Biohistory Epistemology

Il Piglio eco-biostorico

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From Epistemology of History to the birth of a new Science BIOHISTORYLink

Indice quaderno n°8


Il Piglio eco-biostorico

Il territorio mentale e le angolazioni di lettura

Cartografie di spazi naturali in Scenari immaginativi e attuativi

Le regole del gioco

Antonia Colamonico

Verso una scienza & metodo dello sguardo

Indice

Nota introduttiva; Premessa; Il punto e la regione; Il limite delle Scienze; L'osservatore e il linguaggio (II Parte); Costruzioni di realtà a multi/strato e multi/faccia; Riflessione a sistema uno/tutto; La vita nel processo partecipativo.

Reference on the name biohistory
Antonia Colamonico (2005). The Story of a Paternity. World Futures 61 (6):441 – 469.

Name does matter. During exploration of knowledge, name provides dignity of existence. Isolating a quid from a whole, name gives that quid a status (i.e., helps it to gain a space, time, and fact). Biohistory had its own name in August 1992, when finally my mind isolated the historical quantum as the promotor of life. Shape follows name; Biohistory began to take shape in 1993, when it ran into Edgar Morin's ideas. For about a year, Biohistory had been a game I toyed with, using it to show my pupils the explosion of events in spaces. I even gave it a poetic dress, in the form of nursery-rhymes (Spazioliberina; Colamonico, 1993). In 1993 I also read Morin's Introduction to Complex Thought (1993), in which it is assumed that a new science and a new doctrine would manage to read the one-whole. It was then that I understood that this theory would have been the body-mind-eye of my joyful child. So I adopted Morin as the father of my Biohistory

Antonia Colamonico epistemologa di Biostoria

Nota introduttiva dell'autrice

C'è un momento nella scrittura in cui l'osservatore (il narratore) e l'osservato (l'oggetto-narrabile) si fondono in un tutto-uno (la scrittura) che assume una sua privata identità come altra cosa di realtà. Non è né lo scrittore, né il fatto osservato; ma un oggetto/soggetto nuovo che si distacca e si carica di naturalezza, come una verità messa in ombra che, orgogliosamente, prende individualità, quale forma aliena dall'occhio lettore e dal campo di narrazione.

Ecco è questo il momento che prediligo, quell'attimo in cui, con un brivido di pelle, quella cosa nuova appare chiara al mio sguardo-lente.

Ed è quella stessa impercettibile elettricità che m'informa di essere approdata in uno spazio-tempo nuovo che ha assunto stato-confine nella pagina, in tale essere altra cosa, quell'insieme ordinato di espressioni e di significati assume storicità.

Le tessiture storiche danno il volto alla realtà che resterebbe un non conosciuto e un non dicibile, se privata dallo sguardo-mente dell'osservatore che, intessendo gli echi informativi in narrati disciplinati, dà tracciabilità al suo avvistato-compreso-affermato-trasmesso. In un simile gioco intricato multi-prospettico, l'accesso alla realtà è vincolato alla capacità cognitiva ed espositiva dell'osservatore (ogni uomo) che veste di senso-direzione dei quid informativi che da incognite si fanno res note (cose conosciute).

La cosa nota non è l'oggetto naturale, ma lo spettro-modello mentale che l'osservatore stesso si costruisce come reale, in tale costruzione lo stato di verità oggettiva non è nell'oggetto-incognita che si pone a contorno-regione dello stesso processo d'appropriazione soggettiva della realtà (la conoscenza), ma la verità è nel modello-carta che assume oggettività limitata e circoscritta, all'interno di una teorizzazione.

Si passa, da un punto di vista eco-biostorico, da una realtà ignota che è esterna e vera in se stessa, ad una realtà nota che è negoziata dallo sguardo mente di un osservatore concreto che con scelte motivate e mirate, dà di volta, in volta l'indirizzo di realtà all'incognita della vita.

Se è l'uomo storico a dare il senso di oggettività, allora non è più accettabile l'idea di una scienza che apra le maglie della vita e ne sveli i codici nascosti che sono il modo naturale della vita d'evolversi:

    • tutte le teorie scientifiche sono semplici sguardi soggettivi che hanno dato il carattere di oggettività ad un quid che ha preso storia nella stessa mente dell'osservatore che definendo ha inclinato il significato, di quell'ignoto, al privato senso di verità, soggetto ad essere espanso o rigettato nel tempo.

Un geranio a 3 aperture di spazio-creste (fiori) su uno stesso stelo, un esempio naturale di crescita a frattale. Anche il pensiero è un processo naturale che si apre a frattale. Ma tale apertura è vincolata alle modalità di lettura.

Allora se questa radice soggettiva è il limite della scienza, essa non può essere più intesa come la verità intorno alla vita, ma solo una plausibile spiegazione di essa e da ciò sorgono spontanei i quesiti:

  • che cosa è la vita e cosa la verità?

  • Cosa la realtà?

  • Cosa è oggettivo e cosa soggettivo?

  • La scienza cosa di fatto può dire di conosce e come mai una teoria trova applicabilità, se la realtà in sé è un oltre lo sguardo-mente dell'uomo?

Con tutti questi interrogativi che chiedono una risposta certa, definitiva, rassicurante per dare valore alla stessa azione del ricercare, si fa strada il nichilismo che crea lo scetticismo nel cuore:

  • se l'osservatore non ha possibilità d'approdare al punto-luogo della verità oggettiva, una volta per sempre, allora perché conoscere, indagare, scoprire, costruire?

  • Perché affaticarsi con tutte quelle azioni che rendono presente ogni osservatore-attore-abitante nella vita?

Per uscire dalla morsa del nulla che blocca la coscienza in uno stato d'inerzia (inutilità della conoscenza, di riflesso dell'azione e per estensione della vita), necessità cambiare gli occhiali di lettura e fare una salto di prospettiva con un cambio logico che dia le moltiplicazioni degli sguardi-mente, cioè:

  • passare da una realtà scissa in tanti campi disciplinati a isolati per sé stanti che danno una visione frantumata di oggettività, a una realtà a uno/tutto coeso che per praticità esplorativa, soggettiva, è indagata per campi discreti, variabili, di processi storici, aperti agli intrecci narrativi che risentono, localmente, della sfumatura di significato impressa dall'occhio-mente dello stesso osservatore, ma che tuttavia si fanno echi informativi, disponibili al cambiamento di indirizzo-sguardo con un allargamento del campo-possibilità di veridicità (processo d'apprendimento continuo che porta ad un'osservazione costante di occhio-mente frattale).

  • Passare da una conoscenza assolutizzante e quindi a tendenza statica a una relativa (ponte tra due rive) aperta alle variazioni minime di campo; da una verità chiusa in una definizione immutabile e ferma a una verità multi-proiettiva e multi-prospettica in grado di assumere molteplici gradazioni; da un processo di conoscenza per divisione di oggettività a uno di moltiplicazione di gradi-intensità di verità, oggettivanti.

È l'osservatore (ogni uomo) che, nella sua azione d'apprendere, dà lo stato di oggetto (gioco topologico a dentro/fuori) a ciò che circoscrive e così facendo impara a saper rispondere alle incognite del vivere, creando le mappature-carte delle situazioni storiche, quali quadri disciplinari di probabilità di ipotesi vitali che, se applicate, richiedano un ammodernamento armonizzante (il ruolo del futuro nell'indirizzare la presa di realtà nel presente).

Indirizzare il presente (dare il verso direzionale) introduce il fine storico che potrebbe riportare alla coscienza echi di fatti nefasti, attuati in nome di una pretesa a indirizzare la vita verso un ordine-modello di Società (visione uni-dimensionale di chi pretende un ordine che piega la vita al modello mentale che si fa regola ineluttabile).

  • Il fine non è far corrispondere la vita alla carta-modello (riduzionismo logico), assoggettandola al sé di un io dominante che crede di possedere la verità (logica di Caino); ma al contrario scoprire la ricchezza della naturalezza del divenire come processo moltiplicativo e rigenerativo che si apre a mille e mille possibilità altre (logica di Cristo). Possibilità che a loro volta creano organizzazioni e legami inaspettati (visione dialogica di una creazione continua a più co-attori di pari dignità).

Le perplessità sono legittime richieste di chiarezza

Ogni perplessità parte da un eco-passato negativo che fa nascere nella coscienza un senso di disapprovazione storiografica, ad esempio, sulla valenza del "fine storico", ma investigando sul perché di tale presa di distanza, emerge l'eco del contrasto, mai assopito, tra verità di fede e verità di ragione che aprì da un lato all'Inquisizione con tutte le epurazione eseguite (eco negativo) e dall'altro all'oggettività assolutizzante di certa scienza moderna che ha prodotto l'eugenetica con le devianze delle epurazioni e delle sperimentazioni, ad esempio, naziste (eco negativo).

Uscire da tale strettoia cognitiva implica l'apertura delle logiche (processo di destrutturazione dei versi-sensi comuni, come il risalire la corrente del pregiudizio) per svincolare le informazioni dalle gabbie ideologiche che tendono a fermare la realtà in un fotogramma fisso nel tempo e nello spazio-memoria.

Ma se si indaga meglio, lo scontro epocale tra la società antica e quella moderna, a partire da fine '200, non fu tanto sulla differente mappatura di realtà, quanto sulla salvaguardia degli stati di potere-oligarchie. Le nuove carte-mappe cosmologiche furono lette come una forma di messa in discussione di una verità impomatata e confezionata da un potere religioso che risentiva dell'appartenenza alla nobiltà terriera del Medioevo (ramo cadetto dell'aristocrazia feudale). Mentre lo scienziato era un uomo nuovo, un ceto sociale nuovo che osava scommettere sull'apprendimento dei modi-mondi nuovi (sguardo rivolto al futuro) mettendo così in crisi una verità collaudata e ingabbiata (sguardo rivolto al passato), in virtù delle riscritture matematico-geografiche (apertura degli spazi vitali) che stavano mutando le medesime geografie mentali:

  • Il contrasto fu su due sguardi-lenti e di riflesso, carte-mentali, che facevano rivendicare, vicendevolmente, il primato della verità (stato di potere di una logica disgiuntiva che afferma, negando "si, ma... forse, se... ma, non credo che... sembrerebbe, ma...).

Oggi, quel ruolo restrittivo esercitato un tempo dal potere teocratico, è esercitato dai ricercatori (certo non tutti) in nome della Scienza, assunta a religione. Essi credono di possedere le chiavi della vita, imponendo le personalistiche economie ad esempio di alcune case farmaceutiche che inculcano un'idea ristretta di salute e di bellezza; mentre di fatto, quello che lo scienziato possiede, è semplicemente l'eco-riflesso del suo appreso-compreso, come un sistema di regole e di mosse spendibili nella partita localizzata e non generalizzata della vita che è nel suo insieme complesso un gioco non solo di mosse strategiche (sguardo uni-direzionale, egocentrico) ma essenzialmente di attese di risposte (sguardo pluri-direzionale, altruista) con gli stati di ovvietà e quelli d'imprevisto e sono proprio questi ultimi ad allargare gli orizzonti osservativi e di riflesso, vitali, mettendo in crisi gli appresi pregressi e aprendo la mente alla ricchezza del divenire (logica de-gerarchizzante).

In chiave biostorica tutto assume una nuova collocazione per cui ad esempio:

  • Se lo sguardo-mente-osservatore assume la funzione storica di semplice 2° giocatore della partita che chiamiamo vita, allora compito delle pedagogie-didattiche non è più il solo educare al saper leggere-scrivere-far di conto... ma a sapere immaginare e creare sguardi-occhiali nuovi per visualizzare orizzonti nuovi, soggetti a cambiamenti continui.

Nasce così, il mio impegno di studio per creare con le carte di Biostoria una mappatura variegata di coscienza/conoscenza a topologia uno/tutto frattale, con i pieno/vuoti di conoscenze (tessuto spugnoso) e di luce/buio informativo (guizzi-luce) con le fioriture di ideazioni e di immaginati, funzionali alle ipotesi multiple di risposta storica che fanno diversificare gli interventi, in sintesi:

  • il passaggio da un pensiero singolare ad uno al plurale, interno allo stesso soggetto-individuo storico.

Antonia Colamonico

Acquaviva delle Fonti, 26 agosto 2013

Antonia Colamonico

Oltre la Complessità


Antonia Colamonico © 2014 - 2015

Il paradigma è l'occhiale-filtro della visione come il "ponte" funzionale alla rappresentazione e alla definizione storiografica. L'errore che spesso si compie è nel far diventare una struttura orientativa, gabbia mentale (rigidità cognitiva). Il paradigma è dunque un'inclinazione di lettura, necessaria a indirizzare l'occhio, ma, per evitare che divenga una gabbia logica, è importante che abbia un'organizzazione plastica, in grado di deformarsi e formarsi a multi-verso, in relazione alle nuove emergenze che rendono inadeguate le letture. Secondo tale impostazione il paradigma eco-biostorico va immaginato come una topologia di sguardo-lente a frattale. (Antonia Colamonico)

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