ZVARTNOTS – ECHMIADZIN - YEREVAN

I ruderi della Cattedrale di Zvartnots (San Gregorio) sono visibili a pochi chilometri dalla capitale. La Cattedrale fu costruita nel luogo dove si credeva fosse avvenuto l’incontro fra San Gregorio e Tiridate III. Eretta nel 650 circa venne distrutta nel 930 da un terremoto. Solo all’inizio del XX sec. fu riscoperta ed ebbero inizio alcuni scavi per il suo recupero.

La Cattedrale, che aveva un interno decorato di affreschi, presenta la sua struttura interna a croce greca, mentre l’esterno, per le sue 32 facce, doveva apparire una costruzione pressoché rotonda.

Rimane da ammirare una possente architettura di massicce colonne con archi e capitelli finemente intarsiati. E poi il Monte Ararat è uno straordinario sfondo teatrale che commuove.

La Cattedrale di Echmiadzin (Chiesa della Madre di Dio) originariamente fu costruita tra il 301 ed il 303. Ma nei secoli costruzioni e costruzioni si sono affiancate nel suo grande recinto. Sede del Catholicos, capo della Chiesa armena; il luogo si trova a circa 20 chilometri da Yerevan.

Entrando nella Cattedrale restai abbagliata dalle grandi decorazioni geometriche e dal tanto oro e argento luccicante ed ammiccante nella chiesa gremita per la cerimonia religiosa; una profusione di luci e candele, di tonache rosse che officiavano il rito sull’altare; un rito che dura 3 ore. E poi il Coro che solennizzava la celebrazione in modo evocativo e commovente di altri tempi. Non ero abituata a quelle luci; mi sconvolsero alquanto. Assistei un po’ alla liturgia di cui capivo poco. Non c’erano banchi né sedie, ma tutta l’assemblea partecipava con concentrata attenzione e partecipazione.

La Cattedrale fa parte di un vasto complesso architettonico con Sede Vescovile, Istituti religiosi e Seminario, Museo, Battistero, e perfino un altare moderno all’aperto eretto per i 1700 anni della fondazione della religione armena.

E poi tutt’intorno gente variegata che celebrava il battesimo, anniversari di matrimonio, seminaristi e soldati e noi, intrusi turisti, che ridimensionavamo questo luogo ad una normale giornata di festa, senza la spiritualità e la devozione dovuta.

Ma qualcuno in questo mare di confusione riusciva a pregare sulla tomba di un proprio caro. Sembrava estraniarsi, come se nulla esistesse all’infuori della sua preghiera.

Ma ad Yerevan vi è anche il Vernissage, il mercato della Capitale dove ogni ben di Dio viene esibito per gli acquisti. Miscuglio di gente e di colori pieno di allegria ed, insieme ai tanti tappeti, alle ceramiche, venivano offerti anche piatti di finissima porcellana e bicchieri di cristallo purissimo, delizia per gli antiquari che, acquistandoli per poco, potevano rivenderli a prezzi d’oro.

Io comprai alcuni presepi, ma questa terra è anche il regno dell’Ossidiana (vetro vulcanico), uno dei pochi minerali utili per un reddito. Con questa, nera e lucidissima, creano oggetti disparati.

Mi colpirono anche, in un luogo appartato del mercato, le “bancarelle a terra” dove bulloni, tubi della stufa piuttosto che quelli idraulici per la doccia, insomma tanto ed ancora di più, rigorosamente usati e consunti fino allo “sfinimento”, venissero esibiti in una stupefacente vendita da noi improponibile.

Fu proprio con questa fantasmagoria di gente, suoni e colori che lasciammo questa terra, innamorati di luoghi appartenuti alla nostra fanciullezza, alla magia delle nostre favole, anche se qui le favole non si sono raccontate più per lunghi, lunghissimi anni.