luxmetro

Rapoli Riccardo 5°A en

LA LUCE COME FONTE DI ENERGIA

I.I.S.''E.Mattei'' a.s.2009/10

Introduzione sulla luce

Con il termine luce ci si riferisce alla porzione dello spettro elettromagnetico visibile all'occhio umano,ed è compresa all'incirca tra 400 e 700 nanometri di lunghezza d'onda ,ovvero tra 750 e 428 Thz di frequenza. Questo intervallo coincide con la regione di massima emissione da parte del sole. I limiti dello spettro visibile all'occhio umano non sono uguali per tutte le persone,ma variano da individuo a individuo e possono raggiungere i 730 nanometri, avvicinandosi agli infrarossi,e i 380 nanometri avvicinandosi agli ultravioletti.La presenza contemporanea di tutte le lunghezze d'onda visibili in uguale quantità forma la cosiddetta luce bianca.La luce, come tutte le onde elettromagnetiche, interagisce con la materia. I fenomeni più comuni osservabili sono:l'assorbimento, la trasmissione, la riflessione, la rifrazione e la diffrazione.

L'assorbimento: è la capacità di un corpo di assorbire energia mediante onde elettromagnetiche. Questa condizione si realizza quando una porzione di materia viene irradiata da una radiazione elettromagnetica, ed è in grado di immagazinare energia, generalmente termica, dalla radiazione stessa.

La trasmissione: la radiazione elettromagnetica si trasmette attraverso vettori elementari di energia detti fotoni; questi ultimi assimilabili a delle particelle che si muovono alla velocità della luce. Nella fisica quantistica si presuppone che l'energia associata ad esso dipenda solamente dalla frequenza della radiazione elettromagnetica monocromatica:

E = h c/λ

dove h= costante di Plank , λ= lunghezza d'onda , c = velocità della luce.

La riflessione: considerando due mezzi trasparenti (mezzo 1 e mezzo 2), isotropi e omogenei, un raggio incidente sulla superficie di separazione subisce una riflessione quando l'angolo d'incidenza supera di valore dell'angolo limite, riconducibile al teorema di Snell.

La rifrazione: anche per questo tipo di fenomeno è valido il teorema di Snell.

Essenzialmente è dovuto al passaggio di un'onda elettromagnetica fra due mezzi con densità diversa (nelle quali la radiazione luminosa viaggia a velocità comunque differente), ed in questo caso il fronte d'onda si incurva per effetto del ritardo di propagazione dei vari raggi.

La diffrazione: la natura per la quale avviene la difrazione luminosa non è ancora stata dimostrata concretamente, tuttavia si può enunciare che ogni singolo fronte d'onda di un raggio luminoso è ipotizzabile come una sorgente isotropa.

La velocità della luce

La luce si propaga a una velocità finita. Anche gli osservatori in movimento misurano sempre lo stesso valore di c, la velocità della luce nel vuoto, dove c = 299 792 458 m/s. Nell'uso comune, questo valore viene arrotondato a 300 000 km/s.

La velocità della luce è stata misurata molte volte da numerosi fisici. Il primo tentativo di misura venne compiuto da Galileo Galilei con l'ausilio di lampade oscurabili ma la rudimentalità dei mezzi disponibili non permise di ottenere alcun valore. La migliore tra le prime misurazioni venne eseguita da Olaus Roemer (un fisico danese), nel 1676. Egli sviluppò un metodo di misurazione, osservando Giove e una delle sue lune con un telescopio. Grazie al fatto che la luna veniva eclissata da Giove a intervalli regolari, calcolò il periodo di rivoluzione della luna in 42,5 ore, quando la Terra era vicina a Giove. Il fatto che il periodo di rivoluzione si allungasse quando la distanza tra Giove e Terra aumentava, poteva essere spiegato assumendo che la luce impiegava più tempo a coprire la distanza Terra-Giove, ipotizzando quindi, una velocità finita per essa. La velocità della luce venne calcolata analizzando la distanza tra i due pianeti in tempi differenti. Roemer calcolò una velocità di 227 326 km/s.

Albert A. Michelson migliorò il lavoro di Roemer nel 1926. Usando uno specchio rotante, misurò il tempo impiegato dalla luce per percorrere il viaggio di andata e ritorno dal monte Wilson al monte Sant Antonio in California. La misura precisa portò a una velocità di 299 796 km/s. Questo esperimento in realtà misurò la velocità della luce nell'aria. Infatti, quando la luce passa attraverso una sostanza trasparente, come l'aria, l'acqua o il vetro, la sua velocità c si riduce a v=c/n (dove n è il valore dell'indice di rifrazione del mezzo) ed è sottoposta a rifrazione. In altre parole, n = 1 nel vuoto e n > 1 nella materia. L'indice di rifrazione dell'aria di fatto è molto vicino a 1, e in effetti la misura di Michelson è un'ottima approssimazione di c.

Colori e lunghezze d'onda

Le differenti lunghezze d'onda vengono interpretate dal cervello come colori, che vanno dal rosso delle lunghezze d'onda più ampie (minore frequenza), al violetto delle lunghezze d'onda più brevi (maggiore frequenza). Ci preme,

tuttavia sottolineare, che non a tutti i colori puo essere associata una lunghezza d'onda. Spesso questo aspetto non viene sottolineato e si diffonde l'errata convinzione, inconsapevolmente foraggiata anche da immagini come quelle presenti in codesta pagina, che ci sia una relazione biettiva tra un colore e una lunghezza d'onda. In realtà, è vero che ad ogni lunghezza d'onda è associabile un colore, ma non è vero il contrario. Quei colori a cui non sono associate lunghezze d'onda, sono invece generati dal meccanismo di funzionamento del nostro apparato visivo (cervello+occhio). In particolare i coni, cellule della retina responsabili della visione del colore, si differenziano in tre tipi perché sensibili a tre diverse regioni spettrali della luce. Quando, ad esempio, due diverse onde monocromatiche, appartenenti a due regioni diverse di cui prima, sollecitano contemporaneamente l'occhio, il nostro cervello interpreta la sollecitazione come un nuovo colore, "somma" dei due originari.

Le frequenze immediatamente al di fuori dello spettro percettibile dall'occhio umano vengono chiamate ultravioletto (UV), per le alte frequenze, e infrarosso (IR) per le basse. Anche se gli esseri umani non possono vedere l'infrarosso,

esso viene percepito dai recettori della pelle come calore. Telecamere in grado di captare i raggi infrarossi e convertirli in luce visibile, vengono chiamati visori notturni. La radiazione ultravioletta non viene percepita dagli

esseri umani, se non in maniera molto indiretta, in quanto la sovraesposizione della pelle ai raggi UV causa scottature. Alcuni animali, come le api, riescono a vedere gli ultravioletti; altri invece riescono a vedere gli infrarossi.

Caratteristiche del progetto

Il luxmetro dovrà indicare il livello di esposizione alla luce, fornendone il corrispettivo valore in lux; per fare ciò è stato utilizzato un componente elettronico chiamato fotodiodo. Il fotodiodo è un particolare tipo di diodo avente un' estesa superficie di giunzione incapsulata in un contenitore trasparente; i fotoni incidenti sciolgono i legami di alcuni elettroni con gli atomi di silicio, provocando la circolazione di una piccola corrente inversa. Utilizzando un fotodiodo BPW34 e consultandone il relativo datasheet si può constatare che presenta una riposta piuttosto lineare, generando ad esempio 10 µA a 100 lx, 100 µA per 1000 lx, sino a raggiungere la saturazione per esposizioni superiori ai 10 klx. E' inoltre interessante notare la risposta in base alle varie frequenze, infatti appare evidente che è maggiormente sensibile alla radiazione infrarossa, mentre per lo spettro visibile si attesta attorno al 40% .

Circuito elettrico

A questo punto si progetterà un adeguato circuito elettronico tale da consentire la misurazione; per fare ciò ho deciso di convertire la corrente inversa del sensore in una tensione per poi rilevarla con un semplice multimetro.

Il circuito che svolge questa operazione fa uso di un operazionale nella seguente configurazione:

Andiamo ora ad analizzarlo per ricavare il valore di tensione presente in uscita.

KCL al nodo

IR – I = 0

Vo – I = 0 Vo = R · I

R

L'operazionale avrà perciò in uscita una tensione proporzionale alla corrente uscente dall'ingresso ( ricordo che il fotodiodo lavora con una corrente inversa ), moltiplicata per un coefficiente uguale al valore stesso della resistenza di feedback.

Per la realizzazione pratica ho scelto un LM358, un doppio OP-AMP ad alimentazione singola ( fra 5 e 15 V ), questo mi permetterà di alimentare il dispositivo con una batteria da 9 Volt.

Per variare la scala di lettura sarà possibile inserire un deviatore per poter selezionare due diverse resistenze di retroazione, inoltre sfruttando il secondo operazionale dell' integrato può essere aggiunto in cascata un inseguitore di tensione preceduto da un filtro passa-basso, ciò eviterebbe di trasferire in uscita eventuali repentine variazioni del segnale utile.

Prima dei morsetti di uscita è stato posto un partitore di tensione costituito da un semplice trimmer da 22 kΩ per poter eventualmente tarare il nostro luxmetro riferendoci ad uno strumento professionale.

Misurazione

Giunti al termine della costruzione dovrà essere compiuta la rilevazione, tenendo conto di quanto detto sinora.

Rivedendo la transcaratteristica del sensore possiamo affermare che 1 µA in uscita corrisponde a 10 lx, ora selezionando la resistenza di retroazione di 10 kΩ si avrà che 1 µA = 10 mV, ovvero 1 mV/lx; posizionando invece il deviatore sulla resistenza da 100 kΩ il rapporto sarà di 10 mV/lx.