Jacqueline, la Ginevra triste

alla Corte di Camelot

IL LANCIO DEL BOUQUET Jacqueline Kennedy in procinto di lanciare il bouquet il giorno del suo matrimonio con JFK nel 1953. Foto: Toni Frissell, Public domain, via Wikimedia Commons 

di Donatella Rosetti

“Non lasciate che si dimentichi che una volta c’era un posto per un breve splendente momento che era conosciuto come Camelot”. Questo era l’epitaffio che Jacqueline Kennedy dettò al giornalista Theodore White di Life nella sua intervista del 6 dicembre 1963, due settimane dopo l’assassinio di John F. Kennedy. Era la canzone preferita di suo marito, tratta dal musical di Broadway “Camelot”. Jackie voleva far capire che in futuro non ci sarebbe stata una nuova amministrazione dagli ideali utopici e dalle grandi speranze. Se Kennedy era stato una sorta di Re Artù per il governo americano, lei era stata una moderna Ginevra.


Le origini francesi

La famiglia di Jackie era la parabola del sogno americano. Il trisnonno paterno di Jacqueline, Michel Charles Bouvier, era un ebanista di Point-Saint-Esprit che aveva fatto fortuna con i giacimenti di carbone. I suoi tre figli diventarono esponenti della Borsa di New York e la famiglia Bouvier entrò a far parte della cerchia delle famiglie americane benestanti. Il padre di Jacqueline, John Vernou Bouvier III, broker, si sposò nel 1928 con Janet Norton Lee, figlia dell’imprenditore edile irlandese James T. Lee, con cui ebbe lei e Caroline Lee Bouvier. I due divorziarono nel 1940 per la condotta dissoluta di John e la madre di Jackie si risposò nel 1942 col broker e avvocato Hugh Dudley Auchincloss Jr.


Il lavoro da reporter al Washington Times-Herald

Educata come una Wasp (White Anglo-Saxon Protestant), Jacqueline non voleva fare la casalinga, come scrisse nell’annuario della propria classe. Vinse il primo premio come assistente editoriale per un anno alla rivista Vogue ma quando si presentò in redazione, la caporedattrice Carole Phillips la rispedì a casa, ritenendola ancora in età da matrimonio e non del tutto convinta ad intraprendere quel lavoro. Nel 1951, grazie all’aiuto del patrigno, trovò un posto nel giornale Washington Times-Herald, e iniziò a collaborare come reporter per la sua rubrica “Inquiring Camera Girl”: intervistò Trisha Nixon, figlia di Richard Nixon, seguì tra l’altro l’incoronazione di Elisabetta II e l’ascesa alla Casa Bianca del 34esimo presidente degli Stati Uniti Dwight D. Eisenhower.


Il matrimonio con John F. Kennedy e il ruolo importante nella sua amministrazione

Jackie sposò John Fitzgerald Kennedy il 12 settembre 1953 nella Mary’s Roman Catholic Church di Newport con una grande copertura mediatica garantita dal padre di John, Joe, che voleva pubblicizzare la nuova unione per fini politici. Quando Kennedy fu eletto presidente, Jackie fu un fondamentale sostegno per il marito in termini politici e sociali. La sua conoscenza delle lingue come italiano, spagnolo e francese la fece viaggiare in tutto il mondo, ma soprattutto fece vincere Kennedy nello Stato di New York, abitato per la maggior parte da immigrati. Istituì la White House Historical Association e rilanciò le cene di Stato con artisti e musicisti famosi, politici, scienziati e capi di Stato.


Il tailleur simbolo della morte di Kennedy

Jackie non lavò mai il suo tailleur rosa Chanel macchiato dell’omicidio di suo marito. Il 22 novembre 1963 la sua esistenza mutò in otto minuti e mezzo. “Proprio quando avevamo sistemato ogni cosa, mi sono sentita mancare la terra sotto i piedi”, confessò a padre Richard McSorley dopo l’assassinio. Si riferiva, più che a suo marito, alla conquista dell’apprezzamento da parte degli americani durante il loro viaggio in Texas. Quando Lindon B. Johnson prestò giuramento come presidente degli Stati Uniti, Jacqueline decise di partecipare con il tailleur incrostato di sangue ancora indosso per mostrare quello che avevano fatto a Kennedy.


La sofferenza per il disturbo da stress post-traumatico

Nel 1964 Jackie quasi sparì dagli schermi con una breve apparizione televisiva a gennaio, in cui ringraziò il pubblico per i messaggi e le lettere di affetto dopo l’assassinio di John. Soffriva di una malattia che ancora non era stata diagnosticata all’epoca e che sarebbe stata definita con i veterani della guerra in Vietnam. Era affetta da disturbo da stress post-traumatico, che le provocava impennate di ansia con l’avvicinarsi di ogni anniversario della morte del marito. Solo nel 1975 cominciò a vedere l’ex psicologa di Marilyn Monroe, Marianne Kris, per superare la malattia. Riuscì a guarire e acquisì una certa consapevolezza del calvario vissuto soltanto nell’ultima parte della sua vita.

RITRATTO DI FAMIGLIA Jacqueline Kennedy tiene in braccio il piccolo John Jr.. Accanto Caroline e il presidente JFK per una foto di famiglia nella casa estiva di Hyannis Port, in Massachusetts nell’agosto 1962. Foto: Cecil W. Stoughon, Public domain, via Wikimedia Commons

Amore e odio con Onassis

Il 20 ottobre 1968 si risposò con l’armatore miliardario greco Aristotele Onassis sull’isola privata di Skorpios, nel Mar Ionio. I due si erano conosciuti quando JFK era ancora vivo, sul mega yacht del magnate, su cui incontrarono tra l’altro Winston Churchill, idolo politico di John. Onassis, però, non era ben visto in America per il suo sostegno alla dittatura dei colonnelli e Jackie diventò una figura scomoda per gli States. All’inizio Onassis fu un marito affettuoso, ma l’improvvisa morte del figlio Alexander e il peggioramento della miastenia gravis da cui era affetto lo cambiarono. Dopo la morte di Onassis il 15 marzo 1975, l’armatore lasciò a Jacqueline un reddito annuale di 200mila dollari, compresi 25mila all’anno per ciascun figlio fino al compimento dei 21 anni.


Gli ultimi anni da editor

Letitia Baldrige, ex addetta stampa di Jackie alla Casa Bianca, le propose di lavorare come editor in una casa editrice di New York. L’ex first lady fu assunta nel 1975 come junior editor della Viking Press e curò diversi libri importanti. Due anni più tardi lasciò il posto e passò alla Doubleday & Company nel 1978. Visse l’ultima parte della sua vita con il mercante di diamanti Maurice Templesman. Alla fine del 1993 una caduta da cavallo le fece scoprire di avere il linfoma non-Hodgkin in stadio avanzato. Jacqueline morì il 19 maggio 1994 all’età di 64 anni, e fu sepolta accanto J.F.K. nel cimitero di Arlington.


La creazione di una icona - Il feeling tra Jackie e Oleg Cassini, il Segretario dello Stile


Jacqueline si affidò a un costumista di Hollywood, Oleg Cassini, per diventare una donna sofisticata e cancellare le critiche sul suo modo di vestire esterofilo. Lo stilista americano era di origini russe ed era cresciuto in Italia, dove aveva perfezionato la sua tecnica sartoriale. Cassini aveva collaborato tra gli anni Quaranta e Cinquanta con i Paramount Studios e la celebre costumista Edith Head. Vestì star del calibro di Veronica Lake, Audrey Hepburn, Shirley Temple, Gina Lollobrigida, Marilyn Monroe. Sposò l’attrice Gene Tierney nel 1941 con cui ebbe due figlie ma il loro matrimonio non durò a lungo. Negli anni Sessanta si fidanzò con Grace Kelly ma si lasciarono per volere della famiglia di lei che favorì invece il fidanzamento con il Principe Ranieri di Monaco. Oleg conobbe Jackie attraverso la sua mentore Charlene Wrightsman, moglie del fratello Igor. Lo stilista creò 300 outfit esclusivi nel corso del governo Kennedy. Al contrario di quanto si pensò in un primo momento, gli abiti non venivano acquistati con i soldi dei contribuenti americani, ma con quelli di John e del padre Joe Kennedy. Furono usati colori come rosa, fucsia, verde pistacchio, azzurro, rosso, e tessuti pregiati come seta, satin, organza, chiffon, velluto. La sua vestibilità era caratterizzata da linee dritte, giacche squadrate e un uso molto sobrio di rifiniture e ornamenti, il tutto ispirato alla couture francese. Fu la stessa Jacqueline a conferirgli l’appellativo di “Segretario dello Stile”.

Degno di nota fu il vestito per il galà dell’inaugurazione con il cappello "pillbox", che Oleg fece indossare a Jacqueline per spiccare tra gli altri, rendendolo il suo segno distintivo. Così lanciò la prima versione di una moderna First Lady, trasformando la donna in un’icona di stile a cui tutti aspiravano e che la moda dei primi anni Sessanta copiò. Anche le ultime First Lady sono state influenzate da Jackie: Hillary Clinton, Michelle Obama e Melania Trump. Dopo aver lasciato la Casa Bianca, tuttavia, Jackie non indossò più Cassini per lasciarsi il passato alle spalle. In seguito, donò la maggior parte del suo guardaroba al Met che nel 2001 organizzò la mostra “Jacqueline Kennedy: The White House Years” per il 40esimo anniversario del suo Fashion and The Costume Institute. L’esperienza con l’ex First Lady fece esplodere la carriera di Cassini, che quando morì a 92 anni nel marzo 2006 lasciò un business del valore presumibile di 54 milioni di dollari. Fu uno dei primi fashion designer americani a concedere in licenza il suo nome a costumi da bagno, calzetteria, fondotinta, abbigliamento sportivo, pellicce, bigiotteria e tanti altri prodotti. Oleg si distinse anche nella moda da uomo, in particolare le camicie eleganti, lanciate dal “The Tonight Show di Johnny Carson”. Ricevette molti premi, tra cui il Chicago Gold Coast Award for Excellence in Design