Semi di Venere

Continuano le iniziative di educazione all’alimentazione sostenibile dell’indirizzo Enogastronomia dell’alberghiero “L. Tandoi” di Corato

La campagna #soloxamore  dell’I.I.S.S. “Oriani Tandoi” non si chiude con le ricette sostenibili in occasione della giornata di S.Valentino, ma trova nuova linfa con l’iniziativa SEMIDIVENERE, finalizzata alla promozione del consumo di preparazioni realizzate con i legumi, durante i venerdì di Quaresima.

Ancora una volta, l‘istituto coratino, sotto la guida del dirigente prof. Francesco Catalano, si fa promotore di stili di vita ecologicamente. corretti e orientati alla riscoperta delle più valide tradizioni culturali e culinarie mediterranee.

Nello specifico, si intende quindi coniugare la tradizione e pratica religiosa di matrice cattolica che consiste nell’astenersi dal consumare cibi a base di carne nei venerdì di Quaresima, con la moderna sensibilità ambientale e salutista che vede nella riduzione del consumo soprattutto delle carni rosse, una strategia vincente da adottare per amore del benessere del pianeta oltre che della propria salute.

Gli alimenti proposti in alternativa sono i legumi, “la carne dei poveri” della nostra tradizione, o germogli di legumi, di più recente diffusione.

D’altro canto la  FAO, per tramite de suoi più illustri rappresentanti, già da tempo ha messo in evidenza il ruolo cruciale che possono svolgere i legumi nel garantire la sicurezza alimentare, un’alimentazione sana  la creazione di sistemi alimentari sostenibili  Infatti, questi preziosi semi,possono essere coltivati su piccoli appezzamenti di terra, hanno bisogno di meno acqua rispetto ad altri alimenti proteici; rappresentano una fonte economica di cibo nutriente e sicuro, ricco di proteine, fibre, vitamine e micronutrienti, oltre ad avere la proprietà di fissare l’azoto atmosferico, favorendo il rilascio di materia organica di alta qualità nel suolo e facilitando la circolazione dei nutrienti del suolo e la capacità del terreno di trattenere l’acqua. Anche le Le Linee Guida per una Sana Alimentazione Italiana raccomandano il consumo di legumi, parte integrante di una dieta salutare. Il consumo di legumi diminuisce infatti il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, obesità.

La campagna #soloxamore, continua quindi promuovendo sia nella comunità scolastica che cittadina, la proposta e realizzazione, almeno di venerdì di piatti a base di legumi, o di germogli di legumi.

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HARIRA VEGETARIANA (PIATTO MAGREBINO)


INGREDIENTI:

150 Gr di Ceci cotti

150 Gr di Lenticchie

100 Gr di Fagioli Rossi

400 Gr di pomodori

1 costa di Sedano

1 cipolla

1 spicchio d’aglio

50 Gr di farina

Prezzemolo g.b

Sale e Pepe g.b

Olio Q.b

Acqua g.b

Curcuma, Zenzero e

Coriandolo q.b

1 limone


PROCEDIMENTO

Rosolare la cipolla e l’aglio a pezzi in una pentola con l’olio, aggiungere le lenticchie crude, il sedano tritato, i pomodori e coprire con acqua. Aggiungere i ceci, i fagioli, e le spezie a gusto personale. Tritate il prezzemolo e il coriandolo, uniteli al composto, girate e fate bollire il tutto per circa 1 ora. sciogliete la farina in un pò di acqua e incorporate il composto alla zuppa. Servite la zuppa con delle fette di limone. 

CURIOSITA':

I legumi, nei nostri territori sono tradizionalmente protagonisti della Settimana Santa, anche come “scenografia” (sottoforma di piantine eziolate) dei repositòri, ovvero gli altari eucaristici allestiti il Giovedì Santo in ogni chiesa (erroneamente chiamati per tradizione “Sepolcri”). Le piantine eziolate si ottengono facendo germogliare chicchi di grano o, appunto, lenticchie, in piccoli contenitori e facendoli crescere al buio, così da avere una crescita velocissima e risultare depigmentate, come segno dei “fioretti” quaresimali offerti insieme al supremo dono di sé che Cristo fa ai fedeli con l’istituzione dell’Eucarestia e con la Sua Passione.

Il Venerdì Santo, è comunque, per tradizione e indicazione dogmatica cattolica, giorno di digiuno, per cui si consuma un solo pasto completo leggero e sobrio, ma, soprattutto, ci si alimenta facendo riecheggiare nel proprio intimo la domanda: "Di cosa nutro la mia vita?'' insieme all’interrogativo lacerante: “Che ne è di mio fratello che non ha cibo a sufficienza?”.

Di digiuno, in realtà, si trovano indicazioni negli antichi testi sacri, nei libri delle religioni e filosofie orientali, nella tradizione greco-romana. Per motivi religiosi o sociopolitici, si trovano riferimenti alla pratica del digiuno in tutte le culture dell'uomo, dalle primitive alle più raffinate.

Poiché in questo periodo quaresimale, ha avuto inizio per alcuni dei nostri studenti di fede islamica, il mese del Ramadan, si propone la versione vegetariana della “Harira” una ricetta, con legumi, di origine magrebina, tradizionalmente consumata durante il Ramadan, dopo il tramonto.

Lungi dal voler leggere, in maniera sbrigativa e superficiale, il digiuno cattolico del Venerdì Santo (insieme alle restrizioni di tutta la Quaresima) come l'equivalente del Ramadan musulmano (e viceversa), l’intento di questa proposta è piuttosto quello di invitare tutti ad approfondire il senso profondo di tali pratiche per ciascuna fede e, soprattutto, ricercare i valori comuni alle diverse professioni religiose, in particolare il valore della PACE, troppo frequentemente tradito nella storia, e spesso proprio in nome di Dio.

Viviamo in un tempo in cui il consumismo ottunde la capacità di discernere tra veri e falsi bisogni e lo stesso digiuno e le terapie dietetiche divengono oggetto di business, ma, anche, un tempo nel quale le discipline orientali di ascesi ripropongono tale pratica.

Anche la DIGIUNOTERAPIA, secondo cui il digiuno viene appunto considerato un mezzo terapeutico per preservare la vita, ha radici millenarie: da Ippocrate (400 a.C.) alle più moderne “riscoperte” della fine del ‘900, passando per Paracelso (XIII – XIV sec. d.C.).

Recenti ricerche (Università di Oxford, della Stanford University School of Medicine e della Harvard Medical School sulla rivista Current Opinion in Endocrinology, Diabetes and Obesity) dimostrano come i “corpi chetonici” prodotti dai metabolismi nella condizione di digiuno, abbiano effetti importanti sulla mente: euforia, rilassatezza, senso di leggerezza, aumento della lucidità, tanto da poterli considerare, in alcuni casi, addirittura terapeutici per la malattia mentale.

La scienza, quindi, sembra confermare, come le più antiche tradizioni religiose e filosofiche suggeriscono, che può essere opportuno associare alle eventuali restrizioni alimentari, pratiche mentali di preghiera o meditazione.

La scienza, a sua volta, però, suggerisce anche che tali restrizioni non siano mai estreme e che vengano adottate sempre sotto controllo specialistico.

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CAPUNTI CON FAGIOLI CANNELLINI, COZZE E POLVERE DI TARTUFO


INGREDIENTI:

 

250 gr di Capunti

Sedano, Carota, Cipolla e Aglio q.b

200 gr di Cozze sgusciate

200 gr di Fagioli Cannellini

Tartufo q.b

Sale e Peperoncino q.b

Olio e Prezzemolo q.b

 

PROCEDIMENTO:

Cuocere i Fagioli in abbondante acqua salata; In una Padella soffriggere con l'olio, le cipolle, il sedano, le carote e l'aglio; aggiungere le cozze,i fagioli e cuocere per 4 - 5 minuti. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata, a metà cottura saltarla nella salsa preparata; terminare la cottura, spolverizzare con il prezzemolo e servire su di un piatto da portata , aromatizzando con tartufo grattugiato.

CURIOSITA': 

6º venerdì di quaresima "capunti con fagioli cozze e polvere di tartufo"

 

Anche la ricetta che viene proposta questo venerdì, si ispira ad un' antica tradizione pugliese, in particolare di Gallipoli dove, il venerdì che precede la Domenica delle Palme viene portata in  processione la statua settecentesca della Desolata (Maria Addolorata).

I fedeli, dopo aver consumato un frugalissimo piatto di fagioli lessi, si  riversano nel centro storico, nei pressi della chiesetta del Carmine, da dove, a mezzogiorno in punto parte la statua.

Fra gli ingredienti che nella ricetta del prossimo venerdì accompagneranno i tradizionali fagioli del venerdì che precede la Domenica delle Palme, è da segnalare una delle eccellenze del Parco dell' Alta Murgia: il tartufo. In particolare il "Bianchetto" o " tartufo marzuolo", dal sapore forte, piccante, con sentori di aglio. si trova in questo periodo, e, insieme agli altri, rappresenta un tesoro locale da tutelare, ma anche da promuovere e far conoscere.

A tal fine l'Ente Parco, ha portato avanti con il Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti dell’Università degli Studi di Bari uno studio scientifico per la valorizzazione del pregiato fungo ipogeo:  "Il tartufo nel Parco Nazionale dell’Alta Murgia” Tale studio  ha permesso di individuare le specie di tartufo presenti nel Parco, stimarne le produzioni, valutare lo stato dell’ecosistema tartufo, stabilire il numero di autorizzazioni rilasciabili per non esaurire la risorsa e definire le modalità di raccolta in un’ottica di sostenibilità ambientale.  Con gli stessi obiettivi è attiva a livello locale l'associazione "Tartufo dell'Alta Murgia".

CURIOSITA' SUI FAGIOLI CANNELLINI: 

I fagioli cannellini sono una delle varietà più conosciute di fagioli bianchi. Sono facilmente riconoscibili per il colore, le dimensioni (più ridotte rispetto ad altre varietà e per l'aspetto cilindrico. Si tratta di un ingrediente tipico della gastronomia italiana per la preparazione di zuppe, minestre o da servire anche come contorno.

Sotto il profilo nutrizionale questi fagioli sono un alimento molto interessante. Dal sapore delicato, sono una buona fonte di proteine vegetali, sebbene prevalga la quota di carboidrati in essi contenuti.

Rilevante la percentuale di fibre alimentari e bene rappresentati sono anche sali minerali, tra cui spiccano potassio, fosforo, magnesio, calcio e una buona quota di ferro, utile in condizioni di anemia

Grazie al ricco contenuto di fibre, questi fagioli presentano un ridotto indice glicemico. Sono pertanto alimenti facili da inserire all'interno di particolari regimi dietetici.

Fonte di vitamine e sali minerali, questi fagioli sono delle valide fonti di proteine vegetali.

PARCO NAZIONALE DELL'ALTA MURGIA

Parco nazionale istituito nel 2004 situato in Puglia, nelle province di Bari e di Barletta - Andria - Trani. Tra le principali attrazioni del parco va annoverato Castel del Monte, uno dei più famosi castelli del meridione italiano nonchè patrimonio dell'umanità. Per visitare la pagina CLICCA QUI

TARTUFO BIANCO DELL'ALTA MURGI

dal sapore forte, piccante, con sentori di aglio. si trova in questo periodo, e, insieme agli altri, rappresenta un tesoro locale da tutelare, ma anche da promuovere e far conoscere.

VENERDI' DELLA MADONNA ADDOLORATA

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GNOCCHI  CON BARBABIETOLA, CREMA DI PECORINO E FAVE FRITTE

INGREDIENTI:

200 gr di Carote Rosse

N1 Cipolla

OLio Q.B

sale e pepe q.b

100 gr di pecorino

400 gr di gnocch

100 ml di Latte

20 gr di farina

20 gr di Burro

100 ml di acqua

 

PROCEDIMENTO

 In una casseruola sciogliere il burro e aggiungere la farina, cuocere fino a doratura; aggiungere il latte, l'acqua e il pecorino e mescolare; salare e pepare.

In una padella mettere l'olio e soffriggere la cipolla, aggiungere la barbabietola tagliata a cubetti, allungare con acqua e portare a cottura; prelevare una parte di condimento e frullarlo con il mixer; aggiungerlo ai cubetti.

Friggere le fave private dalla buccia in olio evo, salare e pepare.

In una casseruola, portare ad ebollizione l'acqua, cuocere gli gnocchi e poi saltarli nella salsa preparata in precedenza; servire gli gnocchi adagiandoli sulla crema di pecorino e guarnirli con le fave fritte.

CURIOSITA': 

Il 5° venerdì di quaresima è anche il primo venerdì di primavera. Celebriamo l’avvento della nuova stagione proponendo un legume fresco.


Le fave sono i semi della pianta Vicia faba, appartenente alla famiglia delle Leguminose

Proprietà

Le fave fresche sono un legume molto nutriente e poco calorico; le fave secche sono circa 4 volte più caloriche di quelle fresche.
Le fave fresche contengono Levodopa (o L-dopa), un aminoacido che aiuta a migliorare la concentrazione di dopamina nel cervello.

La Levodopa è il principio attivo dei principali farmaci utilizzati nella terapia del Morbo di Parkinson; le fave, quindi, sono attualmente oggetto di diversi studi che hanno lo scopo di valutare l’effettivo beneficio che possono apportare nella cura di questa patologia.

Le fave hanno una buona quota di ferro e di vitamina C che ne favorisce l’assorbimento, sono quindi indicate nelle anemie. Essendo molto ricche di fibra alimentare favoriscono il buon funzionamento dell’intestino. Sono inoltre diuretiche e benefiche per reni e apparato urinario.

 

Valori nutrizionali 

 

100 g di fave contengono 41 kcal / 171 kj.

Inoltre, per ogni 100 g di questo prodotto abbiamo:

Acqua 83,9 g; Carboidrati 4,5 g; Zuccheri 2,2 g; Proteine 5,2 g; Grassi 0,5 g; Colesterolo 0 g; Fibra totale 5 g; Sodio 17 mg; Potassio 200 mg; Ferro 1,7 mg; Calcio 22 mg; Fosforo 93 mg; Vitamina B1 0,11 mg; Vitamina B2 0,19 mg; Vitamina B3 1,27 mg; Vitamina A 11 µg; Vitamina C 33 mg

 

 Le Fave sono alleate di intestino, cervello, reni.

 

●        Le fave sono da sempre legate a credenze superstiziose. Si racconta che Pitagora preferì farsi catturare dai suoi assassini piuttosto che cercare salvezza in un campo di fave. Secondo una credenza diffusa in Italia, invece, trovare 7 semi (anziché 6) in un baccello di fava porta fortuna.

●        Le fave fresche possono essere congelate dopo averle sbollentate.

●        Nelle persone affette da favismo  (grave patologia genetica non causata dalle fave, ma per la quale le fave sono solo l'elemento scatenante) può essere dannoso anche solo l’entrare in un luogo in cui sono presenti fave.

In data 20 marzo 2023, nell’ambito dell’Assemblea d’Istituto, gli studenti dell’IPC Tandoi hanno voluto incontrare rappresentanti e affidati dell’associazione Amici di San Vittore Onlus -  Progetto “Senza Sbarre” come misura alternativa al carcere.

La ricetta di questo 5° venerdì di quaresima, quindi, sarà impreziosita, in termini di sostenibilità etica e sociale,  dall’uso di un ingrediente fornito dalla cooperativa sociale “A Mano Libera” che realizza prodotti da forno e pasta fresca nell’ambito appunto del Progetto “Senza Sbarre”.

FAVE FRESCHE: 

Le fave vengono seminate tra gennaio e marzo, per poi essere raccolte nel periodo primaverile: maggio è il mese di massima produzione, anche se la loro stagione è compresa tra Aprile e Giugno.

MASSERIA FORTIFICATA "SAN VITTORE"

Una masseria nel cuore della campagna andriese, sede dell'associazione "A mano libera" a sostegno del progetto "Senza Sbarre", divenuta un vero e proprio laboratorio artigianale per la produzione di taralli, e non solo, a mano libera.

A MANO LIBERA - SENZA SBARRE: 

I taralli "a mano libera" sono prodotti grazie al progetto "senza sbarre". Protagonisti di questa iniziativa sono i detenuti ed ex detenuti che si impegnano concretamente nella produzione  artigianale di taralli perchè mossi da un grande desiderio di riscatto sociale. "A mano libera" è il prodotto della speranza, del cambiamento, di quella seconda possibilità che tutti insieme possiamo dare a questi ragazzi. Per il sito dedicato CLICCA QUI

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CICERI E TRIA


NGREDIENTE

200 gr di ceci secchi

160 gr di pasta fresca (Tria)

1 cipolla

olio q.b

Sale g.b

 

PROCEDIMENTO:

Lessare i ceci in abbondante acqua salata;

preparare la pasta fresca (Tria) con acqua e farina di grano;

cuocere la pasta in abbondante acqua salata;

in una padella mettere abbondante olio, la cipolla e soffriggere; eliminare la cipolla e aggiungere 30 gr di pasta spezzettata e farla diventare croccante;

una volta cotta la pasta, aggiungere i ceci lessati e la pasta fritta, amalgamare il tutto e servire con una spolverata di pepe.

CURIOSITA':

La ricorrenza di San Giuseppe, il 19 marzo, è molto sentita e festeggiata in tutta Italia,  ed è caratterizzata da particolari usanze religiose, innestate, come spesso accade, anche su antichi rituali pagani, legati alla fine della stagione invernale. Nella nostra regione spicca la tradizione culinaria salentina, della “ciciri e tria”, chiamata in alcune zone anche “massa” («San Giuseppe nu nci passa senza ciceri cu la massa»). La preparazione viene tradizionalmente realizzata nei giorni precedenti al 19 marzo per essere fra i cibi protagonisti delle tipiche “tavole di san Giuseppe”, grandi tavolate imbandite in onore del Santo.

Il piatto è un tipico esempio di gastronomia archeologica, infatti questa leccornia ha origini antichissime, tanto che il famoso poeta latino Orazio ne decantava il buon sapore nelle Satire: “… inde domum me ad porris et ciceri refero laganique catinum” (… quindi me ne torno a casa, al mio piatto di porri, di ceci e di lagane). Per ciceri si intendono i ceci, mentre il termine tria (di fatto sinonimo di lagane in quanto indica pasta fresca senza uova, realizzata con farina e semola rimacinata, acqua e olio d’oliva, fritta o arrostita) deriverebbe dall’arabo ittrya, termine che indica appunto la pasta fritta o secca.

Ciciri e tria” è una pietanza sostanziosa che può costituire tranquillamente un piatto unico, ben equilibrato in termini di macronutrienti e con cui esaltare adeguatamente, a crudo, il prezioso olio EVO dei nostri territori regionali, che arricchisce lo stesso piatto in termini di principi antiossidanti e vitamine.

La ricetta può valorizzare le diverse varietà regionali di ceci, ma soprattutto il cece di Nardò, legume di particolare squisitezza, tipico dell’agro neretino, entrato nell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) riconosciuti dall’Unione europea come prodotto che per tradizione e genuinità merita di essere diffuso e conosciuto  come segno tangibile delle tradizioni in termini di sapori e saperi, e della tutela della biodiversità e del territorio.

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LINGUINA CON SALSA AL POMODORO E BASILICO, GRANELLA DI MANDORLE E GERMOGLI DI LENTICCHIE


INGREDIENTI:

300 GR di Linguine

200 Ml di Salsa al Pomodoro

30 Gr di Granella di Mandorle

3 Foglie di Basilico

30 Gr di Germogli di Lenticchie

Sale q.b

Sedano, Cipolla, Carota, Olio q.b


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SPAGHETTONE QUADRATO CON POMODORINI E PORRO SU VELLUTATA DI LENTICCHIE ROSSE BIO

INGREDIENTI 

160 gr Spaghettone quadrato 

150 gr di porro 

Sale q.b Olio q.b 

Pepe q.b 

15 pomodorini 

200 gr di Lenticchie rosse decorticate bio 

Prezzemolo q.b 

1 spicchio d'Aglio 


PROCEDIMENTO

Cuocere le lenticchie in abbondante acqua salata, frullarle e metterle da parte. In una padella soffriggere il porro con l'olio e aggiungere i pomodorini. Salare, pepare e cuocere per circa 10 minuti. Cuocere la pasta in abbondante acqua salata; scolare la pasta e saltarla nella salsa precedentemente preparata. Spolverizzare con prezzemolo e pepe. Servire su di un piatto di portata, adagiandola sulla vellutata di lenticchie rosse. 

CURIOSITA' SULLA LENTICCHIA:

La lenticchia è una pianta annuale dicotiledone della famiglia delleLeguminose, coltivata sin dall'antichità. Testimonianze archeologiche relative alla grotta di Franchthi in Grecia dimostrano che veniva mangiata tra il 13.000 e l'11.000 a.C. È stata una delle prime colture domesticate e il suo consumo viene attestato nell'episodio biblico di Esaù, nella Genesi.

Questi semi sono particolarmente apprezzati in Europa.

Le lenticchie rosse, sono lenticchie di piccolo calibro e di colore marrone. Una volta raccolte, vengono private della buccia, assumendo il caratteristico colore arancione. Questo legume può avere a volte un sapore molto spiccato, quasi piccante e cuoce molto velocemente, essendo privo di buccia.

Tra i vari legumi, le lenticchie risultano tra le più digeribili con un buon contenuto di proteine e soprattutto di ferro.

Vengono seminate in pieno campo tra marzo ed aprile. La pianta si adatta a qualsiasi tipo di terreno.

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ORECCHIETTE DI GRANO CON FUNGHI CARDONCELLI E CREMA DI CICERCHIA


     INGREDIENTI:

400 Gr di Orecchiette di Grano Arso
500 Gr di Pomodoro Tondino Coratino 

250 Gr di Funghi Cardoncelli
1 Scalogno
8 Foglie di basilico
250 Ml di Olio Evo “Cultivar Coratina” 

100 Gr di Granella di Mandorle di Toritto

 200 Gr di Cicerchie
2 Spicchi d’Aglio
Sale Fino q.b.
Pepe nero q.b

 

PROCEDIMENTO

Lavare bene la cicerchia e metterla in una pentola con abbondante acqua salata; portarla ad ebollizione fino alla cottura;
Una volta cotta la cicerchia, in una pentola mettere olio ed aglio e farlo rosolare; aggiungere l’olio aromatizzato alla cicerchia e frullare con un mixer ad immersione fino ad ottenere una crema liscia e vellutata;Pulire i funghi cardoncelli e lo scalogno;
In una pentola mettere l’olio e lo scalogno, soffriggere i funghi precedentemente mondati, lavati e tagliati a tocchetti; aggiungere il pomodorino, allungare con acqua e portare a cottura; In una pentola mettere abbondante acqua salata e portarla ad ebollizione; ad ebollizione avvenuta cuocere, al dente, le orecchiette; una volta cotte le orecchiette, mantecarle nella base precedentemente preparata, salare e pepare;
Impiattare le orecchiette su una base di vellutata di cicerchia; terminare il piatto con la granella di mandorle tostate; decorare con foglie di basilico e servire caldo.

FUNGHI CARDONCELLI

Il fungo Cardoncello, scientificamente Pleurotus Eryngii, è un fungo spontaneo, tipico delle aree mediterranee che fruttifica dalla primavera all’autunno sui resti delleradici morte delle piante del cardo e della ferula. La storia del Fungo Cardoncello parte dal lontanoMedioevo, quando tale fungo veniva consumato in tutto il territorio murgiano ed erroneamente considerato, da molti,l’unico luogo in cui si poteva trovare. In realtà, questo prodotto veniva coltivato anche nel Salento, nella Valle d’Itria e sul Gargano.

Oggi questo fungo è stato inserito nell’elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT). Per approfondire CLICCA QUI

CICERCHIA

La Cicerchia chiamata, anche, pisello d'India è un antica leguminosa che appartiene alla famiglia delle Farbaceae, ed è un PAT (prodotto agroalimentare tradizionale) del territorio Pugliese CLICCA QUI

GRANO ARSO

L’origine del GRANO ARSO risale a una storia antica che ha a che fare con: braccianti, povertà, latifondi e sole ardente del Tavoliere delle Puglie. I ricchi proprietari terrieri,  permettevano un tempo agli agricoltori di raccogliere per uso personale il grène jàrse, cioè i chicchi di grano duro rimasti sui loro terreni dopo la mietitura e la bruciatura delle stoppie. La tradizione del grano arso, a lungo dimenticata, grazie alla passione e l’ amore per la ricerca culturale di alcuni chef come Beppe Zullo è stata recuperata  negli ultimi anni, in un modo nuovo. Per approfondire CLICCA QUI