Vita di San Teodoro d'Amasea

Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode (Salmo 34 (33)

Teodoro, originario dell’Oriente, dopo essersi arruolato nell’esercito romano venne trasferito con la sua legione nei quartieri invernali di Amasea, nel Ponto, al tempo dell’imperatore Galerio Massimiano (305-311).

A seguito della promulgazione di un editto anticristiano, che prescriveva l’obbligo, anche per i soldati, di compiere sacrifici alle divinità pagane, il giovane Teodoro, che sin dalla nascita era seguace della dottrina cristiana, si rifiutò di adempiere al decreto nonostante le sollecitazioni del tribuno e dei suoi compagni d’armi. I suoi superiori, per un atto di clemenza, gli concessero del tempo per riflettere: egli, al contrario, approfittò di questa pausa per incendiare il tempio della dea Cibele, la Grande Madre degli dèi, che sorgeva nel centro della città di Amasea, nei pressi del fiume Iris.

Ricondotto l’imputato in tribunale, i giudici decisero di indurlo all’apostasia con l’offerta di un pontificato pagano; offerta che fu subito sarcasticamente respinta. I magistrati ordinarono che Teodoro venisse torturato sul cavalletto e che poi fosse condotto in prigione a morire di fame e di sete. Mentre i carnefici gli straziavano le carni, Teodoro pregava intonando il verso d’inizio del Salmo 34 (33): «Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca sempre la sua lode». Rinchiuso in carcere, durante la notte ebbe celesti e confortanti visioni, le cui luci abbaglianti intimorirono i presenti. La sentenza lo condannò a essere bruciato vivo.

Il suo martirio si compì, secondo i Sinassari bizantini, il 17 febbraio, probabilmente in un anno compreso tra il 305 e il 311 d.C.

Le notizie sulla vita di Teodoro sono tratte da un discorso pronunciato da san Gregorio di Nissa nella basilica del santo a Euchaïta (in Asia Minore), eretta, già nel IV secolo, sul luogo dove sorgeva il suo sepolcro.

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