“DA UN TRISTE PASSATO ALLA SPERANZA PER UN BEL FUTURO”
La casa dei miei nonni materni è proprio vicino alla scuola dell’infanzia “ San Giovanni Bosco” di Gonars, asilo (così si usa dire) che io e mia sorella abbiamo frequentato e prima di noi mia madre, mia zia e tante persone che conosco.
Durante la frequentazione, ma anche dai racconti del nonno, sono venuto a conoscenza della storia di questo asilo, storia che viene raccontata di generazione in generazione con molto orgoglio: un misto tra tenacia, forza di volontà e sudore di chi lo ha realizzato, primi fra tutti gli abitanti di via Monte Grappa, il mitico “Borg di Sore”, ma anche del resto della popolazione che capitanati dall’allora don Primo Repezza, volle costruire questo edificio in cui ospitare i bambini e dar così la possibilità anche alle donne di lavorare e contribuire economicamente alla rinascita dopo la dolorosa esperienza della 2^ guerra mondiale.
Il materiale per la sua costruzione fu recuperato per lo più dallo smantellamento del campo di internamento che si trovava sulla Napoleonica e tutti i contadini del paese misero a disposizione i loro carri trainati dalle mucche o dagli asini per il trasporto; chi aveva dimestichezza con malta e mattoni dava una mano all’impresa edile con i lavori; le donne poi pensavano al cibo con cui sfamare tutti e ad organizzare chioschi o recite teatrali per una raccolta fondi. Dai libri storici parrocchiali si legge che il trasporto dei materiali iniziò il 24 maggio 1945: dalla tragedia del campo di internamento alla costruzione di un simbolo di vita. Tuttora per i gonaresi questo asilo è simbolo di pace, rinascita e famiglia.
Non molti anni fa si presentò lo spettro della chiusura perché essendo una scuola gestita dalla chiesa, non riceveva nulla dallo Stato e viveva solo con le rette, ma di nuovo la tenacia e l’orgoglio dei gonaresi ha fatto sì che non solo ciò non accadesse, ma anche ha visto “crescere” questa struttura con ampliamenti e ammodernamenti. Tuttora i genitori dei bambini che la frequentano, ma anche tanti ex, organizzano lotterie, recite teatrali, vendita di dolci e biscotti e il ricavato va all’asilo; le varie associazioni sono sempre in prima fila con aiuti economici; il comune sempre presente; chi ha giochi, tricicli o bambole che non usa più, lo dona “ai fruz dall’asilo”. Ci sono anche molte persone che hanno vissuto quel periodo o lo hanno sentito narrare, che lasciano detto ai propri cari che una parte del ricavato delle offerte raccolte al proprio funerale vada “all’asilo dal Borg di Sore”.
Così ha fatto anche mio nonno, che assieme ai suoi fratelli e al padre la sera fino al buio faceva la spola col carretto e la bicicletta contribuendo a pochi mesi dal temine della guerra alla costruzione di questo simbolo di rinascita.
David Bernardi - 3B