PFAS

Immaginate un inquinamento persistente e pericoloso costituito da agenti invisibili ma presenti pressoché ovunque (nelle case, nelle automobili, nei posti di lavoro, nel cibo, nell’acqua) e che accompagnerà l’umanità intera per secoli, se non per millenni: benvenuti nell’era dei PFAS, le sostanze perfluoroalchliche.

CHE COSA SONO I PFAS?

Le sostanze perfluoroalchliche vengono impiegate dagli anni ’50 per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi. Uno degli usi più noti di questi composti consiste nel rivestimento antiaderente delle pentole da cucina. 

I PFAS sono una famiglia di composti chimici costituiti da catene di atomi di carbonio a lunghezza variabile (in genere da 4 a 16 atomi di Carbonio) legate ad atomi di fluoro e ad altri gruppi funzionali. Si tratta di una famiglia che raggruppa decine di composti. 

Essi, per la presenza del legame tra carbonio e fluoro, hanno stabilità chimica e termica e sono impermeabili all’acqua e ai grassi. Grazie a tali caratteristiche sono utilizzati per fornire proprietà repellenti a acqua, olio e per aumentare la resistenza alle alte temperature di tessuti, tappeti e pellami, per produrre rivestimenti impermeabili per piatti di carta, padelle antiaderenti e imballaggi alimentari.

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici prodotti dall’uomo e pertanto non presenti naturalmente nell’ambiente, costituiti da catene fluorurate di un numero variabile di atomi di carbonio.

Tra gli acidi perfluorocarbossilici il più diffuso è l’acido perfluorottanoico (PFOA), il quale ha numerose applicazioni sia industriali che commerciali, un altro esempio è l’acido perfluorottanosulfonato (PFOS), intermedio chimico impiegato nella produzione di polimeri fluorurati e come tensioattivo nelle schiume degli estintori. Oggi queste sostanze sono conosciute per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni proprio a causa della loro stabilità termica e chimica, che le rendono resistenti ai processi di degradazione esistenti in natura: fotolisi, idrolisi, degradazione biotica aerobica e anaerobica. Oltre alla tendenza ad accumularsi nell’ambiente, i PFAS persistono anche negli organismi viventi, compreso l’uomo, dove risultano essere tossici ad alte concentrazioni. Data la loro capacità di accumularsi negli organismi, la concentrazione di PFAS è bioamplificata man mano che si sale lungo la catena alimentare. Infatti, considerando che l’esposizione dell’uomo ai PFAS avviene principalmente per via alimentare, per inalazione e ingestione di polveri, una volta che queste sostanze entrano nell’ambiente per contaminazione dell’acqua entrano nella catena alimentare attraverso il suolo, la vegetazione e le coltivazioni, gli animali e quindi gli alimenti. PFOA e PFOS sono in grado di causare un’ampia gamma di effetti avversi, fatto che desta ancor più preoccupazione considerando la loro proprietà di accumularsi nell’organismo. I PFAS, in particolare, sono riconosciuti a livello medico come interferenti endocrini, in grado quindi di alterare tutti i processi dell’organismo che coinvolgono gli ormoni, responsabili dello sviluppo; del comportamento; della fertilità e di altre funzioni cellulari essenziali.

DA DOVE PROVENGONO?

Gli PFAS nacquero alla fine degli anni Quaranta, quando furono scoperti dei prodotti chimici singolari, capaci di evitare ad esempio le macchie o di rendere impermeabili i capi di abbigliamento. La principale fonte di esposizione per la popolazione è l’ingestione di acqua potabile e di cibi contaminati ma anche il contatto con superfici o suoli contaminati e l’inalazione di polveri contenenti PFAS, sebbene la via inalatoria sia generalmente rilevante per i soggetti esposti professionalmente. Essi sono anche chiamati inquinanti eterni proprio perché capaci di resistere estremamente a lungo nella natura, tali agenti hanno ormai contaminato migliaia di siti in tutta Europa. 

Gli PFAS sono tossici e pressoché indistruttibili, e capaci di spostarsi anche molto lontano dal luogo in cui sono stati prodotti o utilizzati. Possono raggiungere ogni ambiente: acqua, aria, suolo, sedimenti. Alcuni si accumulano negli organismi viventi e sono presenti nella catena alimentare. Altri, più mobili, sono stati trovati anche nei ghiacci del polo nord a causa della loro elevata diffusibilità attraverso l'acqua e della loro bassissima biodegradabilità. Ognuno di noi viene ormai a contatto con quantità molto basse di pfas in ogni luogo ed è quindi evidente che non è possibile aspettarsi un valore 0 nell'acqua, dovunque si vada a cercarli.

Le strutture chimiche che sintetizzano PFAS in Europa sono 20, ma sono più di 17mila i luoghi nei quali è stata riscontrata una contaminazione. Si tratta di luoghi nei quali sono stati analizzati acqua, suolo o organismi viventi da scienziati e agenzie pubbliche, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2023 e nei quali la presenza è risultata superiore ai 10 nanogrammi per litro. A questi si aggiungono altri 21.500 luoghi che si presume siano contaminati poiché si tratta di siti nei quali è presente (o lo è stata) un’attività industriale che ha utilizzato o prodotto PFAS. 

 In alcuni casi, l’inchiesta ha individuato luoghi particolarmente inquinati, nei quali si supera la concentrazione di 100 nanogrammi per litro. In questi casi si parla di “hot spots” e ne sono stati identificati ben 2.100 in Europa.

In blu i luoghi che si presumono essere contaminati

In rosso i luoghi nei quali è stata acceratata la presenza

IN CHE MODO SI DIFFONDONO NELL’AMBIENTE ED ARRIVANO AD ACCUMULARSI NEGLI ANIMALI E NELL’UOMO?

Sono utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa.

Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno però conseguenze negative sull’ambiente e a causa della loro persistenza e mobilità, questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative negli ecosistemi e negli organismi viventi.


In Italia i siti di produzione delle sostanze perfluorurate sono due: quello di Trissino in Veneto (dove fino al 2018 operava la società Miteni, successivamente fallita) e quello di Spinetta Marengo in Piemonte (tuttora gestito dalla Solvay). Entrambe le aziende saranno oggetto di interventi di bonifica a causa delle conseguenze ambientali molto pensati riportate nei due siti.

Viene individuata l’origine della contaminazione nella regione Veneto negli scarichi dell’azienda chimica Miteni Spa di Trissino, la quale, insediata in area di ricarica di falda, aveva determinato l’inquinamento delle acque sotterranee proprio a causa della produzione di composti PFAS e, in precedenza, di benzotrifluoruri (BTF) a partire dagli anni 1966-1967, anni in cui è partito l’inquinamento, per un’estensione di 180 chilometri, con relativo avvelenamento anche dei pozzi di alimentazione delle reti acquedottistiche comprese nelle province di Vicenza, Verona e Padova. La Miteni, dopo la pubblicazione dello studio IRSA-CNR che aveva rilevato la contaminazione, ha posto in essere tre distinte operazioni.

In tale contesto regionale, l’inquinamento da PFAS ha riguardato un comprensorio che fa riferimento a circa 250.000 abitanti nella provincia di Vicenza, in quella di Verona e nel basso padovano.  I modi più comuni dei PFAS per entrare nell’acqua potabile attraverso l’aria, il suolo, le perdite dalle discariche, scarichi fognari e addirittura alcune schiume antincendio.

PFAS NELL'ORGANISMO

La caratteristica che li rende potenzialmente pericolosi per la salute umana è il fatto che si accumulano non nel grasso, ma nel sangue e nel fegato. Sono note come «sostanze chimiche permanenti», in quanto sono estremamente persistenti nel nostro ambiente e organismo. Possono avere ulteriori effetti negativi sulla salute come malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro.  Nell’uomo queste sostanze permangono per periodi estremamente lunghi, con un’emivita di quasi 5 anni per il PFOS e di quasi 4 anni per il PFOA.

Per tutte le caratteristiche chimiche, sono molto persistenti nell’ambiente, contaminando il suolo, l’aria, l’acqua, sicché arrivano all’uomo attraverso la catena alimentare. Già a partire dagli anni 2000, la legislazione dei vari Stati e l’industria hanno intrapreso azioni per ridurre il rilascio di PFAS a lunga catena in ambiente, prendendo così avvio una transizione industriale volta a sostituire i PFAS a catena lunga (PFOS e PFOA) con sostanze alternative, fluorurate e non fluorurate.

Gli umani possono essere esposti direttamente (attraverso il cibo, l’acqua e prodotti) e indirettamente attraverso la trasformazione di sostanze precursori come polyfluoroalkyl phosphate esters (PAPs), fluorotelomer alcohols (FTOHs), fluorotelomer iodides (FTIs) and fluorotelomer acrylate monomers (FTAcs).

Queste sostanze a base di fluorotelomeri si trasformano in yield PFCAs, poi ancora formano metaboliti intermedi bioattivi, che sono stati

osservati essere più tossici dei loro corrispondenti PFCAs.

I cibi più a rischio di essere contaminati sono i cibi crudi, come carni non ben cotte e verdure crude, e i prodotti lattiero-caseari preparati con latte non pastorizzato.


Questa malattia può scatenare sintomi come diarrea, nausea, vomito, crampi addominali, dolori muscolari, febbre.

ESISTONO DELLE ALTERNATIVE? E SE SI’, SONO SOSTANZE DI SICURO INNOCUE O ANCORA SOSTANZE SOSPETTE?

La ricerca si è posta l’obiettivo di trovare dei PFAS a catena corta idonei “sostituti” dei PFAS a catena lunga (PFOA e PFOS). La ricerca si è anche estesa alla individuazione di sostituti non fluorurati, questa ultima possibilità appare vincolata dagli usi ovvero risulta avere una concretezza attuale al di fuori dei polimeri (produzione di materie plastiche come il Teflon). 

Il criterio di individuazione dei sostituti è stato individuato nella minore pericolosità ed in particolare nelle proprietà di bioaccumulo e di persistenza nell’ambiente (PBT) come pure in relazione alle proprietà cancerogene, mutagene, teratogene (CMR). In tale contesto, secondo l’ISS, ha importanza la differenza chimica tra il sottogruppo dei perfluoroalchili e i relativi sali (con catene dove i gruppi funzionali legati al carbonio sono interamente sostituiti da atomi di fluoro) e quello dei polifluoroalchili dove rimangono dei gruppi funzionali non contenenti fluoro. Lo studio ISS evidenzia che “I PFAS a catena corta sono sempre più utilizzati come alternative ai PFAS a catena lunga hanno riportato che i PFAS a catena corta hanno proprietà molto nocive. Sulla base di studi in vivo analizzati in Lassen et al. (2015) risulta che i PFAS a catena corta fino ad ora studiati sono quasi completamente assorbiti per via orale e/o per inalazione, mentre l’assorbimento cutaneo può essere trascurabile. Sia gli acidi perfluoroalchilici a catena corta che quelli a catena lunga (PFAA) sono considerati metabolicamente inerti. Infatti, i forti legami C-F escludono qualsiasi normale processo di degradazione nell’organismo. I PFAS a catena corta hanno proprietà diverse e devono essere valutati individualmente, ciò non è semplice anche utilizzando sistemi di previsione tossicologici disponibili e normalmente utilizzati nello studio di nuove sostanze.

Precedenti studi dell’UNEP avevano già “inquadrato” le possibili soluzioni: 1) Sostanze aventi una catena per- o polifluorurata più corta. 2) Sostanze non contenenti fluoro. 3) Tecniche non chimiche.

Si stanno cercando delle alternative per le confezioni contenenti PFAS del cibo degli animali, rendendole biodegradabili. ( sito )

LIMITI DI LEGGE PER I PFAS NELLE ACQUE POTABILI

La Convenzione di Stoccolma e le recenti decisioni della Comunità Europea (Direttiva 2013/39/UE, Reg. UE n. 1342/2014 e successivi aggiornamenti) ne stanno restringendo gli utilizzi e regolamentando i limiti. Per quanto riguarda la normativa nazionale, il D.lgs n. 172 del 13/10/2015 recepisce le direttive europee e amplia l’elenco delle sostanze prioritarie da monitorare relativamente agli standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque.

                                                                                                                                                              Pfas


Ministero della salute                                                                                                      500 ng/l


Direttiva europea 2020/2184                                                                                   100 ng/l



Questa tabella descrive i limiti di legge riguardo la quantità di PFAS nelle acque destinate al consumo umano. L’Italia attuerà la direttiva europea attraverso il decreto legislativo 18/2023,che è stato approvato nel mese di febbraio, ma entrerà in vigore appena nel 2026 e fino ad allora nel nostro paese sarà ancora possibile trovare acque con valori molto alti di PFAS. Questo è un problema anche per la salute umana, in quanto questi non vengono distrutti nel corpo umano e si accumulano; quando sono presenti grandi quantità di queste sostanze all'interno del corpo possono provocare gravi danni alla salute come danni al fegato, malattie della tiroide, obesità, problemi di fertilità e cancro al seno, ai reni e ai testicoli.

Greenpeace Italia ha esaminato le analisi condotte su quasi 4 mila campioni di acqua ad uso potabile in Lombardia, su questi campioni ben 738 contenevano Pfas: stiamo dunque parlando del 18,9 per cento. Tra i campioni esaminati, 75 superano la concentrazione di 100 nanogrammi per litro. 

TECNICHE DI ANALISI PER L’INDAGINE DI PFAS 


CON QUALI TECNICHE DI ANALISI SI PUÒ INDAGARE LA PRESENZA DI QUESTE SOSTANZE NELLE ACQUE POTABILI?

I principali metodi di riferimento per la determinazione dei PFAS sono il metodo EPA 537, che prevede la loro determinazione in acque potabili tramite estrazione in fase solida (SPE) e analisi in cromatografia liquida (LC/MS/MS), e il metodo pubblicato dall’IRSA-CNR che richiede una pre-concentrazione con colonna SPE on-line e successiva analisi UHPLC-ESI-MS/MS (Ultra-High Performance Liquid Chromatography tandem Mass Spectrometry) . La cromatografia liquida- spettrometria di massa (LC-MS) è una potente tecnica analitica utilizzata per la separazione, l'identificazione e la quantificazione di composti noti e sconosciuti, nonché per chiarire la struttura e le proprietà chimiche di diverse molecole. Il campionamento di piccoli volumi di acque. Questi sistemi permettono di raccogliere diverse aliquote di campioni in uno o più contenitori da sottoporre successivamente a filtrazioni ed analisi. Sono sistemi di semplice utilizzo e manutenzione, anche da parte di operatori non specializzati. Il prelievo del campione di acqua può essere effettuato con sistemi di campionamento costituiti da bottiglie verticali (bottiglia di Niskin e di Kemmerer) o orizzontali (Van Dorn), o con l’ausilio di secchi, campionatori DIP, Bacon bomb o, infine, tramite un campionatore automatico. Le bottiglie Niskin, Kemmerer e Van Dorn sono costituite da cilindri le cui estremità sono aperte nella fase iniziale del campionamento e che vengono chiuse alla profondità prestabilita del corpo idrico in esame, tramite l’invio di un messaggero che attiva un meccanismo che ne consente la chiusura. La capacità di queste bottiglie è molto variabile (in genere da 1 dm3 fino a 30 dm3 ). Terminato il prelievo il contenuto viene trasferito negli appositi contenitori. Questi sistemi forniscono un campione istantaneo e non prelievi integrati nel tempo che sono quindi rappresentativi solo della qualità dell’acqua al momento e nel sito puntuale in cui il campione di acqua è prelevato. Generalmente, con questi sistemi di campionamento, intercorre un certo periodo tra il campionamento e la successiva filtrazione del campione in laboratorio. Durante questo periodo la frazione più pesante del particolato in sospensione (particelle di dimensioni maggiori) può depositarsi sul fondo della bottiglia e, in tal caso, particolari cautele dovranno essere adottate per non perdere la frazione più pesante del particolato in sospensione al fine di assicurare un campione omogeneo e rappresentativo delle acque in esame.

high performance liquid chromatography (HPLC)

LA BACON BOMB

La Bacon bomb si utilizza alla stregua della bottiglia di Kemmerer. Viene immersa nel corso d’acqua e, una volta raggiunta la profondità voluta, tramite un meccanismo, viene permesso all’acqua di riempire la bottiglia; una volta piena, la Bacon bomb viene richiusa e riportata in superficie. Il campionatore Dipper, i mestoli e i secchi sono, invece, molto utili in quelle situazioni in cui non è semplice raggiungere il sito di campionamento. Essi, infatti, possono essere collegati ad aste telescopiche che permettono di immergere il dispositivo nel corpo idrico pur restando a qualche metro dall’acqua. Nel caso di campionamenti da ponti o da pareti scoscese si preferisce calare il dispositivo di prelievo e raccogliere il campione immergendolo direttamente in acqua; in presenza di correnti, il prelievo dovrebbe essere eseguito controcorrente, evitando di risollevate il sedimento depositato sul fondo. Anche in questo caso l’acqua prelevata deve essere trasferita all’interno dei contenitori idonei