COLLEFERRO. La nostra città

di Angelica Gregori e Marika Moretti

Il primo nucleo della città di Colleferro nacque nell’area del nodo ferroviario di incontro delle linee Roma-Cassino-Napoli e Velletri-Segni, dove sorse per iniziativa della società Valsacco uno zuccherificio e un piccolo aggregato con una scuola elementare. Dal 1912 la fabbrica venne riorganizzata su iniziativa di due imprenditori, il senatore Giovanni Bombrini e l’ingegnere Leopoldo Parodi Delfino, in un impianto industriale per la produzione di esplosivi e di altro materiale militare. Fornitrice del Ministero della Difesa, divenne con la Prima guerra mondiale una delle più avanzate industrie a livello europeo del settore. Fu la stessa società ad occuparsi della progettazione e dell’edificazione del villaggio Bpd, composto dagli alloggi per gli operai e per gli impiegati, lo spaccio aziendale, la farmacia, una nuova scuola, il cinematografo e la Chiesetta di Santa Barbara che in origine era un piccolo tempietto di devozione a croce greca con un’aula chiusa e quattro bracci, portici con pilastrini e una piccola torre campanaria. Tra il 1920 ed il 1931, alla prima attività vennero affiancate un cementificio, una fabbrica di concimi fosfatici, ed impianti per le lavorazioni metallurgiche e meccaniche. Nel 1934 la società Bpd decise di promuovere la realizzazione di un nuovo piano urbanistico consistente in quartieri amministrativi, commerciali e residenziali. Il progetto del nuovo nucleo fu affidato all’ingegnere romano Riccardo Morandi che realizzò gli edifici più rappresentativi della nuova fondazione, per questo Colleferro è soprannominata anche “Città Morandiana”. Caratteristica di Colleferro è la presenza di rifugi sotterranei che, durante la guerra, offrivano riparo ai cittadini per proteggersi dai bombardamenti aerei. Ben quattro ditte a cui si aggiunsero poi alcuni detenuti del carcere di Paliano, in cambio di una semi libertà, furono incaricate di lavorare in quelle cave. Inizialmente vennero scavate delle cave da cui veniva presa la pozzolana per costruire i primi edifici per i lavoratori della fabbrica di munizioni; in totale vennero realizzati circa sei km di tunnel nei sotterranei della città. Nel 1940 i rifugi vennero sistemati in fretta con panche e pochi accorgimenti per prestare subito un riparo sicuro ai cittadini. Nel dopoguerra Colleferro ha promosso varie produzioni

anche nel settore aerospaziale. Nel 23 luglio del 1950 è stato approvato lo stemma comunale. Realizzato dal signor Bonivento Guido, il progetto araldico per la creazione dello stemma comunale intende far riferimento a vari elementi costitutivi della città:

Alla provenienza originaria dei cittadini; dunque, è stato scelto per lo scudo il tricolore nazionale a simboleggiare l’unione di tutti gli italiani in Colleferro. Alle prevalenti attività industriali e di qui la ruota dentata che racchiude il centro dello scudo e l'incudine in esso riprodotta;

Alle sorgenti attività agricole e perciò il sole che sorge a fecondare i campi, unitamente all'opera dell'uomo.

Inoltre, con la riproduzione di un rudero dell'acquedotto romano si è voluto ricordare l'origine prettamente romana di queste terre, e con i colori rosso-nero del fondale si è inteso consacrare i colori municipali. Infine, con il motto "In Labore Virtus" si vuole significare la preminenza assoluta che il lavoro ha avuto nella scelta ed ha nella vita di questo comune. Nel 2018 assunse il titolo di Città della Cultura della Regione Lazio. Nel 2020 inoltre, il Comune di Colleferro ha acquistato il castello dalla famiglia Furlan. Esso sorge sulla sommità di un colle circondato da campi coltivati. Non esistono documenti certi sulla data di fondazione del castello ma i primi riferimenti cronologici certi sono del 1318 e un documento del 1320 che riguardano una disputa tra i fratelli Nicola e Giovanni Conti per il possesso dell’edificio. Inoltre, esistono, a partire dalla seconda metà del 600, numerosi scritti e disegni che attestano le successive trasformazioni del fabbricato, a partire dal XVII secolo, da presidio militare a difesa della Valle del Sacco, di Artena e Valmontone. A partire dal 1779 la progettazione fu dovuta a Francesco Rust, architetto della famiglia Salviati. Nel 1804 la proprietà passò ai Doria Pamphili che affidarono ulteriori lavori di modifica e ampliamento ad Andrea Busirici Vici. Nel secolo scorso il complesso ha subito gravi danni dal terremoto del 1915 e un’occupazione abusiva dal dopoguerra. Oggi Colleferro è alla ricerca di nuovi equilibri urbani, produttivi e sociali.