La maledizione
della famiglia Kennedy

 LA QUOTIDIANITÀ TORMENTATA Il presidente americano John Fitzgerald Kennedy con Jackie e il piccolo John John nel campo di golf di Atoka, nel 1963.  Accanto a Jfk c’è Lem Billings

di Martina Vivani

Somebody up there doesn’t like us” (“A qualcuno lassù non piacciamo”). Con queste parole Robert Kennedy, meglio conosciuto come Bob, nel 1964 evocò  quella sorta di sventura che da decenni colpiva  la sua famiglia. Sollevò l’idea dopo l’assassinio del fratello John Fitzgerald nel 1963 e fu il primo, ma non l’unico, a pensare che lui e i suoi cari fossero stati investiti da una vera e propria maledizione. Robert, lettore di tragedie greche antiche, conosceva bene i tòpoi greci del fato e dell’hybris, che esprime la pericolosità dell’eccedere in orgoglio e sicurezza. Quegli stessi eccessi che segnarono le vite dei componenti della dinastia Kennedy, a partire dal capostipite Joseph. 


Il potere della ricchezza  


Una figura caratterizzata da luci, emanate dal fascino di una famiglia ricca e potente, ma soprattutto ombre, che oscurarono la vita di Joseph Kennedy. Uomo controverso e smodatamente ambizioso, politico e imprenditore, divenne presto un esperto operatore del mercato azionario non regolamentato, sviluppando tattiche che in seguito sarebbero state definite manipolazioni di mercato. Da astuto uomo d’affari sopravvisse al cosiddetto Martedì nero del 1929, una delle giornate più buie della storia dei mercati, che gli consentì tuttavia di decuplicare il suo capitale. Ma Joseph sognava anche potere e fama per i figli e, grazie alle ricchezze accumulate e alle conoscenze diffuse, costruì una rete nazionale di sostenitori, base per la carriera politica degli eredi. Ci riuscì, ma i Kennedy furono eroi fragili, alle prese con il peso di un'ambizione sfrenata e con le alte aspettative di una famiglia ingombrante e costantemente sotto i riflettori. La loro fu una storia segnata anche dall’abuso di droghe e da vite sregolate. Tuttavia, che si sia trattato di una maledizione o la conseguenza di vite sopra le righe, le vicende della famiglia Kennedy furono indubbiamente percorse da una vena di tragedia che coinvolse amici, spose e parenti.


Rosemary, la figlia dimenticata


Tra le prime vicende riconducibili alla maledizione dei Kennedy c’è la storia della sorella minore di JFK, Rosemary. La famiglia tentò per anni di nascondere la  disabilità mentale di cui soffriva dalla nascita, e nel 1941, a 23 anni, fu sottoposta per decisione del padre a una lobotomia. La procedura chirurgica - che comportava l'interruzione della connessione tra il lobo frontale e altre parti del cervello - divenne popolare negli anni '40 e '50 tra i medici americani e britannici per curare alcune malattie mentali come depressione, disturbi bipolari e schizofrenia. Tuttavia, i rischi dell’operazione al tempo erano già noti. L'intervento inizialmente produsse gli effetti desiderati, ma ridusse Rosemary a uno stato vegetativo. Il padre Joseph, però, ebbe una sola preoccupazione: temeva che la sua esuberanza sociale e sentimentale fosse troppo spinta e che ciò potesse minare la reputazione della famiglia. 


I disastri aerei


Nel 1944 iniziò, invece, una serie di incidenti aerei che sarebbe proseguita fino alle soglie del Duemila. Il primo Kennedy a morire in volo fu il luogotenente della Marina americana Joseph Patrick Jr., fratello maggiore di JFK: durante la seconda Guerra mondiale, in un’operazione segreta, l’aereo che pilotava saltò in aria nei cieli dell’East Suffolk, nel Regno Unito. Quattro anni dopo, nel 1948, fu la quartogenita Kathleen Agnes a morire con il marito in un incidente aereo nei cieli francesi. Nel 1955 i suoceri di Robert, George Skakel e Ann Brannack, persero la vita a bordo del loro aereo privato. Nel 1967, loro figlio George, cognato di Robert, morì anche lui in un incidente aereo. In anni più recenti, a luglio 1999, il figlio minore di JFK, John F. Kennedy Jr., morì con la moglie Carolyn Bessette tra le lamiere di un  aereo nell’isola di Martha’s Vineyard. Pilotava lui il Piper Saratoga che poi precipitò: aveva portato a termine solo metà dei corsi di addestramento da pilota e non aveva ancora ricevuto il brevetto per guidare velivoli in condizioni avverse.


Gli omicidi di JFK e Robert


I sogni di gloria del patriarca Joseph sembrarono finalmente avverarsi con l’elezione di JFK a presidente degli Stati Uniti nel 1961. Tuttavia, il 22 novembre 1963, arrivò lo shock: l’omicidio di John Fitzgerald, segnato da numerose tesi cospirazioniste e complottiste. Un assassinio preceduto pochi mesi prima, a luglio 1963, dalla morte del terzogenito del presidente JFK, deceduto a causa di una malattia polmonare. Cinque anni dopo, nel 1968, i Kennedy furono scossi da un altro tragico omicidio, quello di Robert, colpito ripetutamente con un revolver calibro 22 dal 24enne di origine giordano-palestinese Sirhan Sirhan. La morte avvenne la notte della sua vittoria alle primarie in California e in Sud Dakota come candidato alla presidenza degli Stati Uniti per il Partito Democratico. 


Chappaquiddick, l’incidente che fu uno scandalo 


La notte del 18 luglio 1969 il senatore Ted Kennedy, fratello di JFK e Robert, guidando lungo una strada dell’isola di Chappaquiddick, una propaggine di Martha’s Vineyard, imboccò a grande velocità un ponte, finendo con l’auto in acqua. Kennedy riuscì a salvarsi ma in macchina con lui c’era una sua collaboratrice, Mary Jo Kopechne, che rimase intrappolata. Quello che successe nelle ore successive fu  oggetto di indagini e ancora oggi la storia è poco chiara. Di certo quella notte Kopechne morì in quell’auto: soltanto la mattina successiva, dieci ore dopo, Kennedy denunciò l’incidente alla polizia. Ted, che già era sopravvissuto a uno schianto aereo nel 1964, fu travolto dallo scandalo ma, sebbene le indagini accertarono le sue negligenze alla guida, gli fu riservata una pena leggera: due mesi di carcere, sospesi per la condizionale.


I morti per dipendenze 


Anche il peso dell’abuso di sostanze stupefacenti gravò sulla vita di molti componenti della dinastia Kennedy. Nel 1984 David, uno degli 11 figli di Robert, morì 29enne per overdose di cocaina e oppiacei sintetici, dopo una breve vita segnata da tentativi di disintossicazione e endocarditi batteriche correlate alle iniezioni di droghe. Un’altra nuora di Robert, Mary Richardson Kennedy, si tolse la vita a maggio 2012 dopo anni di lotte contro alcolismo e depressione. Recentemente, il 2 agosto 2019 Saoirse Roisin Kennedy-Hill, nipote 22enne di Bob, è stata trovata morta di overdose in casa, a Cape Cod. 


Marilyn Monroe, i suoi rapporti con i Kennedy 


Connessa alla maledizione dei Kennedy è anche la morte di Marilyn Monroe. Robert e JFK si videro coinvolti nelle numerose teorie complottiste attorno al decesso dell’attrice: una delle voci che si diffuse a partire dagli anni successivi alla morte di Marilyn fu infatti relativa a una presunta relazione tra la diva e i due fratelli più famosi d’America. Per anni la sua morte è stata narrata come un suicidio o un omicidio per mano della mafia. Sebbene non ci siano certezze, proprio un filone delle teorie complottiste vorrebbe la Monroe assassinata da Cosa Nostra, in quanto tra i Kennedy e i vertici del clan mafioso di origine siciliana ci sarebbero stati rapporti e frequentazioni condivise (come quella con il cantante Frank Sinatra).