A.S. 2022-2023
classi 1C e 1L
elaborati a cura del Prof. Ciro Legna
elaborati a cura del Prof. Ciro Legna
COS’è L'ARTE? A COSA SERVE?
L'arte è una forma di espressione che tenta di suscitare varie sensazioni nell'animo umano.
Tuttavia, con il tempo, il concetto di arte è cambiato: gli uomini primitivi, infatti, dipingevano a scopo propiziatorio; oggi l'arte rende liberi di esternare le proprie emozioni. Purtroppo però l'uomo moderno, preso dalla fretta e dalle sue caotiche abitudini, la ritiene una perdita di tempo. In realtà, essa costituisce una vera e propria terapia sintomatica: una terapia che agisce sui sintomi in maniera momentanea. Quindi l'arte può essere considerata una cura a molti problemi che affliggono la nostra società.
COS’è UN BENE CULTURALE?
Un Bene Culturale è una "testimonianza avente valore di civiltà e strumento di umana elevazione" (Commissione Franceschini, anni Sessanta) . Esso costituisce la traccia del comportamento dell'uomo del passato. Il Bene Culturale si presenta con delle caratteristiche fisiche che ne rendono il funzionamento simile a quello del corpo umano. Analogamente all'uomo, infatti, il Bene Culturale ha una propria evoluzione, ovverosia un ciclo di vita. Dunque, per evitare la "morte" del Bene Culturale, è necessaria la sua tutela, che può essere:
MANUTENZIONE ORDINARIA: una vera e propria "prevenzione", che impedisce al Bene Culturale di "ammalarsi", proprio come un essere umano.
ATTIVITÀ DI RESTAURO: consiste nella "cura" del Bene Culturale, messa in atto quando a quest'ultimo è stato diagnosticato un "male", più o meno grave.
COME SI INTERVIENE SE UN AFFRESCO "SI AMMALA"?
L'affresco è un dipinto realizzato sulla superficie di un muro, quando l'intonaco è ancora umido (da qui deriva il nome di affresco). Successivamente, grazie al processo chimico della carbonatazione, i colori vengono fissati definitivamente alla parete.
Ci sono due tecniche per "curare" un affresco: lo strappo e lo stacco.
STRAPPO: il restauratore, grazie ad una tela impregnata di una sostanza adesiva (ad es. colla), preleva solo la pellicola pittorica dell'affresco, separando quest'ultima dalla superficie di intonaco dipinto. Parte dello spessore del dipinto resta sulla muratura. Viene effettuato in maniera traumatica e non dà garanzie di completa integrità della pittura strappata. È in uso dagli anni Cinquanta quando si staccavano gli affreschi conservando le sinopie.
STACCO: Consiste nella separazione dello strato completo di intonaco dipinto dall' arriccio, cioè dalla separazione di parte del muro contenente l’affresco. È una operazione traumatica e offre una discreta garanzia di integrità della pittura staccata. È un'operazione difficile da effettuare e necessita di un trattamento di pulitura superficiale.
CHI ALTRO SI OCCUPA DELLA TUTELA?
Il nostro patrimonio storico-artistico e paesaggistico deve essere opportunamente tutelato, conservato e valorizzato dal Ministero della Cultura ed è disciplinato costituzionalmente dall'articolo 9.
Il principale riferimento normativo italiano, che attribuisce al Ministero della Cultura il compito di tutelare il nostro patrimonio culturale è il Codice dei Beni Culturali e del paesaggio.
Peraltro, dalla generale consapevolezza che gli accordi politici ed economici non sono sufficienti per costruire una pace e duratura, è nato l'Unesco, l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scenza e la Cultura, istituita a Parigi nel 1946.
Il motto dell'UNESCO è: "costruire la pace nelle menti degli uomini e delle donne".
Palomba Noemi; Sannino Nunzia; Sarnataro Mario; Zolfo Luisa; 1C
LA CASA POMPEIANA
Le città dell'area vesuviana consentono di seguire l'evoluzione della casa fino al 79 dopo Cristo.
L'esempio più antico, di casa italica ad atrio risale al IV - III secolo a. C. ed è incentrata su ingresso (fauces), atrio e tablinum, ma ancora priva di peristilio, al posto del quale vi era un semplice hortus.
Le case antiche non avevano grandi finestre nei muri.
Da dove ricavavano, dunque, la luce?
L'unica fonte di luce era un'apertura sul tetto che consentiva all'acqua piovana di defluire in una vasca posta al centro del pavimento.
Questo perché gli acquedotti furono costruiti soltanto in un secondo momento e l'acqua piovana era l'unico mezzo che consentiva di avere dell'acqua in casa.
In epoca più antica, l'atrio era il vero centro della vita familiare.
Atrio deriva dalla parolina latina Ater cioè "nero", "oscuro" e ciò fa riferimento ai fumi provocati dal focolare che si trovava nell'ambiente.
In un secondo momento l'atrio diventa un luogo di rappresentanza della famiglia.
Nell'atrio il padrone di casa (il "dominus") riceveva ogni mattina i suoi clientes che si presentavano per il rito della salutatio matutina, una sorta di ossequio in cambio del quale ricevevano di riconoscimenti in denaro o in cibo.
L'atrio era coperto da un tetto, a quattro falde, spioventi all'interno per permettere all'acqua piovana di defluire in una vasca posta al centro del pavimento e, quindi, in corrispondenza dell'apertura del tetto (impluvium).
Le case più grandi erano essenzialmente divise in due parti nettamente distinte :
la zona di rappresentanza e la zona di servizio.
A distinguere le due zone era il tipo di decorazione.
Per osservare le foto (della casa romana) nel dettaglio, cliccare su di esse e zoomare
Esposito Sara; Manna Salvatore; Borriello Gaia; Di Sauro Giulia; 1L
LA CASA DEI VETTII RIAPRE AL PUBBLICO DOPO 20 ANNI
La casa dei Vetti o Domus Vettii rappresenta uno dei massimi esempi di edilizia residenziale privata d'età romana. Chiamata così dal nome dei suoi proprietari, due liberti divenuti ricchi con il commercio del vino, Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva, lo sfarzoso arredo pittorico e scultoreo della casa riflette la ricchezza del territorio cittadino dove si produceva il vino per poi esportarlo in tutto il Mediterraneo.
I due ex schiavi, capaci di affrancarsi dal giogo della servitù, erano stati abilissimi nel far carriera fino a raggiungere i più alti livelli della società locale.
Gli studi storici hanno consentito di fornirci una restituzione verosimile dell'infaticabile attività della gens Vettia i cui componenti furono capaci di distinguersi soprattutto in ambito mercantile durante il periodo imperiale. Tuttavia, i primi proprietari non poterono godere a lungo della loro suntuosa abitazione poichè, nonostante fosse stata restaurata dopo il terremoto del 62 dopo Cristo e i noti affreschi dell' oecus avrebbero dovuto essere stati realizzati intorno al 75 dopo Cristo, com'è noto nel 79 dopo Cristo l'eruzione del Vesuvio seppellì completamente la città e la casa fu riportata alla luce solo nel 1894.
Oggi, dopo 20 anni di chiusura e una sua parziale riapertura nel 2016, dopo un restauro lungo 12 anni la splendida residenza patrizia si può finalmente ammirare in tutta la sua articolazione e complessità architettonica grazie ai recenti interventi conservativi e di consolidamento.
Il nuovo progetto di restauro si è avvalso della collaborazione di professionalità tra le più diverse, profilandosi dunque, come uno dei cantieri più complessi e stratificati nel panorama dei Beni archeologici degli ultimi decenni.
Particolarmente difficoltosa e complessa si è rivelata la rimozione di strati superficiali di cera presenti sugli affreschi del passato, la cui presenza si è rivelata altamente dannosa oscurando numerosi dettagli delle raffinate pitture con rappresentazioni di architetture fantastiche e scene mitologiche.
In particolare, il giardino del peristilio è stato restaurato con l'inserimento di copie di statue originali conservate negli spazi espositivi e nei depositi del parco archeologico.
La riapertura della casa dei Vettii è il coronamento di un percorso pluriennale di pieno recupero degli scavi di Pompei ed oggi il pubblico potrà finalmente tornare ad ammirare un ambiente unico nel suo genere.
A ben vedere la domus Vettii racchiude in sé la storia del mondo romano, un microcosmo del mondo antico che ci parla del complesso rapporto tra modelli greci e rielaborazioni romane ma anche della vita economica e sociale della città.
I suoi proprietari, liberti arricchiti, sono espressione di una mobilità sociale che soltanto due secoli prima sarebbe stata impensabile. A quanto pare nella loro casa dovette essere esercitata persino la prostituzione da parte di una schiava greca che apparteneva ai gruppi più deboli della società.
Palomba Noemi; Sannino Nunzia; Sarnataro Mario; Zolfo Luisa; 1C
IL RESTAURO DEI MOSAICI DELLA CASA DEI VETTII
Il nuovo progetto di restauro, intrapreso nel 2016, sotto la direzione di Massimo Osanna, si è avvalso della collaborazione di professionalità tra le più diverse, tra archeologi, architetti, restauratori, ingegneri strutturisti e persino esperti di giardinaggio, profilandosi come uno dei cantieri più complessi nel panorama dei Beni archeologici degli ultimi decenni.
Particolarmente difficile si è rivelata la rimozione di strati di cera, apportati sugli affreschi nel passato con una intenzione protettiva per poterli far risplendere un giorno: un metodo di restauro che si è rivelato altamente dannoso e che ha inoltre oscurato molti dettagli delle raffinate pitture con rappresentazioni di architetture fantastiche e scene mitologiche.
In particolare, il giardino del peristilio (giardino colonnato), che disponeva di un articolato sistema di condotte d'acqua e piccole fontane, è stato restaurato con l'inserimento di copie delle statue originali conservate negli spazi espositivi e nei depositi del Parco archeologico.
Tra queste statue ne spicca una in particolare, quella di Priapo, Dio dell'Abbondanza, unica nel suo genere.
Inoltre, nell'ambito di un progetto più ampio che prevede la valorizzazione di giardini storici e la messa in produzione delle aree verdi della città antica attraverso partenariati con agricoltori e produttori, sono state piantumate antiche specie vegetali riprodotte nel vivaio all'interno del Parco.
La domus Vettii apparteneva ad Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva, due liberti arricchiti con il commercio del vino.
Lo sfarzoso arredo pittorico e scultoreo della casa, d'altra parte, riflette soprattutto la ricchezza di un territorio della città che produceva vino per poterlo, poi, esportare in tutto il Mediterraneo garantendo ai due ex schiavi arricchiti una mobilità sociale che avrebbe consentito loro di farsi strada nella società fino ai giungere ai livelli più alti della scala sociale.
Non mancano tracce della vita degli ultimi, tra le quali spicca un ambiente adiacente alla cucina, nel quartiere servile, decorato con quadretti erotici.
L'ambiente, in passato, fu dotato di una porta di ferro per consentirne l'accesso ai soli uomini adulti, barriera rimossa solo pochi giorni prima della riapertura della casa. Si è ipotizzato che l'ambiente servisse per la prostituzione, ipotesi quest'ultima che sembrerebbe trovare riscontro nel rinvenimento, sulla parete sinistra del vestibolo, di un'iscrizione in cui una donna di nome Eutychis, "greca e di belle maniere", veniva offerta per due assi (Eutychis, graeca a(ssibus) il moribus bellis).
Una testimonianza che Pompei offre, oltre alla bellezza dell'arte e dell'architettura antica, della società dell'epoca con le sue stratificazioni e i suoi costumi.
"La riapertura della casa dei Vettii - dichiara il ministro della cultura Gennaro Sangiuliano- è il coronamento di un percorso pluriennale di pieno recupero degli Scavi di Pompei. Da oggi il pubblico potrà tornare ad ammirare un ambiente unico nel suo genere, inaccessibile da vent'anni. Ringrazio il personale del parco archeologico per avere reso possibile questo autentico regalo al mondo".
"È una riapertura epocale che segna il termine di una storia di restauro lunga e travagliata, che negli ultimi anni si è avvalsa del modello vincente del Grande Progetto Europeo, sia nella gestione dei finanziamenti sia delle risorse umane, ma con la differenza che in questo caso il tutto è stato gestito, dalla progettazione agli interventi, con le forze interne del Parco - dichiara il Direttore Generale dei Musei Massimo Osanna -. Un passaggio fondamentale che suggella l'autonomia e il successo della gestione ordinaria di Pompei, ormai esempio riconosciuto a livello internazionale".
"La domus Vettii è la storia del mondo romano rinchiusa in una casa, la "casa museo" della romanità per così dire: ci troviamo affreschi mitologici e sculture in bronzo e in marmo, di eccezionale qualità artistica, che parlano del rapporto complesso tra modelli greci e rielaborazioni romane, ma anche la vita economica e sociale della città. I proprietari, liberti e dunque ex schiavi, sono espressione di una mobilità sociale che due secoli prima sarebbe stata impensabile. Diventano ricchi con il commercio di prodotti agricoli del territorio intorno a Pompei, ma a quanto pare nella loro casa fu esercitata anche la prostituzione, da parte di una schiava greca che apparteneva ai gruppi più deboli della società" sottolinea Gabriel Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco archeologico di Pompei. Gli interventi sulla Domus hanno avuto varie fasi.
L'edificio era stato precedentemente oggetto di un'attività di parziale rifacimento delle coperture con elementi chiaramente distinguibili e il più possibile reversibili e non invasivi, realizzato nell'ambito della collaborazione tra la Soprintendenza Archeologica di Pompei (ora Parco Archeologico di Pompei) e l'istituto Centrale per il Restauro (ora Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro). Dopo un lungo periodo di chiusura ed un primo collaudo strutturale, nel 2016 l'atrio della casa è stato riaperto alla pubblica fruizione per poi essere rinchiuso per avviare il nuovo cantiere.
L'articolato cantiere avviato nel 2020 e appena concluso ha messo a sistema le parti preesistenti con opere di nuova progettazione per il completamento delle coperture della casa, rendendola interamente coperta, con l'Impiego di tecniche e materiali moderni che si pongono in continuità con gli interventi condotti negli ultimi anni.
Nel dettaglio, il cantiere di restauro e consolidamento strutturale si è occupato: della sostituzione della copertura esistente nel peristilio in calcestruzzo armato, ormai completamente compromessa, con una nuova copertura a falde inclinate in legno lamellare e manto di tegole, secondo tecniche costruttive consolidate per il rifacimento filologico delle coperture antiche; della realizzazione di nuove coperture piane in carpenteria metallica e sistemi innovativi di alleggerimento dei carichi e di impermeabilizzazione a protezione del quartiere servile e del gineceo, con manto esterno in finitura color rame; del restauro di tutti gli apparati decorativi parietali e pavimentali ivi compresi gli arredi originali del giardino.
La straordinaria ricchezza degli apparati decorativi e del ricco corredo di arredi del giardino, infatti, ha imposto un accurato intervento di conservazione, attraverso opere di pulitura, stuccatura e integrazione, atti al recupero della leggibilità di ogni più piccolo dettaglio, nonché delle originarie cromie degli stessi apparati.
Il programma di intervento si è articolato in una serie di fasi, sulla base di corrette e metodologie di restauro, selezionando di volta in volta tecniche e materiali calati nelle singole problematiche.
Sicuramente una delle fasi più complesse è stata quella della pulitura degli strati di cera applicati durante i restauri precedenti per rinvigorire la lucentezza dei colori.
Chiara Di Lorenzo; Greta Serpe; Serena Terracciano; Francesca Palomba; 1C
A PROPOSITO DI BENI LIBRARI: SUL RITROVAMENTO DI UN MANOSCRITTO AUTOGRAFO DI GIACOMO LEOPARDI
Il 24 gennaio 2023 è stata trovata una lettera autografa scritta di pugno dal poeta recanatese Giacomo Leopardi, spedita da Recanati il 29 agosto 1823 al cugino, il marchese Giuseppe Melchiorri, di stanza a Roma, il cui tema è la rottura con Pietro Visconti, con cui nel 1824 avrebbe fondato le «Memorie romane di antichità e belle arti», la morte di papa Pio VII, e il successivo conclave.
I due personaggi sono pressoché coevi e condividono l'amore per gli studi filosofici, le lettere antiche e l'amore per una corrispondenza "di carattere intimista" pervasa di un sentimentalismo estenuato.
Il loro è un rapporto sinceramente sentito, alimentato dai frequenti soggiorni del poeta nella capitale romana.
Nella lettera traspare la voglia del poeta di condividere opinioni, giudizi, riflessioni d'ampio respiro che riflettono l'animo umanamente tormentato del poeta.
Ora questa lettera autografa a carattere privato è stata acquisita dallo Stato e consegnata alla Biblioteca Nazionale di Napoli merito del Ministero della Cultura che ha opportunamente esercitato il diritto di prelazione assicurandosi l'autografo, impedendo così che venisse venduto a compratori privati.
La lettera va così ad arricchire ancor di più il prezioso fondo Leopardiano della Biblioteca Nazionale di Napoli, che custodisce in originale l’opera di Leopardi ed oltre il 90% delle corrispondenze inviate da parenti ed amici allo stesso poeta.
L'epistolario leopardiano si rivela di fondamentale importanza per una maggiore comprensione
della personalità e del pensiero del poeta la cui conoscenza è andata arricchendosi negli ultimi anni grazie a questi ritrovamenti di "eccezionalità" rilevante.
Borrelli Francesca; Priore Giulia; Sannino Nunzia; Zolfo Luisa; 1C
PRELAZIONE, PAROLINA SCONOSCIUTA
Prendiamo un qualunque Bene Culturale passato sul mercato antiquario.
Ci sarà qualcuno che avanzerà una qualsivoglia proposta di acquisto.
E allora sarà necessario stipulare un atto di compravendita.
Saranno coinvolte due parti in atti.
Tuttavia, nel caso di Beni Culturali, non è così semplice come comperare mele e pere al mercato.
D'altronde, com'è facilmente intuibile, è la stessa natura di unicum insita nel nostro manufatto di interesse storico - artistico, a esigere un trattamento straordinario per poterselo accaparrare.
Ma esiste uno strumento giuridico fondamentale che la nostra nazione, in questo caso assolutamente pionieristica, ha elaborato per garantirne la pubblica godibilità.
Del bene s'intende.
Si chiama diritto di prelazione
il diritto di prelazione consiste nel diritto di essere preferiti ad altri nella conclusione di un contratto di parti possono stabilirlo convenzionalmente relazione volontaria o in altri casi è previsto dalla legge relazione legale con garanzie più pregnanti a favore del relazionario la prelazione artistica prevede che lo stato debba essere avvisato ogni volta che viene venduto un bene culturale ed è il diritto di acquistarlo per lo stesso prezzo battuto tra le parti nel corso degli anni infatti sono state emanate diverse leggi rivolte a conservare preservare il patrimonio artistico e culturale italiano lo scopo era ed è quello di evitare che preziose opere d'arte mobili e immobili fuoriescono dai confini nazionali lo strumento atto a prevenire questi appunto l'istituto della predazioni artistiche la disciplina di riferimento e il decreto legislativo numero 42/2004 e precisamente l'articolo cardine della normativa e quello di cui all'articolo 60 ove previsto che il ministero o nel caso previsto dall'articolo 62 comma 3 la regione o gli altri enti pubblici territoriali interessati hanno facoltà di acquistare in via di prelazione i beni culturali alienati a titolo oneroso o conferiti in società rispettivamente al medesimo prezzo stabilito nell'atto di alienazione o al medesimo valore attribuito nell'atto di conferimento tale tipo di relazione opera in modo uniforme dalla predazione tradizionale poiché la prenotazione esercitabile a posteriori ossia entro 30 giorni dalla comunicazione la differenza degli altri tipi o quella stessa viene esercitata non potete capire preventivamente infatti il Ministero entro i 30 giorni successivi alla conclusione del trasferimento riceve la cosiddetta denunziazio e allo stesso è rimessa la facoltà di esercitare il diritto di prelazione entro i successivi 60 giorni ovvero il 180 giorni nel caso di denuncia incompleta operativa o omessa nel concetto di trasferimento sono ricompresi tutti gli atti traslativi a titolo oneroso della classica compravendita fino alla permuta e anche il conferimento in società eccetera
A PROPOSITO DI "PULITURE": L'OPERATORE DEI BENI CULTURALI AL LAVORO
Si è già detto come, in realtà, un Bene Culturale si presenti alla stregua di un corpo umano ed esattamente come un corpo umano quest'ultimo ha un suo ciclo di vita compiuto, ovverosia un inizio ed una fine.
Compito del nostro Operatore dei Beni Culturali, dunque, sarà quello di assicurargli un livello di benessere tale da garantirgli la sopravvivenza.
Ogni essere umano, infatti, punta a sopravvivere quanto più tempo possibile. Per mantenere un suo equilibrio psico-fisico ha bisogno, come è normale che sia in tutte le relazioni sociali, di soddisfare i suoi bisogni.
Evidentemente anche il nostro Bene Culturale avrà i suoi bisogni specifici ed è nella misura in cui riuscirà a soddisfarli che esso stesso potrà assicurarsi la sopravvivenza.
Come si è detto, l'operatore dei Beni Culturali è da considerarsi a tutti gli effetti "il terapeuta" dei nostri manufatti d'interesse storico-artistico. Come il medico chirurgo ha una sua cassettina d'attrezzi ed un occhio clinico che si serve della "diagnostica artistica" per riconoscerne eventuali patologie non riconoscibili ad occhio nudo. La "diagnostica artistica", infatti, altro non è che una estensione dell'occhio visibile consentendo al nostro operatore di sfruttare l'aiuto delle discipline scientifiche per ottenere informazioni di carattere "quantitativo" e "qualitativo" sui nostri Beni Culturali.
Essendo "materiali", i nostri Beni Culturali ci sopravvivono, esattamente come un posacenere. Avete presente un semplice posacenere? Sembrerebbe una osservazione banale eppure, a pensarci bene, qualunque cosa che abbia una sua matericità, finisce col sopravviverci. Anche un comune posacenere.
Per consentire ai cittadini futuri di fruirne in tutta la loro unicità, bisogna tutelarli e, dunque, se necessario, in ultima istanza, anche restaurarli. Quindi intervenire operativamente così come interverrebbe un chirurgo sul corpo umano.
Nella fattispecie, il restauro è un insieme di procedure operative poste in essere quando un Bene Culturale si altera, o nella peggiore circostanza possibile, si deteriora.
Esse possono essere così semplificate:
Pronto intervento
Pulitura
Consolidamento
Finitura e/o protezione
Vernici
Ma chi sono i nemici dei nostri "manufatti".
Dobbiamo introdurre il concetto di sistema manufatto - ambiente.
Un dipinto, infatti, è sempre circondato da aggressori esterni: la pioggia, l'umidità, il gas di scarico delle automobili, la temperatura, l'umidità aggrediscono il nostro patrimonio culturale.
Qual è il segreto della sopravvivenza? L'adattamento all'ambiente circostante.
Ecco, dunque, che dipinti, ceramiche, manufatti di "interesse storico artistico, per proteggersi dall'ambiente circostante creano autonomamente una patina in modo tale da adattarsi e sopravvivere.
Ma, spesso, questi "agenti aggressori" hanno un indice di aggressività altissimo e questo fa sì che neppure la "patina naturale", prodotta dall'interfacciamento tra il materiale e l'ambiente, riesca a proteggere i colori naturali del dipinto.
è a questo punto che interviene il nostro restauratore, il quale, in fase preliminare, parte da un'analisi approfondita dei danni per poi procedere ad una pulitura delle superfici da corpi estranei che, se non effettuata, può accendere la "spia rossa" del pericolo.
Ma, se la pulitura è una operazione superficiale, l'aggressione può ledere la stessa struttura organica del nostro manufatto.
Mettiamo, puta caso, di avere una tavola di legno le cui assi si sono "imbarcate" o del tutto sconnesse al punto tale da comportare una caduta della pellicola pittorica. A questo punto "il terapeuta" dovrà procedere con un intervento di "consolidamento" puntando al riassetto dello stesso manufatto in tutti i suoi componenti strutturali.
A proposito di pulitura, abbiamo due tipologie di pulitura:
estetica
Finalità storico - artistiche
Restituisce alla superficie dell'opera le caratteristiche originali
conservativa
Finalità chimica - fisica dei materiali (oltre che storico artistica)
Effettua una pulitura maggiore: risana (bonifica) i materiali
Se riguarda la superficie, la pulitura, elimina tutti quegli ingiallimenti che ottundono la normale fruizione dei volumi e delle forme dei personaggi , restituisce i particolari mancanti, bilancia i volumi e le cromie.
In ultima istanza, dopo averne curato la "rappresentazione", l'artista passava una "mano" di vernice a scopo protettivo. volume lecromie conservatrice di Satana alterazioni ed elimina il degrado successivamente prosegue con uno strato di finitura e o protezione infatti pittori dopo aver completato la loro creazione passano al di sopra una vernice trasparente alla quale si ossida si sgretola si degrada al posto dei materiali al di sotto; infine ovviamente si ripassa uno stato di vernice protettiva. è questo ultimo strato di finitura che ne garantirà la sopravvivenza negli anni a venire. Attenti al suo "ingiallimento", finirebbe col virare i colori originari di un meraviglioso Raffaello. E poi cosa ci ritroveremmo?
Chiara di Lorenzo coadiuvata dall'intero gruppo della classe 1C
FATTI E MISFATTI SUI BENI CULTURALI, OVVERO "COSA UN RESTAURATORE NON DOVREBBE FARE SUL NOSTRO PATRIMONIO CULTURALE.
È noto a tutti che per compiere un restauro su un bene culturale bisogna essere esperti perché in caso contrario si rischia di arrecare danni irreversibili all'opera che sono assolutamente da evitare vista d'importanza e il valore storico di quest'ultima nonostante ciò è capitato più di una volta che siano stati effettuati dei restauri non andati a buon fine questo è accaduto sia perché si è stati troppo imprudenti e superficiali nello svolgere il lavoro sia per chi evidentemente evidentemente restauratore non era affatto una persona adatta a svolgere un
un compito del genere uno degli esempi riferiti all'argomento di cui stiamo parlando è la barba di Tutankhamon nel 2014 Durante il processo di pulizia della maschera di Tutankhamon reperto del museo del Cairo involontariamente la barba è stata staccata e nel tentativo di migliorare la situazione è stata usata della colla industriale per riattaccarla andando così ad aggravare le condizioni dell'Opera quando poi è stato scoperto l'accaduto i responsabili hanno intrapreso le vie giudiziarie nell'opera è stata affidata ad un gruppo di professionisti. Un secondo esempio ci riporta al 2018 quando nella chiesa di San Miguel in Spagna ad una statua raffigurante un San Giorgio a cavallo occorreva un restauro che però è stato affidato ad un restauratore inesperto che impegnandosi per ristabilire i colori originali dell'Opera lo ha trasformato in un personaggio di un cartone animato in seguito l'amministrazione locale ha chiamato un professionista con lo scopo di eliminare i danni arrecati all'opera in conclusione.
In conclusione ribadiamo l'importanza di affidare un lavoro di restauro ad una persona affidabile e soprattutto capace perché altrimenti in caso contrario si potrebbero presentare conseguenze piuttosto gravi.
I mosaici del Museo archeologico di Hatay ad Antiochia
Nel 2015 furono condotti alcuni restauri di una serie di mosaici romani conservati nel Museo Archeologico di Hatay ad Antiochia. ,antica città della Turchia meridionale.
I mosaici risalivano a diversi periodi compresi tra il II e il VI secolo dopo Cristo, ma gli interventi ebbero effetti rovinosi sulle opere: a sollevare il caso fu un artigiano del luogo, Mehmet Daskapan, che chiamò un giornale locale per far sapere che i mosaici avevano assunto un aspetto orribile dal momento che le tessere originali erano state rimpiazzate con tessere che avevano forme, dimensioni e colori che non avevano niente a che vedere con gli originali. Non si sa bene come andarono le cose, anche perché ci furono tentativi di minimizzare l'accaduto (il Ministero della Cultura turco spiegò che si trattava di immagini scattate in una fase iniziale del restauro, quando il lavoro doveva ancora essere finito) ma sta di fatto che il restauro fu sospeso e presto si procedette con un nuovo intervento per restituire ai mosaici il loro vero aspetto.
Il Castello di Ocakli Ada
Un altro castello, ma questa volta in Turchia: siamo a Sile, cittadina balneare nei pressi di Istanbul, dove si trovano le rovine di una fortezza risalente a circa duemila anni fa, il castello di Ocakli Ada. Fortemente diroccato, il castello nel 2015 vide finire un intervento di restauro durato molti anni, ma che snaturrò completamente l'immagine dell'edificio. Fu ricostruito quasi ex novo: le mura vennero rese lisce e furono aggiunti merli e bizzarre finestre che sembravano gli occhi e la bocca di un personaggio da cartone animato, tanto che sui social il castello di Ocakli Ada fu ribattezzato "il castello Spongebob" per la somiglianza con il noto personaggio dei cartoni. Ma l'amministrazione locale difese il lavoro dei restauratori, sostenendo che il castello era in pesante degrado da oltre un secolo, che le operazioni erano frutto di un lungo processo decisionale , e che le critiche non si basavano sulla conoscenza dei fatti.
C. di Lorenzo, S. Terracciano, F. Palomba, G. Serpe 1C
FATTI E MISFATTI SUI BENI CULTURALI, OVVERO "COSA UN RESTAURATORE NON DOVREBBE FARE SUL NOSTRO PATRIMONIO CULTURALE (seconda parte)
Solitamente i restauri riportano un’opera alle condizioni di leggibilità ottimali, che fanno riemergere cromie perdute, che riescono a donare a un dipinto o a una scultura un aspetto simile a quello che poteva avere in origine.
Come in ogni settore, anche nel restauro le cose possono non andare nel verso giusto e possono esserci restauri fatti male, cui risultati sono strani, o possono esserci restauri disastrosi, condotti da personale con nessuna competenza.
Nella chiesa di un paesino delle Asturie di circa una trentina di abitanti si trova una scultura in legno della Vergine Maria con Bambino accompagnata da Sant'Anna, risalente al XV secolo.
Nonostante fosse stata restaurata circa 15 anni fa, si è ritenuto che necessitasse di una ulteriore sistemata, affidando il lavoro a Maria Luisa Menendez.
Smalti industriali per tutte le superfici applicati con una dubbia interpretazione dei colori della tradizione cattolica hanno così condotta ad un risultato molto criticato.
Il castello di Matrera (nei pressi della città di Villamartìn in Andalusia, Spagna), una fortezza del IX secolo, nel 2015 subì un restauro estremamente discusso, che invece di conservare le porzioni sopravvissute del castello diroccato, costruì ex novo dei volumi squadrati ai quali furono applicate le pietre della vecchia fortezza. L'architetto responsabile del restauro, Carlos Quevedo Rojas, spiegò che non voleva procedere solo con un restauro conservativo, ma che voleva ripristinare i volumi, la forma e la tonalità che la torre aveva in origine, facendo sì che risaltasse la differenza tra le aggiunte e la vecchia struttura.
Le opinioni si divisero tra chi considerava il restauro un disastro e chi invece lodava il tentativo di restituire al castello le originarie forme moresche.
E in certi ambienti fu così apprezzato da finire nella finale di un premio di architettura e da riportare addirittura la vittoria nella categoria "conservazione".
Noemi Palomba, Nunzia Sannino, Mario Sarnataro, Luisa Zolfo 1C
Jane Austen pubblicò Ragione e sentimento nel 1811 con il titolo di Elinor e Marianne. Le protagoniste sono infatti le due sorelle Dashwood, Elinor e Marienne, dai caratteri opposti; la prima rappresenta la ragione mentre la seconda rappresenta il sentimento e la passione.
Elinor è responsabile, razionale e riservata, ha una grande capacità critica e un forte senso pratico che la rendono una guida per la sua famiglia; Marienne invece è vivace e passionale tanto che l'abbandono da parte dell'uomo che ama la ridurrà quasi in fin di vita.
Alla morte del padre, le sorelle Dashwood sono costrette a vivere in ristrettezze economiche e a lasciare la loro casa natale al fratello John e alla sua perfida moglie Fanny per trasferirsi in una modesta abitazione nel Davonshire.
Qui conosceranno le gioie e dolori dell'amore, impareranno a conciliare la ragione con il sentimento e diventeranno donne.
Attraverso strade diverse, una tramite l'intelligenza e la saggezza, l'altra grazie alla sua anima pura e romantica riusciranno a cogliere l'essenza stessa dell'esistenza.
Questo romanzo, a parer mio, uno tra i migliori di Jean Austen, può sembrare a primo impatto una storia d'amore, ma io lo definirei piuttosto un romanzo di formazione in quanto vediamo la crescita delle due protagoniste in primo piano ed è un attento esame della psicologia dei due personaggi.
Ad essere onesti, ho trovato la prima parte di questo libro un po' più lenta rispetto alla seconda che è decisamente più scorrevole e intrigante. Senz'altro è un libro interessante che racconta la storia di queste due sorelle dai tratti caratteriali e temperamentali fortemente oppositivi ma l'elemento di maggior rilievo del romanzo è il loro modo di relazionarsi non solo tra loro ma anche dinanzi alla vita, con due punti di vista differenti.
Un punto di forza è sicuramente la scrittura di Jean Austen raffinata ed anche un po' ironica con cui offre un ritratto impietoso della sua società rigida e convenzionale che in questo caso denuncia il destino delle due donne che ruota intorno al matrimonio.
Un libro straordinario che ancora oggi riscuote un grande successo.
Sabrina Ferraro ; 4M
La Primavera di Botticelli è un'opera ricca di dubbi: non si conosce la data esatta di realizzazione, né il committente, o a chi fosse destinata
Si tratta di una tavola grande. Parliamo di un'opera alta oltre due metri e larga circa tre metri e venti, dipinta su del lino applicato su delle tavole di pioppo con una tecnica che è la tipica tecnica complessa di Botticelli della tempera grassa.
Si tratta, dunque, di una tempera che perde la sua opacità e che somiglia in qualche maniera ad una pittura ad olio consentendo quindi all'artista, che fu gelosissimo segreto dei suoi impasti, di ottenere queste perfezioni formali assolutamente sublimi e che rende il dipinto uno dei capolavori della Storia dell'Arte.
Sappiamo che da Firenze l'opera non si è mai allontanata anche se ha avuto diverse collocazioni sempre nelle sedi medicee.
"Venere, che le grazie fioriscono, dinotando Primavera" è il modo in cui Giorgio Vasari descrive il capolavoro che lui vede nella guardarobieraa medicea quando compila le sue Vite.
Il primo problema riguarda l'individuazione di una committenza perché spesso ricondotta alla diretta committenza del Magnifico, è invece più probabilmente da collegarsi al fratello Giuliano nel momento in cui ha un figlio dalla sua amante, quel figlio che poi diventerà il "gran Papa" di Roma Clemente VII.
Oppure, all'ambito del cugino di Lorenzo il Magnifico, Lorenzo di Pierfrancesco, noto come "Lorenzo il Popolano".
Probabilmente la via più certa è che la prima committenza fu quella di Giuliano, fratello di Lorenzo, ma quando Giuliano morirà in circostanze estreme e inaspettate, e mi riferisco alla morte avvenuta in San Lorenzo a seguito della congiura dei Pazzi, probabilmente quella committenza fu messa da parte per poi proseguire con Lorenzo di Pierfrancesco, più giovane di Lorenzo il Magnifico di circa quindici anni e che dovette essere interessato al recupero di questa committenza quando sposa Semiramide di Appiano, fanciulla che fu scelta per andare ad implementare le grandi ricchezze di famiglia in quanto la famiglia di quest'ultima era legata alle grandi miniere ferrifere dell'Isola d'Elba.
Cominciamo a vedere chi sono i personaggi raffigurati nel dipinto secondo la tradizionale iconografia che propone la più consueta lettura da sinistra verso destra.
A sinistra, troviamo questa creatura azzurra che è il vento, Zefiro, che sospinge la ninfa Cloris, che si trasforma in Flora, dispensatrice di fiori e e, quindi, l'immagine della Primavera chiudono il primo gruppo sulla destra; al centro c'è la Venere, motore dell'amore e del mondo, sormontata dal figlio Cupido, che sta per scoccare la freccia che va a colpire la Grazia centrale, la quale sta intrecciando "carola", raffinata danza di corte, con le altre due "Grazie" (ora interpretate come le "Ore" che, comunque, fanno parte del corteo di Venere. Una delle Grazie guarda verso Hermes - Mercurio, che col suo caduceo allontana le nubi dal cielo di Firenze.
La prima lettura sarebbe quella di una celebrazione della Primavera e di Firenze.. "Flora", infatti, è il nome di Florencia. Firenze, sulla quale non ci sono nuvole che vengono dissipate dal giovane Mercurio, proprio perché non ci sono nuvole sulla Firenze medicea. Riconoscibile anche dagli alberi di arancio sul fondo, i quali facevano parte dei fastosi e ricchi agruemeti nei tempi in cui avere un agrumeto era una rarità.
Agrumeti interrotti da una sorta di arco che si apre alle spalle di Venere e dove compare il mirto, attributo sacro alla Dea.
A ben vedere questi personaggi hanno anche altri riferimenti. In una cultura fortemente mitologica. Infatti, in realtà, i referenti di questo dipinto sono molteplici.
Sicuramente Marsilio Ficino, la grande cultura neoplatonica, favorita dai Medici stessi. Il filosofo, infatti, aveva un'accademia nella villa medicea di Careggi. Un neoplatonismo che vedeva al centro la possibilità di vivere l'amore come forza intellettuale che liberava dai sensi.
Quindi, non un'amore sensistico bensì una forza spirituale. E, quindi, in questo caso la Venere andrebbe a dividere nettamente l'amore ferino, sensuale, dettato dalla favola antica di Zefiro che rapisce Clori, e, che, consente poi un processo di trasmutazione e di interpretazione alchemica che si va ad aggiungere, per l'amore puramente spirituae che non a caso guarda il Dio sapienziale per eccellenza, ovverosia il Dio della cultura ermetica che è Mercurio.
è importante riconoscere i personaggi presenti nel dipinto. Anche qua ci troviamo di fronte a varie ipotesi. La figura fondamentale è Mercurio, il Dio della sapienza in assoluto. Ora, il Mercurio della Primavera è stato variamente letto: evoca sia la fisionomia di Giuliano che quella di Lorenzo il Popolano. Ma l'aspetto più affascinante è individuare il volto della fanciulla che è al centro, della Grazia che riceve il dardo. Se nella veste di Hermes - Mercurio è possibile rintracciare la figura di Giuliano de' Medici, allora la figura femminile è senz'altro Simonetta Vespucci. Non Semiramida Appiani di cui non abbiamo neppure molti ritratti. Semiramide d'Appiani che, come s'è detto, è la moglie di Lorenzo di Pierfrancesco. Ora, sicuramente la giovane e bellissima fanciulla che è al centro del quadro è più probabilmente Simonetta. E questo andrebbe a favorire l'idea che la Primavera sarebbe stata avviata per Giuliano, poi messa da parte e completata per Lorenzo di Pierfrancesco.
Simonetta è uno dei personaggi più importanti della corte del Quattrocento.
Una donna che dovrà alla sua bellezza la costruzione di un mito che va oltre la sua stessa morte. Luigi Pulci, poeta di corte, scriverà su di lei delle parole bellissime, addirittura quando il suo cadavere attraverserà Firenze. "La morte non è riuscita a farne oltraggio", queste le parole del Pulci, per una donna la cui morte arriva improvvisa a soli 28 anni, rendendola ancora più facilmente protagonista di un mito assoluto. L'elemento vegetale, come si è detto, è fondamentale, ma anche su questo sono stati fatti tantissimi studi poiché questi elementi della natura che in Botticelli sembrano stilemi, elementi di stilizzazione sono però desuntida tutte le essenze che sono effettivamente presenti sui campi fiorentini in Primavera. E sono state contate 180 specie. E questo è accaduto soprattutto durante lo straordinario intervento di restauro che c'è stato negli anni Ottanta e conclusosi nel 1984; un intervento durato cinque anni e che ha individuato tutte quante le diverse specie: il papavero, la migella, il muscari, la fragola, le rose i garofanini, i nontiscordardime, il fiore di cicoria. E, ancora, l'alloro, che non poteva mancare in una celebrazione dei fasti medicei anche perché Laurentius è il nome ricorrente che viene dall'alloro e che è raffigurato insieme agli altri elementi naturali.
Imma Ascione; Saverio Gamba; Elvira Pugliese; Gaia Cardone; Federica Scassillo 4M
con la guida del docente Ciro Legna
"Ho scelto questo dipinto perché il colore azzurro dello sfondo mi ricorda il mare e il cielo sereno, e visto che la Primavera è alle porte mi ricorda che il caldo e l'Estate si stanno avvicinando, trasmettendomi un senso di calma."
Anna Maria Bono 4 M
Ho scelto questo dipinto, la Primavera di Monet, perché mi piacciono molto i colori: il bianco da una sensazione di serenità e freschezza, l’azzurro e il verde si sovrappongono in modo armonioso e il glicine amplifica la bellezza della natura in fiore. Mi ricorda appunto una bella giornata di primavera.
Lucia Del Prete 4 M
Ho scelto questo dipinto di Claude Monet poiché mi ha affascinato soprattutto per la vivacità dei colori e ad un primo impatto dà molto l'idea della Primavera.
Mi ha colpito soprattutto la rappresentazione e i personaggi sembrano quasi realistici.
Alessia Froncillo 4 M
Questo dipinto, realizzato da Ignac Ujvary, suscita in me una sensazione di gioia, libertà e spensieratezza.
I colori, gli alberi sullo sfondo e il prato rappresentano il risveglio della natura, sono il simbolo della Primavera che arriva, del mondo che si rianima e ciò mi trasmette una profonda serenità perché amo questa stagione.
Le ragazze che fanno allegramente un girotondo denotano allegria, sono spensierate, giocano festose. Anche questa raffigurazione trasmette serenità e voglia di vivere, ci fa percepire la rinascita che accompagna la primavera: è come se non solo la natura intorno a noi riprendesse a “vivere”, ma anche le persone
Rebecca Aurilia 4 M
Questo dipinto di Edouard Monet mi ha molto colpito perché la Primavera è rappresentata da una giovane donna composta da una varietà di fiori come i capelli che sembrano un bouquet variopinto. Mi ha impressionato perché l’artista ha associato la Primavera a queste fanciulle e i fiori sono molto colorati e vivaci rispetto ai vestiti e le piante circostanti.
Giovanna D'Aniello 4 M
L'olio su tela, di Claude Monet, mi suscita una sensazione di serenità e pace. I colori delicati rasserenano e allo stesso tempo fanno cogliere il risveglio della natura , i primi segni della primavera. Le due figure che parlano sembrano godere la pace dell’ambiente circostante, come se volessero approfittare della natura che torna ad essere “amica” in primavera. È un quadro che sembra una promessa, la promessa di un inizio, proprio come è la primavera.
Martina Perreon 4 M
Quando penso alla primavera penso alle belle giornate soleggiate e alle domeniche da passare all’aperto con la famiglia e gli amici, quindi il primo quadro che mi è venuto in mente è ‘‘Un dimanche après-midi à l'Île de la Grande Jatte’’
Il dipinto appartenne alla madre dell'artista fino alla sua morte nel 1899. Fu venduto varie volte fino ad arrivare a due collezionisti di Chicago: Mr. e Mrs. Bartlett. Fu acquistati all'epoca per 24.000 dollari, che al cambio odierno sarebbero circa 320.000 euro. La tela fu infine donata all'Art Institute di Chicago due anni dopo, con una clausola che vietava qualsiasi prestito esterno, ad eccezione di un'unica occasione, avvenuta a New York nel 1958.
Nel suo dipinto più famoso e più grande, Georges Seurat ha raffigurato persone di diverse classi sociali che passeggiano e si rilassano in un parco a ovest di Parigi su La Grande Jatte, un'isola nella Senna. E’ una delle opere che meglio descrivono la società francese di fine Ottocento. Donne con abiti tipici dell’epoca e di gran moda che passeggiano riparandosi con graziosi ombrellini. Poi, canottieri che riposano dopo la competizione e, quindi, bambini che giocano composti. Alcuni animali da compagnia seguono poi i loro padroni. Una coppia di signori borghesi porta una scimmietta al guinzaglio. Le scimmie, chiamate scimmie cappuccine, all'epoca erano animali domestici alla moda. Sull’acqua della Senna scivolano alcune piccole imbarcazioni e in lontananza, si vede una barca con la bandiera francese che rappresenta il senso patriottico del pittore. Al centro dell'opera troviamo una donna che stringe la mano a un bambino, tra le poche figure frontali, e danno l'impressione del movimento. Infatti, l’interessante paradosso di questo lavoro è che la scena a cui Seurat assiste è in realtà frenetica e inespugnabile, mentre i protagonisti sembrano godersi per sempre la loro domenica pomeriggio sulla Senna, poiché le loro azioni sono congelate nel tempo. La disposizione scenografica e geometrica delle figure rendono la scena calma e tranquilla. La tecnica è quella del puntinismo, ideata proprio da Georges Seurat. Si basa sulle nuove teorie cromatiche elaborate in ambito scientifico e sull'ipotesi che punti di colore puro posizionati ravvicinati si mescolino insieme nell'occhio dello spettatore. Gli effetti contrastanti, che si trovano in diverse aree del dipinto, sono realizzati con l’accostamento di colori complementari (rosso contro verde, blu vicino all'arancione e viola contro giallo). I colori delle campiture che contengono le forme sono, poi, la risultante dei diversi puntini colorati secondo le mescolanze indicate dalla teoria cromatica dei primari e dei complementari.
Il dipinto, contrariamente alla tecnica veloce degli Impressionisti, richiese quasi due anni di lavoro. Le opere del movimento impressionista erano solite essere realizzate en plein air, ma questo dipinto, a causa delle imponenti dimensioni, venne realizzato nell’atelier dell’artista.
Imma Ascione 4 M
MUSEI
Il museo è un'istituzione pubblica adibita al servizio della comunità e al suo sviluppo, il cui scopo è quello di tutelare gli oggetti di interesse storico e culturale per trasmetterli alle generazioni future. Proprio per questo, i musei sono chiamati a svolgere un ruolo attivo nella società, assicurando le tradizionali funzioni di ricerca e di comunicazione.
Tra i compiti principali che svolgono ricordiamo:
ACQUISIRE: in un museo è fondamentale mantenere dinamica la collezione. Dunque è necessario raccogliere le opere e acquistarle, riceverle in dono da artisti e garantire lo scambio tra le istituzioni pubbliche. Dopo aver compiuto queste pratiche, si procede con la catalogazione e documentazione scientifica.
La catalogazione prevede la registrazione e la descrizione di un bene culturale.
CONSERVARE: garantire la conservazione materiale dei beni che il museo custodisce. Quindi il museo deve garantire la sicurezza, controllando che il comportamento dei visitatori non metta a rischio le opere.
Le strategie per garantire la conservazione materiale delle opere a lungo termine, rallentandone il deterioramento fisico, sono:
CONSERVAZIONE PREVENTIVA
CONSERVAZIONE ATTIVA E RESTAURO
Essi sono garantite attraverso dispositivi che mantengono in equilibrio temperatura e umidità dell'aria, la cui variazione costituisce la causa del deterioramento dei manufatti.
Il museo è inoltre tenuto a controllare periodicamente lo stato di conservazione degli oggetti, così che si capisca quando sia necessario intervenire .
Quando si individuano processi di degrado in corso si interviene con la sola stabilizzazione dell'oggetto (si riporta l'opera in condizione di equilibrio col suo microclima) o anche con il miglioramento della sua leggibilità (restauro).
RICERCARE: per svolgere questo compito è fondamentale svolgere studi e indagini.
In particolare è utile creare un catalogo e una guida per rendere tutto più funzionale. Nell'ambito della ricerca è legata la creazione, la tutela e la diffusione delle conoscenze; inoltre ricordiamo che ogni scoperta è uno spunto per la ricerca.
Infine la ricerca si occupa anche dei visitatori per:
le ANALISI QUANTITATIVE
le ANALISI QUALITATIVE
Quest'ultimo aspetto della ricerca si occupa di sviluppare strategie che attirino un pubblico maggiore.
COMUNICARE ED ESPORRE: è necessario in un museo avere strumenti per comunicare ed esporre che hanno il compito di veri e propri "interpreti", visto che le opere da sole non sono in grado di comunicare con il pubblico.
Esistono vari strumenti adibiti all'esposizione come:
APPLICAZIONI INTERATTIVE
FILMATI
PANNELLI DESCRITTIVI
ANIMAZIONI E DISEGNI
Una comunicazione omogenea e uniforme permette di migliorare il rapporto tra il pubblico e le collezioni contenute nei musei in passato i musei erano adatti solo per le persone Cortese sensibili a certe sfere del sapere oggi sono dei luoghi adatti ad un pubblico più ampio e proprio grazie all'esistenza di questi strumenti.
Francesca Borrelli; Giulia Priore; Nunzia Sannino; Luisa Zolfo 1 C
Abbiamo constatato che la Notte stellata di Vincent Van Gogh suscita un grande interesse specialmente nella sfera giovanile. Questo quadro raffigura un paesaggio notturno riprodotto utilizzando colori freddi, principalmente sui toni del blu, realizzato nel periodo del postimpressionismo. Con la tecnica dell'olio su tela, l'opera secondo noi trasmette a chi la guarda un senso di tranquillità ma allo stesso tempo angoscia per le scure tonalità utilizzate.
Noemi De Santo; Claudia Erriiquez; Fatima Bello; Nancy Lombardo; Francesca Giuliano; Giusy Ascione; Emmanuele Guarracino; Noemi Petitta 2 M
CHE COS’è LA MUSEOGRAFIA?
Ermitage, San Pietroburgo
Berlino, Altes Museum
La Museografia, nata nei primi anni del Settecento, si occupa principalmente degli aspetti tecnici che riguardano l’architettura, gli spazi espositivi, l’allestimento delle opere o dei reperti, e la conservazione museale.
Due degli obiettivi più importanti dei musei sono, da un lato, mostrare le proprie collezioni e, dall’altro, raggiungere il maggior numero di persone possibile, promuovendo la diffusione culturale.
Oggi, grazie alla digitalizzazione, i musei sono presenti su internet (attraverso i loro siti web) e sui social network.
Questo aiuta molto a raggiungere tutti i pubblici e persino interagire con gli utenti.
L’attività di un museo dipende anche dalla sua struttura architettonica.
Di solito si trovano in edifici antichi, ma le caratteristiche di questo tipo di edifici rendono spesso difficile svolgere le attività al loro interno.
D’altra parte, i nuovi musei, cioè i musei moderni, sono progettati specificamente per le esposizioni e le mostre, oltre a offrire servizi complementari.
Le mostre permanenti dei musei di solito presentano una piccola parte dell’intera collezione.
Per questo motivo, vengono selezionati i pezzi più rappresentativi, ma anche quelli che hanno senso nel contesto delle mostre.
Francesca Borrelli; Giulia Priore; Nunzia Sannino; Luisa Zolfo 1 C
Firenze, tribuna degli Uffizi
La Gioconda, meglio conosciuta come Monna Lisa, è stata realizzata utilizzando come legante l’olio ed è collocabile cronologicamente tra il 1503 ed il 1514. È senz’altro una “icona” della Storia dell’Arte mondiale, oggetto di molte copie e omaggi.
Prima della sua stesura definitiva, Leonardo ritoccò il dipinto più volte ma le prime pennellate risalgono al 1503 durante la sua permanenza a Firenze.
La genesi dell’opera è alquanto lenta, poiché l’artista, durante il suo terzo soggiorno fiorentino, concentrò la propria attenzione su altri incarichi come la Battaglia di Anghiari o il cartone con la Sant'Anna, la Modanna, il Bambino e il San Giovannino.
Fu artista itinerante poiché, pur partendo da una formazione fiorentina, soggiornò in diversi centri artistici della penisola tra cui Milano e Roma, per terminare la propria parabola ad Amboise, in Francia, alla corte del re Francesco I , portando con se il quadro al quale diede gli ultimi ritocchi e le modifiche.
L’opera fu ultimata proprio in Francia, quando ormai anziano, la mostrò ai suoi acquirenti.
Purtroppo non si ha idea di chi fosse l’acquirente mentre, sappiamo con certezza che, dopo la Rivoluzione francese, Napoleone Bonaparte decise di sistemarla al Louvre, museo che celebra la grandezza della Francia, dove si trova a tutt'oggi.
Abbiamo tante informazioni sulla tecnica utilizzata da Leonardo, ovverosia lo sfumato, il graduale passaggio dall’ombra alla luce capace di smorzare i contrasti netti in maniera tale da unificare il personaggio principale col paesaggio alle sue spalle.
Il soggetto della della Monna Lisa non è immediatamente comprensibile e la Storia dell’Arte a tutt’oggi si chiede su chi possa essere il personaggio rappresentato.
Qualcuno pensa che si tratti di un autoritratto del pittore in versione femminile; altri ravvisano nelle fattezze della figura femminile la mamma di Leonardo. Tuttavia l’ipotesi più credibile è che il soggetto possa essere identificato nella nobildonna fiorentina Lisa Gherardini sposa del commerciante Francesco Bartolomeo del Giocondo, probabilmente raffigurata dopo aver messo al mondo il suo secondo figlio.
La sua posa è elegante, spontanea e naturale, il volto è leggermente adombrato in maniera tale da costruire il perfetto ovaloide del viso. Enigmatico, e sempre reso con l’elegante tecnica dello sfumato è il leggero ed enigmatico sorriso che la mette in correlazione con lo spettatore. Potremmo pure supporre che il momento rappresentato la veda pensosa, supposizione questa corroborata dalla soavità e dalla piacevolezza dell’espressione.
La figura viene posta su uno sfondo, che riprende probabilmente Firenze, realizzato con una linea serpentinata che segue il corso di un fiume impetuoso e sono visibili rapide e cascate e un ponte su tre arcate.
Cozzolino Johnny 4 M
con la supervisione (e correzioni) del prof. Ciro Legna
Il "viaggio" di Dante nell'arte
In questo articolo si parla dell'opera di Dante e di come la fantasia del letterato abbia influito sull'immaginazione degli artisti, soprattutto di quei pittori che si sono cimentati nell'illustrazione del testo. Infatti, come si sa, i canti della Commedia sono pieni di immagini e la parola di Dante riesce ad essere talmente efficace da far vivere davanti ai nostri occhi diversi episodi o far parlare i singoli personaggi. A maggior ragione gli artisti di tutte le epoche saranno stimolati da questo racconto per creare una vera e propria iconografia che avrà un larghissimo successo. Come sappiamo, in origine, il titolo era "Commedia" in quanto l'aggettivo Divina verrà attribuito per la prima volta da Boccaccio per esprimere la sommità dell'opera. Questo aggettivo sarà ufficialmente attribuito soltanto alla metà del 500 per iniziativa di Ludovico Dolce, il quale dando alle stampe una preziosa edizione della Commedia dantesca, ne attribuirà la qualifica di Divina che conserverà fino ai nostri giorni. Nella vita di Dante, la Commedia si colloca proprio durante il periodo dell'esilio. Quindi, il periodo critico per l'esistenza dell'uomo che analizza proprio l'esistenza dando avvio al poema. Cronologicamente potremmo dire che la stesura della Divina Commedia è compresa tra il 1306 e viene completata poco prima che Dante muore nel 1321. I tre canti (Inferno, Purgatorio e Paradiso) si susseguono nella stesura. In quest'opera possiamo trovare la menzione onorevole di Giotto, il quale nella vita reale era amico di Dante. Infatti nel undicesimo canto, il pittore viene menzionato quando Dante vuole mettere a confronto sia lui sia Cimabue. Questo confrontro tra Giotto e Cimabue serve a Dante per dire che Giotto è il fondatore di una nuova lingua della pittura, la lingua degli italiani. Dante, in questo canto, fa incontrare due miniatori del Medioevo, Oderisi da Gubbio e Franco Bolognese. Dante, quindi, si paragona a Giotto poiché considera se stesso il fondatore di una nuova lingua letteraria. Il paragone che egli fa è con il poeta della tradizione stilnovista Guido Cavalcanti e Dante si considera come il superatore dello stesso Cavalcanti. La lingua di Cavalcanti si considera vecchia ed antiquata mentre la lingua di Dante è fresca, giovane, colloquiale e in altre parole moderna. Qui di fianco una serie di immagini sul rapporto tra Dante e Giotto.
Nel 400, Sandro Botticelli si occupa di realizzare delle illustrazioni della Commedia. Si tratta di un'opera impegnativa, talmente impegnativa che, secondo Vasari, l'artista fiorentino cercò di lavorare per ben 9 anni a questa opera, addirittura consumandosi e non riuscendo a fare più nulla. Botticelli s'immergerà a tal punto nel testo da rielaborarlo visivamente. Ne nascono dunque 100 disegni di cui però ne sono giunti a noi soltanto 92 e peraltro non completi. Oggi sono conservati la maggior parte a Berlino mentre solo 7 pergamene sono conservate alla biblioteca Apostolica
Raccolta tematica de la "Commedia" di Dante
edizione 2022/2023
attività laboratoriale in lingua inglese che ha coinvolto gli studenti delle classi 1C e 1L
A cura della Prof.ssa Mary Tortorella
Cookie excavation sta diventando un appuntamento fisso per le classi prime delle curvature Archeologica e dei BBCC! Anche quest’anno la professoressa Mary Tortorella, docente madrelingua inglese accompagna i ragazzi delle classi IC e IL alla comprensione di alcuni concetti basilari dello scavo archeologico ricorrendo a questa piacevole attività didattica proposta dal Museum of Ontario Archaeology.
In un sito archeologico la stratigrafia è la sovrapposizione di strati di terra che si sono accumulati nei secoli inglobando le tracce sia delle attività umane sia di tutti gli avvenimenti che si sono succeduti nel tempo in uno stesso luogo. Con lo scavo stratigrafico, l’archeologo individua i singoli strati in cui si trovano tracce di attività umane o di eventi naturali e può ricostruirne le fasi. A questo punto è chiaro che lo scavo archeologico è un processo distruttivo.
L’archeologo, infatti, per accedere agli strati sottostanti, e recuperarne gli artefatti, deve smantellare progressivamente quelli superiori per e scendere al livello dello strato inferiore. Ogni volta che l’archeologo “libera” le tracce contenute in uno strato, esso risulta irrimediabilmente distrutto. Per questo il lavoro di scavo deve essere preceduto e accompagnato da una rigorosa attività di documentazione scritta, grafica e fotografica. La documentazione scritta, in particolare, consiste nel redigere schede con specifiche griglie per la registrazione della posizione originale di ciascun artefatto nello strato da smantellare. Mantenere una traccia della posizione originale dei manufatti all’interno dello strato da scavare è fondamentale per poterne ricostruire in modo coerente la storia e il potenziale rapporto con gli altri reperti del medesimo strato o di strati differenti. Cookie excavation permette agli studenti di sperimentare la difficoltà dello scavo stratigrafico utilizzando un biscotto come strato e le pepite di cioccolato come reperti da “liberare”.