HAGHARTSIN - NORATUS

Il Monastero di Haghartsin di pietra grigia fu costruito nel XIII sec.. E’ un affastellato complesso architettonico pieno di fascino, soprattutto perché immerso nel silenzio di una foresta rigogliosa. Molti i ruderi di questo Monastero in cui solo tre edifici sono rimasti pacati testimoni di un lontano passato. Qui tutto sembra costruito in miniatura, donando un aspetto da favola a questo Monastero che emerge fra alberi, nebbia e nuvole. Una rarità tutto questo verde, a cui non eravamo abituati, che lo rende particolarmente affascinante. E poi il rudere dell’antico forno era stato ripristinato nella sua funzione ed una donna ci porgeva pane caldo e fragrante, il cui sapore avevamo dimenticato da tempo, tanto tempo.

Per il pranzo ci fermammo in uno strano ristorante sparso fra mille case e casette in un parco bellissimo. E così vi erano edifici per contenere molti avventori e casette mignon sul fiume per un téte à téte romanticissimo e solitario. La cosa che mi stupì fu che all’arrivo ci contassero, per poi andare a comprare il numero esatto di bistecche necessarie al nostro pranzo. Nessuna doveva avanzare. Niente sprechi, era un lusso, nonostante il luogo fosse bello e costoso, che neppure i proprietari di questo ristorante potevano permettersi.

Il Monastero di Hayiravank in pietra rossa “arrugginita”, costruito nel IX sec. domina il Lago di Sevan. Intorno, anche qui, le grandi croci commemorative raccontano favole e leggende. Da questa magnifica posizione si gode di panorami mozzafiato sul più grande lago d’Armenia, a 1900 metri d’altezza. Lo percorremmo intorno per un lungo tratto, prima di ritornare a Yerevan.

Il Cimitero di Noratus con le sue 800 croci racconta la storia armena. Khachkar di pietre e colori diversi, pizzi, invenzioni, amore e commozione attraversano la storia, attraversano la vita di questo popolo. Le croci più antiche risalgono al IX sec. fino ad arrivare al XVII sec. Un vero meraviglioso Museo all’aperto.

Il Cimitero accoglie tuttora il sonno degli Armeni e così lapidi e cappelle più recenti dilatano lo spazio ed il silenzio. Però fra le tombe, quasi a pregare, vagavano le pecore che in un certo senso impedivano sporcizia ed erba alta e poi, in cerca di un reddito insperato, alcune donne esibivano e vendevano lavori di lana; tante ore di lavoro per pochi soldi che per loro avranno rappresentato tesori.

Vi era un altro grande cimitero armeno a Jugha nel confine fra Azerbaijan, Turchia e Iran con oltre 2500 croci che però fra il 1998 ed il 2005 è stato sistematicamente distrutto dagli Azeri, nuovi possessori di quel luogo. Il Cimitero era diventato un poligono di tiro ed ora è praticamente inesistente.

A suo tempo era considerato il più grande dell’Armenia.