Masse, collisioni, traiettorie. La creazione della tridimensionalità. Estrusioni, rotazioni e operazioni boleane. 

15 / Costruzione vettoriale del mondo.

In questo nuovo ciclo partiamo dal “Leonardo 3”. Abbiamo precedentemente detto che all’interno del sistema vettoriale le coordinate sono tre e dunque avviene un vero e proprio salto dal sistema bidimensionale a quello tridimensionale. Il primo quesito ora è: ma come faccio a trasmettere dei dati tridimensionali? Per rispondere semplicemente a questa domanda dobbiamo andare a considerare due concetti: Occorre capire un formalismo forte per generare oggetti 3D. Occorre capire un sistema intelligente per trasmettere (gestire, organizzare le informazioni).

Primo assioma: “Cerco un punto di gravità permanente”

Se prendiamo ad esempio un semplice punto, possiamo dire che esiste solo il punto (che poi è un concetto astratto), esiste come porzione. Ma cosa posso fare con questo punto? Ad esempio lo si più cambiare di posizione e quindi fargli effettuare dei movimenti. Nel momento in cui vado a generare un movimento di questo punto andrò però a creare una linea, a sua volta se muovo questa linea posso generare un piano, e se a sua volta muovo questo piano andrò a generare un volume. Questi movimenti possono appartenere a due famiglie: La famiglia dei movimenti perpendicolari (o non) all’oggetto e che partono dal centro dell’oggetto, chiamata famiglia delle estrusioni. È un movimento che in natura può presentarsi infinitamente (ad esempio se pensiamo ad un tronco d’albero che cresce). La famiglia dei movimenti con un asse non più centrato nell’oggetto, ma all’esterno, chiamata famiglia delle rotazioni. Questi movimenti possono generare altre forme. Questi due sono i principali moti attraverso il quale un oggetto può passare alla terza dimensione.

Secondo assioma: “Il triangolo no, non l’avevo considerato”

Il triangolo assume nel mondo costruttivo e anche nel mondo del 3D una enorme importanza perché lo possiamo vedere come tante cose contemporaneamente: Il cerchio più piccolo che possiamo pensare se ragioniamo sui movimenti del punto. Nel triangolo i movimenti del punto sono tre e si chiude su se stesso; ma se io facessi più movimenti si tratterebbe sempre di una rotazione di un punto, continuando così potrei ottenere appunto un cerchio. Perciò non c’è una vera e propria differenza tra quello che noi chiamiamo cerchio o triangolo, dipende tutto da quanti passaggi facciamo, quanti più movimenti facciamo, più è netto il cambiamento. La seconda ragione per cui il triangolo è così importante, perché è il minimo piano. Questo sistema è un sistema che può essere tanto descrittivo (quindi descritto vettorialmente) e costruttivo nello schermo quanto nella realtà. La terza ragione per la quale il triangolo è importante è che non si deforma, è infatti la minima forma statica. Nelle costruzioni infatti si fa grande uso di forme triangolari proprio per tale ragione.

Nei sistemi 3D c’è anche un altro formalismo, utilizzato dal principio del formalismo di tipo scultoreo, in cui si ragiona per masse solide invece che per trasformazioni di movimenti. Questo fa parte quindi di una nuova grande famiglia, che è la famiglia per masse. Se nel caso precedente la costruzione poteva essere quella meccanica, in questo caso si tratta della costruzione di tipo scultoreo-plastico. Prende il nome di generazione di forme booleane. Boole è stato un matematico dell’800 il quale riuscì a creare un linguaggio binario essenziale per le future innovazioni nel campo dell’informatica e del computer. In qualche maniera possiamo vedere la logica booleana applicata al concetto di panorama vettoriale, sia di tipo matematico che geometrico. Pensiamo ad esempio a due masse A e B, possiamo riscontrare 4 casi:

Unione: A+B=C

Scavo A-B: A-B=C

Scavo B-A: B-A=C

Intersezione: entrambe le masse hanno una valenza negativa. Ciò che nasce è l’intersezione, soltanto nello spazio in cui le due masse si sommano l’una con l’altra, -A-B=C

Questo ragionamento è fondamentale per la creazione anche di altri tipi di oggetti nel mondo 3D. Creare forme più naturali e scultoree è molto più facile attraverso dei formalismi booleani, piuttosto che dei formalismi di tipo vettoriale (basato sul movimento, sulla traslazione e sulla rotazione).


Lezione 16 / Tempo prima dimensione dello spazio.

Il mondo tridimensionale che siamo abituati a vedere lo consideriamo sempre un mondo oggettivo. Questo non è del tutto vero, quello che noi percepiamo oggettivamente lo percepiamo così per un insieme di ragioni, ma non è dato oggettivo in quanto tale. Il mondo e il nostro modo di capirlo e intenderlo, deriva da una serie di componenti variabili. Un modo facile per iniziare a pensare a questo problema del tempo è pensare come in epoca medievale ci si potesse dare un appuntamento: In epoca medievale veniva dato un luogo e un momento preciso della giornata. In epoca industriale e meccanica ci si muove sull’assolutezza delle due componenti di tempo e luogo. Tutto si basava, a differenza dell’epoca precedente, su una assoluta precisione oggettiva. Nell’epoca dell’informazione, quando si deve dare un appuntamento si tratta in realtà di una sorta di negoziazione continua, non si arriva alla decisione finale solo quando i sue sistemi temporanei, quindi tempo e luogo, riescono ad incontrarsi. Un altro modo interessante di pensare è quello dell’orologio:

In epoca medievale l’orologio generalmente era localizzato in dei punti precisi della città: sul campanile della chiesa o con dei sistemi di meridiani nelle piazze.

In epoca industriale si hanno due fenomeni: primo è che l’orologio diventa un qualcosa di individuale e quindi a disposizione di tutti; il tempo assume un modo di essere scandito che è fondamentale per la società industriale (un tempo per il lavoro, un tempo per il riposo, un tempo per il riposo notturno ecc.).

Nell’epoca dell’informazione il tempo diventa un qualcosa di digitalizzato, non troviamo quindi più gli orologi nelle piazze o nelle fabbriche (se ci sono, sono ovviamente quelli delle epoche passate). Ma troviamo il tempo in qualsiasi elettrodomestico che abbiamo o più semplicemente è un qualcosa che possiamo sempre portare con noi al polso.

Tempo prima dimensione dello spazio

Leggendo l’articolo sono scaturiti dei ragionamenti interessanti legati al rapporto tra spazio e tempo. Il tempo è la prima dimensione dello spazio: non si da spazio se non si da tempo. Per capire questo concetto dobbiamo metterci in una situazione limite, ossia quella di uno spazio ad una sola dimensione. Immaginiamo di vivere immersi in una dimensione esclusivamente lineare, senza conoscerne altre. Come facciamo noi a descrivere questo mondo solo lineare? Evidentemente la vista non c’è di aiuto perché tutto apparirà schiacciato su un unico punto. La risposta deve quindi arrivare da un’altra esperienza. Il modo di conoscere questo spazio lineare può avvenire solo percorrendolo. Posso infatti calcolare il tempo da un punto ad un altro e proprio questo intervallo è ciò che ci permette di descrivere questa condizione spaziale. Il tempo diventa così la prima dimensione conoscitiva e descrittiva dello spazio e anche la dimensione generativa. Lo spazio è un intervallo percorribile: concetto tanto spaziale quanto temporale. Questo utilizzo del tempo è la formulazione dello spazio che arriva ad ampliare il primo postulato di Euclide: per Euclide “il punto è ciò che non ha parti”. Adotta alcune componenti della definizione astrofisica di buco nero che ha massa infinita, curvatura infinita e non ha né tempo né spazio. Lo spazio e il tempo si generano insieme e sono tra l’altro governati da una relazione nota (1 secondo = 300.000 chilometri e cioè la velocità della luce). Punto è ciò che non ha spazio, né tempo: non ha un intervallo percorribile. Proviamo a chiederci: come faccio a percepire una figura a tre dimensioni se vivo in un mondo a due? Per rispondere facciamo un esperimento. Immaginiamo di incastrare una sfera in un piano. Se facciamo intervenire su questa sfera un fattore tempo, questa inizierà a muoversi in giù e in su, in modo tale che la sezione d’incastro sul piano diventi progressivamente più grande. Se circumnavighiamo la sezione di incastro una seconda volta scopriremo che il cerchio è diventato più grande, e facendolo una terza volta diventerà il triplo. Questo fenomeno risulta essere inspiegabile nel mondo a due dimensioni. In sostanza io avrò la percezione che la sfera abbia due dimensioni, ma se iniziassi a girare intorno alla sfera essa prenderà dimensioni maggiori o minori. Quindi da un mondo a due dimensioni io posso sperimentare un modo ad una dimensione inferiore, ad esempio una linea ma anche un punto. Possiamo invece concepire il mondo a tre dimensioni soltanto se la sfera ruota e quindi anche in questo caso abbiamo l’intervallo del tempo. Da un sistema inferiore si ha proiezione di uno di livello superiore. Ad un livello inferiore hai le proiezioni del livello superiore. Io posso intuire ciò che c’è sopra. La linea essendo ad una dimensione è contenuta all’interno del piano e ne possiamo percepire una infinità. Dalla linea è possibile scendere di dimensione, ad esempio possiamo considerare tutti i punti che compongono la linea. Anche nel concetto di sfera ci sono i piani (infinite sezione di cerchio). Proiezione è la parola più importante per esprimere questo concetto, quando sono in un mondo a due dimensioni posso avere una sorta di proiezione, idea, ombra di quella che può essere la rappresentazione in terza dimensione. Ogni sistema di riferimento è valido al suo interno e ha uno spazio e un tempo autonomo: se pieghiamo il foglio fino a quasi far toccare i due lembi e immaginiamo che un vermetto percorra tutto questo foglio. Questo è un modo per lui di conoscere quello che è lo spazio del foglio e ha un suo tempo di percorrenza. Questo vale solo nel mondo delle due dimensioni, nel momento in cui lo vedo a tre dimensioni il tempo avrà un parametro diverso e non lo possiamo considerare uguale perché non è concepibile nelle due dimensioni.

Quattro dimensioni: il salto fondamentale che dobbiamo fare ora è quello di andare a considerare una quarta dimensione. Questa quarta dimensione non è affatto il tempo, ma è una dimensione geometrica che estende la geometria xyz nella progressione che abbiamo descritto. Se lo spazio a tre dimensioni da cui partiamo è ad esempio un cubo, traslando un cubo avremmo uno spazio idealmente racchiuso in un ipercubo che termina e comincia con un cubo e che avrà sedici vertici invece che otto del cubo iniziale. Qual è la navigabilità prevalente di uno spazio a quattro dimensioni?: in quella lineare la navigabilità è solo quella del binario, in quella a due è evidentemente piatta, in quella a tre è anche verticale ma la navigabilità del mondo a quattro dimensioni è esattamente quella del salto. Se in un mondo a due posso cambiare continuamente linea e in quella a tre posso cambiare continuamente piano, in quella a quattro posso cambiare sistema di riferimento tridimensionale. La navigabilità di base di un mondo a quattro dimensioni è quella che permette di saltare da un mondo a tre dimensioni a un altro mondo a tre e questo salto non è solo spaziale, è spazio-temporale. La navigabilità delle quattro dimensioni è quindi quella del salto. Possiamo quindi sintetizzare il tutto dicendo che lo spazio ha una serie di caratteristiche comuni agli altri:

Il tempo è la prima dimensione dello spazio

Lo spazio è un intervallo percorribile

Punto è ciò che non ha spazio né tempo

Ogni sistema di riferimento inferiore è contenuto da uno superiore

Da un sistema inferiore si ha proiezione di un sistema superiore

Ogni sistema di riferimento è valido al suo interno e ha uno spazio e un tempo autonomo

In ogni sistema di livello superiore coesistono infiniti sistemi di riferimento di livello inferiore


Lezione 17 / Gehry. Masse, traiettorie, collisioni.

Abbiamo visto come Eisenman è l’architetto di riferimento se parliamo dei vettori e dei layer, allo stesso modo Ghery fonda la sua pratica progettuale sul lavoro della massa, traiettorie e collisioni, un lavoro dunque sulle tre dimensioni e sui volumi. Il suo operato si muove su sei verbi azione, importanti per comprendere le operazioni che Ghery fa nelle sue opere sulla massa e sui volumi: Assemblare, Spaziare, Separare, Fondere, Slanciare, Liquefare. Per comprendere al meglio il pensiero di Ghery dobbiamo soffermarci innanzitutto sul concetto di imprinting. Il termine imprinting deriva da Lorenz, un etologo, studioso del comportamento animale. Studiando infatti il comportamento di alcune papere, vide che loro riconoscevano Lorenz stesso come loro mamma perché avevano avuto una sorta di imprinting; è una sorta di memoria perduta. Il termine italiano sarebbe impressione, ossia qualcosa che si imprime nella nostra memoria e che informa, modella. L’imprinting di Ghery è quello del ferramenta del nonno. Fin da piccolo armeggiava e passava molto tempo in questa ferramenta ed era quindi sempre circondato da questo tipo di oggetti e di materiali che diventeranno parte fondamentale della sua architettura.

ASSEMBLARE: le prime opere risalgono agli anni ’60. Nel ’62 fonda il sui primo studio, per i primi 15 anni si afferma solo in America e si muove su uno stile che deriva dall’arte minimalista con volumi; realizza prettamente ville unifamiliari.

Casa Spiller, Venice 1978-1979.

Casa Gehry, Santa Monica 1978.

SPAZIARE: è l’atto di creare uno spazio tra gli edifici, successivo all'assemblaggio degli edifici. L’architetto crea delle separazioni dei volumi creando degli spazi di risulta tra gli edifici. La spazialità è data dei volumi, ma la parte più interessante è quello che accade tra questi volumi.

Padiglione ospiti, Residenza Winton, Wayzata (Minnesota) 1983-1987.

Piano ed edifici per la Loyola Law School, Los Angeles 1978. 

SEPARARE: diretta conseguenza del passaggio precedente, possiamo ritenerla come un’operazione ancora più forte.

Centro commerciale, uffici e museo Edgemar, Santa Monica 1984-1988.

Museo California Aerospace, Los Angeles 1982-1984.

FONDERE: sono sempre delle operazioni sui volumi che lui fa. Questi volumi vengono fusi insieme. Interessanti sono anche gli spazi interni con lucernari, punti luce ecc.

Centro di arti visive, University of Toledo, Ohio 1990-1992.

Allestimento della retrospettiva The Architecture of Frank Owen Gehry, Curatore M. Friedman, Walker art center, Minneapolis 1986.

SLANCIARE: si basa sulle linee forza, movimenti dello spazio che lanciano delle traiettorie. È una sorta di collisione di volumi verso l’esterno.

Auditorium Walt Disney, Los Angeles 1988-2003.

Museo Guggenheim, Bilbao Spagna 1991-1997.

LIQUEFARE: è come se questi edifici si stessero sciogliendo e c’è anche una sorta di smaterializzazione. Crea edifici che rimandano quasi l’andamento dell’acqua con una configurazione ondulata.

Centro EMR, Bad Oeynhausen Germania 1992-1995.

Casa Lewis, Cleveland, Ohio 1989-1995.