Improvvisazione o memorizzazione

La pratica del canto a mutetus è principalmente improvvisata, ma esistono dei casi in cui il cantadore si prepara delle rime per occasioni importanti come i matrimoni o festività religiose. Inoltre, è usuale ricordare i mutetus più belli riproponendoli sottoforma di poesia recitata, piuttosto che cantata. Nella maggior parte dei contesti performativi, il cantadore esprime un pensiero o una dichiarazione sotto forma di poesia improvvisata a mutetu, commentando aspetti di vita quotidiana, persone, fatti storici o politici. Si ricorre al processo di creazione a taulinu in occasione di festività o eventi pubblici dove i mutetus sono dedicati ai Santi o più specificatamente alla Madonna.

I contesti esecutivi legati all’improvvisazione sono progressivamente scomparsi e le generazioni, a partire dagli anni Sessanta, iniziano a non essere più sollecitate dalla società a cantare a mutetu e cominciano a perdere interesse verso la pratica, nonostante la generazione precedente continui a cantare in quel modo. In questo senso, il mutetu, in maniera sempre più importante, non sarà legato all’improvvisazione, bensì alla preparazione a taulinu e alla memoria di mutetus preesistenti. In questo periodo il processo che porterà negli anni Duemila alla scomparsa quasi completa di questa pratica è incominciato.


La pratica del canto a mutetu risulta ai giovani, salvo qualche eccezione, poco conosciuta e percepita come consuetudine del passato. La preparazione a taulinu e, ancor meno, l’estemporaneità di questo canto calano in disuso visto il netto variare dei contesti performativi e della società. La lingua sarda non è più un sapere diffuso della popolazione e il canto a mutetu non è più praticato come forma di comunicazione sociale.