Sei mesi in guerra sulle dolomiti

Giovanni De Donà - Bruno Marcuzzo - Walter MusizzaIL FRONTE CADORINO NELL’OBIETTIVO DEL MAGGIORE MEDICO UGO CERLETTIINDICEPRESENTAZIONEPREFAZIONEUn medico e tanto altro Il fronte cadorino tra luglio 1916 e gennaio 1917 Il Maggiore Medico Cerletti in Val d’AnsieiIl sistema sanitario militare in Cadore durante il conflittoGli ospedali di Auronzo e il Col. MaroccoLa chiesetta della Val Marzon e il suo cappellanoLa spoletta differita e i primi esperimenti ad AuronzoIl momento opportuno, ovvero la filosofia di uno scoppioCerletti fotografo di guerra, e non soloL’esilio sotto le Tre Cime del Generale Moris

Istantanee dal fronte

Istantanee dalle retrovie

La giustizia militare e una grazia finita sotto la neve

Lo scorbuto d’alta quota

BIBLIOGRAFIA

PRESENTAZIONE

Il 2014 rappresenta un anno importante per tutta l’umanità, un momento di condivisione e di riflessione per ricordare nel centenario dell’inizio della Grande Guerra le molte vittime, il dolore e la sofferenza di quei terribili anni del primo conflitto mondiale. Le nostre montagne, le Dolomiti, riconosciute nel 2009 Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco per la loro bellezza ed unicità, furono uno dei teatri di questa lotta immane. Proprio tra queste cattedrali di roccia correva il fronte dolomitico, che vide combattere truppe di tante nazionalità diverse e sul quale molte giovani esistenze vennero sacrificate, seminando lutti nelle famiglie e desolazione nella vita delle grandi città come dei piccoli paesi. La Val d’Ansiei, Misurina, le Tre Cime di Lavaredo, il Monte Piana e tutte le montagne circostanti, sono la testimonianza di ciò che avvenne durante la Grande Guerra, rappresentano parte della nostra storia, delle nostre radici. Per comprendere e capire chi siamo è fondamentale rivolgere lo sguardo al passato e conoscerlo, per capire e soprattutto non dimenticare. Fu una guerra combattuta su un terreno aspro e difficile, con temperature proibitive, in condizioni atmosferiche ostili, con migliaia di giovani chiamati alle prove più dure, destinati a divenire con i loro stessi sacrifici i veri protagonisti di una delle pagine più tristi della storia. Il dottor Ugo Cerletti ha vissuto in Val d’Ansiei una singolare, seppur breve, esperienza umana e professionale, e questo libro, grazie al racconto del suo lavoro e alla sua grande passione per la fotografia, rappresenta per tutti noi l’opportunità di capire l’uomo e il suo tempo, condividendo con lui visioni, emozioni e sentimenti, ma soprattutto godendo di scorci e prospettive davvero inusuali.

A nome di tutta l’Amministrazione Comunale di Auronzo di Cadore desidero esprimere un ringraziamento di cuore al prof. Walter Musizza, a Bruno Marcuzzo e a Giovanni De Donà, che con grande passione, professionalità e impegno ci permettono di scoprire e leggere testimonianze legate al nostro territorio, al ruolo e all’importanza di Auronzo e di Misurina durante la Grande Guerra.

Nell’auspicio che queste tremende pagine di storia non abbiano più a ripetersi e che il mondo possa avere finalmente davanti a sé un futuro di pace e serenità, risulterà comunque importante per tutti noi rivolgere lo sguardo indietro, guardare al passato per riflettere e crescere senza dimenticare.

L’Assessore alla Cultura, al Turismo e all’Istruzine e Vicesindaco del Comune di Auronzo di Cadore

Anna Vecellio del Monego.

Un medico e tanto altro.

Ugo Cerletti era il secondo dei tre figli di Giovanni Battista, uomo di spicco nel campo delle discipline agrarie di fine ‘800 e pioniere della bonifica dell’Agro Romano. Nel 1876 aveva fondato la prima scuola italiana di enologia e viticoltura a Conegliano, centro di didattica e ricerca intorno a cui gravitarono scienziati di vaglia, come G.B. Grassi o il botanico G. Cuboni, quest’ultimo destinato a divenire una figura di riferimento importante per Ugo, nato nel 1877. Fu lui infatti a gettare le basi della cultura del giovane, in cui la componente umanistica universale si accompagnava al rigore scientifico “leonardesco”.

Nel 1886 la famiglia si trasferì a Roma e qui Ugo compì gli studi classici. Egli si iscrisse poi alla facoltà di medicina, prima a Torino e poi a Roma, dove insegnavano Giovanni Mingazzini e Ezio Sciamanna, docenti di neuropatologia il primo, di psichiatria il secondo. Già in questi anni iniziò a trascorrere dei periodi all’estero, ad Heidelberg presso la clinica psichiatrica universitaria, sotto la guida di Franz Nissl e Emil Kraepelin, importanti neuropatologi di livello internazionale.

Laureatosi a Roma nel 1901, divenne subito assistente della clinica universitaria della capitale e in seguito aiuto. Continuò peraltro a mantenere stretti contatti con la Germania e con i colleghi Bonfiglio e Perusini, coi quali creò quella che fu definita la costola italiana della scuola tedesca. Contemporaneamente cominciò a portare avanti ricerche sul gozzo-cretinismo, cui si dedicò fino alla morte.

Fervido interventista, si fece volontario allo scoppio della prima guerra mondiale e divenne Capitano medico delle truppe alpine, nella prima centuria d’assalto “Valtellina”, nel settore Ortles – Cevedale, che aveva già conosciuto quale grande appassionato di montagna.

Proprio questa sua frequentazione giovanile e lo studio delle posizioni dei due eserciti contrapposti lo portarono ad osservare come l’emiciclo della linea austroungarica sarebbe risultato esposto ai tiri d’artiglieria se solo si fosse riusciti a portare in quota dei cannoni con il necessario munizionamento. Di queste sue considerazioni inviò rapporto dettagliato al comando, prospettando nel contempo la possibilità di costruire all’uopo un’apposita strada, che fu poi effettivamente realizzata.

Applicò inoltre i suoi studi sul mimetismo facendo adottare già nel settembre del 1915, ai suoi alpini, la divisa mimetica da neve.

Promosso Maggiore, venne trasferito ad Auronzo anzitutto per allontanarlo, come egli stesso sospettava, da un settore in cui si era dimostrato fin troppo intraprendente, suscitando non pochi imbarazzi e gelosie nel compassato e cinico ambiente degli ufficiali di carriera.

Ma nemmeno in Val d’Ansiei trovò pace la sua fervida mente, tanto più che vi giunse già con un’altra idea. Come leggeremo anche in questa pubblicazione, tra i boschi e le crode del Cadore inventerà le spolette a scoppio differito.

Dopo la Grande Guerra, il suo carattere propositivo lo portò a schierarsi con la rivoluzione fascista, ma in breve l’illusione venne frustrata dall’esigenza del regime di imporre un’assoluta compattezza di vedute e di marginalizzare quanto più possibile il dissenso.

Il suo punto di vista sulla razza, sull’eugenetica e anche sulla laicità dello stato, non si palesavano certo allineati alle vedute del regime. L’abbandono dell’illusione era completo già nel 1925, quando lasciò la direzione dell’istituto neurobiologico A. Verga di Mombello (Milano), per assumere la cattedra presso l’Università di Bari, dove fondò e diresse la clinica dell’Università.

Nel 1928 si spostò all’Università di Genova e qui continuò ad insegnare ed effettuare ricerche sull’epilessia.

Nel 1935, sposato e con due figli, Paolo e Margherita, Cerletti ritornò a Roma per salire sulla cattedra di neuropsichiatria all’Università della capitale, incarico che gli permise di portare avanti i suoi studi sulle convulsioni indotte. In collaborazione con Lucio Bini, nell’aprile 1938, applicò per la prima volta una convulsione elettrica a un uomo.

Inizialmente destinato alla cura della schizofrenia, il trattamento fu utilizzato da subito anche per le sindromi maniaco-depressive, per le quali divenne terapia comune. Cerletti non volle però porre brevetti sul sistema, fermamente convinto che ciò che si era scoperto non fosse la soluzione, ma solo una strada per trovare la vera soluzione. Egli ipotizzava infatti che, sottoponendo il cervello all’estremo cimento dato dall’Elettroshock, si producessero in esso sostanze di estrema difesa, o comunque altamente vitalizzanti, capaci di resettare lo stato mentale, ed inoltre che queste sostanze, se iniettate al paziente, potessero avere effetti terapeutici simili a quelli dell’Elettroshock. Le volle chiamare Acroagonine (dal greco ἄκρος e ἀγών, ovvero “estrema difesa o lotta”). Era necessario - e lui era il primo a riconoscerlo - approfondire e lasciare aperta la ricerca.

L’Elettroshock si diffuse rapidamente in tutto il mondo, anche grazie al graduale perfezionamento della tecnica e all’adozione di farmaci da usare in combinazione con esso.

Cerletti ottenne dal CNR l’istituzione di un centro di studio per la fisiopatologia dell’Elettroshock e gli anni Cinquanta costituirono per lui l’apice della carriera.

Grande Ufficiale al merito della Repubblica, Stella d’Oro della scuola, Medaglia d’Oro al merito della Sanità Pubblica, emerito di psichiatria dal 1953, presidente della Società Italiana di Psichiatria dal 1946 al 1959, fu nominato membro onorario di moltissime accademie scientifiche europee e americane. Le Università di Parigi, San Paolo, Rio de Janeiro e Montreal gli conferirono la laurea honoris causa. Fu pure candidato al Nobel per la Medicina.

Ma se il mondo accademico gli tributava onori, nello stesso tempo prendevano sempre più forza le critiche sollevate nei confronti della psichiatria, sia dal punto di vista clinico, sia soprattutto da quello etico. I movimenti anti psichiatria fecero dell’elettroshock uno dei bersagli principali della loro critica, associandolo all’immagine negativa che l’uso improprio di questa metodica andava costruendo. Ma oggi non è possibile che si possa continuare a confondere comportamenti sbagliati e risultati scientifici, con una visione superficiale e generalista, o, per meglio dire, strabica, che continui a glissare sui risultati terapeutici ottenibili.

Una recente, preziosa, ricerca, riassume così la figura di quest’uomo: “... scienziato italiano dimenticato, le cui ricerche hanno orientato in modo decisivo la storia della psichiatria internazionale. Un uomo fortemente contestato... responsabile di un’eredità difficile, cui si deve tornare, senza pregiudizi, a discutere”. ( R. Passione, “Il romanzo dell’Elettroshock”, ed. Aliberti Studi, Reggio Emilia, 2007.)

Eclettico per formazione e acuto osservatore, fu fermo assertore del valore aggiunto dato dall’incrocio di competenze diverse rispetto allo studio scientifico. Perfetto oratore e docente, grande narratore, scrisse due romanzi. Il primo, “Scoppio Differito” , ( Ripubblicato con note ed approfondimenti in “Scoppio Programmato. Ugo Cerletti”, a cura di Bruno Marcuzzo, ed. Gaspari, Udine, 2006.) è la storia dell’invenzione delle spolette differite durante la Grande Guerra, di cui in questo libro troveremo una parte dell’affascinante avventura, e “L’elettroshock” , dov’è narrata la storia della scoperta medica. (U. Cerletti, “L’elettroshock”, estratto dalla Rivista Sperimentale di Freniatria, LXIV [1940] e “Scritti sull’elettroshock”, Roma, 1935.)

Cerletti si spense il 25 luglio del 1963, assistito dalla moglie Etta Marzolo e dai figli Paolo e Margherita, ed oggi riposa a Chiavenna.

Come ordinarlo