A partire dal neolitico, il miglioramento climatico favorì nel medio-oriente la domesticazione delle piante selvatiche che l'uomo aveva sempre raccolto. Si cerca di coltivare specie di cereali come il farro, l'orzo, il grano e di legumi come i piselli, le lenticchie, i pistacchi e le cicerchie. Anche segale, miglio e avena furono le specie che circa 8000 anni fa le popolazioni portarono dalla luna fertile in Europa (Grecia, Italia meridionale). Le tecniche di semina e di lavorazione furono ripetute per millenni.
Cereali, da Ceres, Cèrere, dea romana delle mèssi e dei campi, è un termine usato per riferirsi ad alcuni prodotti agricoli di interesse alimentare. Non è un termine botanico, ma letterario e storico: indica tutte le «piante erbacee che producono frutti i quali, macinati, danno farina da farne pane e altri cibi». Comprende perciò tutte le piante i cui frutti o semi ricchi di amido sono usati dall'uomo per ricavarne polente, minestre, pane, paste da cuocere. Non solo frumento e riso, ma anche orzo, segale, grano saraceno, quinoa e amaranto sono cereali.
Vengono dette legumi le piante (e i loro frutti) appartenenti alla famiglia delle leguminose o fabacee (da faba cioè fava, una delle specie coltivate più antiche), Interessante anche il sinonimo papilionacee (da papilio cioè farfalla, per la forma del fiore).
La caratteristica comune a tutte le specie della famiglia è la presenza del legume o baccello: si tratta del frutto della pianta, formato da un carpello che racchiude i semi. Caratteristica comune a molte delle leguminose è la presenza sulle radici di un batterio, il Rhizobium leguminosarum, che è in grado di fissare l'azoto atmosferico, cioè trasferire un elemento chimico importante dall’atmosfera al terreno. Tale proprietà è utilizzata in agricoltura per effettuare la rotazione delle colture concimando così il terreno (pratica del sovescio). Le fabacee sono molto importanti dal punto di vista nutrizionale perché apportatori di proteine e hanno una diffusione eccezionalmente ampia.