Fiumalbo veneto

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Risse dialettologiche a Fiumalbo! Il celtico e il ligure e il veneto (o il ferrarese), e il francese e l'americano, e l'italiano del seminario. Giocose fantasie sul fiumalbino.

I fiumalbini sono affezionati al loro dialetto. Il fiumalbino viene ritenuto piacevole e dolce, non solo da loro stessi ma anche da abitanti di paesi emiliani confinanti, nonché da visitatori forestieri, abituali o casuali che siano. Ed è difficile negare che questo giudizio estetico poggi su basi linguistiche concrete e oggettive: in primo luogo il generale mantenimento delle vocali etimologiche, con eccezioni perlopiù limitate all'apocope di certe sillabe finali.

Essendo affezionati al loro dialetto, i fiumalbini amano parlarlo e parlarne. Curiosamente, tra i fiumalbini circola un numero assai elevato di teorie e di convinzioni relative al dialetto. Chi si richiama a lingue antiche come il celtico e il ligure (oh inavveduti sostratisti!), chi anche al ligure moderno (è pur sempre ligure, si dicono fra sé...), chi al veneto o più di rado al ferrarese (pensando alle mete dei pastori transumanti), chi a un ingigantito influsso francese (oh immancabile Napoleone!), chi a un apporto massiccio dell'inglese americano dei migranti, chi a un contatto privilegiato con la lingua italiana a causa del Seminario di Fiumalbo, che tanto favoriva l'accesso all'istruzione... Talora, ma più raramente di quel che si potrebbe immaginare, si sente citare la possibile importanza linguistica del vicinissimo confine toscano. A quanto pare, poi, quasi tutti omettono di nominare il latino, e non per banale dimenticanza!

Naturalmente quasi nessuna di queste convinzioni trapela mai dalle anziane fiumalbine di provenienza rustica, oneste e solide portatrici del dialetto conservativo e della cultura tradizionale. Siffatte fantasie palpitano invece nelle menti dei giovani e delle persone istruite. A qualunque dialettologo voglia visitare Fiumalbo, capiterà che un barista e un geometra e un ingegnere e un prete, e non so chi altri, lo informino con tutta franchezza che il dialetto proviene dal Veneto, che il nome della lucertola deriva dal nome di una dea celtica, che le vocali nasali e i pronomi dopo il verbo nelle frasi interrogative son dovuti al francese, e così via.

Ora, alcune di queste credenze hanno una vasta diffusione: in particolare, Napoleone e il francese vengono gratuitamente citati un po' dappertutto, nel nord e perfino in Toscana, per spiegare qualche normalissimo aspetto delle parlate locali. Tipicamente lo studioso ascolta e annuisce, con pazienza mirabile.

Ma perché dobbiamo tollerare che gli italiani, che anche sul piano linguistico la sorte ha dotato di un così ricco patrimonio culturale, non abbiano un'educazione linguistica? Non sarebbe più naturale cercar di diffondere almeno le nozioni di base della nostra disciplina? O perlomeno che si sapesse che la nostra disciplina esiste, e che le autorità da consultare in materia non sono i giornalisti, non sono i parroci, non sono i maestri di scuola!

Torniamo a Fiumalbo. La teoria veneta ha una fortuna davvero sorprendente. Viene sostenuta con la massima naturalezza: Fiumalbo è una colonia veneta! Ovviamente nessuno ha mai trovato, né mai troverà, documentazione storica a questo riguardo; a quanto pare, si ritiene che gli indizi linguistici siano sufficienti, insieme alle notizie sulla transumanza... Il fiumalbino in realtà non condivide nessun fenomeno specificamente veneto ma, schiacciato com'è fra il tósco e il bòcchio, sembra non saper trovare altra identità linguistica che non sia nel lontano nord-est.

Incredibilmente, la storiella dell'influsso francese l'ho sentita difendere perfino da una fiumalbina laureata in Lettere classiche, docente liceale, che al tempo degli studi universitari tenne un seminario sul fiumalbino nell'ambito di un corso di glottologia con Gino Bottiglioni! Il francese viene chiamato in causa soprattutto in relazione al normalissimo clitico soggetto postverbale degli enunciati interrogativi (per es. dóve vàttu? "dove vai?")...

Eppure, agli occhi di qualunque linguista che abbia dato uno sguardo all'Appennino emiliano, anche soltanto in base alla bibliografia facilmente accessibile, è del tutto evidente e pacifico che il fiumalbino è un limpidissimo dialetto emiliano di montagna della fascia più alta, eventualmente toccato da interferenze toscane (sulla cui entità si può ampiamente discutere). Se il fiumalbino somiglia vagamente al veneto, è perché sia i dialetti dell'alta montagna emiliana sia molti dialetti veneti sono dialetti italiani settentrionali particolarmente conservativi. Il punto di partenza, per chi non lo sapesse, è il latino popolarmente parlato nella tarda antichità.

Ma come affrontare la fierezza dell'autoctono?

La dialettologia italiana esiste, da quasi un secolo e mezzo: spargete la voce, se potete!

PS. Naturalmente queste discussioni fiumalbine non comportano nessuna rissa... Ho cercato di dare a questa pagina un'impostazione scherzosa: spero di non aver in alcun modo ferito il comprensibile orgoglio degli abitanti della città d'arte dell'Alto Frignano. Ne approfitto anzi per ringraziare tutti i fiumalbini che ho consultato, rimandando a Fiumalbo: ringraziamenti.

Postilla, due anni dopo.

Quando scrissi la pagina qua sopra non avevo molta esperienza di ricerca sul campo, ovvero di interviste linguistiche dal vivo con persone che parlano questo o quel dialetto. Passati degli anni, qualche esperienza in più.

Rileggendo la pagina, che ho scritto io stesso, resto un po' infastidito dal tono polemico e vagamente beffardo. Sembra che io me la prenda coi fiumalbini, o con alcuni fiumalbini. Naturalmente non c'è e non c'era niente di personale. Sapevo e so bene che le opinioni non scientifiche sui fatti linguistici esistono ovunque, e che molto spesso tali opinioni discordano insanabilmente dalle posizioni degli addetti ai lavori. Così era, così è. A quel tempo mi ero trovato coinvolto personalmente in simili contrasti soltanto a Fiumalbo, più e più volte, con molte persone diverse. Ora, passati degli anni, mi sembra piuttosto insensato che il mio spazio web ne parli soltanto rispetto al ridente paese dell'Alto Frignano: ho incontrato analoghe dispute anche altrove, in altri comuni ed in altre province.

È inevitabile: fuori dal quadro della linguistica romanza e senza i concetti di mutamento linguistico, dinamica delle varianti ecc., senza gli apporti della geolinguistica e della filologia, i ragionamenti intorno ai dialetti prendono strade incompatibili con le discussioni e con le conclusioni a cui si giunge in sede scientifica. Le scienze del linguaggio sono ignote alla cultura comune. In quasi tutte le associazioni locali dove si parla anche di dialetti, è ben raro che circolino i nomi dell'Ascoli, del Merlo, del Rohlfs e così via, per non parlare dei molti studiosi viventi e attivi.

La colpa, s'intende, è nostra. Quanti linguisti si danno a iniziative di divulgazione? Ben pochi. Il compito di trattare in televisione temi come la pronuncia antica del latino o le articolazioni avulsive delle lingue khoisan viene demandato al figlio di Piero Angela, con tutte le conseguenze del caso. Io, per quel poco che vale, ho recentemente creato un minuscolo sito divulgativo, sites.google.com/site/dialettiitaliani

Tornando per un attimo al dialetto di Fiumalbo, confermo col massimo grado di certezza la posizione che già sostenevo e che, dopo aver ascoltato un minuto di fiumalbino parlato, è la conclusione normale di qualunque linguista che si occupi della montagna emiliana conoscendo perlomeno gli studi di Giuseppe Malagoli: il fiumalbino è un dialetto emiliano molto conservativo, cioè sostanzialmente una varietà di modenese antico, per numerosi aspetti. Gli apporti toscani esistono ma sono ben limitati.

Resto a disposizione per critiche obiezioni chiarimenti e così via.

Emanuele Saiu, 26 agosto 2011 (postilla finale 21/7/2013).