storia della
Fotografia

Storia della fotografia - "Discorsi" fotografici - la fotografia al Bauhaus - Reportage - Fotografi Italiani

La Fotografia

La luce è l'elemento fisico alla base dell'immagine fotografica: la parola "fotografare" deriva, infatti, dal greco antico e significa «scrivere con la luce».
L'esatta rappresentazione della realtà è stato un obiettivo di molti artisti, i quali, in certi momenti, si sono aiutati con ingegnosi strumenti come la scatola tridimensionale e, soprattutto, la camera oscura.

La Camera Oscura di Vermeer

La camera oscura di Vermeer

Uno studioso inglese, Philip Steadman, ha ricostruito la stanza delle opere del pittore olandese del XVII secolo Johannes Vermeer, aggiungendovi una camera oscura. L'ipotesi è apparsa convincente: Vermeer probabilmente ricorreva a essa per rappresentare con precisione le scene.

Johannes Vermeer, La lezione di musica, olio su tela, 74x64,5,1662-64 ca.; Londra, Buckingham Palace.

La scatola di Van Hoogstraten

Nel XVII secolo, il pittore olandese Samuel Van Hoogstraten, allievo di Rembrandt, raggiunse una certa notorietà grazie alle sue «scatole magiche» abili montaggi di immagini dipinti in modo da darel'idea della tridimensionalità.


Un'immagine proiettata

All'artista, posto nella camera oscura, la scena che si svolge nella stanza appare proiettata a rovescio in piccole dimensioni sulla parete di fondo del cubicolo: l'artista può così copiare le luci e la composizione generale.

I "Discorsi" fotografici

Da un punto di vista tecnico tutte le fotografie hanno qualcosa in comune: sono prodotte da una macchina ottica, sono il frutto di un'impressione di luce su una pellicola fotosensibile, dipendono dallo sviluppo e sono stampate su carta. Ma naturalmente non è sulla base della sommatoria delle singole caratteristiche tecniche della fotografia che valutiamo la novità, il gusto o la bellezza dell'opera di un fotografo. È un po' come per la letteratura: il fatto che essa dipenda dall'uso delle parole non basta a farci paragonare tra loro un romanzo e una poesia, un dialogo teatrale e un testo pubblicitario, un saggio scientifico e una didascalia su un giornale, rispetto ai quali siamo soliti usare differenti criteri di valutazione. Questa posizione vale a maggior ragione per la fotografia in quanto essa, oltre a costituire un linguaggio artistico ben preciso, è anche una componente essenziale (anche se non esclusiva) di molti generi di creatività: moda, pubblicità, arte, giornalismo, documentazione scientifica, design, cinema ecc. I fotografi, dunque, ricorrono di volta in volta a linguaggi specifici, proponendo modalità espressive («discorsi») diverse: un fotografo può, infatti, descrivere, raccontare, parlare in prima persona, commentare, mettere in scena o montare.

Descrivere

Solitamente chi descrive, con qualsiasi mezzo espressivo, cerca di non far trapelare se stesso, ma di far sembrare che la realtà parli da sola.
Il fotografo lascia allo spettatore il compito di valutare, limitandosi a registrare ciò che ha davanti agli occhi. È quello che fa, per esempio,
Luigi Ghirri, che descrive gli elementi compositivi e i colori di un atrio di un bar davanti ad una piazza.

Raccontare

La foto, per quanto leggibile in più scatti e pose in sequenza, resta comunque un'immagine singola. Il racconto per sua natura è invece lineare, svolto nel tempo. Ma anche un fotografo può riuscire a raccontare una storia attraverso una singola istantanea. Basta guardare la foto di un reporter che riusci a scattare questa foto nel “BLOODY SUNDAY” (la domenica insaguinata) a Derry, che racconta un episodio del conflitto sviluppatosi nell'Irlanda del Nord nei decenni scorsi.

Parlare in prima persona

Ci sono foto che sono indiscutibilmente più legate di altre allo sguardo di chi le scatta. In questo senso è illuminante una foto di Maurizio Buscarino, un vero e proprio genio della foto teatrale, che rende molto bene l'idea dell'occhio che guarda qualcosa che si svolge in uno spazio preciso ma può assumere un'identità forte, che era imprevedibile anche un attimo prima.

Commentare

Ci sono fotoreporter in grado di realizzare foto che descrivono in modo oggettivo un evento preciso, così come è accaduto, ma che nello stesso tempo riescono a comunicare le proprie passioni, per esempio il proprio sdegno per ciò che la foto descrive.

Mettere in scena

Qualunque fotografo, si sa, tende a "mettere in scena" ciò che rappresenta.
C'è una specie di complicità tra l'effetto di verità della scena e la finzione del mettere in determinate posizioni i soggetti. L'attenzione dil un fotografo alla messa in scena avvicina la fotografia a uno spettacolo, cioè le conferisce un effetto spettacolo. Ne sono esempi le foto di
Toni Thorimbert, che nei suoi ritratti sfrutta anche la disponibilità dei suoi soggetti illustri a essere ripresi in pose originali.

Montare

Il montaggio è una delle tecniche del fare cinema e consiste nello scegliere e montare in una certa successione le immagini. Nella fotografia, montare equivale ad assemblare immagini, spesso attraverso attività di laboratorio sulla pellicola o sulla stampa. Lo fa, per esempio, Silvio Wolf, che da prima scatta fotografie comuni (acqua, alberi, paesaggi), poi le monta come se formassero un polittico per evidenziare il suo progetto, mostrando, per esempio, i contrasti di colori o il rapporto tra superficie fotografica e profondità dell'ambiente fotografato.

Senza titolo (Colore), 1983/85, polittico, 12 stampe cibachrome su alluminio, cm 180x320


LA STORIA DELLA FOTOGRAFIA

La storia della fotografia iniziò circa centosessant'anni fa, ponendo qualche problema ai pittori, che temettero di perdere il proprio lavoro. Ben presto, però, molti capirono che la fotografia era a pieno titolo un'arte autonoma, che aggiungeva nuove importanti opportnità alle capacità espressive dell'umanità.

(William Henry Talbot, La porta aperta, 1843.)

I pionieri della fotografia

Le prime fotografie della storia sono considerate quelle dell'inglese William Henry Talbot (1800-77). Egli condusse diversi esperimenti, ai quali si deve anche la scoperta di riuscire a fissare le immagini su una carta particolarmente sensibile mediante la luce: «<Allora - scrisse Talbot - non ebbi più dubbi che con un procedimento analogo sarei riuscito a copiare oggetti di natura diversa»

(Roger Fenton, Cupole della Cattedrale della Resurrezione, Mosca, Cremlino, 1852).

Boulevard du Temple, a Parigi, nel 1838 da Louis Daguerre

le ricerche sulla produzione delle immagini

Gia nel XVI secolo era noto un apparecchio in grado di riprodurre le immagini chiamato «camera oscura», ma non si conosceva ancora il modo di trattenere e conservare quelle immagini. Inoltre, da tempo si sapeva che alcune sostanze, come il cloruro d'argento o il bitume di Giudea, diventavano più o meno nere sotto l'effetto della luce. Indagando sulle proprietà delle sostanze chimiche, nel XIX secolo, l'inventore francese Joseph- Nicéphore Niepce (1765-1833) studiò la possibilità di riprodurre immagini mediante procedimenti chimici e ottici, finché nel 1827, esponendo alla luce lastre di stagno coperte da uno strato di bitume, ottenne immagini positive dirette, cioè senza negativo.


La Dagherrotipia

Le immagini ottenute da Niepce presupponevano un lungo tempo di esposizione (anche di otto ore) dopo il quale l'immagine era resa visibile con un bagno in olio di lavanda e petrolio. Successivamente Niepce cominciò a lavorare con il pittore e scenografo Louis Daguerre (1787-1851), che fu l'inventore della dagherrotipia, un procedimento che consentiva di riprodurre le immagini direttamente (senza negativo) su lastre di rame, poi protette da lastre di vetro. Per far risaltare l'immagine Daguerre la immergeva in un prodotto chimico, il «rivelatore», poi la fissava dissolvendo il sale d'argento residuo in un altro bagno chimico a base di soda. Il risultato era una copia unica non riproducibile, che, spesso, veniva colorata a mano.

Nel dicembre 1852 si costituì a Londra la Photographic Society, della quale faceva parte anche il fotografo inglese Roger Fenton (1819-69). Questa organizzazione promosse la prima mostra internazionale dedicata esclusivamente alla fotografia.

Joseph Nicéphore Niépce e suo figlio Isidore, ai quali è attribuita la prima fotografia permanente scattata tra il 1826 e il 1827 dal terrazzo della sua abitazione.

Mathew B. Brady (1823-96) General Potter and staff


Una data molto importante per la storia della fotografia fu il 1851, quando, a Londra si tenne la prima Esposizione universale, che al suo interno ospitava la prima grande mostra internazionale di fotografia. A essa partecipò, tra gli altri, lo statunitense Mathew B. Brady (1823-96) un fotografo particolarmente abile nella manipolazione di materiali e sostanze chimiche, che si occupava personalmente di numerose sperimentazioni, realizzando soprattutto dagherrotipi.

Una delle prime macchine fotografiche a soffietto era provvista di una lastra contenuta in un telaio dotato di schermo.
Su questa lastra appariva l'immagine da fotografare. Il soffietto serviva per avvicinarsi o allontanarsi dal soggetto.

Prime istantanee. Una foto documenta i lavori di costruzione della Statua della Libertà (1876-81).

La prima riproduzione a colori

A pochi anni di distanza dalle operazioni di Niepce e Daguerre, seguirono perfezionamenti sia nella composizione delle lastre, sia nelle lenti da applicare alla macchina fotografica. Nel 1861 fu realizzata la prima riproduzione a colori e alla fine del XIX secolo furono inventate le lastre a gelatina e la pellicola fotografica. Il dagherrotipo ebbe successo in Europa, ma ottenne la maggiore diffusione negli Stati Uniti, dove il nuovo mezzo di espressione trovò il suo terreno d'elezione. I numerosi fotografi americani si specializzarono in vari generi di fotografia: il ritratto, ma anche le vedute degli sconfina ti paesaggi naturali e delle città in rapida crescita.

Il pallone
Nadar usava un pallone per poter fotografare Parigi dall'alto. Nadar, Il pallone Le Neptune, 1870.

Nadar, Lo studio di Nadar in boulevard des Capucines 32, 1874.

Nadar, Primo risultato di fotografia aerostatica, ingrandimento di Nadar, 1868.

Francis Blake, Piccioni in volo, stampa da negativo su lastra di vetro, 1888 circa

Fotografia e pittura

Nella seconda metà dell'Ottocento, la fotografia invase il campo da sempre riservato alla pittura: i ritratti, le vedute paesaggistiche, ma anche le illustrazioni passavano sempre più frequentemente dal pittore al fotografo. Ci furono, naturalmente, i diffidenti, ma molti compresero che la fotografia era un potente strumento di indagine della realtà. Apparve infatti chiaro che essa consentiva di percepire particolari che l'occhio non sempre era in grado di cogliere, di seguire il movimento, di studiare i soggetti, di fissare attimi fugaci, di registrare impressioni e di conservare immagini anche per successive rielaborazioni. Naturalmente una parte dei pittori temette di perdere il proprio lavoro e i mezzi di sostentamento. Non pochi si schierarono contro la nuova tecnica. Ma altri guardarono con curiosità e interesse alla fotografia, come per esempio fecero Delacroix e Degas. Tra i primi fotografi e alcuni pittori si stabilirono ottime relazioni: uno dei maggiori fotografi parigini del XIX secolo, Félix Tournachon, noto come Nadar (1820-1910), fu, infatti, un grande amico e un sostenitore dei pittori del gruppo degli impressionisti, molti dei quali furono da lui fotografati. Alcuni pittori compresero che la fotografia poteva fornire loro utilissimi documenti della realtà e pertanto alcuni fotografi si specializzarono proprio nel fornire immagini ai pittori.

Lo studio di Nadar

Lo studio di Nadar ha una grande importanza per la storia dell'arte: oltre a essere il luogo di lavoro del più famoso pioniere della fotografia, esso ospitò, infatti, anche la prima mostra dei pittori impressionisti, che fu inaugurata il 15 aprile 1874.


Nasce la fotografia moderna

Nella seconda metà dell'Ottocento, accanto al dagherrotipo, furono utilizzati anche altri procedimenti: quello che si basava sull'ottenimento di un negativo su carta e quello della fotografia al collodio umido, che aveva subito numerosi perfezionamenti determinando ottimi risultati. Il grande limite di questo procedimento era che la lastra doveva essere preparata immediatamente prima della ripresa e sviluppata subito dopo: in pratica tutte le operazioni dovevano essere realizzate in un quarto d'ora. In quel periodo si affacciarono alla ribalta numerosi inventori che presentavano soluzioni nuove, ma nessuna di esse si diffondeva durevolmente e veniva sostanzialmente utilizzata solo da chi l'aveva ideata. Ma in seguito in Inghilterra un medico, Richard L. Maddox, aprì la strada a una serie di ricerche che, nel 1880, portarono alla possibilità di realizzare lastre preparate in anticipo rispetto alla fotografia e sviluppate in laboratorio.
Da quel momento fare una fotografia diventò molto più semplice: infatti bisognava solo fare lo scatto, senza avere più la necessità di preparare la lastra sul momento e di svilupparla immediatamente dopo. Da questa nuova condizione inizia l'era della
fotografia moderna.


La fotografia del Movimento

Fin dagli inizi della storia della fotografia i fotografi avevano tentato di cogliere un momento isolato del moto. Con il procedere dello sviluppo tecnologico l'obiettivo divenne quello di fissare le fasi successive di un movimento. Su questo aspetto della storia della fotografia abbiamo un episodio di grande rilievo. In Francia uno studioso aveva ricostruito i diversi appoggi sul terreno di un cavallo a seconda che esso procedesse al trotto o al galoppo. Qualcuno, negli Stati Uniti, pensò di verificare tale ricostruzione e chiese a un noto fotografo del tempo, Edward James Muybridge (1830-1904), di fotografare le varie fasi del movimento di un cavallo al trotto e al galoppo. Nel 1869, fu attrezzata una lunga pista, lungo la quale furono disposti ventiquattro apparecchi fotografici, che erano azionati da un filo che il cavallo tagliava al suo passaggio. Ciascun apparecchio riusciva a cogliere l'immagine al millesimo di secondo. Tutto ciò ebbe una conseguenza pratica: Muybridge propose, infatti, di stabi lire il vincitore delle corse di cavalli grazie a una fotografia presa al palo d'arrivo. Questo metodo fu applicato dal 1888.

Muybridge e i fotografi del movimento

Dopo essere riuscito a fotografare le fasi in sequenza del movimento di un cavallo, Muybridge fece un trionfale giro di conferenze in Europa. Al suo ritorno negli Stati Uniti, il pittore Thomas Eakins, fortemente interessato alle fotografie del movimento, sostenne le ricerche di Muybridge, il quale nel 1887 pubblicò un libro fondamentale per la storia della fotografia, Locomozione animale: indagini elettrofotografiche sulle fasi consecutive del movimento animale. Nel frattempo altri fotografi ottennero brillanti risultati. Nel 1886, gli austriaci Mach e Solcher, grazie a una scintilla elettrica, riuscirono a fotografare una palla di fucile a 400-500 millesimi di secondo.

G. Primoli, Contadini che vanno al mercato nei pressi di San Paolo fuori le Mura

Giuseppe Primoli, amanti in viaggio.

Eugène-August Atget, venditore

Eugène-August Atget, battitore pavimentazione stradale

La fotografia come documento

Accanto ai fotografi professionisti, molti dilettanti, cioè persone con altre occupazioni o di condizione agiata e quindi non costretti a lavorare, si appassionarono a fissare il mondo circostante da un punto di vista insolito rispetto alla fugacità dello sguardo quotidiano. Tra Ottocento e Novecento numerosi fotografi immortalarono scene tratte da situazioni diverse, che documentavano condizioni di vita molto variegate. Abbiamo foto di momenti ufficiali o di vita mondana, matrimoni illustri, battute di caccia, ricevimenti, ma anche di momenti di vita quotidiana. Per esempio, il conte Giuseppe Primoli (1851-1927) fotografava ciò che vedeva nelle strade di Roma: i mendicanti, le processioni, le sfilate dei lavoratori il primo maggio, gli spettacoli. Fu attratto dalle situazioni quotidiane anche il francese Jean Eugène-August Atget (1857-1927) scelse la fotografia come professione.
Ma egli non attendeva che un cliente gli commissionasse un servizio: passava le giornate nelle vie di Parigi, fotografando tutto ciò che gli sembrava interessante; la sera stampava nella sua cucina e poi cercava di vendere le sue foto ai pittori e ai commercianti.

Eugène Atget, L'Éclipse, avril 1912, Paris, Google_Art_Project

Eugène-August Atget, paesaggio urbano, Parigi

Fotografia dell'800


La fotografia pittorica

Sarah Bernhardt by Félix Nadar 1859, Parigi, Musée d'Orsay.

fotografata senza trucco o costumi di scena: basta la delicatezza dei chiaroscuri per esaltare la luce dei suoi occhi. Lo sfondo neutro e il gioco apparentemente disordinato dei panneggi danno risalto alla figura.


Guido Rey ritratto giovamne Donna in costume neoclassico

La fotografia diventa arte

L'abitudine a documentare con le immagini i luoghi visitati e le opere d'arte viste si era diffusa già alla fine del '700 con il Grand Tour.
La macchina fotografica è l'evoluzione della camera ottica usata dai vedutisti.

  • Nel 1826 il francese Nièpce realizza la prima fotografia sostituendo al foglio di carta una lastra metallica su cui aveva steso una vernice bituminosa sensibile alla luce (che si schiarisce dove riceve più luce).

■ Nel 1835 Daguerre impressiona lamine di rame argentato (dagherrotipi) ottenendo immagini molto nitide, ma di cui non si possono eseguire copie.

■ Nello stesso anno, Talbot scopre il sistema per realizzare molte copie della stessa immagine, tramite un negativo in vetro (calotipìa).

■Alla metà dell'800 sono già in commercio macchine fotografiche con il sistema di ripresa che continuerà ad essere adottato anche dalle fotocamere moderne.


Oreste Bertieri, ritratto di giovane Donna

Inizialmente la fotografia è guardata dai pittori con sospetto e ironia.

Già alla prima metà del secolo, però, si comincia a considerare la fotografia uno strumento non solo di documentazione ma anche di espressione. Viene considerata una tecnica molto simile al disegno e alla pittura poiché, come queste, può interpretare le immagini e produrre risultati d'arte. Alla fine dell'Ottocento nacque un vivace dibattito tra sostenitori della pittura e appassionati della fotografia. Uno di questi ultimi proclamò che «La fotografia è superiore al disegno, alla xilografia e al carboncino, in quanto ha una potenza espressiva maggiore; è inferiore alla pittura a olio soltanto perché le mancano i colori».
Lo stesso autore, pochi anni dopo, sosteneva il contrario, dichiarando che «la fotografia non è arte». In effetti, in quel periodo, la considerazione della fotografia non era ancora consolidata del tutto.

C'era chi l'accusava di mostrare l'esattezza dei paesaggi senza pittoresco e senza vita», ma c'era anche un gruppo di fotografi che, convinti del valore artistico del loro lavoro, nel 1904 fondarono la Società internazionale dei fotografi pittorici. Lo scopo era quello di far progredire la fotografia come «mezzo indipendente di espressione pittorica». Da parte di alcuni di questi fotografi abbiamo magnifiche fotografie di cattedrali inglesi e francesi, riprese con una straordinaria padronanza della luce, della resa del volume e dei materiali.

Nel 1844, a Parigi, ci sono 12 studi fotografici attrezzati con sfondi e ambientazioni per fare ritratti. Le prime fotografie adottano schemi compositivi ripresi dalla pittura. Per il ritratto di gruppo si usa lo schema piramidale, derivato dai modelli pittorici di Leonardo, di Raffaello e delle Accademie.

L.D. Blanquart- Evrard, "Due donne in un interno", 1847. 20,5 X 15

Alfred Stieglitz, the steerage, il ponte di terza classe


Henri Cartier Bresson, gli ultimi giorni a Pechino 1949


Henri Cartier Bresson, Seville, 1944


Arthur H. Fellig Weegee arresto di un criminale 1930


Arthur H. Fellig Weegee New Work, anni '40

La fotografia pura

Dopo la Prima guerra mondiale, terminata nel 1918, scomparve anche la moda della fotografia pittorica. Negli Stati Uniti, il fotografo Alfred Stieglitz (1864-1946) sostenne che la fotografia non deve essere manipolata e deve cogliere la realtà visibile. Nel 1907, in occasione di un viaggio sull'Oceano Atlantico, all'improvviso prese la macchina ritraendo, così come lo vedeva e senza alcuna preparazione, il ponte di terza classe. Questa foto ottenne l'approvazione di Pablo Picasso, destinato a diventare il più famoso pittore del XX secolo. Stieglitz divenne, dunque, l'assertore di un tipo di fotografia che doveva essere schietta, diretta e pura. Un altro movimento significativo fu quello fondato nel 1932 dal fotografo Edward Weston (1886-1958), il Gruppo f.64, caratterizzato dalla scelta di aprire al minimo il diaframma nello scatto della fotografia per ottenere la massima profondità di campo.

Edward Weston, Woodlawn plantation, Connecticut, 1941


La fotografia per la pagina stampata

Il 23 novembre 1936, negli Stati Uniti, uscì il primo numero di «Life» («Vita»), un nuovo tipo di settimanale illustrato. Il programma parlava chiaro: «Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni dei grandi avvenimenti, scrutare i visi dei poveri ... osservare l'uomo che lavora, i suoi quadri, i suoi monumenti, le sue scoperte ... ». Poco dopo, il 1° gennaio 1937, fu pubblicato il 1° numero di «Look» («Guarda»). In queste prime riviste illustrate le fotografie divennero le protagoniste della carta stampata, e alla loro realizzazione lavorarono molti fotografi di gran valore, come Henri Cartier-Bresson (1908-2004). Nacque il mestiere del reporter, il giornalista fotografico. Molti fotografi europei si trasferiscono negli Stati Uniti. Tra questi ci fu il polacco Weegee (1899-1968), che si fermò a New York per una decina d'anni diventando un cronista fotografico che frugava incessantemente nella criminalità della metropoli americana. La diffusione della fotografia attraverso la stampa ne modificò l'utenza: mentre prima le foto erano riservate a piccoli gruppi di privilegiati, dalla fine degli anni Trenta in poi cominciarono a rivolgersi al grande pubblico.

Arthur H. Fellig Weegee Lower East Side, anni '40, New Work

Arthur H. Fellig Weegee New Work, anni '40

La Fotografia al Bauhaus

László Moholy-Nagy, Balconi del Bauhaus, 1926.

L'inquadratura dal sotto in su crea un senso di tensione perché sovverte il nostro equilibrio basato sulla simmetria.

László Moholy-Nagy, fotomontaggio illustrazione

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Laszlo Moholy Nagy photography, lucia-moholy, ritratto multiplo, 1927
Una serie di scatti impressi nello stesso fotogramma, per sovrapposizione, crea il senso del movimento e accentua l'espressione del volto, ripreso da più punti di vista.

La fotografia al Bauhaus è particolarmente importante per l'architettura, il teatro, la pubblicità.

Negli anni Venti il principale esponente della fotografia tedesca è László Moholy-Nagy (1895-1946) le cui sperimentazioni vanno dai ritratti multipli alle prospettive diagonali, al fotomontaggio, al fotocontatto, conosciuto nell'ambito del Dada (rayogrammi).
Al Bauhaus egli mette a punto i criteri di un nuovo linguaggio fotografico (tipi di inquadrature, accostamento di foto e disegni, ...) che libera la fotografia dalla rappresentazione figurativa tradizionale, per darle un'autonomia espressiva più creativa.


László Moholy-Nagy spirale di luce fotocontatto
Mettendo un oggetto a contatto con la carta fotografica ne restano impressionati i contorni e, nel caso di oggetti trasparenti, anche la struttura interna e le ombre.

Man Ray , ritratto con lacrime

Man Ray, ritratto solarizzato.

Man Ray Uomo infinito

Man Ray, rayografie

Helen Levitt, NYC, 1980

Ricerche

Man Ray, ritratto di Marcel Duchamp 1916

Le ricerche

Gran parte degli esperti è convinta che non sono le abilità tecniche a fare grande un fotografo, ma la sua personale capacità di vedere. Questo significa che non solo è molto importante il punto di vista del fotografo, ma anche che un buon fotografo cerca sempre un proprio stile. Tra i fotografi è sempre esistita una tendenza a ricercare nuovi linguaggi. In questo ambito già prima della Seconda guerra mondiale ha avuto un ruolo significativo il lavoro dell'americano Man Ray (1890-1976). Negli anni Sessanta del XX secolo l'interesse di una parte dei fotografi si è spostato dall'aspetto esteriore del mondo al significato che essi intendevano dargli. Alcuni fotografi si sono dedicati in modo particolare alla ricerca di una sorta di innovazione figurativa, come nel caso dell'americana Helen Levitt, che riprende prevalentemente ambienti urbani, ma senza sentirsi obbligata a una fedele e completa presentazione dei vari soggetti.

Helen Lewitt, New York, 1972

foto in Polaroid anni '50

Vivian-Maier, autoritratto, portrait anni '60

Dilettante, autoritratto, anni '70

Dopo la Seconda guerra mondiale

Dopo la Seconda guerra mondiale la diffusione delle macchine fotografiche crebbe in maniera impressionante. Un grande passo avanti fu compiuto, nel 1947, conl'introduzione del sistema Polaroid: un procedimento che fornisce in pochi istanti una positiva unica. Crebbe enormemente il numero dei fotografi dilettanti e aumentò considerevolmente anche il numero dei professionisti. Quasi tutti i giornali iniziarono a offrire immagini ai propri lettori e le riviste illustrate divennero sempre più numerose. Negli ultimi decenni il fotografo-ritrattista non è affatto scomparso e continua a ritrarre bambini, sposi ecc. Il pubblico è talmente circondato da foto che quasi non si rende più conto dell'importanza della fotografia. Fortunatamente non mancano le rassegne e le grandi esposizioni che richiamano l'attenzione anche sulle ricerche più innovative e sui valori estetici della fotografia.


Andy Wharol, autoritratto in Polaroid anni '60

Un "Selfie" (autoritratto) moderno anni 2000

Reportage

1981: bomba appena esplosa a Belfast nell'Irlanda del Nord.

1938: Robert Capa, Hankow 1938

Robert Capa sbarco in Normandia, 1944

Robert Capa sbarco in Normandia, 1944


Burst of joy by Slava "Sal" Veder, 1973, premio Pulitzer. Ritrae Robert L. Stirm prigioniero per 5 anni nel Vietnam del Nord che si riunisce alla famiglia.

Rosaria Schifani. Vedova dell'agente di scorta Vito ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e ai suoi colleghi Antonio Montinaro e Rocco Dicillo. Palermo 1992 - Il contesto nel link accanto. (https://youtu.be/ff0wgrgkCBM)



Una Fiction dedicata a Letizia Battaglia

Solo per passione
Letizia Battaglia fotografa

Il racconto della vita di Letizia Battaglia, una grande testimone del nostro tempo che con le sue fotografie ha mostrato al mondo il lungo calvario di una Palermo assediata dalla mafia e la terribile mattanza di poliziotti, magistrati e cittadini di quegli anni. Unica donna in una realtà professionale da sempre maschile, a unire, nella fredda documentazione dei fatti, uno sguardo poetico fatto di pietà e bellezza. Una serie ideata e diretta da Roberto Andò.

  • Regia: Roberto Andò

  • Interpreti: Isabella Ragonese, Paolo Briguglia, Roberta Caronia, Enrico Inserra, Federico Brugnone, Fausto Russo Alesi, Eleonora De Luca, Emmanuele Aita, David Coco, Aglaia Mora, Anna Bonaiuto


1963: Il presidente Kennedy e Jacqueline sono in visita a Dallas.

1963: Lee Oswald ha appena sparato da una finestra al presidente Kennedy e Jacqueline sta cercando di aiutarlo

Il reportage

Quando si parla di reportage si pensa immediatamente ai grandi scoop, a un giornale che ha la disponibilità di pubblicare una foto esclusiva che documenta un episodio molto importante e che, pertanto, è destinata a fare un rapidissimo giro del mondo. Esistono numerosi casi di istantanee che documentano un fatto improvviso e di grande rilievo, come è per esempio accaduto con l'omicidio del presidente statunitense John Kennedy nel 1963. Autori di celebri reportage sono i grandi fotografi di guerra, a cominciare dall'ungherese Robert Capa (1913-54), ucciso in Indocina, dove era andato per svolgere il suo lavoro. Nel 1947 Capa, con Cartier-Bresson e altri fotografi, aveva fondato l'agenzia Magnum, una cooperativa che ha raccolto i maggiori fotoreporter della seconda metà del XX secolo.

Robert Capa, Il miliziano ucciso

Letizia Battaglia, "la ragazza con il pallone", una intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si è interessata di ciò che la circondava e di quello che, lontano da lei, la incuriosiva.

La fotografa Letizia Battaglia - prima donna europea a ricevere il Premio Eugene Smith (fotografo di Life). Ed ancora il Premio, il Mother Johnson Achievement for Life.

Omicidio di Piersanti Mattarella presidente della regione Sicilia 1980 - fratello di Sergio Mattarella

Una giornata tra amici. Poi il delitto del presidente della Regione scoperto per caso, e una foto entrata nella storia. Era il 6 gennaio 1980.

FOTOGRAFI ITALIANI

Nicola Scafidi, Tazio Nuvolari alla Targa Florio, 1950

Mario De Biasi, Gli italiani si voltano a Milano, 1954

Fedele Toscani, Fausto Coppi solo al comando sullo Stelvio, 1953

Mario Giacomelli, fotografie dall'archivio di Luigi Crocenzi

Ferdinando Scianna - Festa di Sant'Alfio, Cirino e Filadalefo, 1964

Franco Fontana Paesaggio

Franco Fontana, geometrie della vita quotidiana

Luigi Ghirri, Rimini, anni '80

La fotografia, diffusasi in Italia in modo significativo negli anni Trenta del XX secolo, ha avuto il merito di seguire e accompagnare le vicende del Paese dalla Seconda guerra mondiale al boom industriale degli anni Sessanta.

Federico Patellani (1911-77), nome di punta del fotogiornalismo italiano, è stato testimone delle condizioni di vita e di lavoro delle classi più umili, un'attenzione che ha condiviso con Gianni Berengo Gardin (1930) e Uliano Lucas (1942), capaci entrambi di catturare i momenti di svolta della storia italiana attraverso la rappresentazione della quotidianità.

Fedele Toscani, che è stato il primo fotoreporter del «Corriere della Sera», e Nicola Scafidi (1925), collaboratore dei più importanti registi della corrente cinematografica neorealista, hanno saputo cogliere con audacia gli eventi che maggiormente hanno contraddistinto il XX secolo e hanno immortalato con tempismo gli eroi della gente comune, testimoniando così la crescente partecipazione popolare alla vita politica e sociale del Paese.
Letizia Battaglia una intellettuale controcorrente, ma anche una fotografa poetica e politica, una donna che si è interessata di ciò che la circondava e di quello che, lontano da lei, la incuriosiva.

Anche quando la fotografia si è concentrata sulla rappresentazione, suggestiva e concettuale, del paesaggio, come negli scatti di Luigi Ghirri (1943-92) e di Franco Fontana (1933), ha saputo esprimere la volontà di riflettere sulla realtà attraverso l'immersione nella natura.

Federico Patellani contadini 1950

Mario Giacomelli, Scanno, Stampa vintage alla gelatina ai sali d'argento, cm 30 x 40

Luigi Ghirri, Rimini, 1984

Franco Fontana, Paesaggio, Basilicata anni '70

Gianni Berengo Gardin, bacio,
Milano anni '80

Gianni Berengo Gardin, Venezia, 1960

Gianni Berengo Gardin, Venezia, 1960

Uliano Lucas, Sciopero, 1973

Uliano Lucas, Napoli, 1973

Uliano Lucas, Piazzale Accursio, Milano, 1971

approfondimento



Letizia Battaglia fotografa - Palermo.

Giovanni Falcone ai funerali di Stato, Palermo. Letizia Battaglia foto.

giocando a Palermo - Letizia Battaglia foto.

Letizia Battaglia, "La bambina ed il Buio", Isnello, Sicilia, 1980

ragazzi a Palermo - Letizia Battaglia fotografa

Aristocrazia nei palazzi di Palermo - Letizia Battaglia foto.

Rio de Janeiro - Letizia Battaglia foto

Letizia Battaglia

bambini giocano nei quartieri di Palermo - Letizia Battaglia foto

Letizia Battaglia, unica europea a vincere il Premio Eugene Smith (fotografo di Life). Premio, il Mother Johnson Achievement for Life, le è stato tributato nel 1999. Contribuisce a fondare il Centro di Documentazione “Giuseppe Impastato”. Crea il Laboratorio d’If per insegnare il mestiere di fotografo ai giovani palermitani. Impegnata, politicamente, nella Sicilia degli anni ottanta e novanta, a difesa dell’ambiente e della legalità. Dal 2000 al 2003 dirige la rivista bimestrale realizzata da donne Mezzocielo, nata da una sua idea nel 1991. Dopo l’assassinio del giudice Falcone, il 23 maggio 1992, Letizia Battaglia si allontana dal mondo della fotografia, ormai stanca di avere a che fare con la violenza. Nel 2017 inaugura a Palermo all'interno dei Cantieri Culturali della Zisa il Centro Internazionale di Fotografia da lei diretto, metà museo, metà scuola di fotografia e galleria. Nel 2019 inaugura a Venezia presso la Casa dei Tre Oci una grande mostra monografica retrospettiva di tutta la sua carriera. Le sue ultime grandi mostre, concluse nel 2022, sono state a Forlì e a Roma.

Completamente autodidatta, inizia la sua carriera nel 1969, collaborando con il giornale palermitano L’Ora. Trasferitasi a Milano, lavora per diverse testate giornalistiche. Nel 1974 ritorna a Palermo e crea, con il compagno e fotografo Franco Zecchin, l’agenzia “Informazione fotografica”, che sarà frequentata tra gli altri da fotografi del calibro di Josef Koudelka e Ferdinando Scianna.

Letizia Battaglia è stata, tuttavia, molto di più che una “fotografa della mafia”, una documentarista della vita e della società siciliana. Una fotografa poetica e politica. Tra i soggetti preferiti ci sono le donne e i bambini, di cui ha catturato il candore infantile, le paure e le incertezze. E la sua Palermo, con le sue antinomie, sottolineandone la miseria, più che le meraviglie.


È deceduta nella tarda serata del 13 aprile 2022, all'età di 87 anni a Cefalù, nella provincia di Palermo.

Famiglia povera a Palermo anni '70 - Letizia Battaglia foto.

funerale a Palermo - Letizia Battaglia foto.

"la bellezza nonostante tutto" - adolescente dei quartieri poveri di Palermo, Letizia Battaglia foto.

L’arresto del feroce boss mafioso Leoluca Bagarella. Palermo, 1980



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Tutti i testi, ad uso esclusivamente didattico, di questa pagina sono tratte dal libro: IL MIO LIBRO DELL'ARTE - volume D, la comunicazione per immagini. di Claudio Merlo edizioni ELECTA SCUOLA.

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