Le tracce dell’antica città, che permangono tutt’oggi nell’urbanistica moderna, sono la dimostrazione dell’altissimo livello architettonico e della complessa organizzazione che Neapolis raggiunse già poco dopo la fondazione. La storia di Napoli risulta, così, un unico lungo percorso, le cui fasi non si “cancellano” a vicenda, ma si “sovrappongono”. Visitare Napoli è come fare gli “archeologi”: togliere strato su strato, senza mai perdere di vista la profonda omogeneità che lega tutte le fasi.
La Napoli romana corrisponde ad un'area complessiva di 90 ettari circa. Durante l'epoca romana si ebbe un notevole mutamento sull'impianto urbanistico la città che si espanse sia verso il porto che oltre le mura, con l'estendersi di abitazioni soprattutto nella zona ad ovest dell'attuale via Duomo. La città disponeva di ben due fori. A nord foro “superiore” si collocavano gli edifici pubblici, civili il centro religioso e di divertimento della città, il tempio dei Dioscuri e, l’antico teatro scoperto. Nel foro inferiore a sud le aree commerciali con il Macellum e le sue caratteristiche tabernae. Non mancavano i Ginnasi, le biblioteche e gli edifici termali.
Nell'alto Medioevo fu ducato che risentì dell'influenza di Bisanzio. Nel 1139 divenne parte del regno normanno, poi di quello svevo. Sotto gli Angioini e successivamente sotto gli Aragonesi iniziò un periodo caratterizzato da arte prima gotica e poi rinascimentale di impronta toscana. In questa parte andremo a visitare la parte bassa della città soggetta proprio in questo periodo a grandi trasformazioni. Scopriremo così la tomba della sirena, la tomba di Dracula, un palazzo stregato e uno dei vicoli più stretti di Napoli.
Il borgo Orefici, un viaggio tra presente e passato alla riscoperta dell’antico borgo della lavorazione di pietre e metalli preziosi. Si estende in vicinanza del mare fra via Marina ed il Rettifilo (Corso Umberto I), secondo uno schema di viuzze disposte a dedalo, intorno al fulcro centrale di Piazzetta Orefici. Il percorso include l’antico tessuto urbano e analisi delle presistenze architettoniche in stretta relazione con gli elementi simbolici ed esoterici. Il viaggio partirà dalla piazzetta degli Orefici, in prossimità del crocifisso settecentesco, da San Giovanni a Mare alla chiesa del Carmine, tra leggende e misteri, per poi terminare al confine del borgo presso la chiesa di Sant’Eligio e il suo adiacente campanile con orologio.
Un tempo fuori le mura l'area di piazza del Mercato (già Foro Magno) era nel periodo ducale il luogo del mercato arabo pima, successivamente racchiuso con un antemurale (il morocino) per proteggere la recente urbanizzazione della junctura civita divenne luogo di esecuzioni capitali e, finalmente racchiuso, nella successiva espansione della città nelle mura prima angioine e poi aragonesi area di mercato, pur mantenendo la triste funzione anche di luogo di esecuzioni capitali. Su questa piazza è nata anche la sommossa popolare guidata da Masaniello. Confina con piazza del Carmine e con l'attigua basilica del Carmine Maggiore dove si svolgono la maggior parte di feste organizzate dalla basilica per la festa della madonna del Carmine, alla fine del mese di maggio, anche con i fuochi d'artificio per lo spettacolare incendio del campanile e con la processione dell' "innalzamento delle bandiere".
In età medievale vista dal mare appariva imponente, insediata sulle alture di San Marcellino, del Monterone e di San Giovanni Maggiore, tanto da formare una sorta di contrafforte roccioso proteso sul mare, il quale penetrava in profondità lambendo le mura e le stesse alture. Due erano gli approdi cittadini e formavano ampie anse. Il primo, più antico, era detto Vulpulo. L'altro, piccolo ma più protetto, era quello dei Capece - detto in età angioina degli Amalfitani e dei Sorrentini -, che nel periodo normanno e svevo ebbe maggiore vigore e vivacità, e aveva a uno dei capi la così detta pietra del pesce, il mercato ittico cittadino, un'insenatura che si può ipotizzare coincidente con il tratto del corso Umberto I che comincia da piazza N. Amore. Entrambi i porti già in età angioina si erano notevolmente modificati, a causa dell'arretramento, lento ma continuo, del mare e si rendevano poco praticabili
Una delle aree antiche oggi è un vero e proprio museo a cielo aperto. Questa area è una delle poche sopravvissute allo sventramento del 1800 e ricorda ancora i tempi in cui il mare arrivava a pochi metri dagli antichi palazzi medievali. Una delle più popolate d’Italia non solo di Napoli, che poi a causa della peste nera finì con lo svuotarsi inesorabilmente. Essa ospitava delle botteghe di maestranze artigiane, ladri, giocatori, tavernacce e cortigiane. Era il più avventuroso degli angiporti napoletani. Anche il grande Giovanni Boccaccio fece percorrere questa strada al suo Andreuccio da Perugia. Il giovane, recandosi a Napoli per acquistare cavalli, sfiorò segreti, misfatti e mariolerie, diventando sempre più consapevole, riuscendo, infine, ad acquisire astuzia ed intraprendenza degne di un vero mercante.
Percorsi intorna alla città man mano che le mura si allargavano da Partenope a Neapolis greca e romana; intorno alla Napoli bizantina, ducale e normanna Sveva. Alla prima grande espansione della Napoli angioina, per la successiva espansione aragonese. Per arrivare all'ultima grande espansione delle maura l'aggiunta dei quartier spagnoli della collina del Vomero limitatamente a Sant'Elmo e parte di Chiaia (giusto per tornare dalle parti di lì dove tuto nasce). Ed infine con un salto di circa 250 anni arrivare all'ultimo muro costruito, che non aveva lo scopo di difesa, ma di controllare e tassare le merci che entravano nella città parliamo del muro finanziere
Napoli, la città in cui le bellezze artistiche e architettoniche la fanno da padrona. Una città che, periodicamente, riesce a sorprenderci con nuove ed inaspettate scoperte. E lil luogo dell'antica città di Parthenope anche se oggi non è più riconoscibile, coperto com'è dalle costruzioni dei secoli successivi, la stessa base della collina dove nacque è ricca di sorpresa per lo più nascoste ai molti. Venite, allora a fare una una passeggiata di circa tre chilometri intorno alla base del monte Echia. Andremo alla scoperta dell'inespugnabilità della città, del perché venne scelto proprio quel luogo, scopriremo i cambiamenti che nel corso dei secoli hanno modificato lo stato della collina e andremo a scoprire quanto era estesa l'antica Partenope. Ed in più un occhio sul passato alla scoperta delle difese naturali della città, di un ramo dell'antico fiume e daremo un occhio anche all'antico porto.
Le tracce dell’antica città greca permangono tutt’oggi nell’urbanistica moderna, sono la dimostrazione dell’altissimo livello architettonico e della complessa organizzazione che Neapolis raggiunse già poco dopo la fondazione. La storia di Napoli risulta, così, un unico lungo percorso, le cui fasi non si “cancellano” a vicenda, ma si “sovrappongono”. La Napoli romana si sovrappone a quella greca e corrisponde ad un'area complessiva di 90 ettari circa. Durante l'epoca romana si ebbe un notevole mutamento sull'impianto urbanistico la città che si espanse sia verso il porto che oltre le mura, con l'estendersi di abitazioni soprattutto nella zona ad ovest dell'attuale via Duomo. La città disponeva di ben due fori. A nord foro “superiore” si collocavano gli edifici pubblici, civili il centro religioso e di divertimento della città, il tempio dei Dioscuri e, l’antico teatro scoperto. Nel foro inferiore a sud le aree commerciali con il Macellum e le sue caratteristiche tabernae. Non mancavano i Ginnasi, le biblioteche e gli edifici termali.
La divisione dell’Impero romano, le invasioni barbariche nella penisola, e poi la caduta dell’Impero Romano d’Occidente determinarono la storia di Napoli nell’Alto Medioevo. Nel 661 venne nominato un duca napoletano a capo della città. In questo modo, pur dipendendo formalmente da Bisanzio, la città dispose di un governo proprio, che fu dapprima nominato dai bizantini, poi divenne elettivo, e infine ereditario. Ciò durò dal 661 al 1137, periodo di aspre lotte in cui Napoli fu tutto sommato una delle poche isole di civiltà rimaste nella penisola ormai soggiogata dalle popolazioni barbare. I Normanni irruppero sulla scena napoletana a partire dall’XI secolo. La resa arrivò solo alla morte del duca e con la successione dell’arcivescovo Marino, il quale, stanco di vedere la propria città in condizioni pietose, decise di avviare una soluzione pacifica al conflitto con i normanni. Intanto la potenza sveva si rafforzava ai confini del regno napoletano e se ne accorse il re Tancredi. Quest’ultimo cercò infatti di sottrarre alle grinfie degli svevi alcune città strategiche donando loro privilegi e maggiore autonomia. Ma ormai era troppo tardi perché Enrico VI aveva dalla sua parte un esercito agguerrito, coadiuvato dalle potentissime flotte pisana e genovese. Con questo esercito Enrico VI pose fine alla dominazione normanna che durava da poco più di mezzo secolo.
Durante l'età angioina Napoli divenne capitale del regno, conobbe un periodo di grande splendore e sviluppo. La città visse da allora un interessante sviluppo a cominciare da quello urbanistico. Superati gli angusti spazi dell'epoca ducale e normanno-sveva, la sua estensione e il suo tracciato furono adeguati al ruolo di capitale espandendosi verso la nuova linea di costa e verso occidente. Ricchezza e benessere economico si diffusero in una città sempre più cosmopolita e produttiva: genovesi, fiorentini e provenzali vi confluirono.La dinastia angiona realizzò un ampio programma di costruzione di chiese e conventi cambiando radicalmente il volto della città. Ai due castelli preesistenti, Capuano e dell’Ovo si aggiunse il Castel Nuovo, noto come Maschio Angioino, per stabilirvi la nuova residenza reale. L’area ippodamea greco-latina ospitò la costruzione e il restauro di numerosi edifici di culto: San Lorenzo, Sant’Eligio, Santa Maria Donna Regina, Santa Chiara, San Domenico Maggiore, il palazzo curiale. Grazie agli Angioini, Napoli sarà tra le prime città in Europa ad importare il Gotico, il nuovo stile architettonico nato in Francia.
l sovrani aragonesi, nonostante il conflitto interno fra la monarchia e i baroni, che si manifestò in episodi drammatici come la congiura dei baroni, privilegiarono la città, facendone la capitale del Impero mediterraneo. Il periodo aragonese fu caratterizzato dall'ampliamento del perimetro della città e dalla costruzione di una possente cinta muraria con ventidue torri cilindriche. In questo periodo furono anche costruiti importanti monumenti cittadini, come l'arco del Maschio Angioino, palazzo Diomede Carafa, palazzo Filomarino, porta Capuana, palazzo Como e la scomparsa villa di Poggioreale. Anche il clima culturale conobbe un notevole incremento, grazie al grande impulso dato da Alfonso alla biblioteca cittadina e alla fondazione dell'Accademia Pontaniana. Le grandi somme profuse nella promozione della cultura diedero impulso ad un fiorire di attività, che resero Napoli protagonista dell'Umanesimo.
A partire dal 1501 Napoli perse la sua indipendenza. Dopo la marcia su Napoli di Carlo VIII di Francia e la nuova occupazione francese, nel maggio del 1503 passò sotto la dominazione spagnola, e per oltre due secoli il regno fu governato da un viceré per conto di Madrid. Il lungo dominio spagnolo viene generalmente considerato dalla storiografia un periodo oscuro. In effetti però, la città in questo periodo non cadrà mai in una condizione provinciale, divenendo uno dei massimi centri dell'Impero.
Del suddetto periodo è possibile riscontrare ampliamenti relativi all'assetto urbanistico della città, la quale raddoppiò il proprio perimetro e assistette all'apertura di via Toledo e alla costruzione dei cosiddetti quartieri spagnoli, su richiesta dell'allora viceré Pedro de Toledo.
Nel corso della guerra di successione spagnola l'Austria conquistò Napoli (1707), ma la tenne per pochi anni, fino al 1734, anno in cui il regno fu occupato da Carlo di Borbone, che vi ricostituì uno Stato indipendente che comprendeva tutto il sud Italia e la Sicilia.
La Città di Napoli, rimase rinchiusa dentro le mura aragonesi e con i vicerè spagnoli vennero emanate le pragmatiche che vietavano di costruire fuori le mura, comunque nel corso dei secoli precedenti si erano venuti a creare vari nuclei attorno a chiese, fattorie o altro, infatti all'inizio del viceregno il suo territorio vantava 8 borghi e 37 casali, più villaggi e masserie per lo più agricoli sparsi sulle colline. Molti di questi borghi, casali e villaggi rientrano oggi nell'attuale centro storico. In più sempre nel periodo vicereale si autorizzò un'unica espansione della città per collegare la collina del Vomero dove sorgeva il castello di Sant'Elmo con la nuova via Toledo nacquero così i Quartieri spagnoli. Intanto a nord delle mura il borgo dei Vergini stava diventando il rione sanità con le espansioni non autorizzate.
Degli otto borghi del periodo medioevale e rinascimentale, due sono dentro la cerchia delle mura aragonesi e sei sono fuori le mura ma, comunque inclusi nell'attuale centro storico, alcuni hanno perso il fascino del borgo per gli intervento del risanamento pur conservando funzioni e luoghi storici. Altri invece se pur con modifiche dell'era moderna hanno mantenuto il loro fascino, altri sono rimasti sospesi nel tempo. I borghi sono in ordine partendo dal centro: il Borgo di Santa Lucia oggi quasi del tutto scomparso dalla costruzione di fine 800 della colmata ed inizio 900 del quartiere Orsini; il Borgo Orefici storico borgo dedicato alla lavorazione dei metalli preziosi e poi, appena fuori la porta monumentale di Napoli (Porta Capuana), Borgo Sant'Antonio Abbate. Dopo Borgo sant'Antonio Abbate, proseguendo sulla antica strada che andava a Roma, si trova il Borgo San Giovanni e Paolo ("San Giuvaniello" in Napoletano). Da Porta San Gennaro si accede al più antico borgo extra moenia quello dei Vergini. Inerpicandosi per la collina del vomero si arriva al borgo del Petraio. Invece lungo la costa andando verso la collina di Posillipo incontriamo due borghi di pescatori: Mergellina e Marechiaro. In seguito negli anni si sono formati tanti altri borghi.
Borgo Santa Lucia (o, più semplicemente, Santa Lucia) è uno storico rione di Napoli. Sorge nel quartiere San Ferdinando, attorno all'omonima via che prende il nome dal santuario parrocchiale di Santa Lucia a Mare. Strettamente legato al Borgo di Santa Lucia, è il vicinissimo Borgo marinari. La vita del borgo è legata alle attività del suo porticciolo e di quelle del confinante borgo Santa Lucia di cui costituisce lo sbocco a mare. Oggi il borgo ospita prevalentemente attività culturali e turistiche. Il porticciolo supporta il funzionamento dei circoli nautici della banchina Santa Lucia dove sono ormeggiati numerosi motoscafi, yacht e barche a vela. Oltre al castello, il borgo consta di poche abitazioni. Sei palazzi, tutti a due piani, con al centro una piazzetta. Data la vocazione turistica, le attività commerciali sono per lo più bar e ristoranti, ma non mancano negozi ed officine per la nautica
Si estende in vicinanza del mare fra via Marina ed il Rettifilo (Corso Umberto I), secondo uno schema di viuzze disposte a dedalo, intorno al fulcro centrale di Piazzetta Orefici. All'interno del rione sono concentrate tutte le più antiche ed importanti botteghe cittadine specializzate nella lavorazione artigianale di prodotti di oreficeria, argenteria e gioielleria.