L'INTERVISTA

Così la pop star della politica conquistò l'Italia

di Veronica Stigliani

LO STORICO Mario Del Pero è professore di Storia internazionale a SciencesPo, Parigi, insegna corsi sugli Stati Uniti nel mondo e sulla Guerra Fredda. Tra le sue pubblicazioni più recenti Libertà e Impero. Gli Stati Uniti e il Mondo, 1776-2011 (Laterza, 2017). Collabora con Ispi e commenta la politica americana per la Radio svizzera e per SkyNews. 

Del Pero: “L’apertura

al centro-sinistra strumento

del confronto con Mosca” 

In visita in Italia l’1 e il 2 luglio 1963, Kennedy fu accolto trionfalmente a Roma e Napoli. In piena Guerra fredda, la sua amministrazione si differenziò dalle precedenti anche nei rapporti con l’Italia. Mario Del Pero, professore a SciencesPo di Parigi e specializzato in storia degli Stati Uniti, racconta a Lumsanews le priorità della presidenza Kennedy, l’approccio nei confronti dell’Italia all’interno del contesto europeo, i rapporti di Washington con il Vaticano. 


A cosa si deve la popolarità di Kennedy in Italia?

“Già prima della sua morte Kennedy era una sorta di popstar della politica globale, giovane, affascinante, inserito dentro lo star system dell’epoca. Era magnetico, il primo politico pienamente televisivo. E portò in Italia l’America dei consumi di massa, del cinema, incarnando il mito americano. Inoltre, modificò i codici comunicativi, parlando il linguaggio del riformismo e dello sviluppo. Era meno anticomunista di Eisenhower e Nixon e per questo piaceva anche all’Italia non comunista ma di sinistra, che guardava all’America liberal, colta e progressista, anche se piena di contraddizioni”.  

Perché J.F.K guardò con favore all'apertura al socialismo?

“In quel momento le priorità di Washington erano altre: la Guerra fredda si era spostata fuori dall'Europa, in America Latina, Africa, e Sud-est asiatico, dove la competizione con Mosca riguardava la proposta di un modello di modernizzazione e sviluppo, per inserirsi nei Paesi di nuova formazione cavalcando il processo di nation building in corso. Per i liberal americani il radicalismo politico prosperava in condizioni di povertà. Anche l’Italia si inseriva in questo schema: poiché il comunismo era una forma quintessenziale di estremismo politico, lo si combatteva promuovendo benessere e ricchezza. 

La domanda nel 1961 era perché l'Italia - che tutto sommato si era ripresa economicamente grazie agli ingenti aiuti ricevuti dagli Usa - continuava ad avere un partito comunista forte? La risposta era che rimaneva un Paese arretrato, e quindi bisognava accettare un'alleanza tra una Dc progressista e i socialisti per promuovere delle riforme, per arginare il comunismo: il centro-sinistra era uno strumento della Guerra fredda. Allo stesso modo Kennedy è meno ostile ai neutralismi, capendo che in alcuni contesti non ci deve per forza essere uno schieramento netto”. 

Prima della visita, il Presidente della Repubblica Antonio Segni disse che quella tra Italia e Stati Uniti era "un’alleanza senza precedenti nella storia".

“Ogni alleato degli Stati Uniti pretende di avere una relazione speciale con gli Stati Uniti, inclusa l'Italia, che faceva leva sulla presenza di tanti italiani in America. Roma da un lato dipendeva dagli Usa in ambito securitario - membro della Nato concedeva a Washington importanti privilegi, come quello per cui i militari americani sul territorio italiano non erano soggetti alla legge - dall’altro era frontiera di Guerra fredda, avendo il più grande partito comunista occidentale. Il Pci avrebbe infatti potuto raggiungere il potere per via elettorale, controllando già regioni importanti. E l’Italia cercò di cavalcare la relazione con Washington chiedendo aiuti, mentre i singoli politici italiani cercavano la “benedizione” americana da spendere negli scontri interni”.

In cosa si differenziò il rapporto con l'Italia rispetto agli altri Paesi europei? Perché l'Italia, al contrario della Francia, scelse di ospitare sul suo territorio i missili Polaris?

“Nella rete di rapporti con gli Stati Uniti c’è una gerarchia di potenze, e l'Italia pesava meno della Francia, che aveva un’autonomia d'azione maggiore. La Francia addirittura cercava di sviluppare il suo arsenale nucleare, tentò di costituire un asse franco-tedesco per aumentare la propria autonomia strategica. Anche l’Italia aveva le sue ambizioni, ma aveva un margine di manovra molto ridotto. Una comparazione più appropriata è con la Repubblica federale tedesca: Italia e Germania erano gli alleati più disciplinati perché la loro dipendenza dagli Usa era maggiore”.

Durante il suo viaggio in Italia Kennedy incontrò Papa VI. Come si caratterizzarono i rapporti con il Vaticano?

All’epoca non c’erano relazioni diplomatiche ufficiali, stabilite solo nel 1984. Kennedy è il primo presidente cattolico e questo ci dice che l’anti cattolicesimo del mondo protestante evangelico negli anni Sessanta pesava meno. E soprattutto J.F.K. è un presidente progressista, riformatore, che dialoga con il primo Papa postconciliare, quindi con una Chiesa che pure si riforma. Il dialogo, anche se non è ancora del tutto naturale, è facilitato da condizioni che sono mutate da entrambe le parti. Questo significa che in tempi relativamente rapidi l’anti cattolicesimo americano viene relegato ai margini e il presidente 

può incontrare il Papa senza generare scalpore”.