L'ultimo viaggio a Dallas

GLI ULTIMI ISTANTI John F. Kennedy e sua moglie Jacqueline a bordo dell’auto presidenziale del corteo insieme al governatore del Texas John ConnallyFoto: Walter Sisco, Public domain, via Wikimedia Commons 

di Lorenzo Sivilli

Il suono forte di un colpo di fucile spezza il vociferare della folla accorsa in Dealey Plaza a Dallas. Un secondo sparo genera un suono sordo che, oltre a colpire il presidente John Fitzgerald Kennedy, provoca cinque ferite al governatore del Texas John Connally. Il terzo colpo è quello fatale. Le immagini impresse su una pellicola di otto millimetri sono realizzate dal sarto ucraino Abraham Zapruder che, come altri ignari cittadini, filma una delle scene più famose della storia contemporanea. In ventisei secondi viene ripreso l’omicidio di JFK. I filmati e le testimonianze, fondamentali per ricostruire le dinamiche dell’assassinio, contribuiscono ad avvolgere in un velo di mistero una  vicenda costellata di ipocrisie, errori e teorie del complotto.       


Lee Harvey Oswald 

L'identikit del presunto assassino viene diffuso circa 15 minuti dopo l’omicidio: un uomo bianco, alto e magro fuggito dal Texas School Book Depository, l’edificio da cui sono partiti gli spari. Circa 45 minuti più tardi, un agente di polizia viene ucciso da una figura che rispecchia le caratteristiche fisiche del sospettato numero uno: Lee Harvey Oswald. Dipendente del Book Depository, lungo la Elm Street a Dallas, Oswald è descritto dai suoi colleghi come un individuo aggressivo e violento, dai comportamenti narcisistici e sociopatici. Appassionato di armi da fuoco, nel 1957 entra nel corpo dei Marines, che chiederà di abbandonare due anni dopo. Quello stesso anno viaggia a Mosca con l’intenzione di ottenere la cittadinanza sovietica, che gli viene però negata. A causa delle sue forti simpatie comuniste, Oswald è considerato immediatamente dall’opinione pubblica una spia sovietica. 


Il fucile

Il 21 ottobre 1964 il magazine Life pubblica due fotografie, note come backyard photos, raffiguranti Oswald che imbraccia un fucile Carcano Mod. 91, lo stesso che viene ritrovato dalla polizia di Dallas al sesto piano del Book Depository. L’arma, utilizzata dal Regio Esercito italiano durante la Seconda guerra mondiale, è un residuato bellico ma risulta semplice da usare per chiunque abbia una certa dimestichezza con le armi. Il rapporto redatto dalla commissione d’inchiesta parlamentare costituita da Lyndon Johnson, la Commissione Warren, avvalora l’ipotesi secondo cui Oswald abbia sparato tre colpi in otto secondi, a una distanza di circa 60 metri e lo considera unico esecutore materiale dell’attentato. Una prestazione tutt’altro che “olimpica”, come testimoniano le prove balistiche effettuate dall’FBI, in cui alcuni tiratori dilettanti sono riusciti a replicare l’impresa. In verità Oswald era tutt’altro che inesperto. Il colonnello Joseph Folsom disse dinanzi alla Commissione Warren, che Oswald possedeva la qualifica di tiratore sceltissimo. Un “eccellente grilletto”, dunque, come è stato definito dagli esperti militari, un appellativo che contribuisce a consolidare la già citata Lone gunman theory.


Il proiettile magico

Il reperto catalogato dalla Commissione Warren con il numero 399 è il secondo proiettile sparato a Dallas quel 22 novembre 1963, che aveva provocato in totale sette ferite. I sostenitori delle teorie del complotto contestano la possibilità che tutti i fori riscontrati dall’autopsia siano  riconducibili a un unico sparo. Sulla base di questa ipotesi, divenuta nota come “teoria del proiettile magico”, le ferite sarebbero state provocate da una pallottola fantasma che avrebbe effettuato una traiettoria anomala cambiando direzione durante lo sparo. Dubbi che si sono rivelati completamente infondati, sulla base delle indagini sia della Commissione Warren che della House of Representatives Select Committee on Assassinations istituita nel 1976. Come scrisse il ricercatore Jim Moore nel suo libro Conspiracy of One: “Se l’88% degli americani critica il rapporto Warren, posso assicurare che il 99% di questi non l’ha letto”. Innanzitutto, il reperto 399 è un proiettile calibro 6.5 di tipo full metal jacket, ovvero con camiciatura rinforzata, in grado di perforare più corpi senza perdere la propria energia cinetica. Il dettaglio più rilevante, però, è individuato nella posizione assunta da Kennedy e Connally. Le ipotesi complottiste sfruttano semplici disegni per mostrare la traiettoria “magica” del proiettile, presentando il presidente e il governatore posti uno dietro l’altro alla stessa altezza. Le ricostruzioni ufficiali dimostrano il contrario. L’auto del corteo su cui viaggiava Kennedy era un modello di Lincoln Continental caratterizzato da sedili posteriori montati a un livello più alto rispetto a quelli anteriori. Ciò ha posto la figura di Kennedy leggermente più in vista, rendendo perfettamente plausibile la traiettoria lineare del proiettile. 



EX MARINES Lee Harvey Oswald viene arrestato dalla polizia 75 minuti dopo l’omicidio in una sala cinema. Durante la fuga uccide anche l’ufficiale J.D. Tippit. Due giorni dopo l’omicidio, mentre viene trasferito dal Dipartimento di Dallas alla prigione della contea, viene ucciso da Jack Ruby, un gestore di un night club e grande estimatore di JFK. Ruby affermerà poi di fronte alla Commissione Warren di aver agito per vendicare il presidente. La foto segnaletica di Oswald / Foto Ansa 

L’inchiesta Garrison 

Il clima di incertezza che invade gli Stati Uniti dopo la morte di Kennedy è alimentato dall’insoddisfazione provocata dall’esito delle indagini della Commissione Warren, che consegna un rapporto considerato inconcludente e superficiale. L’avvocato Jim Garrison si rivela il più fervente oppositore della ricostruzione ufficiale. Tra il 1966 e il 1973, infatti, svolge le sue personali indagini per avvalorare la teoria secondo cui Kennedy è stato vittima di un vasto complotto. Un sondaggio effettuato da Gallup nel 2001, rivela che l’81% dei cittadini americani è convinto che Oswald non abbia agito da solo. Tra le considerazioni più significative, Garrison sottolinea il presunto coinvolgimento di alcuni vertici della CIA che, per motivi politici, avrebbero cospirato contro il presidente Kennedy. Secondo le indagini, le antipatie della CIA sarebbero scaturite dalla mancata risoluzione della questione cubana che, oltre a mettere in cattiva luce l’agenzia di intelligence, aveva portato al licenziamento del direttore Allen Dulles. La possibile vicinanza della CIA a Oswald e al suo assassino Jack Ruby, considerato da Garrison come parte del complotto, non è stata mai comprovata.

I nemici di Kennedy, in verità, erano molteplici. Il KGB avrebbe potuto vendicare lo smacco subito proprio nella crisi dei missili di Cuba, mentre le continue battaglie del fratello Robert contro Cosa Nostra avrebbero potuto generare una pesante ritorsione. Per non parlare poi della teoria secondo cui l’allora vicepresidente Lyndon Johnson avrebbe organizzato segretamente l’attentato per prendere il posto di Kennedy. Le indagini di Jim Garrison si sono concentrate anche sullo sparo che avrebbe ucciso il presidente, il terzo. “Indietro e a sinistra”, è la frase pronunciata da Garrison in merito al movimento effettuato dal cranio di Kennedy dopo il colpo. Una scena che il film di Oliver Stone ha reso famosa. L’indagine tenta di avvalorare l’ipotesi della presenza di altri tiratori, spiegando come il proiettile sarebbe necessariamente partito da una posizione diversa rispetto a quella di Oswald per generare quel movimento. L’autopsia smentisce però questa tesi, chiarendo che il proiettile è partito alle spalle di Kennedy con un'inclinazione di circa 20 gradi. Garrison ha notato però come il colpo mortale, se fosse partito dal sesto piano del Book Depository, avrebbe dovuto avere un’inclinazione di almeno 55 gradi. Dettaglio che rende plausibile la presenza di un secondo tiratore al primo piano dell’edificio. 


Le carte segrete       

L’omicidio del presidente Kennedy è ancora oggi un caso di dibattito. Le inesattezze e i dubbi sono stati ingigantiti dalla moltitudine di documenti rimasti segreti poiché strettamente riservati. Nel 1998, a 35 anni dall’omicidio, sono stati messi a disposizione del pubblico più di 60.000 documenti grazie al Freedom of Information Act. Il resto del materiale, oltre 10.000 file, doveva essere desecretato entro ottobre 2021, a norma della legge JFK Records Act del 1992. La scadenza, però, non è stata rispettata. Joe Biden, l’attuale presidente in carica, non ha reso pubblici alcuni documenti, su richiesta di CIA e FBI, poiché “coinvolgenti la sicurezza nazionale degli Stati Uniti". Restano classificati ancora come segreti circa il 30% dei documenti complessivi. 

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