Archintreccio

Il progetto Archintreccio nasce da una mia idea di unire le tecniche d’intreccio apprese in ormai 12 anni di pratica della cesteria a quelle di costruzione in terra cruda con l’obiettivo di realizzare una piccola abitazione rurale nel più veloce tempo possibile e utilizzando quasi esclusivamente materiali spontanei locali. Quando all'inizio del 2010 parlati di questa idea che mi ronzava in testa da qualche mese ad una coppia che stava per comprare terra nella mia zona, essi un giorno tornarono e mi chiesero se avevo voglia di costruire una casetta del genere sul terreno che avevano trovato. Naturalmente quale occasione migliore per testare un'idea nuova, allettante e che poteva essere ulteriormente sviluppata! Fu così che nacque nell'agosto successivo uno dei cantieri di autocostruzione in terra cruda più belli e stimolanti al quale abbia mai partecipato.

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Archintreccio 2010 - Una breve presentazione

Arrivi, partenze, fluidità della terra…

Siamo qui da poco, ma siamo arricchiti

dall’eternità di un istante che pulsa

come pulsa questa terra che scorre

tra le nostre mani…

Partenza… Salutare chi si sta scoprendo,

È un dolore pieno di speranza che alla fine

si trasforma in profumato humus di vita

E la vita, ragazzi, è una continua SORPRESA!!

Premessa

Quel 5 settembre mi rimarrà impresso, perché finimmo un cantiere di autocostruzione un po’ matto e un po’ speciale. Quasi una scommessa col proprio istinto da risolvere con un mucchio di terra non indifferente, un migliaio di canne legate con mani dolenti (e qualcuno quando mi leggerà mi manderà di nuovo a quell’altro paese) a mucchi di quindici e una manciata di balle di paglia.

L’idea di una abitazione veloce e facile da costruire e, allo stesso tempo, di qualità mi è venuta in una delle mie profonde riflessioni mentre intrecciavo un cesto. Spesso uso le canne (Arundo donax) per farli e le ho usate anche per fare scaffali, essiccatoi e per il solaio di un tetto. La canna non è così robusta come il bambù, ma questo può essere un vantaggio e soprattutto, a differenza del bambù, ha una crescita annuale che, in termini pratici, vuol dire poter raccogliere ogni anno materiale dallo stesso canneto. Le canne sarebbero servite per costruire la cassaforma circolare a perdere[1] che avrebbe accolto il migliore dei materiali da costruzione per un’abitazione: la terra cruda, la terra che quasi sempre abbiamo sotto i nostri piedi. Inoltre avrebbero sostituito il legno nella struttura a cupola del tetto.

Un giorno parlavo con una coppia di amici di questa idea. Stavano comprando un terreno al di là della valle ai piedi del versante sudoccidentale di Monte Sorbo. Su quel terreno un paio di mezzi muri in pietra rappresentavano quel che rimaneva di un’antica abitazione rurale e, così, poco tempo dopo mi propongono di provare quel tipo di costruzione come prima struttura abitativa. Non me lo faccio ripetere due volte e la sera stessa butto giù una bozza di invito per trovare persone disposte ad aiutarci. La preparazione del cantiere non è stata facile soprattutto per la mancanza di acqua sul posto. Due cisterne da 1 metro cubo che venivano riempite con un’autobotte sono state la soluzione per lavarsi e per bagnare la terra usata per la costruzione. Per la cucina avevamo invece ogni giorno una scorta di 150 litri di acqua di sorgente. Abbiamo sfruttato una pala meccanica per spianare il terreno e per lo scavo del canale di drenaggio, mentre la terra smossa è stata poi usata per le pareti e l’intonaco. Avevamo così sia una base solida da cui partire, visto che non erano previste fondazioni, sia la garanzia di non avere umidità che risale per capillarità lungo le pareti. Dopo tre giorni avevamo la parte interna della cassaforma e il primo strato di quella esterna montate (vedi foto a pag. precedente): eravamo pronti per la prima gettata di terra e paglia, preparata in due vasche realizzate con un telo di plastica e delle balle di paglia come perimetro di contenimento.

I quattro giorni successivi dopo la gettata mattutina preparavamo di nuovo le vasche e montavamo un altro pezzo della struttura esterna.

Il quarto giorno all’interno dell’ultima getta sono stati inglobati dei tronchetti in orizzontale con del filo di ferro che fuoriusciva per offrire un ulteriore sicuro ancoraggio al tetto.

Nel pomeriggio una meritata pausa al mare: la parete circolare era completata!! La costruzione del tetto ha richiesto tre giorni di gestazione per le numerose legature necessarie e per la preparazione del materiale. Nonostante le diverse idee che mi frullavano in testa ho voluto provare quella di una doppia cupola con in mezzo 15-20 centimetri di paglia isolante, e che scarica tutto il peso sulle pareti. L’impermeabilità è garantita da tre teli di plastica legati al bordo inferiore del tetto e protetti successivamente da uno strato di materiale vegetale. Mentre si preparava il tetto si è finito il primo strato di intonaco in terra e paglia e si è preparata la base fatta di pancali sui quali andrà fissato il pavimento in legno. Uno spazio è stato lasciato libero per la costruzione di una stufa per cucinare che si è realizzata a sei mani la mattina successiva. La sua funzione è fondamentale per asciugare le pareti soprattutto se si lavora, come nel nostro caso a estate terminata.

La porta a vetro recuperata ha già la sua sede a misura. Altri punti luce potevano essere aggiunti in fase di costruzione sottoforma di finestre fisse o apribili: li aggiungeremo successivamen-te. L’ultimo giorno di lavoro abbiamo ricoperto a ritmo di dubott’ le balle usate al posto della terra nella parete rivolta a nord (quello che ha determinato il loro utilizzo è stato soprattutto la mancanza di acqua necessaria per l’impasto che in questo modo è stato ridotto di volume) e vicino gli stipiti della porta. Conclusione Questa prima esperienza di archintreccio è stata fantastica innanzitutto per la componente umana che è risultata in un gruppo sempre ben affiatato. L’incantevole cornice del cantiere e la magia dei cerchi (guarniti di scambi di parole, giochi, massaggi, musica e vino) attorno al fuoco hanno fatto dimenticare i disagi di più due settimane di campo all’aperto. Dal punto di vista puramente tecnico si è potuta testare la resistenza dei materiali, le tecniche d’intreccio e di legatura degli stessi, mentre diverse altre piccole soluzioni sono venute alla luce, grazie soprattutto al confronto di gruppo, compresa quella per realizzare in modo semplice una grondaia circolare per il recupero dell’acqua piovana. La tecnica usata è in fase di sviluppo e sicuramente può essere adattata agli altri materiali utili per l’intreccio e reperibili in altri luoghi dove la canna è poco diffusa: tutti i polloni di buon diametro delle seguenti essenze possono servire allo scopo: castagno, nocciolo, frassino, olmo, pioppo, salice e tante altre compreso lo stesso bambù.

Alcune proposte di nuove costruzioni sono arrivate già dai partecipanti al cantiere per cui dalla prossima primavera realizzeremo probabilmente nuovi cantieri, sicuramente uno a casa mia visto che sono anni che sogno una casetta circolare in terra cruda.

Quanta gioia e soddisfazione da questa esperienza conclusasi a ritmo di pizziche, tammurriate e salterello abruzzese suonate dal vivo.

Alla fine, dopo tutti i curiosi del paese vicino, è venuto anche il sindaco ad ammirare quella nuova antica costruzione!

[1] La cassaforma rimane parte integrante della struttura e serve sia per fissare il tetto sia come ancoraggio per l’intonaco in terra cruda

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Archintreccio 2012 - Seconda esperienza di autocostruzione con materiali spontanei

Dopo questa prima sperimentazione fatta nel 2010, questa seconda costruzione porta i miglioramenti nati dagli errori della prima.

Non è stato richiesto nessun permesso di costruzione per i seguenti motivi:

- nessuna legge prevede la tipologia di costruzione che si intende sperimentare; nessuna legge prevede la possibilità di sperimentare nuove tipologie di costruzione;

- nessuna legge dovrebbe vietare il diritto di ogni essere vivente ad avere un’abitazione così come egli stesso la desidera (queste cose accadono solo nella società umana);

- ormai è più che evidente (perlomeno in Italia) che nessun esperto qualificato può garantire con sicurezza la funzionalità e la resistenza della costruzione in caso di calamità naturale; nelle zone terremotate è facile che capiti che le case autocostruite siano quelle più resistenti!

- l’architettura legalizzata ormai ha perso la connessione con l'armonia del Pianeta e con i bisogni dell’uomo, cose che dovrebbero sempre stare alla base di una progettazione edile;

- costruire con criterio può essere alla portata di tutti compreso donne e bambini e questo concerne: la comprensione dei bisogni abitativi, la selezione del luogo, la progettazione ecocompatibile, la scelta dei materiali locali ed ecologici, la gestione del cantiere in sicurezza, la cura dell’aspetto e dell’impatto sociale del cantiere. Tutto questo non può essere realizzato se si sottrae a chi beneficerà dell’abitazione la possibilità di essere coinvolti in tutte le fasi di progettazione/realizzazione. Tutto questo faceva parte del patrimonio dei nostri antenati fino a qualche decennio fa!

Realizzazione

I FASE

Si è conclusa dopo un totale di 14 giornate lavorative la prima fase di costruzione di una casetta circolare in terra cruda e paglia con struttura e cassero di canne intrecciate.

La parete perimetrale lunga circa 16 metri è stata completata per più di 2/3 della sua altezza totale.

Una volta tracciato il perimetro si è stabilita la posizione delle vetrate termoefficienti e della porta creando la struttura lignea che le ospiterà.

La struttura di canne è composta da canne verticali che da sperimentazioni varie conviene posizionare ogni 30 cm direttamente conficcate nella terra. Per fare questo si è proceduto prima a fare un buco con un tubo di ferro del diametro leggermente inferiore a quello delle canne (si sono usate le più robuste). La profondità del buco è di circa 20 cm.

Una volta collocate tutte le canne verticali nel perimetro interno (meno di 40) si è proceduto all’intreccio a terra del cassero.

L’altezza del cassero per la parete interna è stata divisa in due per comodità di realizzazione, mentre la lunghezza è quella totale della parete perciò si è realizzata una stuoia alta 1,25 metri e lunga circa 13,50 metri.

Le canne venivano spaccate nel seguente modo: prima venivano selezionate, pulite delle eventuali ramificazioni e delle cime troppo sottili (non dalle foglie per questioni di tempo) e infine tagliate a misura; quindi si procedeva a batterle su ogni nodo con una mazzetta leggera su un ceppo di legno. Questa battitura permette di aprire dallo spacco principale la canna e renderla quindi piatta.

L’intreccio è quello antico per la realizzazione dei silos per cereali che sicuramente venivano costruiti in Abruzzo e in Sardegna (reperti osservati personalmente) ovvero la canna appiattita passa sopra due e sotto due e questo passaggio viene sfalsalsato di una canna perpendicolare ad ogni passaggio. Il risultato finale è un intreccio molto robusto che presenta la classica spina di pesce.

Una volta impratichite le mani 3 persone con il materiale pronto possono realizzare 1 metro d’intreccio ogni 10-15 minuti. Noi procedevamo con un gruppo di almeno due persone che preparava le canne (una al taglio ed una alla battitura) ed un gruppo di 3 che intrecciava. Nella migliore giornata quando il gruppo era più consistente si è intrecciato ad entrambe le estremità. All’inizio è anche più facile tagliarsi con le canne, ma poi s’impara a trattarle “con dolcezza” ed anch’esse diventano meno burbere.

L’intreccio parte con almeno 4 canne spaccate di quelle trasversali che determinano l’altezza del cassero. Su queste vengono inserite le canne longitudinali di varia lunghezza (infatti sono canne intere dritte alle quali è stata solo tolta la punta) fino a coprire tutta l’altezza dell’intreccio. Quindi si cambia posizione e si comincia l’intreccio vero e proprio infilando sulle canne longitudinali quelle trasversali.

L’intreccio a spina di pesce è preferibile ad una tessitura semplice perché in questo modo le canne possono essere serrate bene le une contro le altre dato che la curva che fanno è molto più dolce.

Dei cordini trasversali venivano messi ogni metro circa per evitare che le canne longitudinali alle estremità potessero uscire, mentre all’inizio e alla fine della stuoia/cassero l’intreccio veniva bloccato con una canna spaccata in due le cui metà venivano posizionate una sopra ed una sotto l’intreccio e legate poi con filo di ferro da carpentiere (per tutto il cantiere 15 bobbine sono necessarie).

La parete intrecciata così ottenuta veniva quindi presa contemporaneamente da tutti e portata in sede dove veniva fissata alle canne verticali con altre posizionate in diagonale che coprivano la distanza di almeno 6 canne verticali. Il cassero veniva a trovarsi tra le canne verticali e quelle in diagonale. Le legature tra le canne verticali e quelle in diagonale veniva fatta con filo di ferro da carpenteria. Le canne diagonali vanno legate a tutte le canne verticali.

Le estremità del cassero sono chiuse con canne intere legate con cordino di nylon e poi rese rigide sul piano con canne spaccate trasversali e legate con filo di ferro.

Questa stessa tecnica è stata utilizzata per la realizzazione del telaio della finestra posizionato nel cassero, conficcato nella parte di muro già realizzato e tenuto verticale da canne passanti ficcate dall’esterno del cassero fin oltre l’interno di questo.

Una volta realizzata la parete interna del cassero si sono infilate le canne verticali esterne (circa 40) e si è realizzato il primo strato di stuoia/cassero esterno alto 70 cm. Questo è stato legato con canne diagonali e poi si è proceduto a riempire di terra e paglia nel seguente modo: la terra è sta fresata finemente col motocoltivatore (di mia nonna, più vecchio di me!!), poi messa in carriola con la pala e a strati alternati con la paglia e quindi bagnata. La carriola veniva poi svuotata direttamente nel muro dove veniva battuta in maniera non troppo vigorosa.

Una gettata intera richiederebbe una giornata di lavoro con 10 persone (ci siamo riusciti anche in 8, ma lavorando duramente!).

Finita la prima gettata si è realizzata la seconda parte della parete esterna; montata e riempita nuovamente.

La terza parte è stata realizzata e non riempita.

Il gruppo è stato di numero variabile tra le 4 e le 8 persone costituito in maggioranza da donne con l’intervento sporadico di qualche ragazzino.

II FASE

Si è conclusa la seconda fase del cantiere Archintreccio. La partecipazione è stata piuttosto ridotta, perciò ho deciso di eseguire una terza ed una quarta fase ad agosto, dal 6 al 12, e a settembre, dal 25 al 4 ottobre.

Con la seconda fase abbiamo completato il muro perimetrale, fatto il primo strato di intonaco esterno e iniziata la struttura del tetto.

La III fase prevede la realizzazione del tetto in terra e paglia rinforzata con la struttura di canne. Se vi sono abbastanza partecipanti da andare velocemente provvederemo anche alla realizzazione del primo strato dell'intonaco interno e della pavimentazione in legno con vespaio riempito di bottiglie.

III FASE

Si è conclusa la terza fase del Cantiere Archintreccio con la realizzazione quasi totale del tetto. Dopo aver creato una struttura di canne a forma di cono e con una pendenza di almeno 40 gradi necessaria alla realizzazione del tetto di cannuccia, si è messa la terra attorno a questa da fuori e da dentro. Il lavoro si è svolto con 3, 4, a volte 5 partecipanti/aiutanti. Una volta preparati gli impasti di terra e paglia (di solito 5-7 foche) due persone caricavano le carriole, davano forma a dei massoni e li lanciavano al sottoscritto che stava in bilico sul tetto con un piede sulla scala e l'altro sul tetto in formazione. Procedevo quindi alla messa in opera mentre un'altra persona da dentro completava la gettata.

Si procedeva per 50-60 cm alla volta ed è stato necessario attendere a volte una mezza giornata in più per permettere alla terra di indurire e quindi rendere il tetto più stabile per poter procedere con lo strato successivo. Un grazie particolare a tutte le persone che fino ad ora hanno sostenuto il progetto e il sottoscritto mettendosi in gioco con tutte le proprie forze, rimanendo a fine giornata coperti di terra, con le mani piene di taglietti e le braccia stanche dei vari lanci e passaggi di fango e paglia.

Sono stati lasciati dei fili di ferro attaccati alle canne e rivolti verso l'esterno per creare degli ancoraggi per la futura struttura che sosterrà il tetto di cannuccia.

Il 26 agosto sarò a Pembokshire, Galles, dove mi aspetta Alan Jones, esperto nella copertura di tetti in cannuccia. Il suo sito: http://www.thatchingwales.co.uk/. Si è dimostrato disponibile ad insegnarmi questa tecnica ed io mi sto preparando al meglio visto che dovrò in 3-4 giorni riuscire a carpire il massimo di quello che si impara in anni di pratica! Una bella sfida!

IV FASE

Mentre portavo l'ultima secchiata di terra per finire il tetto una grande soddisfazione è nata dentro di me. Vista dall'interno, immaginando dove avrei dormito tra qualche mese (la casetta non è ancora finita), pensavo: "Questa si che è proprio una tana a dimensione umana! Rassomiglia ora un po' ad una grotta, un po' ad una tana scavata nella terra. Dietro di me il panorama goduto dall'apertura triangolare a nord-est mi fa sognare...

Ma non dura molto, so che non devo perdermi nell'immaginazione ché per quella c'è tempo mentre la terra è lì sul telo di plastica che mi aspetta per essere lavorata e messa in posa. Quel telo di plastica, non posso proprio crederci, è ancora lì ad essermi utile dopo che l'ho utilizzato per almeno 6 anni per costruire l'altra casetta in terra cruda, la terza, ma questa è un'altra storia che racconterò in un capitolo a parte.

Il segreto è proprio lasciare la plastica sporca di terra, in questo modo i raggi ultravioletti non la danneggiano e si è in grado così di far durare quel irrisorio investimento ancora per un po', ancora forse per un'altra casetta!

Questa quarta fase non ha avuto un inizio né una fine. Ormai come si suol dire il grezzo è stato compiuto con l'aiuto di amici, volontari stranieri e italiani che mi hanno contattato tramite i siti: Couchsurfing, Staydu, Workaway e Helpexchange e tutto il lavoro procederà al passo di ogni giorno a seconda di chi verrà a condividere il momento, le sensazioni di mettere le mani nella terra e di scolpirla secondo un istinto che riemerge non appena si inizia a lavorare questo prezioso elemento.

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