Lo scoppio differito di Cerletti

IL MOMENTO OPPORTUNO, OVVERO LA FILOSOFIA DI UNO SCOPPIO

Dal libro "Sei mesi in guerra sulle dolomiti" di De Donà, Musizza e Marcuzzo

Le armi, come tutte le cose, si costruiscono in base alle esigenze.

A volte le esigenze sono intuizioni preziose.

Girando lungo le linee e tra le retrovie, Cerletti aveva osservato come molti proietti restassero disseminati nel terreno inesplosi. Come chiunque, in presenza di ordigni, era rimasto preso dall’inquietudine a fronte dell’eventualità della loro improvvisa esplosione. Una paura cieca, irrazionale, data dall’ignoranza del funzionamento e per contro dalla conoscenza degli effetti di cui gli ordigni sono capaci.

Gli studi sul comportamento dei soldati avevano sottolineato come, la tensione protratta ne erodesse la capacità di pensare lucidamente, lasciando nel tempo, sempre più spazio agli automatismi della sopravvivenza. Cosa sarebbe successo se si fosse riusciti a sfruttare quella paura facendo sentire perennemente insicuri gli uomini delle opposte trincee? Una nuova applicazione capace di mantenere in tensione gli uomini dilatando il tempo in cui sono esposti al rischio avrebbe sicuramente logorato il nemico rendendolo più debole.

Continuando a ragionare su questa nuova applicazione, il nostro si era chiesto quali fossero i momenti opportuni per far scoppiare gli ordigni, potendoli decidere. Ed ecco che un mondo di opportunità si era aperto nella sua mente.

Fino ad allora l’uso di ordigni era stato legato allo spazio, non al tempo.

Portare l’esplosione sull’obiettivo era la condizione essenziale per l’efficacia dell’artiglieria. Che l’esplosione fosse comandata all’arrivo per mezzo di spolette a percussione o dopo un certo percorso per mezzo di spolette a tempo, quel che contava era sempre e solo lo spazio percorso.

Noi percepiamo il tempo come successione di momenti, dove il presente è il ricordo dell’immediato passato, e l’anticipazione dell’immediato futuro.

Per esempio: ho lanciato, ora che serve, un ordigno e subito dopo, ne ho l’esplosione efficace. Non esiste il quando che è ora, ma solo il dove.

Cerletti introduce l’uso di una dimensione nuova: il tempo.

Questa è l’importanza del suo lavoro, non tanto il sistema per ottenere il differimento, che oggi è agevolmente sostituito da un chip, quanto la visione di un diverso modo di pensare l’uso di ordigni.

Già all’epoca, come sempre incompreso, aveva cominciato a elaborare applicazioni pratiche al suo trovato e le aveva elencate e minuziosamente descritte. Quanto ora riportiamo è la sintesi di quanto si trova tra le sue carte.

- Preparazione. A fronte di un attacco è utile impedire al nemico di mettere in opera azioni di difesa e reazione. Per far questo sono studiati a tavolino precisi piani d’azione. Ogni arma ha i rispettivi obbiettivi e scopi d’intervento. Potendo scagliare nel tempo una grande quantità di proietti, che esploderanno poi nell’intervallo desiderato, posso assolvere con cura e senza la concitazione del combattimento alle necessità previste.

- Disimpegno. Di più, avendo fatto un’adeguata preparazione, a seconda delle esigenze dello scontro, posso rimodulare il fuoco facendo fronte alle esigenze che insorgeranno nel momento.

- Moltiplicazione. Se il caso lo chiede, posso altresì ordinare alle armi, libere da incombenze, la ripresa dell’azione, ottenendo così un risultato pari alla moltiplicazione delle forze in campo.

-Intensificazione del tiro. Nel caso serva portare sull’obbiettivo una grande quantità di ordigni per provocare un annichilamento o una densa nube di gas, posso organizzare dei lanci predisponendo a scalare la latenza di scoppio in modo che le esplosioni siano poi simultanee.

- Puntamento. All’epoca il puntamento notturno era impreciso. La soluzione proposta era di posizionare sugli obbiettivi degli ordigni incendiari o comunque luminosi che sarebbero scoppiati nelle ore opportune ad indicare le posizioni da colpire.

- Paralisi operativa Ricevendo ordigni che scoppieranno in seguito, il nemico sarà costretto a abbandonare la zona fino a che il pericolo non sarà passato; ma quando sarà passato il pericolo? Questo espediente può essere usato semplicemente nel tiro di interdizione, fino ad indurre il blocco di interi settori o vie di rifornimento.

- Sicurezza. Le spolette danno garanzia di funzionamento. Inserendole anche negli ordigni ordinari, si ha la certezza che questi porteranno a termine comunque il loro compito, azzerando le percentuali di mancato funzionamento, ottenendo il massimo rendimento dalle azioni e recuperando il costo dell’arma che altrimenti sarebbe perduto.

- Coercizione. Dissemino di ordigni differiti il territorio che voglio prendere. Il nemico non può disinnescarli e non sa quando esploderanno. Per salvarsi sarà costretto ad abbandonare le zone. Conoscendo i tempi in cui gli ordigni porteranno a termine l’azione sul territorio ormai vuoto, posso occuparlo senza rischio.

Negli anni lo scoppio differito è stato erroneamente paragonato alla mina. In realtà l’azione delle mine non è legata al tempo ma alla prossimità dell’obbiettivo, esse impiegano il tempo in modo infinito. Il pericolo generato da un campo minato è perenne, come la percezione dell’insicurezza. Come per le spolette di prossimità dette anche a tempo variabile, l’innesco non è legato al tempo ma alla prossimità dell’obbiettivo.

Il tempo è una variabile indefinita, ancora una volta si fa fede allo spazio.

La bonifica dei territori di guerra resta un grande problema anche a distanza di anni dalla fine dei conflitti. Eppure già all’epoca Cerletti aveva la soluzione pronta. Se ogni ordigno o in particolare mina avesse avuto anche una spoletta differita, a distanza di tempo non ci sarebbero ordigni inesplosi.

Basta definire prima dell’impiego un tempo massimo di vita utile dell’ordigno, alla fine del quale questo si auto distruggerà. Pensate alle nuove generazioni di mine che ora funzionano di modo che, interi campi minati si distruggono a comando. Se ci fossimo impegnati nello sperimentare l’idea di Cerletti, non avremmo dovuto affrontare tutti i costi economici e sociali di bonifica.

Ma questo non è solo il primo degli errori commessi.

Pur essendo state adottate, le spolette differite del Cerletti non arrivarono al fronte in tempo per essere impiegate dall’Esercito Italiano. Durante la seconda guerra mondiale Americani ed Inglesi copiarono l’idea e la impiegarono con bombe d’aereo. Sganciate assieme ad altre dotate di spolette ad impatto, se ne stavano a riposo fino a quando la paura era passata per poi senza preavviso imporre il terrore. Il bombardamento tattico sconfinava in quello strategico. Ma se il bombardamento fosse stato fatto solo con bombe dotate di spolette differite, cosa sarebbe successo?

In realtà, se ci trovassimo sotto una pioggia di simili bombe, sapremmo che queste non hanno motivo di esplodere immediatamente e che ci resta il tempo di scampare al pericolo, rifugiandosi in zona sicura. Saranno ottenuto gli effetti di distruzione e interdizione desiderati, senza aver coinvolto civili.

Anche quando voglio prendere una zona (coercizione) impiegando degli ordigno differiti, posso lasciare il tempo al nemico di salvarsi, per poi occupare la zona quando so che il pericolo è cessato.

Nel copiare l’idea, gli Alleati e chi dopo di loro usò il sistema Cerletti, omisero di copiare anche i sistemi di sicurezza che garantivano l’inizio della temporizzazione, in pratica la certezza che la bomba sarebbe comunque esplosa. La conseguenza è che quando si rinvengono tali ordigni inesplosi, non si ha nessuna garanzia del loro comportamento rendendo rischiose e complicate le attività di bonifica.

Come l’Elettroshock per la psichiatria, Cerletti ha dato al mondo militare una visione nuova e uno strumento per sperimentarla. Il mondo militare ha ritmi di assorbimento lenti e si ha la sensazione che abbia letteralmente sorvolato tutta la faccenda e ad oggi non si sia ancora soffermato sulla “dimensione tempo” , lasciandola inesplorata.

Strano che proprio un medico, dotato pure di sensibilità come era il Cerletti, si sia dedicato a rendere più efficace un’arma. Bisogna tornare nell’epoca di cui si tratta, per capire come, una volta in guerra, un buon sistema per farla finire in fretta fosse avere le armi migliori. Con il senno di poi, si possono fare molte considerazioni, ma a chi l’ha combattuta, al fronte o tra i tavoli di un laboratorio, non è possibile dire: “Hai fatto una scelta sbagliata”.

Le armi dal canto loro, non sono stupide o intelligenti; lo sono le intenzioni che sono loro preordinate.