Astronomia


Quaestiones in Aristotelis libros De caelo et mundo (1494)

Exemplar horologjorum solarjum ciuilium - di Carlo Maria Carafa - 1689

Cosmographia in quatuor libros distributa ... Cum præfatione eiusdem - Francesco Barocio - 1585

De astrologica ratione - Antonio Magini da Padova - 1607

Antonii de Monforte de Syderum Intervallis, et Magnitudinibus, opusculum - 1699

Sfera Astronomica Del Padre Bonaventura Cavalieri - 1690

Tabulae motuum caelestium universales... Magni ducis Etruria Ferdinandi II- Vincenzo Renerio - 1647


ASTRONOMIA (E ASTROLOGIA)


La teoria dell'universo geocentrico ritornò preponderante negli ambienti dotti in Europa occidentale a partire dal XIII secolo, per merito soprattutto delle traduzioni dall'arabo delle opere di Aristotele e dell'epitome che dell'Almagesto di Tolomeo aveva scritto lo studioso arabo al-Aarghani. Ai primordi del quattordicesimo secolo viene ancora comunemente accettata la struttura del cosmo esposta nel De caelo di Aristotele (v. l'Epitome Chrysostomi Iavelli Canapitii, in libros De Caelo Aristotelis), che i filosofi medievali avevano reinterpretato alla luce dei precetti della religione cristiana, affermando che la Terra è immobile e posta da Dio al centro del cosmo, compresa all'interno della sfera delle stelle fisse.

Così possiamo leggere nelle Disputationes in Aristotelis logicam, philosophiam naturalem, et metaphisicam di A. Botto (1671 ):

"La Terra è posta al centro dell’Universo. La struttura dell’Universo è disposta in modo tale che l’elemento contraddistinto da una qualità inferiore sia collocato in un luogo più interno; d’altra parte così è proprio la Terra, come testimoniano la sua pesante mole, la sua gravezza, la sua oscurità e la sua profondità: essa necessariamente si trova nel luogo più basso. Dunque il luogo più basso è quello che dista maggiormente dal Cielo: questo è dunque il centro dell’Universo e la Terra lì è collocata. [...] Mi chiedi inoltre se la Terra stia ferma immobile nel centro dell’Universo. La risposta è affermativa. Così recita il Salmo 92: “ Fermò l’orbe della terra affinché non si movesse più” e l’Eccles. I: “La terra sta ferma in eterno”. (4)

Secondo il filosofo stagirita i corpi celesti hanno natura e proprietà diverse rispetto ai corpi terrestri. Essi infatti sono composti da un quinto elemento incorruttibile (aither) e poiché perfetti, possiedono per loro natura un moto circolare uniforme, considerato perfetto in quanto non ha né inizio né fine. Il mondo terrestre è costituito invece da quattro elementi ( terra, acqua, aria e fuoco) ed in esso è presente la generazione e la corruzione. I pianeti sono tutti inseriti all'interno di una sfera, al centro dei quali si trova la Terra. Il principio del moto delle sfere si ha nel Primo Motore, che è atto puro, cioè immobile e inattivo e come un magnete causa movimento in quanto oggetto di amore. Per i filosofi cristiani il Primo Motore coincide ovviamente con Dio che muove tutto il creato grazie al desiderio di perfezione che esso genera fin nell'ultima sfera; al moto delle sfere sono preposte intelligenze distinte o angeli. La contrapposizione tra mondo celeste e mondo terrestre non sottintende però l'esistenza di un rapporto fortuito tra cieli e terra. Nella filosofia aristotelica tutti i moti derivano in maniera diretta dai movimenti celesti. Nel XIII secolo, Giovanni di Sacrobosco nel suo trattato De sphaera (v. In sphaeram Joannis de Sacro Bosco commentarius di C. Clavio del 1570), espone una presentazione elementare del sistema tolemaico. In molti di questi commentari si ci interroga sull'influenza delle sfere celesti sull'agire umano ma, tutti conformi alla dottrina tomistica, sottolineano di continuo come Dio abbia lasciato una libera volontà di scelta tra bene e male. Se così non fosse, l'uomo non potrebbe avvalersi del libero arbitrio, venendo a mancare in tal modo ogni fondamento alla giustizia divina, che premia con la beatitudine le opere buone e con la dannazione eterna quelle malvagie. Viene dunque respinto il carattere universale del fatalismo astrologico tipico del Medioevo (v. De astrologica ratione di Antonio Magini da Padova scritto nel 1607) cercando di conciliare la Provvidenza Divina e il libero arbitrio degli uomini, non più dipendente quest'ultimo dall'influenza dei pianeti: le passioni, gli istinti più materiali vengono influenzati dai pianeti, mentre intelletto e volontà sono legati all'anima intellettiva, non dipendente dagli influssi astrali ma creata direttamente da Dio.


Già Dante nella sua Divina Commedia faceva dire a Marco Lombardo:


Voi che vivete, ogne cagion recate

pur suso al cielo, pur come se tutto

movesse seco di necessitate.


Se così fosse, in voi fora distrutto

libero arbitrio, e non fora giustizia

per ben letizia, e per male aver lutto.


Lo cielo i vostri movimenti inizia;

non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica,

lume v'è dato a bene e a malizia,


e libero voler; [...]


A maggior forza e a miglior natura

liberi soggiacete; e quella cria

la mente in voi, che ’l ciel non ha in sua cura.


(Purgatorio, XVI, vv. 67-81)


Stesso concetto in Botto nelle sue Disputationes in Aristotelis logicam, philosophiam naturalem, et metaphisicam:

"I corpi celesti non possono influire però sul nostro intelletto e sulla nostra volontà. I corpi non possiedono la capacità di agire nello spirito: l’intelletto e la volontà, elementi dell’anima intellettiva e razionale, appartengono al dominio dello spirito; il Cielo con i suoi movimenti non può intervenire su di essi." (72)


La divergenza di opinioni fra i mathematici a riguardo della struttura dell'universo indurranno il canonico polacco Nicolò Copernico a studiare gli scritti degli antichi pensatori greci che hanno parlato del moto della Terra, concludendo che l’errore fino allora commesso consisteva nel fare della Terra il centro dei movimenti celesti. La sua nuova teoria dell’universo viene enunciata nel De revolutionibus orbium caelestium, pubblicato a Norimberga nel 1543. Il tentativo di conciliare cosmologia geocentrica e geostatica con il significato letterale della Sacre Scritture però rappresenterà una delle difficoltà maggiori alla diffusione del copernicanesimo. Le resistenze all’approvazione del nuovo sistema del mondo erano infatti numerose: teologiche, fisiche e astronomiche.

Il danese Tycho Brahe, uno dei più grandi astronomi del Cinquecento, è ideatore di un sistema astronomico (una specie di compromesso) per molto tempo avversario di quello copernicano e diverso da quello tolemaico, nonostante si basasse ancora sulla centralità della Terra. Per Tycho il movimento della Terra è impossibile, sia per ragioni fisiche sia perché inconciliabile con l’insegnamento delle Sacre Scritture. Lo studioso sostiene però di poter risolvere i problemi posti dal sistema tolemaico senza dover abbracciare la concezione geodinamica. Secondo Tycho, la Terra continua ad essere immobile, al centro dell’universo, e intorno a essa ruotano ogni ventiquattro ore tutti i corpi celesti; il Sole invece ruota ogni anno intorno alla Terra, mentre tutti i pianeti ruotano attorno al Sole.

Il senso di confusione probabilmente provato dagli uomini intellettuali del tempo viene esternato a chiare lettere dal poeta inglese John Donne:”La nuova filosofia mette tutto in dubbio. L’elemento del fuoco è affatto spento. Il Sole è perduto, e la Terra [...]”. Quel che è peggio è che la stessa struttura gerarchica su cui si poggia la società viene pure essa colpita sin dalle sue fondamenta:”Tutto quanto a pezzi, ogni coesione scomparsa, ogni giusta provvista e ogni rapporto: principe, suddito, padre, figlio, sono cose dimenticate, perché ogni uomo da solo pensa che ha ottenuto di essere una fenice”. Effettivamente l’idea dell’universo infinito libera l’uomo da ostinate imposizioni e lo istruisce a volare alto.


Per il lavoro di contestualizzazione si ringrazia il prezioso sito https://library.weschool.com/lezioni/encyclomedia

Contatti: giuseppeomar.licciardi@gmail.com