ITALIANO - La ballata di Mauthausen Mikis Theodorakis

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Prigionieri di Ebensee, uno dei sotto-campi di Mauthausen-Gusen al momento della liberazione

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La ballata di Mauthausen Mikis Theodorakis - la "più bella opera musicale mai scritta sull'Olocausto"

Toccante album di Mikis Theodorakis dedicato a tutti coloro che hanno vissuto la crudeltà del fascismo e hanno resistito. Le 4 canzoni hanno testi del poeta Iakovos Kambanellis che ha passato due anni della sua vita (1943-45) nel terribile campo di Mauthausen in Austria e sopravvisse.

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Assolutamente il modo migliore per descrivere la vita nel campo di concentramento.

Anche se non capisci il greco moderno ... puoi sentire la rabbia, il dolore, la speranza e il 'désespoir'.

Raramente si sente nella musica moderna un tipo di ballate drammatiche e potenti, con una sensazione distintiva di "pathos".

Maria Farandouri ha il "timbro" perfetto per cantare questo tipo di canzone.

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La ballata di Mauthausen è una storica composizione di Mikis Theodorakis (affidata nella registrazione originale del 1966 alla voce di Maria Farandouri comprendente, tra le altre cose, quattro celeberrimi testi di Iakovos Kambanellis. Si tratta dei quattro fondamentali testi tratti dalla “Tριλογία για Μαουτχάουζεν” (Trilogia di Mauthausen) del poeta e drammaturgo greco, musicati da Mikis Theodorakis, più altri sei testi di Nikos Gatsos, Gerasimos Stavrou, Dimitris Christoudoulou e Tasos Livaditis, già compresi nel "Ciclo Farandouri" inciso dalla cantante nel 1964. Senza nessun timore di esagerazione, la Ballata di Mauthausen contiene non solo tra le più celebri e toccanti canzoni in lingua greca (si pensi solo a Άσμα ασμάτων), ma anche tra quelle dedicate ai campi di sterminio a livello internazionale. Un album rimasto per sempre legato alla figura e alla voce di Maria Farandouri e un progetto importantissimo. che vede finalmente una luce definitiva in questo sito, dopo anni in cui è rimasto colpevolmente sparso tra vari autori e scollegato. Una sola cosa non può cambiare: la dedica che, a suo tempo, feci a mio nonno paterno, Bruno Venturi (1898-1978), che fu prigioniero e superstite di Mauthausen, la “Casa della dogana”. [RV]

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Iva Zanicchi - Cantico dei cantici (1970)

Christian Marani

Published on Jan 29, 2014

Di Tuminelli - Theodorakis, dall' album "Caro Theodorakis...Iva" del 1970

duration 07:52 minutes

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https://www.youtube.com/watch?v=mSHd46cT2A8

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LA BALLATA DI MAUTHAUSEN - di Theodorakis/Kambanellis - dal CD+DVD "neve diventeremo"

7 GRANI

Published on Sep 13, 2012

duration 05:45 minutes

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Enzo Gradassi

Published on Jan 21, 2013

Il "Cantico dei cantici" fu composto da Jacobus Kambanellis scampato dalla deportazione a Mauthausen e fu musicato da Mikis Theodorakis [e.g.]

duration 05:50 minutes

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gentiluomoful

Published on Jan 27, 2013

canzone per il giorno della memoria by "MALATEMPORA"

duration 05:41 minutes

( please using the right click of your mouse, and Open Link in Next Private Window, )

https://www.youtube.com/watch?v=BoP1_zHF6Vw

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MAUTHAUSEN - Poesie di Iakobos Kampanelis

Ciclo di quattro canzoni composte da Theodorakis su versi del

poeta I. Kampanelis, che deportato a Mauthausen dove rimase per ben quattro

anni, si ispirò ad episodi e personaggi reali.

CANTICO DEI CANTICI

Era bello e dolce il mio amore

col suo vestito bianco della festa e un fiore rosso tra i capelli.

Nessuno può sapere quanto fosse bella!

Ragazze di Auschwitz, ragazze di Dachau, avete visto il mio amore?

L’abbiamo vista in quel lungo viaggio

ma senza il suo vestito bianco

né il fiore rosso tra i capelli.

Era bello e dolce il mio amore

coi suoi capelli lunghi e neri cresciuti tra le mie carezze.

Nessuno può sapere quanto fosse bella!

Ragazze di Mauthausen, ragazze di Belsen, avete visto il mio amore?

L’abbiamo vista in uno spiazzo nudo,

un numero marchiato sulla mano

e una stella gialla sopra il cuore.

Era bello e dolce il mio amore

coi suoi capelli lunghi e neri cresciuti tra le mie carezze.

Nessuno può sapere quanto fosse bella!

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Versione in un'imperfetta trascrizione semifonetica del testo greco originale

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

ASMA ASMATON

Ti ōréa pou īne ī aγápī mou

me to kaθīmerinó tīs phórema

ki éna htenáki sta maλiá.

Kanīs δen īxere pōs īne tóso ōréa.

Kopéles tou Áousvits,

tou Daháou kopéles,

mīn īδate tīn aγápī mou ?

Tīn īδame se makrinó taxíδi,

δen īhe piá to phóremá tīs

oúte htenáki sta maλiá.

Ti ōréa pou īne ī aγápī mou

ī haiδeménī apó tī mána tīs

ke t’aδelphoú tīs ta phiλiá.

Kanīs δen īxere pōs īne tóso ōréa.

Kopéles tou Maoutháouzen,

kopéles tou Bélsen,

mīn īδate tīn aγápī mou ?

Tīn īδame stīn pajerī platīa

m’énan ariθmó sto áspro tīs héri,

me kítrino ástro stīn karδiá.

Ti ōréa pou īne ī aγápī mou

ī haiδeménī apó tī mána tīs

ke t’aδelphoú tīs ta phiλiá.

Kanīs δen īxere pōs īne tóso ōréa.

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/22 - 00:35

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ANTONIS

Là sulla scala grande, sulla scala dei pianti.

Là nella cava profonda, nella cava dei pianti.

Ebrei e partigiani marciano, Ebrei e partigiani cadono

con una roccia sulle spalle da portare,

con una roccia sulle spalle, croce di morte.

Là, Antonis una voce un grido ascolta:

“ O Kammarat, o Kammarat aiutami a salire la scala “.

Ma là sulla grande scala, la scala dei pianti

aiutare è un insulto, rifiutare una maledizione.

L’ebreo cade sulla scala, e la scala si tinge di rosso.

“ Tu mio prode, vieni qui e doppio peso porta!

Ne porto due, ne porto tre, io mi chiamo Antonis,

se sei un uomo vieni qui, raccogli la mia sfida!

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Versione italiana di Leoncarlo Settimelli

Leoncarlo Settimelli (1937-2011)

ANTONIO

Mathausen una lunga scala

bianco granito e dolore

scalini centottantasei

giornata dodici ore

Laggiù ebrei e partigiani

massi trasportano in sorte

piegati sotto quelle pietre

bianchi crocefissi di morte

Antonio si sente chiamare

da un vecchio ebreo barcollante

"Compagno vieni ad aiutarmi

questa pietra è troppo pesante"

Ma là su quella lunga scala

come una maledizione

una esse esse si avvicina

e colpisce con un bastone

L'ebreo sullo scalino crolla

e l'aguzzino "vedrai

di massi signor partigiano

non uno, due ne porterai"

"Ne porto due ed anche tre

sono partigiano e sono forte

e dopo se non sei codardo

ti batterai con me fino alla morte"

2006/2/4 - 12:50

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Versione italiana di Gian Piero Testa

(Da stixoi.info, 28/08/2007)

ADONIS

Là sulla larga scalinata

la scalinata del pianto

nel profondo Wienergrab

la cava dei lamenti

Ebrei e ribelli camminano

Ebrei e ribelli cadono

un macigno portano sulle spalle

un macigno croce di morte.

Là Adonis la voce

la voce la voce sente

o compagno, o compagno

aiutami a salire la scala.

Ma lì sulla larga scalinata

la scalinata del pianto

un aiuto così è affronto

un sentimento così una maledizione.

L' Ebreo cade sulla scala

e la scala si arrossa

e tu sbruffone vieni qui

e porta un macigno doppio.

Lo prendo doppio lo prendo triplo

io mi chiamo Adonis

e se sei un uomo vieni qui

sull'aia di marmo*.

Contributed by Riccardo Venturi - 2014/7/18 - 23:39

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Akrìtas (Διγενής Ακρίτας): eroe dell’epopea bizantina, protagonista dei canti epici detti “acritici” e, soprattutto, del poema epico “Dighenìs Akrìtas”, redatto forse da un monaco del X secolo.

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[ IMAGE ] Spyros Vassiliou - digenis-and-charon-digenis-kai-harontas-1965

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[ IMAGE ] Ο νιός κι ο Χάρος. Βυζαντινό κεραμικό από την Κόρινθο, 11-12ος αιώνας.

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[ IMAGE ] Ο νεαρός ήρωας φορά φολιδωτό θώρακα, και μανικόψελλα στους καρπούς.

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Vassìlis Dighenìs Akrìtas ne è il protagonista. Figlio di un emiro arabo e di una principessa cristiana da lui rapita – e per questo detto Digéne, cioè “di doppia stirpe” - , dopo un’infanzia nella quale si distingue per la forza prodigiosa, si fa cristiano e, passando al servizio dei Cristiani, combatte da invincibile cavaliere le lotte di Bisanzio ai confini (“akra”) dell’ Impero, minacciati dalle invasioni arabe. Rapisce Eudossia, la bellissima donna di cui si è innamorato, e ne sconfigge il padre e i fratelli. Con lei va a vivere in un suo solitario castello dal quale parte per le scorrerie contro gli eterni nemici Apelati. Non sempre Digène si mostra cavaliere senza macchia: un giorno salva dal deserto, dove era stata abbandonata dal suo amante cristiano, la figlia di un emiro, bellissima. La dovrebbe proteggere e ricondurre all’amato, ma strada facendo le fa violenza. E un’altra volta, sconfitta l’amazzone Maximò, che gli si concede, preso dal pentimento per avere così tradito Eudossia, uccide la nuova amante. Dal castello sull’Eufrate continua le sue sfolgoranti imprese: ma arrivato alla fatidica età di 33 anni, Charos, personificazione maschile della Morte , riesce a sconfiggerlo “sull’aia di marmo”, e la moglie ne muore di dolore.

Charos, nero e spietato cavaliere, ama colpire le sue vittime nel mezzo della loro felicità, o sfidare i giovani valorosi in duelli sulle aie di marmo o di ferro per trascinarli nel “kato kosmos”, il mondo di giù. Lì sono trasformati in coppieri della sua mensa, nel fosco palazzo dei morti. Charos, che ha moglie e figli, ha tuttavia una madre che cerca di moderare la sua spietatezza, supplicandolo di non prendere madri con bambini e sposi novelli, avvisando talora le vittime prescelte e giungendo anche a maledire il proprio figlio.

I due personaggi, Digène e Charos sono frequentemente rievocati nella poesia e nella canzone neogreca.

Gian Piero Testa - 2009/10/27 - 09:49

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Versione in un'imperfetta trascrizione semifonetica del testo greco originale

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

ANDŌNĪS

Ekī stī skála tīn platīa

stī skála tōn δakrýōn

sto Vilegráben to vaθý

to latomīo tōn θrīnōn

Evréi ki andártes perpatoún

Evréi ki andártes péphtoun

Vráho stīn plátī kouvaloún

vráho stavró θanátou

Ekī o Andōnīs stī phōnī

phōnī, phōnī akoúī

ō kamarád, ō kamarád

vóīθa n’anévō tī skála

Ma kī stī skála tīn platīa

ke tōn δakrýōn tī skála

tétia voīθīa īne vrisiá

tétia splahniá īne katára

O Evréos péphtī sto skalí

ke kokkinízī ī skála

ke sy levéndī mou éla eδō

vráho δíplo kouvála

Pérnō δíplo, pérnō tripló

ména me len Andōnī

ki an īse ándras éla eδō

sto marmarénio alōni.

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/22 - 12:00

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ANTONIS - NOTA DI TRADUZIONE

* Il cerchio di trebbie di marmo lastricato di marmo, το μαρμαρενιο αλωνι: un legame con l'eroica epopea del Digenis Acritas del Medioevo bizantino, dove Akritas mostra un virile disprezzo per la morte, sfida la morte stessa a un duello su una trebbiatura lastricata di marmo cerchio.

(Kate)

Riccardo Venturi - 2006/1/21 - 21:26

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Akrìtas (Διγενής Ακρίτας): eroe dell’epopea bizantina, protagonista dei canti epici detti “acritici” e, soprattutto, del poema epico “Dighenìs Akrìtas”, redatto forse da un monaco del X secolo.

Vassìlis Dighenìs Akrìtas ne è il protagonista. Figlio di un emiro arabo e di una principessa cristiana da lui rapita – e per questo detto Digéne, cioè “di doppia stirpe” - , dopo un’infanzia nella quale si distingue per la forza prodigiosa, si fa cristiano e, passando al servizio dei Cristiani, combatte da invincibile cavaliere le lotte di Bisanzio ai confini (“akra”) dell’ Impero, minacciati dalle invasioni arabe. Rapisce Eudossia, la bellissima donna di cui si è innamorato, e ne sconfigge il padre e i fratelli. Con lei va a vivere in un suo solitario castello dal quale parte per le scorrerie contro gli eterni nemici Apelati. Non sempre Digène si mostra cavaliere senza macchia: un giorno salva dal deserto, dove era stata abbandonata dal suo amante cristiano, la figlia di un emiro, bellissima. La dovrebbe proteggere e ricondurre all’amato, ma strada facendo le fa violenza. E un’altra volta, sconfitta l’amazzone Maximò, che gli si concede, preso dal pentimento per avere così tradito Eudossia, uccide la nuova amante. Dal castello sull’Eufrate continua le sue sfolgoranti imprese: ma arrivato alla fatidica età di 33 anni, Charos, personificazione maschile della Morte , riesce a sconfiggerlo “sull’aia di marmo”, e la moglie ne muore di dolore.

Charos, nero e spietato cavaliere, ama colpire le sue vittime nel mezzo della loro felicità, o sfidare i giovani valorosi in duelli sulle aie di marmo o di ferro per trascinarli nel “kato kosmos”, il mondo di giù. Lì sono trasformati in coppieri della sua mensa, nel fosco palazzo dei morti. Charos, che ha moglie e figli, ha tuttavia una madre che cerca di moderare la sua spietatezza, supplicandolo di non prendere madri con bambini e sposi novelli, avvisando talora le vittime prescelte e giungendo anche a maledire il proprio figlio.

I due personaggi, Digène e Charos sono frequentemente rievocati nella poesia e nella canzone neogreca.

Gian Piero Testa - 2009/10/27 - 09:49

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Versione italiana di Leoncarlo Settimelli

Leoncarlo Settimelli (1937-2011)

L'EVASO

A Jannis prigioniero al Nord

il filo spinato non va giù

mette le ali e se ne va

e vola in mezzo ai boschi

e vola in mezzo ai boschi

Signora su dammi da mangiar

ed un vestito da indossar

tanta è la strada che ho da far

il mio paese è ben lontano

il mio paese è ben lontano

Ma dove arriva il prigionier

paura semina e terror

mangiare no vestiti no

pericoloso è quell'evaso

pericoloso è quell'evaso

Cristiano perché guardi così

non sono né belva né assassin

non voglio che la libertà

e a casa mia ritornare

e a casa mia ritornare

Ma nella terra che era un dì

di Schiller e di Bertolt Brecht

chiamato han già le esse ess

che Jannis vanno a fucilare

che Jannis vanno a fucilare

2006/2/4 - 15:10

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Versione italiana di Gian Piero Testa

(Da stixoi.info, 23/05/2009)

Nota. Rispetto alla traduzione originale di gpt, si è qui ripristinata la dizione propria di "Janos Ber" (si tratta di un nome ungherese) e si è corretto "Bertold" in "Bertolt" (Brecht). [RV]

IL FUGGIASCO

Janos Ber spinto dalla tramontana

non sopporta il filo spinato

Si fa coraggio mette le ali,

corre nei paesi della pianura.

"Dammi signora, un po' di pane

e un vestito per cambiarmi.

Ho da fare una lunga strada,

ho da volare sopra le paludi".

E dove passa e dove si ferma

calano terrore e paura.

E una voce, una voce terribile

"Nascondetevi, c'è il fuggiasco"

"Cristiani, non sono un assassino,

o una belva che vi divori.

Son fuggito di prigione..

per tornarmene a casa"

Ah, che deserto mortale

nella patria di Bertolt Brecht.

Consegnano Janos alle SS

ed ora vanno a fucilarlo.

Contributed by Riccardo Venturi - 2014/7/19 - 00:03

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Versione italiana (piuttosto libera)

da questa pagina http://www.win.tue.nl/~aeb/soc/mauthausen.html

L'EVASO

Ad un prigioniero del nord il filo spinato non va giù,

si fa coraggio, mette le ali e vola via per la campagna.

Donna, puoi darmi da mangiare, vestiti per scappare.

Molta è la strada che ho da fare, ho fiumi e monti da varcare.

Ma dove arriva il prigioniero, paura semina e terrore.

Corre di bocca in bocca una voce:

pericoloso è quell’evaso, è pericoloso quell’evaso.

Cristiani, vi scongiuro, non sono un assassino!

Sono fuggito dall’Inferno per tornare a casa mia,

per tornare a casa mia.

Che grande deserto la terra di Bertolt Brecht!

Il prigioniero è consegnato alla Gestapo che l’uccide.

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/21 - 22:56

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Versione in un'imperfetta trascrizione semifonetica del testo greco originale

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

O ΔRAPETĪS

O Jiánnos Ber ap’to voriá to sýrma δen andéhī

Kánī karδiá, kánī phterá

mes sta hōriá tou kámbou tréhī

Δōs’ mou kyrá líγo psōmí ke roúha jia n’allázō

Δrómo na kánō éhō polý

pánō apó límnes na petáxō

Ópou staθī ki ópou vreθī trómos ke phóvos péphtī

ke mia phōnī, phriktī phōnī

kryphtīye, kryphtīte ap’to δrapétī

Phoniás δen īme, hristianī, θerió jia na sás pháō

Éphyγa apó tī phylakī

sto spíti, sto spíti mou na páō

Ah, ti θanásimī erīmiá stou Bértold Breht tī hōra

Δínoun to Jiánno stous Es-Es

Jia krémasma ton páne tōra.

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/22 - 20:24

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Versione italiana

da questa pagina http://www.win.tue.nl/~aeb/soc/mauthausen.html

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

QUANDO FINIRA' LA GUERRA

Ragazza mia dagli occhi spaventati,

ragazza dalle mani infreddolite,

quando finirà la guerra non dimenticarmi.

Gioia del mondo, aspettami al cancello.

Ci baceremo in mezzo alla strada,

ci abbracceremo nella piazza.

Ragazza mia dagli occhi spaventati,

ragazza mia dalle mani infreddolite,

quando finirà la guerra non dimenticarmi.

Faremo l’amore nella cava, nelle camere a gas,

davanti alle mitragliatrici, sulla scala.

Ragazza mia dagli occhi spaventati,

ragazza mia dalle mani infreddolite,

quando finirà la guerra non dimenticarmi.

Faremo l’amore a mezzogiorno,

in tutti i luoghi della morte

finchè anche l’ombra ne venga cancellata.

Ragazza mia dagli occhi spaventati,

ragazza mia dalle mani infreddolite,

quando finirà la guerra non dimenticarmi!

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/21 - 22:58

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Versione italiana di Leoncarlo Settimelli

Leoncarlo Settimelli (1937-2011)

QUANDO LA GUERRA FINIRÀ

Ragazza che negli occhi hai lo sgomento

ragazza che hai le mani congelate

quel giorno che la guerra sarà già finita

quel giorno che la guerra sarà già finita

allora io verrò a cercarti

di baci poi ci copriremo

e il sole ci riscalderà

Ragazza che negli occhi hai lo sgomento

ragazza che hai le mani congelate

quel giorno che la guerra sarà già finita

quel giorno che la guerra sarà già finita

l'amore io e te faremo

nel crematorio nella cava

o dentro la camera a gas

Ragazza che negli occhi hai lo sgomento

ragazza che hai le mani congelate

quel giorno che la guerra sarà già finita

quel giorno che la guerra sarà già finita

noi ci ameremo fino a quando

sconfiggeremo anche la morte

e la sua ombra sparirà

2006/2/4 - 15:15

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Versione italiana di Gian Piero Testa

(Da stixoi.info, 20/05/2009) http://www.stixoi.info/stixoi.php?info=Translations&act=details&t_id=11433

QUANDO FINIRA' LA GUERRA

Ragazzina dagli occhi pieni di paura

ragazzina dalle mani intirizzite,

quando finirà la guerra

non mi dimenticare.

Gioia del mondo, vieni alla porta

che ci baceremo in mezzo alla strada

che ci abbracceremo in mezzo alla piazza.

Ragazzina dagli occhi pieni di paura

ragazzina dalle mani intirizzite,

quando finirà la guerra

non mi dimenticare.

Nella cava ci dobbiamo amare

nelle camere del gas

sulla scalinata, sulle torrette dei guardiani.

Ragazzina dagli occhi pieni di paura

ragazzina dalle mani intirizzite,

quando finirà la guerra

non mi dimenticare.

Amore in pieno mezzogiorno

in tutti i posti della morte

fino a che la sua ombra non sparirà.

Ragazzina dagli occhi pieni di paura

ragazzina dalle mani intirizzite,

quando finirà la guerra

non mi dimenticare.

Contributed by Riccardo Venturi - 2014/7/18 - 11:15

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Versione in un'imperfetta trascrizione semifonetica del testo greco originale

Iakovos Kambanellis (1921-2011)

OTAN TELĪŌSĪ O POLEMOS

Korítsi me ta phovisména mátia

korítsi me ta pagōména mátia

áma telīōsī o pólemos mī me xehásīs

Hára tou kósmou éla stīn pýlī

n’angaliastoúme mes sto δrómo

na philīθoúme stīn platīa

Korítsi me ta phovisména mátia

korítsi me ta pagōména héria

áma telīōsī o pólemos mī me xehásīs

Sto latomīo n’agapīθoúme

stis kámares tōn aeríōn

stī skála, sta polyvolīa

Korítsi me ta phovisména mátia

korítsi me ta pagōména héria

áma telīōsī o pólemos mī me xehásīs

Érōta mes sto mesīméri

s’óla ta mérī tou θanátou

ōspou n’aphanistī ī skiá tou…

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/1/23 - 10:13

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Rileggendo e riascoltando la Cantata di Mauthausen, ad alcuni potrebbe tornare in mente che pochi anni fa a Mikis Theodorakis fu tesa una colossale trappola, con la quale si cercò di farlo passare per ... antisemita. Non gli si perdonava di desiderare un futuro degno e vivibile per entrambi i contendenti del conflitto israeliano-palestinese; e gli venne applicata l'equazione per la quale, se non si è acriticamente fautori della politica del governo israeliano in carica, necessariamente si è antisemiti. Conversando, a casa sua, con alcuni giornalisti, Theodorakis aveva fatto una riflessione sui due popoli, il greco e l'ebraico, entrambi così antichi, così decisivi per ciò che dai loro spiriti magni ha tratto l'Occidente, e - se pure un paragone sia possibile - così maltrattati dalla storia, al punto da essere stati per secoli costretti a sognare e, finalmente, a conseguire ciascuno il proprio risorgimento, e a sforzarsi quotidianamente anche oggi per convivere con il mondo moderno salvaguardando un'identità difficile da perpetuare per chi possa confrontarsi solo in piccolo numero con il vasto mondo, e usi inoltre una lingua specialissima, ignorata o mal capita da tutti gli altri. Confrontando il grado di passione che gli uni e gli altri riversano in questo sforzo, a Theodorakis accadde di dire, e lo disse con amarezza in quanto Greco, che i suoi connazionali non hanno lo stesso "fanatismòs" degli Ebrei. Ora, in greco la parola non ha l'irrimediabile connotazione negativa che ha assunto altrove. Può anche significare passione intensa, ostinata, esclusiva: e infatti il rimprovero di Theodorakis era diretto ai Greci, che si sono mangiati a suo dire, l'anima in cambio dei consumi globali, e non certo al popolo ebraico. Parecchi giorni dopo, un giornale greco di destra "sparava" la notizia che il compositore aveva denigrato gli Ebrei, bollandoli di "fanatismo". Il governo israeliano fece passi diplomatici verso quello greco. La stampa internazionale riprese e dilatò la notizia del Theodorakis antisemita. E anche la nostra TV ci cascò. Così va il mondo, va anche così.

Gian Piero Testa - 2009/4/16 - 19:50

Iakovos Kambanelis è morto il 5 febbraio 2011.

Gian Piero Testa - 2011/2/11 - 10:01

Come già specificato nella pagina dedicata a Ὁ ἐχθρὸς λαός, Iakovos Kambanellis non è scomparso il 5 febbraio 2011, bensì il 29 marzo 2011. Il giorno 4 febbraio era stato ricoverato al Policlinico di Atene per un acutizzarsi della sua malattia renale. Una ben triste notizia che sicuramente, come ha fatto Gian Piero Testa, è opportuno riportare anche in questa pagina dedicata alla "Cantata di Mauthausen", l'opera musicata forse più famosa di Kambanellis.

Riccardo Venturi - 2011/4/23 - 12:27

Nel rifare tutte le pagine dedicate alla Cantata di Mauthausen, mi sono accorto di una coincidenza toccante e incredibile: sia uno dei principali autori, Iakovos Kambanellis, sia due dei traduttori italiani, Leoncarlo Settimelli e Sandro Tuminelli, sono tutti scomparsi nell'arco di pochi giorni tra la fine di marzo e il mese di aprile del 2011.

Riccardo Venturi - 2014/7/18 - 12:00

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