceanografo Charles Moore attraversò per la prima volta un enorme ammasso di plastica. Venne chiamato “Il Great Pacific Garbage Patch”, noto anche come “Pacific Trash Vortex”. Si tratta di un enorme accumulo di spazzatura galleggiante situato nell'Oceano Pacifico, composto per lo più di plastica e si è formato nel corso dei decenni con l’accumulo di materiale che gli uomini hanno gettato sulle spiagge e nel mare e le correnti hanno trasportato al centro dell’oceano. La superficie è variabile e l’attuale è stimata tra i 700.000 km² e 10 milioni di km² (cioè un'area più vasta della Penisola iberica). Le conseguenze di tutto questo sono gravi, come per esempio i danni alla fauna. Ci sono circa 700 specie, comprese quelle a rischio di estinzione, colpite dalla plastica gettata in mare. In primis se ne cibano gli uccelli marini che restano intrappolati e soffocano. La plastica è anche ingerita, sotto forma di microplastiche, da tanti pesci, molluschi e crostacei. In sostanza, sono interessate quasi tutte le specie che vivono nei fondali marini. Ma per via dell’ingestione di materiali plastici, non stanno male solo gli animali marini, ma anche noi umani che mangiamo pesce e molluschi inquinati.
Perché si sono formate le isole di plastica?
Le cause principali della formazione delle isole di plastica sono da ricercarsi nelle grandi industrie che in maniera irresponsabile scaricano rifiuti in mare. A queste si aggiungono anche le navi da pesca, i rifiuti lasciati sulle spiagge e le piattaforme petrolifere.
Perché utilizziamo così tanta plastica?
Per un motivo molto semplice: è economica, leggera, resistente e duratura. Tutte caratteristiche ottime se si guarda all’uso da parte dei consumatori. Proprio per le sue capacità resistenti, è usata da tantissime industrie per fare oggetti di vario genere e viene comunemente utilizzata in oggetti di uso frequente, anche detti “usa e getta”.
Come si può risolvere questo problema?
La situazione è chiara: l’unica maniera per ridurre questo inquinamento è cercare di limitare al minimo l’uso della plastica, specialmente negli imballaggi. Il riciclo e riuso diventa fondamentale: confezioni di detersivi, bottiglie e buste possono essere riusate dandogli una seconda vita. Cambiare le nostre abitudini di acquisto è di un’importanza unica. Cercare di comprare “alla spina”, utilizzare buste di tela per la spesa, acquistare sistemi di filtrazione dell’acqua per eliminare le bottiglie, promuovere progetti di pulizia dell’ambiente, compresi mari, fiumi e laghi come ad esempio installare droni acquatici che raccolgono la plastica, cestini galleggianti che filtrano l’acqua togliendo la sporcizia oppure utilizzare navi mangia-plastica e posizionare barriere nei fiumi che servono a far accumulare i rifiuti in una precisa area, dove successivamente vengono raccolti e smaltiti. Per mitigare questa situazione la tecnologia può dare un grande aiuto nel rimuovere le grandi isole di plastica che galleggiano negli oceani.
Noi, ragazzi, cosa possiamo fare?
Cominciamo con l'incartare i nostri panini nella carta anziché nella pellicola di materiale plastico!
Fonti: acquaalma, google e altri siti
E. V. IF