Stouff – Ascesa e crollo di un mito.
La Linea del medio oriente ci ha abituati a vivere storie incredibili, sia dal punto di vista umano che tecnico, sempre all’eccesso, nel bene e nel male, avvolgendo tutti in una spirale senza fine di odio e amore difficile da descrivere, fatta da episodi, istanti e luoghi amalgamati sapientemente nella pasta dell’avventura.
Di nomi e di uomini, di camion e di paesi.
Strade che sembrano sentieri, buche fango neve e sassi.
Deboli di reni astenersi.
Tutto in un lampo, come una corsa a tempo, nomi storici che hanno fatto il Medio Oriente.
E di eventi straordinari, di supernova del firmamento dell’autotrasporto internazionale e intercontinentale (mi piace sottolineare questo aggettivo, i –n-t-e-r-c-o-n-t-i-n-e-n-t-a-l-e), la Stouff è stata senza ombra di dubbi la cometa più brillante e veloce mai esistita.
In realtà la straordinarietà di questa firma del Middle East sta nella brevità della sua esistenza: breve ma deflagrante, come un saggio alla fiamma del rame (per chi ha studiato chimica sa cosa intendo), fiammata breve ma intensa e colorata.
1972 -1977, quattro anni per poter indossare il vello d’oro, per accedere all’olimpo del TIR.
Ma andiamo con ordine.
La storia della Stouff ha in realtà radici molto più profonde e datate, in quanto Philippe Stouff era il co-fondatore della Savam, altro grande nome dell’autotrasporto francese, nata dieci anni prima, nel 1962, a Soissons dans l'Aisne, e probabilmente la prima azienda specializzata nel trasporto di merci gran volume, dotata di motrici (prima) e di autotreni (poi) ad alta capacità di carico. Savam, navigò in acque più o meno felici fino alla fine degli anni ottanta, vantando un parco mezzi di 633 unità ed un organico di 680 dipendenti e con un turn over di circa 500 milioni di franchi francesi.
Purtroppo, a causa di una forte crisi interna venne acquistata nel 1987 dall’inglese BET, per poi finire, grazie di un giro di OPA assassine, nell’orbita sempre inglese della Rentokil Initial, neonato gruppo britannico attivo nei trasporti intermodali, che già vantava partecipazioni con SNCF e con la Rouch Intermodal. Ma nonostante le aspettative anche questo tentativo di salvataggio da esito negativo, e nel 2001 la Norbert Dentressangle aquista ciò che rimane del marchio Savam, inglobandolo totalmente nella sua organizzazione.
Nel 1972 Philippe decise di espandere e sviluppare il suo business, con l’acquisione della Trans Mib, azienda specializzata nel trasporto di mobili e componenti d’arredamento; in pochi mesi, viene ribattezzata Stouff International. Il core business rimane il medesimo, trasportando arredamenti al livello nazionale e non, con nuovi innesti nella flotta come i Magirus serie D ed i Saviem SM300.
Interessante come la conformazione dei camion sia la stessa utilizzata in Savam, ovvero motrici a due assi e rimorchi a due assi, e a fianco agli autotreni entrarono poco dopo anche i primi bilici.
Il lavoro gira bene, come si suol dire, e le relazioni commerciali crescono .
I trasporti verso il Medio Oriente sono una vera e proprio Eldorado per tutti, una fetta di torta cosi invintante e gustosa che non si può non assagiare.
Ebbene, anche Stouff si lancia nell’impresa.
Novembre 1972, da pochi mesi la neonata firma di trasporti internazionali è proiettata verso est, verso oriente.
Nel frattempo però, i camion devono essere rinnovati.
Ecco allora che entrano in piazzale i primi Berliet TR280 ed i Saviem SM300 (con cabina Man); quest’ultimi erano un pò meno graditi dagli autisti, soprattutto a causa della fragilità del cambio.
I primi viaggi di prova danno l’esito sperato, anche se le tempistiche e soprattutto la totale mancanza (come sappiamo) di infrastutture , nonchè le lungaggini doganali ai confini, portano comunque alla scelta della società di procedere verso queste rotte.
La domanda di spedizioni da inviare verso i paesi mediorientali come Iran, Turchia, Iraq cresce a vista d’occhio, e anche se il boom di queste tratte si avrà solamente cinque anni più tardi, il 1973 rappresenta l’anno della crescita esponenziale verso l’alto per la Stouff, oramai affermata casa di spedizioni in Francia e interlocutore valido anche per l’Internazionale.
I viaggi verso l’Iran sono talmente tanti che la direzione decide di aprire una sorta di ufficio operativo proprio a Teheran, con parcheggio e area attrezzata per gli autisti in sosta o in transito.
Tuttavia, nonostante la crescita aziendale sia costante ed il parco mezzi in perenne aumento, per far fronte a tutte le richieste vengono reclutati autisti da ogni dove.
Purtroppo, questo “dragare” il mercato alla ricerca di personale da piazzare subito al volante porta talvolta all’avere nel proprio organico anche autisti non preparati, magari alle prime armi, ma non si può cedere o mollare.
I viaggi susseguono a ritmo incessante, gli anni, siamo nel 1974-1975, sono da Albo D’Oro, avventura e mito si mescolano al business duro e puro.
Chiunque incroci le strade a est di Sezana può trovare almeno tre o quattro autotreni di Stouff in viaggio.
Un’icona, un classic, ecco cos’è diventata quest’azienda in soli due anni circa dal suo esordio.
Il suo apice di notorietà arriva a seguito di una calamità natuale, un terremoto, che rade a suolo grand parte della Turchia Orientale.
Bisogna inviare aiuti, prefabbricati, supporti ed aiuti per le persone in difficoltà.
Detto fatto.
La Stouff risponde presente, assieme alla Couchet Frer (altra grande azienda storica del trasporto Francia-Medio Oriente) e parte con carichi speciali alla volta delle zone colpite dal sisma.
Precedenza assoluta, priorità ai confini, dogane con controlli praticamente azzerati.
Tutto pur di arrivare in tempo e di salvare il salvabile. Si guida di giorno e di notte, con la neve che non li molla nemmeno un secondo, ma riescono nell’impresa, e questa storia mai raccontata, questo piccolo capitolo di una saga ben più grande ha, nella sua drammaticità, un finale positivo, semplicemente quello di esserci riusciti.
Eppure tutto ha un inizio ed una fine.
“Have you ever see the rain?” cantavano qualche anno prima i Creedence Clearwater Revival, “ Hai mai visto la pioggia?”, in una sorta di inno a quei momenti in cui ci si scorda della propria purezza e si arriva allo scontro con la realtà e con i suoi guai.
La pioggia arriva anche per la Stouff, pesante, improvvisa e fatale.
Siamo nel 1976 ed una banale modifica amministrativa voluta dall’allora governo francese, che obbligava tutte le aziende di autotrasporto a versare una caparra di 15.000 franchi per camion, onde evitare frodi assicurative, porta la nostra ditta, la nostra meteora, ad un eclisse senza precedenti.
Cade la pioggia, fredda come non mai.
A conti fatti, al momento dell’entrata in vigore di questa nuova legge, la Stouff dovrebbe versare alle casse dell’erario una cifra attorno ai sette milioni di franchi (vantava un parco di 440 camion), una cifra imponente ed impossibile per l’epoca.
S’iniziano le trattative, si aprono gli ombrelli.
Purtroppo però si deve pagare.
A nulla valgono le mediazioni dei loro maggiori clienti, le commesse di viaggi già concordati ma non ancora effettuati che vengono presentate alle banche come garanzie. Niente da fare.
Piove, tutto oramai è cancellato.
I dipendenti entrano in sciopero accanto alla direzione dell’azienda, come un sol uomo cercano invano una soluzione che li aiuti a raggiungere quel posto al sole cosi tanto desiderato. Si formano blocchi al monte Bianco, alle frontiere, si cerca di dare un segnale. Tutto inutile.
Una gelida mattina, con il cielo grigio come l’acciaio, arriva un ordine che nessuno avrebbe mai immaginato, mai lontanamente pensato: “Fermate tutti i camion. Ovunque si trovino.”
La decisione, oramai dettata dalla disperazione più che dalla ragione, arriva dopo estenuanti quanto vani possibili accomodamenti. Tramite i vari telex, l’ordine arriva fino in Iran, dove i camion vengono abbandonati lungo la strada per Teheran.
Ovunque ci sia un camion arancione e grigio (i colori aziendali), viene accostato a ciglio di una strada o in un piazzale.
Come in un’ apocalisse, tutto ha fine.
La Stouff, mitica cometa dell’Internazionale, scompare definitivamente dalle strade, ma il suo nome ed i suoi uomini no, tutt’ora ricordati ed entrati nella Hall of Fame della strada.