Lucia Falzoni 5E, Lucia Minozzi 4B
Giornata FAI d’Autunno: esperienza da apprendisti Ciceroni
Durante le giornate organizzate dal FAI, molti studenti, provenienti dalle scuole di Modena e provincia, hanno avuto la possibilità di partecipare attivamente come guide turistiche, accompagnando i visitatori in luoghi storici e artistici modenesi generalmente chiusi al pubblico. L’evento, promosso dal Fondo Italiano per l’Ambiente, ha l’obiettivo di valorizzare i beni culturali a livello nazionale anche con l’aiuto di giovani apprendisti Ciceroni.
Quest’anno la nostra scuola ha avuto il privilegio, insieme al Liceo Meucci di Carpi e il Liceo Guarini, di poter presentare il nostro meraviglioso Palazzo Ducale, oggi sede dell’Accademia militare.
I nostri studenti provenienti da diverse classi al fine di essere preparati al meglio a tale esperienza, hanno partecipato ad un incontro organizzativo per spiegare quale sarebbe stato l’itinerario e i punti fondamentali da affrontare durante le visite. Oltre a ciò, i ragazzi, la settimana prima dell’evento, hanno potuto compiere un sopralluogo per conoscere ancora meglio gli spazi che avrebbero presentato e le regole da seguire e da far rispettare ai visitatori per una convivenza serena con gli stessi abitanti dell’Accademia.
I ragazzi sono stati impegnati nelle giornate del 11 e del 12 ottobre circa dalle 8:30 di mattina alle 18:00 di pomeriggio alternando i turni con le altre due scuole presenti. Il percorso durava all’incirca 45 minuti e comprendeva la visita del cortile Torino, il museo storico dell’Accademia e le sale di quello che fu il palazzo ducale.
Le due giornate hanno impegnato gli studenti in modo che avessero le visite alternate a momenti liberi chi più e chi meno.
L’esperienza si è rivelata estremamente significativa sotto l’aspetto culturale e formativo per gli studenti. Infatti mettersi alla prova come apprendisti ciceroni, ha permesso di sviluppare competenze comunicative, organizzative e gestionali, senso di responsabilità, e un certo spirito di collaborazione. I ragazzi inoltre hanno avuto modo di incontrare e conoscere nuove persone non solo all’interno della stessa scuola, ma anche con le altre scuole e i volontari dell’evento.
Quindi è stata un’occasione di grande valore per avvicinarsi al patrimonio culturale locale e per svolgere un ruolo attivo nel suo racconto.
Anna Pantusa, 5B
Milioni di lavoratori invisibili si muovono nella "pancia" dell'intelligenza artificiale.
10 dollari a settimana. 10 ore davanti ad uno schermo ogni giorno. Questa è diventata la vita di giovani data worker tra Africa, Asia e Sudamerica.
Il regista francese Henri Poulain con il suo documentario "In the belly of AI" distrugge l'illusione di un'intelligenza artificiale astratta ed ideale. A migliorare costantemente le performance dell'IA e a moderarne contenuti violenti sono giovani, compresi nella maggior parte tra i 18 e i 30 anni, che vedono in tale impiego l'unica offerta lavorativa possibile.
Henri Poulain incontra gli operatori digitali e li intervista, portando la loro voce al mondo che tenta di ignorarli.
Faustine Makira, ex data worker che vive a Nairobi, racconta di essersi licenziata dopo aver trascorso gli ultimi tre anni a visionare quotidianamente scene di stupri, omicidi, violenze su minori. Allenava l'IA a segnalare agli utenti tali contenuti. Ora si sveglia di notte, non riesce a dormire per gli incubi. Segue un percorso di terapia perché ancora soffre di stress e ansia. "Sono caduta in depressione e mi sono dimessa. Oggi ho una clausola di riservatezza che mi impedisce di citare l’azienda per cui lavoravo. Se la infrango, rischio dieci anni di prigione”.
Nel documentario il suo viso è oscurato: i contratti di lavoro dei data worker impongono loro assoluto silenzio. Non possono dire nulla, né comunicare tra loro.
Il regista francese ha presentato la propria opera al Dig festival, permettendo a centinaia di studenti di conoscere la realtà che si cela dietro all'IA.
Un'occasione unica per riflettere sull'utilizzo sfrenato di queste tecnologie che si sviluppano sullo sfruttamento di milioni di lavoratori.
Sara Ferri, 5B
Anche quest’anno alcune classi del nostro liceo hanno partecipato al Dig, festival del giornalismo investigativo.
Giovedì 25 settembre, presso il cinema Astra, alcuni studenti hanno assistito ad un’interessante inchiesta sulle curve dello stadio milanese Meazza intitolata “Milano siamo noi”. Il report, effettuato dal giornalista modenese e presidente del Dig Alberto Nerazzini, ripercorre tutte le complesse vicende che si nascondono dietro le curve di Milan e Inter, tra associazioni mafiose e ideali neo nazisti.
A partire dall’omicidio di Antonio Bellocco, ultrá interista, ucciso dal capo della curva Nord Andrea Beretta, il report intreccia le storie mafiose che si nascondono dietro ciò che apparentemente dovrebbe essere un luogo di ritrovo, di festa, di tifo , di calcio. Ma che di calcio, ha ben poco. ‘Ndranghedisti che bramano il comando di questi gruppi per fame di soldi e potere. Cantanti e influencer indagati sul possibile coinvolgimento. Rapporti di tipo mafioso tra i capi delle curve e importanti imprenditori e Ceo di grandi aziende.
Nonostante la difficoltà di comprensione iniziale per i tanti nomi e le tante vicende, l’inchiesta ha la capacità di tenerti per 100 minuti incollato allo schermo con la voglia di conoscere l’argomento sempre in modo più approfondito e sapere come si conclude la vicenda. Dopo la visione, Alberto Nerazzini ha risposto ad alcune domande degli studenti cercando di chiarire alcuni aspetti più specifici sul caso. È stato molto significativo questo incontro che ci ha aperto gli occhi su una tematica trattata spesso con superficialità anche dalle principali testate giornalistiche.
Il Dig, collaborando con le scuole, ogni anno propone interessanti inchieste e documentari ponendosi l’obiettivo di sensibilizzare i giovani a tematiche estremamente attuali. Tra queste, significativa è anche la tematica dell’ intelligenza artificiale trattata nella giornata di venerdì 26, di cui parleremo nel prossimo articolo.
Alice Carli, 5CL | 29 maggio 2025
lNegli scorsi mesi, l’intelligenza artificiale e il data journalism sono stati al centro di un corso organizzato dal nostro liceo, con la partecipazione di giornalisti de Il Sole 24 Ore e delle redazioni di Info Data e Lab24. Nell’ambito di questo progetto, la redazione di Status Quo ha avuto l’opportunità di intervistare Luca Tremolada, giornalista de Il Sole 24 Ore e Nòva 24, nonché fondatore di Info Data.
Nel 2011 ha creato e prodotto Info Data Blog, un punto di riferimento per il data journalism. Qual è stata la sua visione per questo progetto e come è cambiato nel tempo?
Siamo nati come sito di giornalismo di dati: era il 2013, più di dieci anni fa. Diciamo che siamo stati pionieri in Italia. Poi quando l’uso della statistica e dei dati è entrato nelle newsroom abbiamo virato sulla nuova big thing. Parlo dell’intelligenza artificiale che è la tecnologia trasformativa più potente che abbia mai visto nel corso della mia carriera.
Come descriverebbe il suo approccio al giornalismo dei dati? Quali strumenti o tecniche ritiene siano fondamentali per raccontare storie attraverso i dati?
Cerco di usare software open source o versioni non a pagamento. Proprio perché tutti devono essere in grado di realizzare grafici e analisi di dati. Il nostro approccio non è quello di usare il migliore strumento sul mercato ma di lavorare con quello che viene offerto in termini di data visualization. Il giornalismo di dati è soprattutto un metodo. Non siamo grafici o information designer ma giornalisti che usano i dati per capire meglio i fatti.
Come riesce a rendere accessibili temi complessi come la scienza e la tecnologia a un pubblico ampio e variegato?
Seguo il consiglio di mia mamma. Non uso troppi aggettivi, e mai parole complicate. Se qualcuno non capisce quello che dici è solo colpa tua. Non esistono concetti complessi ma solo persone che non li hanno capiti bene.
Cosa pensa dell'uso crescente dell'intelligenza artificiale nel giornalismo? Cambia in qualche modo il ruolo del giornalista?
E’ la sfida di oggi. Insegno AI Journalism al Sole 24 Ore proprio perché sono convinto che gli assistenti saranno sempre più importanti nella mia professione. Immaginate un hard disk estero o un producer di una emittente americana: ci aiuterà svolgere meglio il nostro lavoro. Paradossalmente l’unica cosa per cui non sono utili le AI è scrivere. Sono strumenti per capire meglio.
Quali consigli darebbe a chi desidera intraprendere una carriera nel giornalismo, soprattutto in ambiti specializzati come il data journalism?
Studiare informatica, statistica ma soprattutto essere sempre curiosi. Tutto parte dalla tua curiosità.
Cosa ci può dire di La lezione è finita? Da cosa è nata l’idea di scriverlo?
Dalla preoccupazione di un padre verso i figli che entreranno in un mondo completamente diverso da quello che conosciamo.
Alice Fontana| 17 maggio2025
Nel corso di questo anno scolastico, la classe 4EL del nostro liceo ha avuto l’occasione di prendere parte, nell’ambito dei Percorsi per le Competenze Trasversali per l’Orientamento (PCTO), alla quinta edizione di un’iniziativa a cura di ISDE (International Society of Doctors for the Environment) Modena e UniMORE in collaborazione con FEM (Future Education Modena): I Martedì di Ambiente e Salute.
Il progetto UNIMORE ha l’obiettivo di informare e sensibilizzare la popolazione a proposito di fenomeni e problematiche ambientali che hanno ripercussioni sulla nostra salute come cittadini del mondo. Le 5 tematiche principali individuate in questa edizione sono state:
Edilizia ambientale
Gestione dei rifiuti
Mobilità sostenibile
Spazi verdi e biodiversità
Uso efficiente delle risorse
In tale occasione, gli studenti nostro liceo, insieme ad alcune classi degli istituti superiori Corni, Guarini e Tassoni, hanno avuto l’opportunità non solo di ampliare le loro conoscenze nell’ambito della sostenibilità ambientale e delle sue molteplici diramazioni nella nostra quotidianità (come la raccolta differenziata e la mobilità sostenibile), ma anche di apprendere alcune skills di base per la creazione di un videogioco educativo.
Una competenza mai come oggi ricca di attualità, che ha permesso ai nostri ragazzi di mettere in pratica le conoscenze acquisite e trasformarle in un mondo a parte, digitale e ideale, fondato sul principio della protezione dell’ambiente.
I lavori sono iniziati lo scorso 27 gennaio presso la sede di UniMORE al Policlinico di Modena, dove le classi partecipanti hanno assistito ad una coinvolgente ed interessante lezione guidata da esperti. Anna Iannone, coordinatrice del progetto e docente del Dipartimento CHIMOMO di UniMORE, e Pietro Forghieri, Presidente di ISDE Modena, hanno presentato l’iniziativa ai ragazzi, per poi lasciare la parola ad Alessandra Filippi, architetta.
Grazie a lei, i ragazzi hanno appreso il significato di “Città ecosostenibile” partendo proprio dall’esempio più vicino a noi: la nostra città. Mostrando com’era Modena, com’è oggi e come potrebbe diventare in futuro, l’architetta ha raggiunto il suo obiettivo: far capire l’importanza del progresso green.
Zone 30, parchi, ciclabili si sono trasformati negli elementi chiave di un discorso più ampio che influenza e coinvolge le vite e la sicurezza di tutti noi ogni singolo giorno.
A chiudere l’incontro è stato invece Stefano Cecere, rappresentante del FEM, che ha introdotto ai ragazzi le basi necessarie per iniziare a costruire i propri videogiochi, dunque approfondendo il tema del Game Based Learning.
Ogni classe aveva un tema da approfondire e il compito di creare un capitolo del videogioco che trattasse di questa problematica e ne costituisse uno strumento per apprenderne meglio le caratteristiche principali.
Una volta scelto il tema, nel caso della 4EL si trattava della mobilità sostenibile, i ragazzi sono stati lasciati liberi di immaginare la propria storia. Spazio all’immaginazione dunque.
Alcune scuole sono rimaste maggiormente con i piedi per terra, cercando di ricostruire una città green all’insegna della sostenibilità. Altre invece hanno dimostrato una fervida immaginazione, inserendo Dante, Virgilio e altre mille sceneggiature e sfondi diversi all’interno dei loro capitoli.
Una caratteristica che dimostra chiaramente come imparare spesso non significhi solo ascoltare e ripetere, ma anche mettere in pratica e spesso divertirsi.
Ovviamente bisogna anche ascoltare e studiare prima, ed i ragazzi lo sapevano bene. Nelle settimane successive al primo incontro, si sono susseguite una serie di videochiamate e lezioni in presenza con gli esperti per analizzare e studiare i temi scelti. Il primo webinar si è tenuto a febbraio, a cura di Anna Iannone. Il secondo invece era in classe, dove l’architetta Alessandra Filippi (ex assessore alla mobilità sostenibile di Modena e ex presidente di Legambiente) ha approfondito con la classe 4EL il tema della mobilità sostenibile individuato dagli studenti come principale fonte di interesse tra le proposte.
Il terzo incontro aveva invece il fine di affrontare e spiegare gli strumenti di sviluppo del capitolo del videogioco con l’esperto Stefano Cecere di FEM, quali CoSpaces, Moiki, Miro, Skybox e Discord, in modo da rendere i ragazzi indipendenti ed autonomi nella realizzazione.
Ovviamente tutti gli esperti sono sempre rimasti a disposizione dei ragazzi, rispondendo costantemente ai dubbi e alle perplessità che sorgevano nel corso del persorso, persino a distanza!
La creazione di un videogioco non è un processo semplice. Bisogna curare lo storytelling, inventare gli enigmi, creare personaggi e dialoghi, costruire l’ambientazione (nel nostro caso 2D o 3D), programmare le animazioni, organizzare la struttura del gioco, eliminare i differenti bug del sistema… insomma, un gran lavoro ma che consente di dare spazio creativo ad ogni singolo talento ed interesse. I compiti principali erano:
Storia & Dialoghi
Mondo 3D
Art (immagini grafiche, disegni, materiali)
Music (soundtrack, sound fx)
Programmazione (coding e logica)
Puzzle Designer (progetta enigmi legati al tema)
Content Expert (sintetizza e verifica i contenuti e dati)
Coordinamento e Comunicazione (con altre classi / tutor)
Voci
Playtester
L’esperienza ha portato i ragazzi fino al Play Festival, la principale manifestazione italiana dedicata al mondo del gioco in tutte le sue forme: giochi da tavolo, di ruolo, di carte, wargame, giochi educativi e molto altro.
Pertanto, gli studenti si sono recati a Bologna il 4 aprile per presentare il loro lavoro, concludendo un percorso fatto non solo di apprendimento, ma anche di divertimento e tanto impegno!
Per chiunque desideri divertirsi imparando, ecco i link alle varie parti del videogioco:
Link al libro interattivo: https://moiki.fr/it/social-club/green-horizon/mobilita-sostenibile
Link al videogioco: https://moiki.fr/it/social-club/green-horizon/mobilita-sostenibile
Buon divertimento!!
Sofia El Khattabi 3B, Lucia Idrato 3B | 5 aprile 2025
Dopo un’ intervento di una ex-alunna della Muratori San Carlo,Chiara Marchesi, che ci ha parlato della sua vita “no-social” abbiamo deciso di approfondire di più l’argomento facendole qualche domanda:
1.Cosa ti ha spinto a smettere completamente di usare i social?
Non c’è stato un evento scatenante, ero solo molto consapevole che stavo buttando via il mio tempo. Durante la sessione ho preparato 6 esami, avevo voglia di finire la magistrale e di concludere il percorso, tra una pausa e studio e un’altra non riuscivo a fare cose che mi “nutrissero” ma stavo solo attaccata al cellulare a scrollare vite di altri. Un giorno di punto in bianco ho avuto l’istinto di togliermi Instagram, è stata più una cosa improvvisa che un'azione pensata.
2.È stata una decisione graduale o un taglio netto?
È stata una decisione improvvisa ma non è la prima volta che cancello Instagram. Ho sempre avuto un rapporto strano con i social. So che sono normali e ormai un modo di socializzare tra noi giovani ma non mi sono mai sentita bene quando li utilizzavo. Probabilmente anche per colpa mia ma ho sempre sentito tanto una comunicazione falsa e priva di connessioni vere. Oltre ad essermi sempre messa a confronto con ciò che vedevo virtualmente. Quindi si non è stata una scelta graduale ma penso che inconsciamente sia stata una cosa che ho sempre provato a fare. Ho sempre provato a distaccarmi completamente dai social e finalmente direi di esserci riuscita come volevo.
3.C’era un evento o un sentimento specifico che ha fatto scattare la decisione?
Come ti dicevo non c’è stato niente di specifico ma lo definirei un gut feeling. Ho sentito che stavo sprecando la mia testa, le mie risorse intellettuali a guardare dei reel inutili che non mi davano nulla ma mi risucchiavano energie e tempo. Non aveva più uno scopo stare sui social. Guardavo video tendenzialmente inutili e ci sprecavo un'ora, mi sentivo poco produttiva e non avevo stima di come impiegavo il mio tempo. Al contrario a volte il mio algoritmo mi proponeva le notizie che mi interessavano, dunque di politica, del mondo. Leggere le notizie mi faceva sentire ancora più inutile e impotente e non mi faceva pensare in maniera critica; piuttosto tendevo a chiudermi e ad evitare completamente le brutte notizie. L’accesso diretto a contenuti di guerra e violenti mi ha fatto capire che ci stiamo abituando a non fare più domande e a non essere più lucidi e vivi quando dovremmo invece accrescere il nostro senso critico.
4.Com’è cambiata la tua quotidianità senza social media?
La mia vita è cambiata completamente e questo mi ha confermato di come è davvero colpa di “quel telefonino” come era solita dire mia nonna. Venivo da mesi in cui mi sentivo alienata, studiavo e basta e quando avevo del tempo libero usavo il telefono. Da quando ho chiuso Instagram vado in palestra. Esco all’aria aperta e soprattutto leggo dei libri veri e non delle cavolate. La mia vita è cambiata ma perché ho deciso io di apportare una modifica che diversamente da quanto si pensa è stata complicata. Sono contenta principalmente perché rispetto a prima mi sento più lucida e più connessa su come mi sento, non soffro più il confronto e guardo il mio giardino mentre penso agli altri.
5.Hai trovato nuovi modi per restare in contatto con le persone/argomenti di cui eri interessata?
No. I social sono una parte fondante ormai di tanti rapporti, ma ho pensato che le persone che non mi hanno scritto e non mi hanno cercato nel giro di cinque mesi possono benissimo rimanere fuori dalla mia vita. In un certo senso questa modifica mi ha anche permesso di fare una selezione delle persone che davvero contano e che davvero mi stanno vicina. A volte pensiamo di avere degli amici solo perché ci rispondono ad una storia ma nella verità oltre a Instagram non si tratta di amicizia ma di conoscenza. Ho pochi amici ma sono persone a cui mi affiderei in qualsiasi istante e preferisco così piuttosto che la compagnia numerosa ma inconsistente che ho avuto negli anni passati.
6.Ti senti mai “tagliata fuori” da qualcosa?
Certo sono completamente tagliata fuori. Non conosco feste né eventi, non so cosa fanno gli altri, non vedo reel, molti gerghi e linguaggi che vengono utilizzati a volte non li capisco perché sono dei trend. Ma non ho problemi con il mio isolamento. Preferisco così che essere bombardata di stimoli inutili.
7.Qual è il cambiamento più grande che hai notato in te da quando non li usi più?
Sono più felice e non me ne frega niente di quello che pensano gli altri. Prima anche il mio aspetto era molto determinato da quello. Sentivo che dovevo elevarmi a certi standard. Ora sto bene con me stessa, con tanto lavoro ma, questa scelta mi ha davvero aiutata.
8.C’è qualcosa che ti manca ogni tanto?
Ogni tanto non avere i social mi fa sentire molto isolata, molto sola in un certo senso. Stupidamente mi dispiace che nessuno sappia cosa faccio, che ho tagliato tanti rapporti e che non posso esprimere la mia opinione in 0.5 secondi semplicemente mettendo un post. Ho infatti sempre utilizzato Instagram per far sentire la mia voce e per raccontare come mi sentivo, ma Instagram non penso sia la piattaforma giusta per sentirsi “letti”. Quando mi sento così spero che in futuro troverò il mio modo per far sentire la mia voce senza per forza uno schermo in mezzo.
9.Hai avuto voglia di tornarci, anche solo per curiosità?
Certo. Non penso che le scelte di questo tipo debbano per forza essere prolungate o eterne. Per il mio presente togliermi i social è stata la cosa giusta ma magari tra un anno lo utilizzerò diversamente e più consapevolmente. Dunque non è detto che questa decisione sarà eterna o permanente ma per il momento non ho sentito troppo spesso una forte necessità di tornarci. Ho l’app installata in un vecchio telefono che non uso mai e lo ho guardato solo una volta negli ultimi mesi. Essere flessibile con me stessa anche da questo punto di vista mi aiuta a essere più coerente con la mia scelta e secondo me anche a far passare meglio il perché lo ho fatto. Non c’è infatti una cosa giusta da fare, non bisogna cancellare i social perché lo ha detto qualcuno ma ci si deve chiedere se davvero ci facciano sentire bene per come ciascuno è fatto caratterialmente.
10.Come reagiscono le persone quando scoprono che non li usi più?
Quando dico che non ho Instagram tutti reagiscono dicendo che ho fatto bene. Tantissime persone hanno vissuto male i social dal covid fino ad adesso ma non riescono a toglierlo perché ormai è entrato nella routine. Per ora molti hanno detto che lo vorranno fare anche loro ma che hanno paura di isolarsi. Altri pensano che io sia un eremita che vive su una collina!
11.Consiglieresti ad altri di fare la stessa scelta? Perché sì o perché no?
I social come ogni cosa sono una cosa personale e come dicevo prima non c’è cosa giusta o sbagliata. Bisogna molto capire come ci si sente. Logicamente se state male sui social e vi sentite che perdete la vostra giornata e avete una dipendenza dall’algoritmo forse è giusto che vi facciate due domande. Non dovete per forza cancellarlo ma basta anche semplicemente provare a vedere come vi sentite dopo una settimana senza per vedere se è la scelta giusta per il vostro carattere. Io per esempio ho ancora il profilo ma il mio togliermi dai social è significato cancellare l’app e non accedervi da internet. Per me è stata la scelta giusta e lo consiglierei ma bisogna avere molta consapevolezza di se stessi e delle proprie amicizie quindi è una scelta che va a toccare altre.
12.Come immagini il futuro dei social media? Pensi che sempre più persone si allontaneranno?
Faccio molta fatica ad immaginare il futuro dei social. Spero in un certo senso che le persone inizieranno a svegliarsi e a togliersi. Però dall’altra parte possono anche rappresentare se utilizzati bene un bellissimo mezzo per creare dialoghi con chi è dall'altra parte del mondo. Non vedo per forza solo degli svantaggi, nei social ci sono anche tante cose positive. Però in questo momento storico penso che togliersi sia anche una scelta politica: bisogna che siamo più lucidi e più critici con ciò che ci accade attorno e meno alienati dalla luce dello schermo.
Frappa Angelica 4E, Cozzolino Maria Rosaria e Vanacore Aurora 5B
Il 29 aprile è stata organizzata al cinema Victoria un'assemblea di istituto che ha coinvolto sia biennio che triennio, alla quale è stato invitato il signor Gino Cecchettin, padre di Giulia Cecchettin e fondatore della Fondazione Giulia Cecchettin.
Per avere uno sguardo più dall’interno, la redazione di Status Quo ha deciso di intervistare la Dirigente dell’istituto, Giovanna Morini, e i rappresentanti.
Intervista alla Preside
Secondo lei che ruolo giocano momenti di condivisione e confronto offerti dall’assemblea nell’effettiva lotta alla violenza di genere?
La speranza è che siano degli spazi per elevare il livello di consapevolezza e promuovere la sensibilizzazione di tutti su queste tematiche in modo che ogni presente si senta partecipe: giovani e adulti, chi educa e chi è educato Infatti anche nelle relazioni tra pari c’è modo di promuovere una cultura di riconciliazione e contrastare non solo la violenza di genere, ma la violenza in generale.
Ritiene che percorsi di sensibilizzazione ed educazione emotiva relativi alla violenza di genere siano adeguatamente integrati nei programmi scolastici attuali?
Per quanto riguarda la nostra scuola, ormai da vari anni abbiamo alcuni progetti “di sistema” che riguardano tutte le classi parallelamente e che vertono sul tema dell’educazione alle relazioni. Tutta la vita della scuola, della classe si basa sulle relazioni: tra ragazzi, con i docenti, con gli adulti e con gli alunni ed è uno spazio privilegiato quindi per trovare modi sani attraverso i quali instaurare relazioni sane. Ci sono poi anche progetti specifici come quello che riguarda tutte le classi prime, che dedicano alcune ore proprio alla costituzione del gruppo classe, oppure nelle seconde dove ogni anno viene impiegato del tempo per esplorare l’educazione all’affettività. Poi vorrei anche ricordare lo sportello d’ascolto, presidio scolastico utile per trovare aiuto non solo a livello individuale, ma anche a livello di classe in caso docenti segnalino la presenza di un clima non sano e competitivo e figure professionali intervengano quindi sul gruppo classe proprio per riaprire la strada del dialogo.
Sostiene che il sistema educativo italiano stia facendo abbastanza per affrontare questo problema? Quali sono a suo avviso i possibili miglioramenti che potrebbero essere apportati?
Come ha esposto anche il sig. Cecchettin, la fondazione Giulia Cecchettin tramite il protocollo sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione si sta impegnando per fare in modo che la scuola si apra ad un lavoro più consapevole ed esplicito non solo sulle competenze cognitive ma anche di tipo relazionale ed emotive: l’importanza di relazioni sane tra le persone e la capacità di gestire le emozioni in modo corretto senza ricorrere alla violenza sono obiettivi su cui la scuola può e deve lavorare maggiormente e con più attenzione, anche per evitare che ci siano in future altri casi simili a quello di Giulia. L'educazione civica può e deve essere sfruttato come contenitore utile anche per lavorare su questi aspetti sfruttando la trasversalità della disciplina.
Intervista ai rappresentanti
Come è nata l’idea di dedicare l’assemblea alla presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin?
Mariasole Carpenito: innanzitutto l’assemblea doveva essere una assemblea sull’affettività riguardante solamente il biennio, però non si è riusciti a trovare una quadra riguardo questo tema, e allora ci è venuto in mente di contattare la Fondazione Cecchettin, dalla quale inizialmente abbiamo ottenuto una risposta negativa, ma successivamente ci è poi stata data disponibilità.
Quale tipo di partecipazione vi aspettavate dagli studenti e quale poi avete effettivamente riscosso?
Alessandro Magnani: sapevamo che non sarebbe stato un tema facile e che non sarebbe stato facile affrontare il carico di questo evento, però ci siamo sentiti tutti soddisfatti della risposta ricevuta e anche della collaborazione e dell’armonia che siamo riusciti ad ottenere, nonostante il numero dei partecipanti e nonostante gli ospiti presenti. Quindi molto bene e siamo molto contenti.
Quali sono stati i principali passaggi organizzativi per rendere possibile questo incontro?
Demetrio Garelli: inizialmente abbiamo dovuto scrivere una mail alla fondazione, ne abbiamo scritto una a tutti gli indirizzi che abbiamo trovato per aspettare una risposta, e in un primo momento non c’era disponibilità perché Gino e gli altri membri erano troppo impegnati e la fondazione aveva il calendario pieno; successivamente ci hanno ricontattati dando la disponibilità per una data particolare, nella quale abbiamo poi deciso di svolgere l’assemblea. Abbiamo in seguito dovuto contattare il Victoria, che era l'unica struttura di Modena in grado di poter accogliere così tante persone e creare i collegamenti in diverse sale. Poi da lì per tutto il resto dei passaggi se n'è occupata la presidenza con la vicepresidenza.
Dopo questa assemblea è prevista qualche altra iniziativa concreta per continuare a sensibilizzare sul tema della violenza di genere?
Livia Cascio: Purtroppo essendo tutti di quinta noi abbiamo poco tempo qui, però è stata ribadita più volte l’importanza dell’educazione alla sessualità e all’affettività durante l’assemblea. Nella nostra scuola purtroppo, secondo me, non ci sono dei progetti totalmente adeguati, quindi, chiaramente oltre anche lo sportello d’ascolto con la dottoressa Paris con cui abbiamo lavorato molto per tutte le assemblee di tutto l’anno, penso che siamo tutti d’accordo sul fatto che anche l’anno prossimo ci impegneremo con i prossimi rappresentati per creare un ponte tra quest’anno e il prossimo per avere un percorso continuativo, anche riguardo i nostri progetti di educazione sessuale che potrebbero essere integrati con altre proposte, che già in questo momento stiamo cercando.
maria agnese neri 5b | 29 aprile 2025
LE EMOZIONI DI UN PADRE
Gino Cecchettin all’Assemblea di Istituto straordinaria del Liceo
Lunedì 28 Aprile, presso il cinema Victoria, il Liceo Classico e Linguistico Muratori San Carlo ha avuto l’opportunità di organizzare un'assemblea di istituto unica nel suo genere.
Il tema del femminicidio, una terribile emergenza dei nostri tempi, è stato infatti affrontato attraverso un dialogo con Gino Cecchettin, padre di Giulia e ora presidente della Fondazione a lei dedicata.
Con la moderazione della dottoressa Silvia Paris, psicologa dello sportello di ascolto della scuola, il dialogo ha affrontato il tema del femminicidio sia come fenomeno legato all’affettività, sia soprattutto come fenomeno socio-culturale.
Gino Cecchettin, padre di Giulia - uccisa l’11 novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta - è diventato una figura centrale nel dibattito pubblico, che si è interrogato su un caso di cronaca che ha scosso gli Italiani come mai prima d’ora. Tuttavia egli ribadisce più volte di non essere né un educatore né un esperto, ma di parlare semplicemente nel ruolo di padre: un padre che, con dignità, cerca di trasformare il dolore in un’occasione di consapevolezza collettiva.
Di fronte agli studenti, Cecchettin sceglie di sottolineare che il suo percorso non segue un copione prestabilito: ogni gesto nasce dall’amore profondo per sua figlia; l’idea stessa della Fondazione è nata dal desiderio di mantenere vivo il suo ricordo. Per non dimenticare Giulia, per onorare la sua memoria, ammette con sincerità, era necessario fin da subito non lasciarsi annientare dalla rabbia: se si fosse abbandonato a quel sentimento distruttivo, avrebbe rischiato di allontanarsi non solo, irrimediabilmente, dal ricordo di Giulia, ma anche dai suoi altri due figli, Elena e Davide.
Lo sforzo di razionalizzare gli eventi non è ostentazione di freddezza o di forza, anzi, Gino Cecchettin si sofferma su una distinzione importante: quella tra forza e solidità. Spiega come, nel modello del ‘maschio alpha’ e negli stereotipi di genere, questi due concetti vengano spesso confusi. La forza, afferma, è temporanea e destinata a esaurirsi; al contrario, la solidità appartiene a chi ha il coraggio di riconoscere la propria fragilità e di chiedere aiuto. Da questa riflessione nasce l’idea che una persona solida sia in grado di accettare il confronto, di mettersi in discussione e di accogliere anche i 'no' e i rifiuti, senza viverli come una minaccia alla propria identità. Al contrario, chi si sente invincibile — imprigionato nell’illusione della forza assoluta — fatica a comprendere e tollerare il limite, reagendo spesso in modo distruttivo.
A questo punto, dall’assemblea emerge una riflessione centrale: la violenza di genere come malattia culturale, che colpisce tanto le donne quanto gli uomini. Ma come intervenire? Come riconoscere i segnali di comportamenti distorti e pericolosi? Gino risponde condividendo un documento toccante: I 15 motivi per lasciare Filippo, una lista scritta da Giulia stessa, nata nel tentativo di alleggerire il senso di colpa per aver lasciato il fidanzato, nel timore di procurargli sofferenza. Un elenco che, oggi, assume un valore ancora più potente: quello di un messaggio lucido e coraggioso, capace di parlare a tante altre ragazze e ragazzi, aiutandoli a riconoscere relazioni malsane prima che sia troppo tardi.
Gino riconosce, in quei quindici punti scritti da Giulia, un filo conduttore evidente: la mancanza di libertà. E sottolinea un principio fondamentale, spesso ignorato ma essenziale per comprendere le dinamiche della violenza: 'Dove non c’è libertà, c’è violenza. E dove c’è violenza, non può esserci amore'.
Nel concludere, Gino rivolge un appello diretto a tutti gli studenti presenti: quello di non avere paura di chiedere aiuto. Ricorda loro che il dolore, la confusione, la rabbia o la paura fanno parte dell’esperienza umana, e che affrontarli non è un segno di debolezza, ma di solidità. La scuola può aiutare perché è un luogo privilegiato non solo per apprendere nozioni, ma per imparare a riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni. Gino Cecchettin è convinto che è proprio partendo da lì, dall'educazione emotiva e relazionale, che si può costruire una cultura capace di prevenire la violenza e promuovere il rispetto.
Un insegnamento importante, che è valso tutto lo sforzo organizzativo per cui ringraziare i nostri rappresentanti, la DS ed il suo staff, Soroptimist e la sua presidente Erika Coppelli .
Anna Derya Di Finizio, 4E | 14 aprile 2025
Grazie all’assemblea d’istituto organizzata in collaborazione con “Mediterranea Saving Humans” abbiamo avuto l’occasione di ascoltare la testimonianza di David Yambio, attivista e rifugiato sudanese, che ha condiviso la sua storia e la sua lotta per i diritti dei migranti. Fuggito da violenze e persecuzioni, David ci ha ricordato che migrare è un diritto umano, non un privilegio, e ha denunciato le politiche ingiuste di Europa e Africa. La sua testimonianza è un invito a non restare indifferenti e a lottare per un mondo più giusto.
Visto il grande interesse della scuola, abbiamo deciso di intervistarlo.
"Da giovane attivista, che consiglio daresti ad altri giovani che vogliono partecipare alla lotta per i diritti dei migranti ma fanno fatica a vedere la speranza?”
“Allora, il consiglio che darei è che non serve dire che sono diritti dei migranti. Bisogna percepirli come diritti umani. Ancora oggi molte persone continuano a morire proprio perché sono chiamate migranti. Se fossero chiamati uomini, gli verrebbe garantita la protezione che meriterebbero e che invece non ricevono.
In questa maniera nessuno si dovrebbe sentire impotente, poiché quando ci sentiamo così, significa che abbiamo abbandonato i nostri stessi diritti.
Se pensi di avere il diritto di svegliarti la mattina, di mangiare, avere un posto dove trovare del cibo, dove tornare a fine giornata e dormire, allora dovresti trovare facile comprendere che questo è un un diritto che chiunque altra persona dovrebbe avere. Guardarsi intorno come Europei, comprendere che abbiamo la possibilità di prendere un autobus o un treno o un volo per un qualsiasi altro paese europeo, come, la Svizzera o la Danimarca senza nessun problema; questo è già un punto che dobbiamo reputare un diritto universale e che dovrebbe esistere per tutti.”
"Hai criticato i governi Europei e Africani per le politiche di migrazione. Quali e dove pensi siano visibili i maggiori fallimenti nelle politiche attuali."
“Si, il più grande fallimento lo ritrovo ancora dentro di noi, come comunità, perché abbiamo un’enorme potere di voto e quando ci sono le campagne elettorali, le persone sono tenute a votare. Vogliamo votare per Giorgia Meloni, Matteo Salvini o per Ursula von der Leyen? Le persone hanno in mano questo enorme potere. Tutto questo potere è nelle mani di coloro che possono votare. Ma le persone hanno accettato di essere manipolate: la manipolazione a cui mi sto riferendo è quella dei politici Europei e Africani, quelli che tacciono sulle condizioni in cui le persone del loro paese sono forzate a diventare migranti. L'Europa, d’altro canto, dà armi ai politici Africani, e queste sono usate per uccidere la popolazione che non ricercano la guerra, ma che vogliono solo vivere. E’per questo motivo che penso che il più grande fallimento siamo noi come società. Abbiamo una grande intelligenza e una grande capacità critica che ci permette di fare domande e investigare su queste ingiustizie . Dobbiamo essere curiosi e dobbiamo continuare a interrogare i nostri leader per per chieder loro di rispondere delle loro azioni.”
“Come i costanti rifiuti di asilo influenzano il benessere/la salute mentale e le prospettive future dei migranti?”
“Allora, prima di tutto ciò annienta l’umanità della persona. Parlo per esperienza. Ad ogni confine di quei trenta paesi che ho attraversato in Africa,ho lasciato una parte di me, parti di me che non potrò mai riavere . Quando mi hanno spogliato dei vestiti per picchiarmi, quando sono stato torturato, quando il mio corpo è stato ferito e tagliato con il ferro: queste sono le cose che non posso anche volendo cancellare ed è stato in quei momenti che ho perso una parte di me . Quindi questi ripetuti rifiuti sono un enorme problema per la salute mentale dei migranti e anche per me queste continue richieste respinte hanno avuto un impatto sulla mia salute. Molte persone che percorrono questo viaggio non sono sopravvissute. Molti migranti, vagano e vivono per la strada a sotto uno stato di shock che non gli permette di tornare alla realtà. Io tutti i giorni cerco di non raggiungere quel livello. Tuttavia, lo stato di shock e di dissociazione in cui si trovano coloro che stanno peggio viene percepito dall’intera comunità: quando coloro che stanno peggio si trovano in questo stato delirante, nella comunità le persone hanno paura. in questo stato delirante, la persona può anche involontariamente agire contro la sua stessa comunità, danneggiando gli altri intorno a sé stesso.a. Tutto ciò ha un enorme impatto sulle persone che gli stanno vicino. Questa è una vera e propria perdita dell’umanità.”
“Quanto la paura delle ripercussioni e dei rischi che si corrono nell’aiutare gli altri può ostacolare, per un attivista o per la popolazione, i tentativi di solidarietà?”
“Si, ancora una volta questo aumenta la tendenza delle persone a non agire e a non cercare un modo per fare passi in avanti, al sentirsi impotenti. Conosco molte persone nel mio giro che sono state anche criminalizzate e come risultato incide sulla solidarietà. Le persone hanno paura di offrire del pane perché sanno che la mattina successiva la polizia busserà alle loro porte. Ma non ci si dovrebbe lasciare spaventare e non dovremmo fermarci. Non dovrebbe essere scoraggiate, ma dovrebbe essere una motivazione per dire no. Dovremmo combattere molto di più per avere pari diritti garantiti a tutti.”
“Nonostante tutte le difficoltà, che cosa ti tiene motivato a continuare l’attivismo?”
La ragione è che non voglio continuare a vedere persone vivere in quelle condizioni. Poiché dal paese da cui provengono e in tutta l'Africa ci sono anche numerose guerre e si è ancora lontani da una pace,molte persone sono obbligate a migrare. Credo che nessuno scelga di abbandonare la propria casa se fosse possibile evitarlo. L’esempio perfetto sono gli Ucraini. Dieci anni fa non venivano qui, no? Ma ora c’è la guerra e stanno migrando. E’ la stessa cosa per le persone che stanno vivendo la guerra in altre parti del mondo. Quindi la ragione per cui combatto per i diritti delle persone è perché continuo e sempre continuerò a crederci fermamente nei miei diritti individuali.
Letizia Meglioli 4DL Anna Derya Di Finizio, 4E | 14 aprile 2025
Martedì 8 aprile gli studenti del triennio del liceo Muratori San Carlo hanno avuto l’opportunità di assistere a un'assemblea, tenutasi presso il cinema Astra, con ospite l'ONG “ Mediterranea Saving Humans “. Un momento che ha portato a riflessioni profonde su temi attuali come le migrazioni forzate, i diritti umani e la solidarietà concreta.
Ha aperto l’incontro Elia, un giovane rappresentante dell’associazione, spiegando che cos’è Mediterranea e di cosa si occupa. Nata nel 2018 dall’indignazione dinanzi alle migliaia di morti nel Mediterraneo e alla politica dei porti chiusi, l’ONG ha come obiettivo quello di soccorrere persone in difficoltà nel Mar Mediterraneo. Il lavoro si divide in due equipaggi: quello di mare e quello di terra. Mentre il primo si occupa dei soccorsi in mare e quindi gestito da esperti, quello di terra si occupa di sensibilizzazione, formazione per svolgere soccorso sanitario ed organizzazione di eventi di autofinanziamento soprattutto attraverso il lavoro dei volontari. “Le barche non vanno avanti a parole” ha ricordato Elia, sottolineando come ogni azione richieda impegno, risorse e partecipazione.
La presentazione è stata seguita da una interazione con gli studenti attraverso un Kahoot interattivo, composto da venti domande, in cui hanno dovuto mettere in gioco le conoscenze, scoprendo informazioni sull’immigrazione e sfatando falsi miti.
Momento centrale dell’incontro è stata la testimonianza di David Jambio, rifugiato sud-sudanese, il quale ha condiviso la sua storia piena di ingiustizie, fughe, violenze, che hanno richiesto tanto coraggio e determinazione. Nato nel 1997 durante la guerra civile in Sudan, dopo soli 2 mesi David è stato costretto a fuggire assieme alla sua famiglia e ad attraversare paesi come il Congo e la Repubblica Centrafricana, in cui è sopravvissuto grazie agli aiuti umanitari. Dopo un breve periodo di pace in cui riuscì ad andare a scuola, David è stato rapito da un gruppo terroristico ugandese e trasformato in bambino soldato, obbligato al fucile e vittima nuovamente della guerra. Riesce a fuggire nel 2010, ma la sua speranza viene nuovamente soverchiata 3 anni dopo dallo scoppio di un'altra guerra civile, tutt'oggi in corso.
A 16 anni viene costretto a combattere contro il suo stesso popolo, ma David rifiuta nonostante la certezza di una ripercussione, riconoscendo la possibilità di una vita migliore. Questa sua decisione infatti lo porterà per evitare di essere ucciso/una condanna morte a fuggire senza alcun documento. Dopo anni di spostamenti, nel 2018 raggiunge la Libia, paese in cui le milizie, la mafia e le complicità politiche internazionali rendono la vita dei migranti un vero e proprio inferno. David viene rapito, torturato e ridotto a schiavitù, costretto a subire violenze immaginabili ( tra cui fame e lavori forzati ). Nel 2019, tenta di scappare e trovare sicurezza in Europa, ma viene intercettato e rispedito in territorio libico, dove passa 7 mesi di schiavitù e viene venduto come soldato per fare la guerra. I suoi tentativi di raggiungere un’Europa sicura ammontano a quattro prima di riuscire finalmente nell’agosto 2021 a raggiungere l’Italia. Ed è a causa di questi tentativi che David matura il suo pensiero, iniziando a notare come la Libia non lo volesse come migrante però non gli permetteva di andarsene, facendo sorgere numerose domande e voglia di scoprire quali siano le cause che fomentano questo fenomeno.
Una volta qui si è costruito una famiglia ed ogni giorno lotta per raccontare la verità che molti non vogliono vedere. Ad esempio, durante l’assemblea, ha raccontato della protesta avvenuta nel campo di rifugiati di Gargaresh, in Libia, assieme a uomini e donne di 11 nazionalità diverse. Un movimento di resistenza civile che ha chiesto protezione e vie legali d'accesso in Europa e che ha ricevuto in cambio dalle autorità solamente sgomberi, arresti e torture. David è diventato ricercato per aver dato voce a chi non ne aveva, ma non vuole che ciò che ha dovuto subire accada ad altri e ciò gli da la forza per lottare ogni giorno.
La giornata è proseguita con l’intervento di Alessandro Metz, armatore sociale di Mediterranea, che ha ricordato l’importanza dell’identificazione. Quando siamo sul punto di morire siamo soliti gridare “aiuto”, spiega l’operatore, ma le persone in mare gridano invece il proprio nome. Ognuno di loro vuole che il proprio nome arrivi a riva in modo che la storia che hanno vissuto possa essere ricordata e raccontata, tramandata ai famigliari per dargli finalmente pace.
Infine l’incontro si è concluso con un contributo giuridico che ha toccato i principi fondamentali del diritto moderno ed universale: la legge non può escludere, al contrario DEVE includere. È nel modo in cui trattiamo gli ultimi, i più fragili, che si misura la civiltà di un paese. Il valore dell’uguaglianza, sancito dalla Costituzione e dalle convenzioni internazionali, ci ricorda che tutti, indipendentemente dalla provenienza, meritano la stessa dignità e protezione.
Per concludere, quest’assemblea è stata non solo occasione di ascolto, bensì un invito alla responsabilità di noi giovani, che saremo il futuro, ma siamo soprattutto il presente. Guardiamo allora il mondo con occhi più attenti, riconosciamo le ingiustizie e, soprattutto, non restiamo in silenzio. Come studenti, come cittadini, come esseri umani.
Mattia Piva, 4B | 3 aprile 2025
Il comune di Maranello, territorio in cui la natura di piccolo paesino e la tradizione incontrano il progresso industriale e l’avanguardia di una realtà come quella del mondo Ferrari, ha ospitato la prima edizione della Mezza Maratona d’Italia “Memorial Enzo Ferrari”, e noi abbiamo avuto l’onore di parteciparvi e documentarne lo svolgimento. La corsa si è tenuto durante la mattinata di domenica 30 marzo, ma la vera essenza dell’evento è soprattutto ciò che lo ha preceduto, come avviene spesso in manifestazioni così importanti: in particolare, il primo momento in cui si inizia a percepire la bellezza della corsa è il giorno del ritiro dei pettorali. A partire da venerdì, ad accogliere i corridori per quello che nel mondo podistico è a tutti gli effetti un vero e proprio rito, c’era il Villaggio Sponsor, un tendone dedicato alla Mezza Maratona nel quale si svolgeva la consegna dei pettorali e dei pacchi gara e che ospitava lo staff dell’evento, alcune attività interattive per i runners e diversi stand di prodotti dedicati alla corsa. È la prima occasione per i partecipanti di saggiare l’atmosfera, carica di trepidazione, e di incontrare alcuni dei volti con cui si condividerà tanta fatica e soddisfazione.
Domenica la sveglia è all’alba, la colazione è leggera e la voglia di correre tanta. Giunti in prossimità della partenza, si viene travolti all’improvviso da tutto il pathos dell’occasione, con un colpo d’occhio mozzafiato: una decina di migliaia di persone unite dall’unica passione per la corsa. Una sensazione non da poco. Sì, perché le manifestazioni podistiche non sono come ogni altro sport. Non c’è una buona probabilità di vincere, nemmeno di piazzarsi in una posizione degna di qualche nota. La maggior parte delle volte, si è solo un numero tra molti altri. Tanto sacrificio, però, viene ricompensato proprio in questi casi, in cui si incontrano altre persone che ti accompagnano per cinque, dieci o ventuno chilometri, provando le tue stesse sensazioni. Sembra di essere parte di un’unica entità in movimento, spesso la fatica sparisce, sostituita dall’euforia del momento. Sono questi i pensieri con cui comincia la corsa, al segnale dello start, quando tutto il gruppo inizia lentamente a mettersi in moto, accelerando sempre di più, fino a quando non ci si distende abbastanza da dare modo ai partecipanti di trovare il proprio passo, adagiandosi su un ritmo che li cullerà fino a fine gara. Il percorso che abbiamo seguito noi è quello dei dieci chilometri, dopo il primo dei quali ecco apparire l’entrata del circuito della Ferrari. Correndo sul rettilineo della pista l’adrenalina è al massimo, le gambe sembrano andare da sole, come per inerzia. Al culmine di questo tratto, dopo una curva stretta, la corsa sfrenata si rilassa, i muscoli si distendono e non si può che restare sbalorditi di fronte alla bellissima immagine delle colline che si stagliano sulla distesa grigia della pista, intervallata da prati di margherite bianche. Questo quadretto, che riassume proprio l’incontro del piccolo borgo ai piedi delle colline con una delle industrie più importanti al mondo, ci accompagna fino all’uscita della pista. Il resto della corsa si snoda attraverso l’esterno della fabbrica della Ferrari, i parchi della città, il suo municipio e, infine, la volata finale all’arrivo. L’immagine che colpisce di più è vedere quella marea di migliaia di persone tutte con la medaglia al collo e con un'espressione di soddisfazione sul volto. Ognuno è soddisfatto del proprio piccolo traguardo, ognuno si sente personale vincitore della corsa. Questa prima edizione della Mezza Maratona d’Italia “Memorial Enzo Ferrari”, una giornata di festa e sport all’insegna dell’unità, si conclude con la promessa di ripetersi tra un anno per rivivere appieno tutte le emozioni della manifestazione.
Frappa Angelica, Falzoni Lucia 4E
In data sabato 29 marzo, la classe 4F del Liceo Muratori-San Carlo ha dato vita in Aula Magna ad una giornata speciale dedicata alla riscoperta della poesia, in occasione della Giornata Mondiale della Poesia.
Le classi 2F, 3FL, 4A, 4D, 4DL, 4B, 4E, 4F, 4FL, 4G e 5E si sono riunite per festeggiare insieme questa forma di arte che, purtroppo, spesso viene trascurata nel contesto contemporaneo.
L’iniziativa, completamente ideata e organizzata da studenti e insegnanti, ha rappresentato un’opportunità straordinaria per rendere omaggio alla poesia, un mezzo di espressione che racchiude in pochi versi emozioni e riflessioni profonde. I partecipanti hanno avuto l’occasione di eseguire letture di famose composizioni di poeti storici e moderni, come Dante, Virgilio, Sofocle, Lucrezio, Leopardi e Zanzotto, ma anche di presentare lavori di autrici come Margherita Guidacci e Antonia Pozzi.
Alcuni studenti hanno anche condiviso le proprie poesie, accompagnando la lettura con performance musicali al piano, alla chitarra, al flauto traverso e al basso, creando così un'atmosfera tipica della tradizione antica, dove la poesia veniva spesso sostenuta dalla musica.
L’evento è stato suddiviso in due sessioni: la prima dalle 8.30 alle 10.00 e la seconda dalle 11.05 alle 13.00, al termine di ogni sessione, è stato proposto inoltre un piccolo laboratorio creativo di poesia: ai ragazzi sono stati forniti dei post-it, sui quali scrivere ciò che li rende felici e comunica loro un senso di tranquillità e di pace. In seguito è stato suggerito loro di attaccare questi post-it sulle pareti dell’aula magna, lasciando così un segno indelebile di quella giornata e delle emozioni che quest’ultima aveva scaturito in loro.
Come infatti afferma la prof.ssa Eleonora Stanzani, ideatrice dell’evento, «la poesia è un linguaggio speciale, in grado di racchiudere concetti ed emozioni in poche parole. In un ambiente scolastico come il nostro, dove si approfondiscono le opere di autori classici come Omero e Sofocle, e di poeti internazionali come Shakespeare e Neruda, la poesia è molto più di un piacere estetico: è un mezzo per esplorare il destino umano, le leggi della natura e dell’anima».
Questa giornata di celebrazione della poesia ha segnato la conclusione di una settimana interamente dedicata alla poesia, in tutte le lingue e di ogni epoca. Per l'occasione infatti, i corridoi delle sedi di Cittadella e Cavour sono stati decorati con 80 poesie, offrendo a tutti gli studenti, docenti e collaboratori scolastici, l'opportunità di avvicinarsi a questa forma d’arte.
Per concludere, la giornata della Poesia, che ha riscosso grande successo, è stata una iniziativa proposta come un invito a riscoprire il valore intrinseco della poesia, un amore che, soprattutto durante l’adolescenza, deve essere alimentato e incoraggiato.
Verso dopo verso, ridiamo vita alla poesia! Classe 4F
Sabato 29 marzo, dalle 8.30 alle 13.00, presso sede Cittadella (Viale della Cittadella, 50), la classe 4F del Liceo L.A. Muratori-San Carlo organizzerà in Aula Magna una giornata all’insegna della (ri)scoperta della poesia.
Le classi 2F, 3FL, 4A, 4D, 4DL, 4E, 4F, 4FL, 4G e 5E del Liceo Muratori San Carlo si riuniranno in Aula Magna per celebrare la giornata mondiale della poesia. L’iniziativa, organizzata da studenti e professori, rappresenta un’opportunità unica per rendere omaggio ad una forma d’arte, la poesia, che ad oggi sembra quasi essere stata dimenticata.
Per questo, la 4F del Liceo Muratori-San Carlo promuove con grande entusiasmo la partecipazione degli studenti, che sabato 29 marzo avranno l’occasione di esibirsi in Aula Magna dando voce alle poesie di grandi autori del passato e del presente: da Dante a Virgilio, da Sofocle a Lucrezio, da Leopardi a Zanzotto, ma spazio avranno anche le poesie di scrittrici come Margherita Guidacci e Antonia Pozzi. Alcuni ragazzi, inoltre, avranno l’opportunità di portare all’attenzione del pubblico le proprie poesie e accompagnare l’evento con brani musicali al piano, alla chitarra e al flauto traverso.
L’iniziativa si svolgerà in due turni: dalle 8.30 alle 10.00 e dalle 11.05 alle 13.00. Alla fine di entrambi i turni vi sarà un piccolo laboratorio di poesia. «La poesia è una forma di comunicazione privilegiata per la sua capacità di condensare in poche parole emozioni e concetti. Soprattutto nel contesto di un liceo come il nostro, dove ci si confronta con le opere della poesia antica di Omero, Sofocle, Virgilio, Orazio, e Catullo, o quelle del panorama internazionale di Shakespeare, Byron, Masters, Verlaine, Mallarmé, Goethe e Neruda, si può apprezzare il fatto che la poesia non sia solo un piacere estetico, ma anche uno strumento per riflettere sul destino umano, sulle leggi naturali e divine e sul proprio io.» afferma la prof.ssa Eleonora Stanzani, organizzatrice dell’evento «La poesia è per tutti, nell’adolescenza, un primo amore che, mai come oggi, dovrebbe essere coltivato e incoraggiato».
La giornata della poesia del 29 marzo chiuderà una settimana di celebrazione della poesia di tutti i tempi e in tutte le lingue. Per l’occasione, i muri delle sedi di Cittadella e Cavour saranno tappezzati di 80 poesie. Alla fine della settimana, chi vorrà, sarà libero di scegliere una o più poesie esposte.
Ricordiamo che l’iniziativa dovrà essere svolta nel rispetto delle normative scolastiche e invitiamo gli studenti spettatori a rispettare gli spazi comuni dove si terrà l’evento. Si chiede alle classi del primo turno (2F, 4A, 4D e 4DL) di presentarsi all’ingresso dell’Aula Magna alle ore 08.20 per prendere posto.
Per contatti:
Ancarani Ludovica 4F mail: st.ancaraniludovica@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Cacciatore Jacopo 4F mail: st.cacciatorejacopo@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Fetahu Mattias 4F mail: st.fetahumattias@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Mezzetti Irene 4F mail: st.mezzettiirene@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Prof. ssa Eleonora Stanzani mail: eleonora.stanzani@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Alice Fontana 4EL e Rebecca Palandri 4AL
L'ERASMUS+ regala sempre tante opportunità, non solo ai ragazzi che intraprendono questa esperienza, ma anche a tutti coloro che ne sono testimoni.
Per questo motivo, durante uno dei tanti scambi che la nostra scuola ha fatto quest'anno, è stata svolta un'intervista a due ragazzi ospiti del nostro Liceo proveniente dalla Finlandia.
L'obiettivo non era solo quello di conoscere meglio su Erasmus+ e le possibilità che offre, ma soprattutto sapere il parere dei ragazzi, il loro vissuto, le loro opinioni e pensieri. Un modo curioso e diverso di conoscere gli aspetti del progetto che solo chi lo vive sulla propria pelle può raccontare, dando così l'occasione a tutti coloro che ancora sono sommersi dai dubbi e dalle incertezze di schiarirsi le idee.
Non finisce qui però.
Progetto a parte, l'Erasmus+ è un vero e proprio scambio. Di luoghi, di vite, di routine ma soprattutto... di culture.
Il focus dell'intervista è stato proprio questo: addentrarsi nella cultura finlandese per scoprirne le peculiarità, e in seguito confrontarla con la nostra cultura italiana. Attraverso gli occhi di chi non ha mai vissuto come viviamo noi, che è abituato ad un altro sistema scolastico, a mezzi di trasporto differenti, ad un meteo completamente diverso, per non parlare ovviamente della lingua, siamo riusciti a ricostruire un puzzle di coincidenze e diversità che ci hanno permesse di vedere come le culture possano entrare in collisione o viaggiare su linee parallele, destinate a non incontrarsi mai.
Aspetti della vita di tutti i giorni, come cibo, abiti, musica, sono stati messi a confronto proprio con l'intento di trasmettere una lezione importante: il mondo che vediamo noi non è l'unico che esiste. E chissà, magari viaggiando se ne scopre uno che è ancora più bello e più adatto a noi.
L'Erasmus+ è proprio questo, affrontare i nostri limiti e superarli, per scoprire che oltre c'è un mondo che ci aspetta!
L'intervista integrale è disponibile sul nostro profilo Instagram: statusquo.msc
Buona visione!
Maria Agnese Neri , 5B
l’impatto delle tecnologie emergenti sulla nostra vita e sul nostro apprendimento
Nel suo libro La lezione è finita Luca Tremolada esplora come le nuove tecnologie stiano influenzando radicalmente il nostro modo di apprendere, di vivere e di lavorare. La domanda centrale del libro è se queste innovazioni, come l'intelligenza artificiale e la realtà̀ virtuale, stiano rendendo le persone più̀ fragili e ignoranti, o se stiano stimolando le nuove generazioni a pensare e vivere in modo diverso da quelle che le hanno precedute.
Durante la terza lezione del corso Ai and data journalism organizzata dal sole 24 ore al Muratori San Carlo, Tremolada domanda provocatoriamente: come cambierà̀ la scuola con l’avvento dell’intelligenza artificiale generativa? Se nel futuro i chatbot saranno onnipresenti in ogni settore lavorativo, la tradizionale lezione frontale, la lavagna e la classe come le conosciamo, avranno ancora senso? E come cambierà̀ la nostra percezione delle informazioni in un mondo dove l’accesso ai dati è illimitato e immediato?
Come esempio pratico delle differenze tra le diverse realtà̀ di intelligenza artificiale, il giornalista riporta in primo luogo la particolarità̀ del bot di x (ex Facebook) che crea immagini senza limiti o linee guida restrittive, come nel caso delle foto false di Taylor Swift a sostegno di Donald Trump usate dal presidente per la propaganda politica diretta alle nuove generazioni. Questo tipo di contenuti, che potrebbe sembrare satirico e innocuo, solleva interrogativi sul confine tra libertà creativa e verità̀. Ciò̀ ha permesso di riflettere sulle criticità̀ legate alle Linee guida di cui si discute. Parlando di caratteristiche intrinseche alla tecnologia stessa, ad esempio, Tremolada afferma che non ha un intento specifico: se richiedi un consiglio psicologico, risponderà̀ in modo metodico, non avrà̀ l’obiettivo di curarti o di risolvere il tuo disagio, ma solo di rispondere alle tue domande. Le intelligenze artificiali non sono capaci di risalire ai passaggi logici usati nel passaggio tra informazione data e risposta finale. Questa situazione crea un rischio: credere a delle informazioni false ma poste in maniera realistica.
Altri esempi pratici fanno emergere i limiti attuali delle intelligenze artificiali. Se si chiede a un bot come *Geminai* di Google, di creare un’immagine di generali nazisti degli anni '30, esso rappresenterà̀ anche generali di etnie diverse, non essendo infatti capace di storicizzare. In questo modo, l’intelligenza artificiale può̀ commettere errori, ma si prevede che col tempo imparerà̀ e migliorerà̀, fino a diventare in grado di autocorreggersi.
La potenza e l’importanza di queste tecnologie secondo Tremolada implica che, nel futuro, il 75% dei mestieri avrà̀ a che fare con l’intelligenza artificiale. In meno di vent’anni, infatti, l'accesso alla conoscenza è cambiato radicalmente: se negli anni 2000 la carta stampata dominava, oggi siamo sommersi da migliaia di link e informazioni, spesso contrastanti ma tutte apparentemente valide. Il cambiamento non risparmia neppure il giornalismo. Tremolada osserva che la professione, come la conoscevamo, non esiste più̀. Anche coloro che basavano la loro linea creativa sul fare domande incalzanti a personaggi pubblici, sono stati sostituiti dai social. Molti giornalisti si sono reinventati, ad esempio integrando l’uso di intelligenze artificiali per raccogliere e analizzare dati e informazioni. La tecnologia, infatti, non è competente sulle questioni stesse che rielabora, opera piuttosto in termini di “copia e incolla” tra le informazioni date nella domanda posta e le informazioni raccolte nel tempo e nelle sue esperienze. Il futuro della scuola, quindi, non si concentrerà̀ più̀ solo sulla conoscenza delle informazioni, ma sulla capacità di riarrangiarle e reinterpretarle. L’intelligenza artificiale sta già̀ cambiando il nostro modo di apprendere, rendendo necessario un approccio più̀ critico, creativo e analitico.
In conclusione, Tremolada con il suo libro e le sue lezioni invita a riflettere su un futuro in cui le tecnologie emergenti potrebbero trasformare radicalmente il nostro modo di pensare, imparare e interagire con il mondo. Se governate con spirito critico, queste tecnologie non ci condanneranno ad una condizione peggiore, ma saranno strumenti di una metamorfosi che cambierà̀ il nostro essere e il nostro conoscere.
Aurora Vanacore, 5B
Giurisprudenza, letteratura e religione: decreti, poesia e fede si mescolano alle lacrime, al sangue e alla disperazione di ragazzi come Y o come Emilia che vedono la loro vita totalmente ribaltata per colpa della famosa “bravata” che li trasporta dalle loro case ad una cella.
Questa la realtà di cui sono stati testimoni, seppur da prospettive diverse, i tre ospiti dell’incontro tenutosi il 20 marzo insieme ad alcune classi: l’ex direttrice del carcere Sant’Anna Federica Dallari, l’autrice del celebre romanzo “Cuore Nero” Silvia Avallone, e il cappellano dell’Istituto Penale per Minorenni di Bologna Don Domenico Cambareri.
Numerose sono state le domande sorte da parte degli studenti, dimostrazione della curiosità di approfondire questo tema e anche della sua stessa complessità: da approfondimenti sulla trama e sulle scelte stilistiche del romanzo, a informazioni sul sistema penale vigente oggi in Italia, passando attraverso testimonianze e storie di ragazzi abbandonati dalla società e dalle loro famiglie per osservare da vicino il Male.
C’è chi il Male lo ha compiuto, come Emilia, protagonista di “Cuore Nero”, che una volta scontata la sua pena decide di fuggire in un luogo dove nessuno potrà riconoscere le sue cicatrici, e chi il male lo ha subito, come Bruno, maestro delle elementari che si prende cura degli altri per prendersi cura di sè stesso: cosa succede quando i due si incontrano? quando una è costretta a rivelare il suo crimine e a lasciare che l’altro conosca lei e anche i suoi crimini? quando l’altro è costretto a compiere un salto nel buio rischiando di soffrire ancora pur di ottenere una felicità più grande?
“Grazie alla letteratura è possibile esplorare quelle parti che spesso si vuole mantenere nascoste, che non si mostrano nei selfie o nei post sui social dove invece regna l’esteriorità e la perfezione superficiale: ma è proprio da quelle crepe interiori che è possibile ripartire, usare il dolore non come definizione della persona stessa ma come punto di partenza, come punto di forza” dice Silvia Avallone “Durante la mia esperienza all’interno di un IPM ho capito che sono gli stessi detenuti a volersi definire così, arresi di fronte alla possibilità di essere altro, di pensare di avere alcuna possibilità di riscatto”
Gli istituti penali per minorenni sono luoghi dove ragazzi e ragazze vengono tenuti in fase di giudizio ancora non confermato: sono ragazzi abbandonati dalle loro famiglie, dai genitori, dalla società che per paura si fa indietro e non affronta la sfida di prendersi cura di loro.
“Promettimi che non mi abbandoni” queste le parole di un detenuto al cappellano Don Domenico Cambareri, che invece ha avuto il coraggio di rimanere, di mettersi alla prova anche in un contesto dove sfide quotidiane hanno misurato le sue capacità.
Una prova di coraggio: questo il tema centrale delle lettere raccolte nel libro “Ti sogno fuori” spedite dal cappellano al misterioso Y: due universi così distanti che si fondono; Dio, Seneca e la trap italiana che si incontrano; un legame fortissimo basato sull’affetto reciproco, sulla fiducia, sulla speranza, e sul bisogno di salvezza.
“Avrei potuto rimanere in una parrocchia a confessare signore anziane il cui peccato maggiore era dimenticare le preghiere serali, insegnare in scuole dove sicuramente sarei stato in grado di gestire una classe di studenti: invece proprio per l’insicurezza che provavo quando varcavo quella soglia ho deciso di rimanere a svolgere la mia attività all’interno dell’IPM: già dal nome si intuisce come questi posti dovrebbero essere per minorenni, adibiti alla loro tutela da loro stessi e dall’odio esterno, dove figure adulte professionali si preoccupino del loro recupero”
Sono questi esempi di contesti dove viene praticata un’idea di giustizia rieducativa, che permetta a coloro che hanno sbagliato di perdonare sé stessi e di ritrovare la forza necessaria per smettere di vedere allo specchio il riflesso del loro crimine, di cui sono sicuramente responsabili ma anche vittime secondarie.
“Come emerge anche dalle testimonianze riportate, se si pensa al sistema penale italiano questo sembra essere molto lontano dalla definizione di rieducativo: il carcere spesso diventa semplicemente un luogo di sicurezza e non si preoccupa effettivamente della cura e del recupero delle persone che vi si trovano condannate” spiega la dottoressa Dallari.
Sofia El Khattabi 3B, Lucia Idrato 3B, Riccardo Laronca 3B
Durante l’esperienza di PCTO e a scuola si è discusso riguardo al fenomeno delle baby gang.
Successivamente, nella mattinata del 21 Gennaio 2025, Alessandra Camporota, Assessora a Sicurezza Urbana, Polizia Locale, Inclusione, Integrazione e Cittadinanza, Volontariato e Terzo Settore, si è gentilmente offerta di recarsi presso la nostra scuola insieme ad Alessia Leo, ispettrice di polizia ed ex coordinatrice del Quartiere 2 di Modena.
Dopo essersi presentata alle classi spettatrici ha iniziato a raccontarci un po’ delle sue esperienze e ci ha dato grandi consigli di vita, partendo proprio dalla sua.
Quando era giovane ha studiato Giurisprudenza a Roma e a Bari dove, in quest'ultima, ha lavorato in prefettura per 15 anni. E’ stata prefetto a Rimini durante la pandemia Covid, dove ha “imparato nel dramma" a creare una comunità e ad agire nell’interesse del bene comune. Fino a poco tempo fa è stata anche prefetto di Modena, prima di diventare assessora nel 2024.
Ha deciso di intraprendere la carriera di prefetto dopo aver vinto un concorso al Ministero dell’Interno, decidendo di seguire le orme di alcuni suoi parenti, anche se ci ha rivelato che da giovane voleva diventare un insegnante e prendere parte ad un giornale.
Ha deciso di farsi chiamare assessora, anziché assessore, perché ha fatto un suo percorso di crescita e cambiamento grazie anche alle battaglie di molte donne in passato.
Ha detto che essere qui con noi è stata una delle cose migliori che le sia capitata nella sua vita, ossia poter parlare ad un gruppo di giovani interessati e preparati, e si è dimostrata molto contenta del nostro invito poiché ha molto interesse e tensione per noi e per il nostro modo di crescere in un mondo dove al giorno d’oggi, secondo lei, a differenza di ieri, i giovani hanno molta meno speranza nel futuro e faticano a sviluppare opinioni autonome perché costantemente bombardati di informazioni, soprattutto sui social ma anche a causa delle guerre che li circondano come quella in Medio-Oriente e il conflitto russo-ucraino. Quando anche lei andava a scuola c’era invece una maggiore volontà di approfondire i fenomeni di attualità tra le persone della sua generazione, quella del “Boom economico”, in cui c’era speranza per la ricostruzione dopo la guerra e fiducia nel futuro. Ciò non vuol dire però che quel periodo fosse del tutto tranquillo, lei stessa ci ha raccontato che quando era all’ultimo anno di liceo (1978), il Presidente del Consiglio Aldo Moro venne rapito e ucciso dalle Brigate Rosse proprio vicino a casa sua e un magistrato, che abitava nel suo stesso palazzo, venne ucciso sull’autobus a colpi di pistola dalla medesima organizzazione terroristica. C’era sempre un clima di tensione per le strade e non poteva partecipare alle manifestazioni del tempo perché poteva essere picchiata e seguiva gli ordini del padre autorevole.
Proprio in risposta dell’appello dell’assessora, ossia quello di informarci sui fenomeni che ci circondano, un nostro compagno di classe le ha domandato, citando lo Ius Soli e lo Ius Scholae, se l’estensione della cittadinanza ai ragazzi nati in Italia da genitori stranieri possa aiutare a ridurre la microcriminalità giovanile.
Lei ha affermato di essere per lo Ius Soli perché si ridurrebbe la microcriminalità e si favorirebbe così l’integrazione. Ha dichiarato che il miglior modo per combattere questo fenomeno non é reprimere, e che il carcere deve essere l’ultima opzione da consultare.
In risposta al tema della giornata ha criticato il termine “baby gang”, poiché si rifarebbe a fenomeni di altri Paesi dando così un'idea sbagliata degli avvenimenti italiani. Ha sostenuto che l’immigrazione e la cittadinanza vengono infatti spesso strumentalizzati dalla politica e, appunto, proprio su questo, si vincono o si perdono le elezioni.
Ci ha quindi esortato, in quanto studenti, a costruire degli “strumenti di accoglienza” per garantire l'integrazione dei minori stranieri nelle scuole e contrastare così l’abbandono scolastico, per garantire solidarietá a chi ne ha bisogno, in quanto principio contenuto nella nostra Costituzione.
Ha detto che il modo migliore di combattere la criminalità è attraverso l’ascolto ma, allo stesso tempo, punendo coloro che commettono reati, denunciando anche le piú piccole violenze.
Ha suggerito inoltre agli insegnanti di influenzare i ragazzi in maniera positiva e spingere anche sui genitori, in quanto essi hanno la responsabilità del futuro dei loro figli.
L’Assessora ci ha infine invitato a continuare ad essere cittadini attivi, a parlare con genitori e insegnanti delle nostre preoccupazioni e, insieme all'ispettrice di polizia ed ex coordinatrice del Quartiere 2 di Modena Alessia Leo, ci ha esortati a denunciare questi atti di violenza perché, anche se apparentemente inutili, queste denunce possono andare a costituire un importante tassello del puzzle per lo svolgimento delle indagini della polizia.
Anna Derya Di Finizio 4E, Alice Fontana 4EL, Rebecca Palandri 4AL
Futuro, mondo del lavoro, università e scelte: in una parola, orientamento. Un termine che gli studenti del triennio si sentono ripetere fin troppo spesso, ma che rappresenta una parte imprescindibile del loro percorso formativo. Numerosi sono infatti, i progetti e le ore che la nostra scuola dedica all’orientamento dei propri ragazzi, per aiutarli nella scelta e nel passaggio dalla scuola secondaria di secondo grado all’università. Gli incontri in partnership con l’università di Modena e Reggio (UNIMORE) sono una delle diverse opportunità offerte dal nostro istituto, a cui le classi quarte stanno prendendo parte. Questa particolare iniziativa è articolata su quattro incontri ognuno con un focus particolare, per dare agli studenti un’idea generale dell'ambiente universitario con cui molti di loro si interfacceranno.
Il primo incontro svoltosi il 6 dicembre è iniziato con una panoramica generale sul mondo dell'università. Con titolo “IL SISTEMA UNIVERSITARIO”, esso ha presentato l’organizzazione, le modalità e i requisiti di accesso ai corsi di studio, nonché i servizi e le opportunità per studenti. Questo incontro è stato reputato da molti ragazzi come utile ed interessante proprio grazie alla dettagliata spiegazione sulle tipologie di dipartimenti, facoltà e classi di laurea, che hanno permesso un avvicinamento dei liceali a questo nuovo mondo senza lasciarli spaesati, ma dando loro occasione di raccogliere informazioni cruciali.
Il secondo incontro si è svolto nell’aula magna della nostra scuola e, per ragioni di spazio, le classi del linguistico e quelle del classico vi hanno assistito in due giornate separate, il 16 e il 23 gennaio. Questa giornata aveva lo scopo di illustrare le modalità e le tempistiche delle prove di ammissione all’Università, conosciute come TOLC, e di proporre un percorso di preparazione alle domande di ragionamento logico presenti nella grande maggioranza dei test. Attraverso l’analisi guidata dei quesiti, gli studenti si sono familiarizzati in modo pratico con i quesiti di logica e hanno avuto la possibilità di sottoporsi anche ad una prova finale per valutare i propri risultati e il proprio livello di conoscenze.
L’approccio e la reazione degli studenti agli incontri è stata piuttosto varia: mentre il primo è stato apprezzato da buona parte degli studenti, nonostante la difficoltà a seguire la discussione per cinque ore, alcuni ragazzi hanno reputato come "superficiale" l’ascolto di una spiegazione composta da argomenti già noti. È stato sottolineato come queste fossero oggetto di conoscenze comuni o pregresse, e che dunque il tema della giornata poteva vertere su aspetti meno conosciuti del sistema universitario. Inoltre, spesso i dettagli approfonditi erano eccessivamente specifici, e senza un bagaglio di conoscenze sul mondo universitario abbastanza ampio, è risultato impossibile per gli studenti capire alcuni concetti. Non trovando risposte ai loro dubbi e alle loro domande, nonostante lo scopo dell’incontro fosse proprio questo, molti dei presenti ne sono usciti più confusi e frastornati.
La seconda giornata di orientamento, volta a fare maggiore chiarezza sul funzionamento dell’università nello specifico e a concentrarsi su un aspetto preciso, quale i test di ammissione, è stata definita un’opportunità utile e fruttuosa per una parte degli studenti. Anche in questa occasione però, sono emersi dubbi e domande, e una parte dei presenti ha comunque sollevato un leggero malcontento. La domanda allora sorge spontanea: quanto è effettivamente utile questo orientamento?
Sebbene l’intento delle attività organizzate in vista della scelta universitaria sia lodevole, spesso le modalità di queste scoraggiano gli studenti. Rendere i ragazzi consapevoli su come approcciarsi al mondo universitario è essenziale, tuttavia questi incontri a scopo orientativo si concentrano troppo spesso su dettagli e minuzie che perdono in poco tempo l’attenzione degli studenti. Difatti, dedicare intere mattinate alla spiegazione di CFU, classi universitarie e al funzionamento preciso dei bandi di ammissione viene considerato eccessivo: basterebbe dare le informazioni chiave per chiarire i dubbi e domande, piuttosto che focalizzarsi su particolarismi a cui uno studente medio del liceo non è interessato.
Largamente apprezzata è stata invece la giornata dedicata alle testimonianze degli ex-studenti della nostra scuola, tornati tra le mura del liceo per raccontare la loro esperienza universitaria a chi è in procinto di iniziarla. Svoltosi a dicembre, l’evento ha avuto come protagoniste le classi quinte, i cui studenti hanno avuto la possibilità di confrontarsi con loro coetanei poco più grandi ponendo loro domande su come scegliere la facoltà più adatta.
Racconti di avventure e disavventure, motivazioni delle loro scelte, preparazione una volta usciti dal liceo, TOLC e bandi, dal generale al particolare, i ragazzi sono stati in grado di trovare risposta a tutti i loro dubbi e perplessità. Dialogare direttamente con chi è capace di comprendere la difficoltà della scelta universitaria: è questa la modalità di orientamento preferita dei ragazzi. Questo genere di incontri permette loro non solo di raccogliere informazioni pragmatiche, ma anche di ricevere un riscontro sensibile da coloro che hanno vestito gli stessi panni pochi mesi prima e che sanno cosa vuol dire non saper rispondere alla domanda: “Ma tu cosa vuoi fare dopo il liceo?”
Lucia Falzioni 4E, Letizia Meglioli 4DL
Nella giornata di Giovedì 9 gennaio alcune delle classi della nostra scuola hanno partecipato all’incontro con l’Associazione contro le mafie “Libera”. Il progetto durato due ore si è svolto in aula magna in due fasce orarie differenti.
La prima ora dell’incontro è stata a cura di Carlo Baiada referente di coordinamento di Libera a Modena, il quale ha fatto una breve introduzione su ciò che è ad oggi la mafia e su quanto sia importante la convivenza tra persone, spiegando che è proprio su questo che cerca di concentrarsi l’Associazione; sull’arte di vivere insieme.
In seguito la parola è stata passata a Chiara Martone, una studentessa della nostra scuola frequentante la classe 5G, che collabora con l’Associazione dal 2019 come volontaria. Innanzitutto Chiara ci ha raccontato la sua esperienza con Libera e le realtà così diverse con cui ha interagito e vissuto proprio grazie ad essa. Successivamente ha introdotto le radici di Libera, nata a Torino nel 1965 come "Gruppo Abele" da Don Ciotti si è spostata poi in Emilia Romagna a causa dei comportamenti sospetti che erano stati notati nel nostro territorio; infatti venne in seguito scoperta la presenza di organizzazioni mafiose come la’ ndrangheta che operavano a pieno regime. Così Libera tra il 94-95 è diventata l’associazione a livello nazionale che è oggi, operando contro le mafie e in favore della giustizia sociale.
Chiara inoltre ci ha spiegato come questa associazione intervenga attraverso sussidi e campi organizzati in diversi luoghi d'Italia come a Castel Volturno, parlando anche nelle scuole per diffondere e sensibilizzare su tematiche così importanti.
L’incontro è proseguito con una panoramica su quelle che sono state solo alcune delle vittime di mafia, uccise anche soltanto per aver cercato di aiutare dei bambini allontanandoli dalla strada come nel caso di Don Peppe Diana, operatore nel territorio della Campania. Altro caso eclatante fu quello di Jerry Essan, ragazzo africano che negli anni ottanta non aveva diritto all’asilo politico, perciò è stato accolto nella comunità di Castel Volturno e inserito nel circolo della mafia come lavoratore sottopagato. Di fronte a queste ingiustizie Essan decide di parlare e denunciare le condizioni di lavoro di sfruttamento in cui lui e altre persone erano obbligate. Queste denunce hanno messo in luce i crimini del Caporalato e hanno contribuito molto nella lotta contro le organizzazioni criminali, ma proprio per questo suo atto di coraggio Jerry Essan Masloo fu ucciso dalla mafia il 25 agosto 1989.
Chiara poi ha spostato lo sguardo sulle varie stragi organizzate dalle mafie. Ad esempio nel 2008 a Castel Volturno alcuni operai migranti che si stavano riposando davanti alla sartoria in cui lavoravano sono stati uccisi a colpi di pistola dalla Camorra, in particolar modo dalla banda dei Casalesi che ha deciso di attaccare 7 innocenti.
Ciò su cui Chiara ha voluto concentrarsi maggiormente, a nostro avviso a buon ragione, è stata la presenza di queste organizzazioni anche in Emilia Romagna. Noi infatti siamo abituati a pensare che questo tipo di criminalità sia a noi estraneo, che sia segregato solo nel Sud ma non è così e la prova forse più eclatante è il caso del comune di Brescello. Questo comune in provincia di Reggio Emilia è stato sciolto il 20 aprile 2016 poiché si era scoperto che il sindaco aveva collegamenti con la mafia e che le stesse istituzioni erano state corrotte. Questo esempio, però, è solo la punta dell’iceberg: sono tante infatti le prove che attestano che la mafia sia presente anche nel nostro territorio, soprattutto per quanto riguarda il riciclaggio di denaro e che sia una questione apartitica.
Terminato l’intervento di Chiara la parola è stata data a Mara Fonti, docente del Liceo Fermi e vedova di Peppe Tizian, uomo vittima di mafia. La professoressa ci ha raccontato la sua storia fatta di dolore, sofferenza ma anche di rinascita e speranza.
La storia di Mara Fonti e Tizian comincia in Calabria quando suo marito, mentre stava tornando a casa dal lavoro che aveva come funzionario della banca Monte Paschi di Siena di Locri, è stato ucciso da alcuni colpi di berretta senza un apparente motivo o almeno è quello che si pensa, poiché non sono state fatte alcune indagini e neanche un processo a riguardo. In seguito a questo tragico evento, nel 1993, Mara e suo figlio Giovanni (che all’epoca aveva solo sette anni) decidono di trasferirsi a Modena, dove per alcuni anni conducono una vita tranquilla. Le cose cambiano nel momento in cui Giovanni, circa all’età di venti anni, comincia a lavorare nella Gazzetta di Modena andando ad indagare su alcuni boss mafiosi della ‘ndrangheta. Di fronte ai suoi articoli, in cui svelava le infiltrazioni mafiose di questa organizzazione nel gioco d’azzardo illegale, viene minacciato di morte e addirittura viene intercettata una telefonata tra il boss mafioso Rocco Femia e un suo sodale in cui minacciavano di sparare in bocca al giornalista. Per questi motivi dal 2011 fino a 2 anni fa, Giovanni Tizian ha vissuto sotto scorta e solo recentemente si è concluso il processo che ha incriminato Femia e i suoi collaboratori, condannandolo a 26 anni di carcere. La madre ha poi raccontato che adesso Giovanni vive a Roma da uomo libero assieme alla moglie e ai due figli e scrive per il giornale Espresso, esprimendo il desiderio che d’ora in avanti possa vivere la sua vita con la serenità che si è meritato.
Dal racconto di Mara, si può evincere ciò che stava succedendo in quegli anni in Calabria. Negli anni 80 sono arrivati i primi sequestratori dalla nomina sequestri calabresi e negli stessi anni, da Napoli in su, si vivevano grandi problematiche di violenza. L’ ndrangheta aveva bisogno di dare il via a un redditizio commercio, per cui rapisce i figli degli imprenditori facoltosi del nord e li sequestra. L’Italia a quel tempo è divisa perché la verità di ciò che stava succedendo non raggiungeva i giornali e il territorio era ormai sotto il controllo mafioso, nonostante la presenza dell’esercito.
L’intervento della docente è stato utile a comprendere come la mafia necessiti di una rete di complici che fornisca alla loro attività un’immagine normale. Tra i complici sono presenti imprenditori (che vedono in essa un’opportunità di risparmio), forze dell’ordine e professionisti; avvocati, ingegneri, informatici e commercialisti.
La testimonianza di Mara Fonti è stata particolarmente toccante, poiché è riuscita a riportarci con il cuore in mano una storia per cui, come lei stessa ha affermato, soffre ancora molto e che l’ha segnata nel profondo, ma nonostante questo ha voluto lasciarci un messaggio di speranza: la giustizia riuscirà a trionfare. Infine la signora ha incitato gli studenti a non restare mai indifferenti e a portare sempre coscienza in quello che facciamo.
Lucia Falzoni 4E, Letizia Meglioli 4DL e Anna Di Finizio 4E
Maria Agnese Neri 5b
Sabato 11 gennaio, la redazione ha avuto l’opportunità di intervistare Chiara Martone, studentessa del Muratori-San Carlo e volontaria di Libera (Associazione di promozione sociale contro le mafie) dal 2019, per condividere la sua esperienza nel campo della formazione.
Redazione: Puoi spiegare di cosa ti occupi e qual è il tuo ruolo nell’Associazione?
Chiara Martone: “Nel 2019 sono entrata in Libera, con il mio primo tesseramento e partecipando alla manifestazione per la Giornata Nazionale delle Vittime Innocenti di Mafia, il 21 marzo. Il mio avvicinamento a questo mondo è stato possibile grazie a un collega di mia madre, che all’epoca era presidente del presidio di Carpi. A Modena, da molti anni, non esiste un presidio vero e proprio, se non quello universitario; quindi, ho sempre collaborato con il presidio di Carpi. Tuttavia, attualmente stiamo cercando di avviare un’iniziativa per costituire un presidio anche a Modena. Inizialmente, non ero molto attiva nell’ambito della formazione, poiché avevo bisogno prima di tutto di formarmi personalmente. Ho partecipato ad alcune lezioni, tra cui quelle organizzate dalla Camera di Commercio per gli iscritti all’albo, con corsi sul processo Emilia. Il mio interesse per questi temi è nato dalla curiosità personale, ma anche dalla mia provenienza familiare. Sono nata a Roma, con padre vesuviano e madre foggiana: due territori segnati dalla forte presenza della criminalità organizzata. Partendo da queste radici, ho cominciato ad approfondire gli eventi che hanno caratterizzato l’Emilia-Romagna, e a scoprire molto su quanto accaduto in questa regione. Durante il periodo del Covid, ho partecipato a diverse iniziative online, tra cui una sul giornalismo antimafioso, in collaborazione con l’Università di Pavia. Da questa esperienza è nata la mia decisione di partecipare ad alcuni campi di formazione di Libera, per comprendere meglio di cosa si trattasse. Il mio interesse si è concentrato, in particolare, sull’area del Casertano, legata alla mia provenienza familiare, e alla centralità di luoghi come Casal di Principe. Oggi, il mio impegno è focalizzato soprattutto sul mondo della scuola, per sensibilizzare i ragazzi, pur con le limitazioni che posso avere. Non mi considero ancora pronta per formare altri studenti sui temi delle mafie, poiché la mia formazione è iniziata solo nel 2019, e non credo che arriverò mai a una preparazione “completa”. Tuttavia, il mio obiettivo è stimolare la curiosità dei ragazzi e invitarli a riflettere su temi che, a prima vista, sembrano scollegati, ma che sono invece legati dalla possibilità di infiltrazioni mafiose, come il fenomeno migratorio o il settore sanitario. Molte delle iniziative a cui ho partecipato si sono svolte all’interno di beni confiscati alle mafie, grazie alla legge 109 del 1996, che Libera ha contribuito a promuovere con una raccolta firme. È fondamentale che i ragazzi comprendano come la mafia entri in tutti i settori, dall’economia all’alimentazione, dalla sanità alla politica. Vivendo in Emilia-Romagna, ho sentito il bisogno di trasmettere la consapevolezza che la mafia non è un fenomeno lontano, ma che agisce anche nel nostro territorio, infiltrandosi nel tessuto economico e sociale.”
Redazione: Come è nato il tuo interesse ?
Chiara Martone: “Fin da bambina, ho sempre nutrito una grande curiosità, unita a una forte volontà di non essere indifferente, avvertivo una certa sensibilità verso determinati temi, il che mi ha spinto a fare molte domande e a sviluppare una visione più articolata su questi argomenti. Ho sentito il bisogno di approfondire le dinamiche economiche, in particolare nel nostro territorio, cercando di andare oltre i luoghi comuni. Mi ha colpito in modo particolare il fatto che, in Emilia-Romagna, la mafia ha costruito silenziosamente una rete capillare, in grado di infiltrarsi nell’economia senza ricorrere alla violenza diretta. Negli ultimi anni, l’obiettivo delle famiglie mafiose al Nord è stato quello di alimentare l’ignoranza tra i cittadini, convinti che la mafia fosse un fenomeno esclusivamente meridionale e non appartenente alla realtà del Nord Italia.”
Redazione: Qual è stata la testimonianza che ti ha maggiormente segnato?
Chiara Martone: “La testimonianza che mi ha maggiormente segnato è stata la prima che ho ascoltato a Padova, durante un incontro in cui si parlava del progetto AMUNÌ, avviato nel 2012 da Libera in Sicilia, nel palermitano. Questo progetto offre un’opportunità di reinserimento sociale e protezione familiare ai giovani che desiderano allontanarsi da contesti mafiosi o da famiglie coinvolte in attività criminali, come nel caso di genitori arrestati per affiliazione o altri reati legati alle organizzazioni mafiose. Ho avuto l’opportunità di ascoltare la storia del figlio di un ’ndranghetista’, che aveva deciso di ‘distaccarsi’ dalla sua famiglia e, per questo motivo, era stato rifiutato dal suo contesto sociale. È stato costretto a cambiare città e identità, mettendosi sotto un programma di protezione. Questa testimonianza mi ha profondamente colpito, perché lui ha raccontato come, improvvisamente, sia nata in lui una repulsione totale verso il contesto e l’ambiente in cui era stato costretto a vivere fino a quel momento. Un cambiamento radicale che è stato reso possibile anche grazie al coraggio della madre, che dopo l’arresto del padre ha deciso di allontanarlo il più possibile da quel mondo. Questa storia mi ha fatto capire che, al di là della formazione e dei tecnicismi giuridici, l’aspetto più importante resta la volontà. La volontà di cambiare, di liberarsi, di scegliere un altro percorso. Infatti, il titolo del progetto era inizialmente ‘Liberi di scegliere, liberi di agire’, e credo che questa testimonianza incarni appieno questo concetto.”
Redazione: Qual è il più grande ostacolo che si incontra quando si cerca di sensibilizzare sulla mafia?
Chiara Martone: “Ciò che mi colpisce maggiormente è la profonda ignoranza sul tema delle mafie, non tanto intesa come una carenza di conoscenza, quanto come una volontà deliberata di ignorarlo. Questo atteggiamento è particolarmente pericoloso perché rende estremamente difficile riconoscere le infiltrazioni criminali nel nostro territorio, che spesso non percepiamo nella vita quotidiana. A questa ignoranza si aggiunge un pregiudizio radicato: quello di considerare la criminalità organizzata come un fenomeno esclusivamente meridionale, confinato alle regioni del Sud. Un esempio lampante è il caso di Caivano, che ha suscitato enorme scalpore e persino ispirato un decreto-legge. Eppure, di fronte a questa visione limitata, c’è la realtà dei fatti: il più grande processo di mafia del Nord Italia, il secondo a livello nazionale, si è svolto tra Modena, Reggio Emilia e Bologna. Eppure, nonostante la gravità e l’importanza di questo evento, non se ne è parlato con la stessa intensità.”
Maria Sofia Vitetta (5D), Aurora Vanacore (5B), Maria Rosaria Cozzolino (5B), Alice Carli (5CL) | 7 Gennaio 2025
Il 21 dicembre, al Liceo classico e linguistico Muratori - San Carlo, si è tenuta un’intera giornata dedita all’incontro fra i ragazzi di quinta superiore e i loro ex colleghi ora universitari, questo per dare modo ai diplomandi di avere una visione d’insieme dei numerosi piani universitari disponibili e di confrontarsi con i propri coetanei.
Noi di Status Quo abbiamo avuto modo di incontrare personalmente alcuni degli universitari coinvolti nel progetto, porgendogli alcune domande inerenti al loro piano di studi ad alcune delle paure che più attanagliano chi sta per approcciarsi a questo nuovo mondo.
Rebecca, che frequenta il terzo anno di scienze della comunicazione a Bologna, è stata una studentessa del liceo linguistico con indirizzo ESABAC.
Lo studio delle lingue e del latino, ti hanno aiutato in ambito universitario? Se si, in cosa?
«Il Muratori San Carlo offre una formazione molto completa. All’università vi sarà utile il metodo di studio che avete acquisito, le competenze e le vostre conoscenze, e la capacità di saper studiare tante materie in un arco di tempo comunque breve: preparare un esame, anche di 12 crediti, non sarà nulla perché ormai siete allenarti».
Come sfatare il mito di "scienze delle merendine”?
«Non riesco a capire perché a scienze della comunicazione venga attribuito questo termine, è un'università molto completa. La comunicazione, verbale e non, viene spesso sottovalutata, ma è alla base di tutto ciò che facciamo quotidianamente, come leggere una notizia o parlare con qualcuno».
Ci sono dei progetti e dei tirocini che fanno parte del percorso? «Si studiano argomenti teorici, come letteratura o semiotica, ma anche altri con un risvolto pratico, come comunicazione d'impresa: veniamo affiancati da esperti del settore, responsabili di aziende e social media manager, per creare dei progetti, come campagne di comunicazione o di sensibilizzazione».
I progetti offerti dall’università possono essere un'occasione per trovare lavoro?
«Si, soprattutto durante i tirocini. A me non è capitato, quindi non posso parlare in prima persona. Tuttavia, può capitare che i titolari di agenzie di comunicazione chiedano ad uno studente di continuare a collaborare con loro».
Matilde, ex studentessa della nostra scuola, è arrivata al terzo anno di lettere classiche a Bologna e sta pensando di proseguire il suo percorso universitario con la magistrale a lettere moderne.
Iscriversi a lettere significa avere difficoltà a trovare lavoro al termine dell’università?
«Una soluzione lavorativa si trova sempre, ma è un timore che ho avuto anche io. La scelta di iscriversi a lettere deve essere supportata da passione, spirito di iniziativa e motivazione. Bisogna essere consapevoli del fatto che non sarà un percorso lineare e diretto come quello di altri corsi di laurea. Nel momento in cui ti trovi in un ambiente così stimolante ne vale la pena!».
Quali sono gli sbocchi lavorativi?
«Il più diretto è l'insegnamento. D’altra parte, il percorso di lettere non è rigido e già stabilito, ci sono molti esami a scelta, questo è sia un pregio che un difetto. Altri sbocchi sono l’editoria, il giornalismo ed ambienti culturali come musei e luoghi di interesse artistico».
Lettere classiche è un corso molto focalizzato sulla lingua greca e su quella latina?
«Il primo anno gli esami di lettere moderne e classiche sono uguali, tranne informatica di base e lingua greca. A lettere classiche, il secondo anno, bisogna obbligatoriamente fare letteratura ed archeologia greca e latina, ma anche storia greca (a moderne puoi scegliere un’altra storia). Lettere classiche non deve essere percepita come una limitazione, ma come un percorso che fornisce una base più solida, ampia e formativa. Si comprendono le origini per poter avere gli strumenti per capire tutto ciò che si è sviluppato dopo».
Il greco ed il latino che apprendiamo qui al Muratori San Carlo sono molto più semplici rispetto agli studi universitari?
«No. Per quanto riguarda il latino, soprattutto al primo anno, si approfondisce la grammatica analizzando i processi fonetici e linguistici alla base della lingua. Questo vale ancor più per il greco, incentrato sulla formazione storica e temporale della lingua. Io ero brava al liceo e non ho fatto fatica. Ho ottenuto il massimo del punteggio nella sezione di latino del test di ingresso a Bologna, che non è il Tolc».
Sofia, che in passato è stata una studentessa del Liceo scientifico Tassoni, si è laureata in Scienze della Formazione Primaria a Reggio Emilia (Unimore) e sta frequentando la magistrale in pedagogia per non precludersi l’insegnamento di storia, filosofia o scienze umane alle scuole superiori. In contemporanea, sta facendo il dottorato “Humanities, technology and society”, in collaborazione con il Collegio San Carlo ed il Collegio Borromeo di Pavia.
Scienze dell’Educazione e Scienze della Formazione vengono spesso erroneamente confuse, quale è la differenza?
«Chi è laureato in Scienze dell’Educazione può diventare educatore al nido di bambini dagli 0 ai 2 anni o educatore nelle carceri, nelle comunità oppure a scuola per ragazzi con disabilità (è una figura diversa da quella dell’insegnante di sostegno). Per insegnare all’infanzia ed alla primaria, invece, occorre una laurea in Scienze della Formazione».
Per entrare a Scienze della Formazione bisogna superare un test d’ingresso?
«Si, il test è nazionale e viene somministrato lo stesso giorno in tutta Italia. Il numero di posti è stabilito dal Ministero. Si può scegliere una sola sede in cui provare l’ammissione, poiché la graduatoria non è nazionale: si può entrare solo nell’università in cui si è fatto il test».
Ed in caso di mancato superamento del test d’ingresso?
«Di solito chi non entra a Scienze della Formazione si iscrive ad Educazione e riprova il test l’anno successivo. Nel caso in cui uno studente riesca a passare il test al secondo tentativo, deve cominciare Scienze della Formazione dal primo anno, anche se ha già frequentato un anno di Scienze dell’Educazione. Con una triennale in Educazione si può essere ammessi al terzo anno di Formazione, ma con il tirocinio e qualche esame da recuperare: significa comunque perdere un anno».
Quali sono i pro ed i contro?
«Tra gli aspetti negativi, essendo una laurea a ciclo unico, di non avere “nulla in mano” se si sceglie di smettere dopo 3 o 4 anni. Tuttavia, un pregio è il fatto che non bisogna scrivere la tesi per la laurea triennale, in questo diventa un percorso più lineare ed a volte anche più veloce».
Come è stato il tuo percorso? «Sicuramente positivo, a Reggio Emilia il clima è familiare, anche perché il dipartimento non è grandissimo. Se si è convinti di voler fare l'insegnante della scuola dell’infanzia o della scuola primaria questa è la scelta giusta».
Olmo è stato uno studente della nostra scuola e ora ha intrapreso una carriera universitaria incentrata sullo studio del cinema e sulla sua storia al DAMS di Bologna, seguendo il suo interesse.
Cosa ti ha portato a scegliere la tua facoltà?
«Senza dubbio la passione, ed è una cosa che onestamente consiglio a tutti di fare. Non ritrovatevi a fare cose che non vi sentite di fare per la vita».
Hai sentito molto il peso del cambio fra liceo e università?
«Assolutamente, perché vi è un cambio radicale proprio nel modo in cui si approccia alla materia e il modo in cui uno gestisce il proprio tempo. Al liceo è tutto molto inquadrato, mentre all’università, in modo al contempo spaventoso e affascinante, è che decidi tu quando fare gli esami e se attendere alle lezioni oppure no».
Pensi che la scelta dell’università ti aiuterà a trovare uno sbocco lavorativo?
«Sicuramente è la speranza più grande, e nel caso specifico del DAMS si tratta maggiormente di inventarsi il proprio lavoro mettendosi in gioco».
Francesco, dopo gli studi condotti nella branca linguistica del nostro liceo, ha deciso di approfondire la sua passione per la letteratura avviando la sua carriera universitaria studiando lettere moderne.
Cosa ti ha portato a scegliere la tua facoltà?
«Sicuramente il percorso che ho fatto in questa scuola ha aiutato molto, avendo fatto il linguistico. Il mio percorso mi ha consentito di approfondire lo studio di varie letterature, come quella francese o italiana. Fra questi banchi ho capito che quella sarebbe dovuta essere la mia strada proprio perché la letteratura mi dava qualcosa».
Hai sentito molto il peso del cambio fra liceo e università?
«Il distacco sicuramente si sente perché si chiedono cose diverse dallo studente, ma allo stesso tempo sono dell’idea che il liceo fornisca gli strumenti necessari per potersi adattare all’ambiente universitario».
Pensi che la scelta dell’università ti aiuterà a trovare uno sbocco lavorativo?
« Di sicuro non ho fatto la scelta più inflazionata, però credo che la mia sia una facoltà che insegna ad arricchirsi e a sviluppare le proprie potenzialità, fattore importante nel mondo del lavoro».
A seguito degli studi umanistici presso il nostro liceo, Francesca (25 anni) ha scelto di cambiare radicalmente ambito, iscrivendosi al corso di Ingegneria Meccanica presso l'Università di Firenze. Dopo aver completato la laurea triennale, ha proseguito con una magistrale in Ingegneria Biomedica, anch’essa a Firenze, mentre attualmente è al primo anno di dottorato in Robotica Chirurgica presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Cosa ti ha spinta ad intraprendere un percorso di studi universitari in ambito scientifico dopo un liceo umanistico?
«Ho sempre avuto una passione per le materie scientifiche, le cosiddette “scienze esatte” mi hanno da sempre affascinato. Tengo comunque molto alla mia istruzione umanistica perché penso che a livello personale sia una formazione senza eguali. Sicuramente sono stata molto fortunata, ho avuto come guida negli anni del liceo insegnanti straordinari che mi hanno trasmesso il valore del pensiero critico e l'importanza dell'umanità prima di qualunque nozione».
Pensi il Muratori ti abbia dato gli strumenti adatti per riuscire ad affrontare al meglio l’università? Com’è stato cambiare così radicalmente ambito di studi?
«Uscita dal Muratori ero abituata a studiare quantità di pagine non trascurabili, ma soprattutto avevo una grande disciplina nello studio, credo sia stato questo il punto principale che ho traslato nel mio nuovo studio. Non si trattava solamente di studiare cose nuove (come suppongo accada per qualunque nuovo percorso universitario), ma di avere un approccio nuovo allo studio, e in questo essere disciplinati è stato fondamentale. Tipicamente nelle materie tecniche la mole di studio non è particolarmente ampia (non ci sono lunghi manuali da studiare), ma può succedere che per capire ed assimilare tre righe che descrivono un teorema servano due settimane. Un quadro totalmente diverso rispetto allo studio di una corrente letteraria».
Sei soddisfatta della tua scelta?
«Sono totalmente soddisfatta della mia scelta e la rifarei. Non posso negare che a tratti, soprattutto all'inizio, è stata dura, ma sono stati anni belli».
Hai un qualche consiglio per chi studia nella nostra scuola e vorrebbe iscriversi ad una facoltà scientifica?
«Un consiglio per chi studia nella nostra scuola e vorrebbe iscriversi ad una facoltà scientifica? Per quanto riguarda la parte più tecnicamente legata allo studio, penso che sia estremamente soggettiva. Una cosa che però mi sento di raccomandare è di contare sulla forza del lavoro di squadra, lasciate che i vostri colleghi diventino amici e compagni di vita. Soprattutto quando si è in difficoltà si tende a chiudersi in sé stessi per paura del confronto con gli altri, ma quasi sempre le nostre difficoltà sono le stesse di chi siede accanto a noi ad ascoltare il professore di Analisi 1».
Aurora Vanacore| 27 Dicembre 2024
“Classico è un testo tale che riesce a rimanere attuale e valido oltre qualsiasi tempo di spazio e di tempo”
Dopo un secolo dalla sua morte, Kafka ritorna a vivere e a parlarci tramite le pagine dei suoi racconti, opere articolate e vaghe che lo stesso autore non riteneva degne di essere pubblicate chiedendo al suo amico Max Brod di bruciarle.
Fortunatamente i suoi voleri non sono stati rispettati e oggi possiamo ancora godere di uno spaccato letterario e culturale che ci permette di osservare uno dei personaggi più affascinanti e allo stesso tempo oscuri della letteratura del Novecento attraverso uno scorcio di inchiostro, carta ma anche tanto dolore.
Come è accaduto anche per altri autori, come Leopardi o Tasso, la cifra pessimistica e inquietante è stata spesso un marchio che li ha segnati all’immagine che spesso si può avere di essi stessi: proprio per questo tramite una lettura collettiva e dinamica, partecipata e dibattuta, soggettiva ma anche guidata da insegnanti di italiano e tedesco, anche noi ragazzi possiamo guardare Kafka da un punto di vista diverso, andando oltre allo stereotipo dello scrittore tormentato.
“Il linguaggio di Kafka si basa sull’utilizzo di un lessico elementare e termini semplici anche da tradurre, ma quello che non appare mai chiaro è il senso generale dei suoi racconti, il filo logico che colleghi tutte le parole”: da racconti ambigui ed enigmatici scaturiscono moltissime letture diverse delle stesse parole, ognuna nata dalla fusione tra il testo kafkiano e le esperienze personali, che rendono così le sue opere universali ma al tempo stesso molto intime e quindi sempre valide.
Dalle interpretazioni individuali il turbolento animo messo su carta di Kafka viene man mano districato, rivelando lati nascosti alla cultura popolare e alla sua reputazione superficiale: appare così il ritratto di un uomo oppresso da un perenne senso di colpa ontologico e di inadeguatezza nei confronti del suo contesto lavorativo, storico e geografico, ma che comunque non può fare a meno di abbandonare del tutto un’esile rimanenza di speranza per sé stesso e per tutta l’umanità, in attesa di un lieto fine, di una risposta certa al dissidio che divora lui ma non solo.
Maria Agnese Neri 5B | 20 Dicembre 2024
Ieri, 19 dicembre 2024 , si è tenuta la prima assemblea per gli studenti e studentesse del triennio, incentrata sulla questione delle carceri italiane.
Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare tre esperti: Valentina Calderone: “Garante delle persone private della libertà personale” , Petrella Stefano “responsabile della medicina penitenziaria dell’ ausl di Modena” e Giovanna Frisella, “esperta di politiche penitenziarie e avvocato penalista”.
Valentina Calderone: “Garante delle persone private della libertà personale” racconta che l’articolo 7 del decreto legge 23 dicembre 2013, ha istituito il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Questa figura riveste un ruolo cruciale nel monitorare i luoghi di detenzione per garantire il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali di chi vi è recluso.Il Garante nazionale svolge la sua attività visitando strutture come carceri, centri di detenzione per migranti, ospedali psichiatrici e altri luoghi di privazione della libertà. Per compiere al meglio il suo lavoro, la legge gli attribuisce tre poteri fondamentali: l’accesso illimitato ai luoghi di detenzione senza necessità di autorizzazione, la possibilità di condurre colloqui riservati con le persone detenute e l’accesso a tutta la documentazione relativa ai detenuti. Oggi le carceri italiane ospitano oltre 62.000 persone, a fronte di una capacità progettata per accoglierne circa 45.000. Questo sovraffollamento grava sul sistema penitenziario, mettendo in difficoltà sia le risorse economiche sia il personale. Seguendo così tanti detenuti in maniera superficiale, diventa quasi impossibile perseguire uno degli obiettivi fondamentali della pena: la rieducazione del condannato.Già l’8 febbraio 2013 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani, riconoscendo trattamenti inumani e degradanti subiti da detenuti nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza. La sentenza ha acceso un dibattito su possibili soluzioni, tra cui un provvedimento di amnistia per ridurre il numero di persone incarcerate per reati minori. Valentina Calderone ci ricorda che nella Costituzione italiana, l’ articolo 27, stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato e che nessuna pena può consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Eppure, il carcere non è mai menzionato esplicitamente: probabilmente perché i padri e le madri costituenti, molti dei quali avevano conosciuto il carcere per motivi politici, sapevano che non poteva rappresentare una soluzione efficace per il recupero sociale.
Petrella Stefano responsabile della medicina penitenziaria dell’ ausl di Modena; ha potuto analizzare la situazione arrivando alla conclusione che un aspetto critico del sistema carcerario è l’assistenza sanitaria. Prima del 2008, la medicina penitenziaria dipendeva dal Ministero di Grazia e Giustizia. Oggi è gestita dalle Aziende Sanitarie Locali, ma il problema principale rimane: i tempi per le cure si allungano per ragioni di sicurezza, spesso con conseguenze fatali. I dati mostrano inoltre un aumento dei problemi psichiatrici: il 12% dei detenuti soffre di gravi disturbi mentali, rispetto al 10% dell’anno precedente. Questo disagio può portare a tragiche conseguenze: tra il 2020 e il 2024 si sono registrati 810 decessi nelle carceri italiane, di cui 340 suicidi. Un dato allarmante che evidenzia la fragilità psicologica di molti detenuti, aggravata da condizioni di isolamento, come quelle imposte durante la pandemia da Covid-19.Infatti la pandemia ha acuito il disagio carcerario. Durante l’emergenza sanitaria, le misure di isolamento adottate per prevenire il contagio hanno portato a un “isolamento nell’isolamento”, esasperando i detenuti. A Modena, nel 2020, si è verificata una rivolta senza precedenti: la paura di “morire come topi in gabbia” e il desiderio di uscire dal carcere hanno acceso la miccia di una protesta che ha fatto emergere l’insostenibilità del sistema.
“Il problema della nostra società è che le persone vengono giudicate solo per i loro reati, e non per il loro percorso di redenzione”, ha dichiarato Giovanna Frisella, esperta di politiche penitenziarie e avvocato penalista. Il carcere è spesso dimenticato, sia in termini di finanziamenti sia di collocazione geografica, relegato in zone periferiche e isolate, lontano dal tessuto sociale.Un esempio virtuoso, però, esiste: il carcere di Bollate, a Milano. Aperto nel 2000, è considerato uno dei penitenziari più avanzati in Italia. Qui i detenuti sono incoraggiati a lavorare sia durante la pena sia dopo, per contribuire economicamente alle loro spese e favorire il reinserimento sociale. Questo approccio ha portato a risultati straordinari: il tasso di recidiva è del 17%, contro il 68% della media italiana.A Bollate, oltre 700 detenuti su 1.400 lavorano, di cui 170 per aziende che operano all’interno del carcere. Questo modello dimostra che, se gestito con una visione innovativa, il carcere può diventare un’opportunità per ricostruire vite e ridurre il rischio di recidiva.
Ilaria De Feo e Rita Madama 2D| 20 Dicembre 2024
L’assemblea del biennio si è svolta il 14 dicembre ed è stata introdotta dalla visione del film “Il ragazzo dai pantaloni rosa” tratto dalla drammatica storia di Andrea Spezzacatena prima vittima di bullismo in Italia a togliersi la vita. Margherita Ferri è la regista di questo film che trae spunto dal racconto di Teresa Manes (madre di Andrea) che è interpretata da Claudia Pandolfi. Samuele Carrino veste i panni di Andrea, mentre Sara Ciocca e Andrea Arru sono rispettivamente la migliore amica e il compagno di classe che lo prenderà di mira.
Andrea è un ragazzo delle scuole medie con un gran talento per il canto grazie al quale riesce ad entrare in una scuola privata che dà la possibilità agli alunni di cantare nel coro del papa. Nella scuola fa amicizia con Sara e con Christian, che attira da subito le attenzioni di Andrea perché popolare e circondato da amici.
Christian ed Andrea instaurano un rapporto di amicizia dopo che il primo chiede aiuto al secondo per i compiti. Andrea, convinto di aver trovato un amico con cui confidarsi, gli racconta, che a causa del divorzio dei suoi genitori, aveva avuto un incubo e, per lo spavento, aveva bagnato il letto. Cristian, tradendo la fiducia dell’amico, decide di divulgare la “notizia” con la conseguenza che Andrea viene deriso dall’intera classe.
Terminate le medie, Andrea scopre con rammarico che frequenterà la sua stessa scuola Christian anche se quest'ultimo, inizialmente, ha un atteggiamento amichevole nei confronti del protagonista. Ben presto Christian, però, comincia a prenderlo in giro e questa volta il pretesto è fornito da un paio di pantaloni rosa che Andrea indossa. In realtà i pantaloni erano rossi ma per un lavaggio sbagliato erano diventati rosa. Da questo momento in poi la situazione precipita. Ormai Andrea è diventato bersaglio dei bulli della scuola che, dopo aver aperto un gruppo facebook, non perdono occasione per deriderlo e insultarlo per una presunta omosessualità. Sempre più solo Andrea non trova altra soluzione se non quella di togliersi la vita pochi giorni dopo il suo quindicesimo compleanno.
Il Ragazzo dai pantaloni rosa è un film drammatico che dà la possibilità di riflettere su temi molto importanti e purtroppo molto spesso sottovalutati. Nel corso dell’assemblea sono intervenute due psicologhe che ci hanno spiegato che la storia di Andrea sarebbe stata molto diversa se il ragazzo si fosse aperto con le persone giuste e avesse raccontato alla madre la difficile situazione che stava vivendo. Anche l’indifferenza degli altri compagni ha peggiorato la situazione rendendo tutti, in qualche modo, colpevoli perché nessuno di loro si è mai opposto ai bulli cercando di dare sostegno ad Andrea.
Ormai tutte le scuole sono munite di psicologi che possono fornire sostegno agli alunni in difficoltà aiutandoli a migliorare i rapporti interscolastici ma anche dando supporto su situazioni che si verificano in ambito extrascolastico. Nella città di Modena, in particolare, c’è un consultorio, riservato a ragazzi minorenni che hanno bisogno di aiuto.
Le psicologhe, inoltre, hanno spiegato come riconoscere le persone con le quali parlare dei nostri problemi. Ovviamente il punto di riferimento migliore sono sempre gli adulti ma anche gli amici fidati possono essere di aiuto perché sfogarsi è nella natura umana ed è un bisogno che non possiamo evitare.
Purtroppo anche se il bullismo e cyberbullismo sono reati e, pertanto, penalmente perseguibili i casi sono tanti e si verificano ogni giorno, per questo è importante che i ragazzi sappiano che non sono mai soli, che le situazioni difficili possono essere superate e che la morte non è un rimedio perché spezza definitivamente la vita e i sogni di ogni persona.
Valentina Pini 3D| 19 Dicembre 2024
Nella settimana dal 09/12/2024 al 14/12/2024, alcune alunne della classe 3D hanno svolto il progetto di alternanza scuola lavoro presso il Policlinico di Modena con l’associazione AVO.
Le alunne prima della settimana di PCTO hanno fatto un incontro con il tutor Pietro Boschini, nel quale gli è stato presentato nel dettaglio il progetto e hanno ricevuto il camice ospedaliero da usare durante la loro esperienza ospedaliera.
Il primo giorno le ragazze si sono incontrate con i tutor nell’atrio dell'ingresso 1 e dopo una breve presentazione, due delle alunne sono andate nel reparto di chirurgia oncologica e trapianto del fegato, mentre altre due sono andate nel reparto di cardiologia e M.I.A.C (Medicina Interna e Area Critica).
L’esperienza ospedaliera di volontariato consiste nel visitare i pazienti letto per letto e scambiare due parole con loro. Molti pazienti avevano anche solo bisogno di sfogarsi sui lunghi tempi di attesa, parlare di una loro situazione familiare, raccontare delle loro passioni e esperienze passate.
Purtroppo la maggior parte dei pazienti proveniva da parti lontane o addirittura fuori dall’Italia, poichè la specializzazione di determinati reparti del policlinico di Modena è molto elevata rispetto ad altre città, quindi non avevano parenti con cui scambiare due parole oltre che con i dottori, e vedere i volontari, che spesso scambiavano per medici, e trovare in realtà persone che avevano solo voglia di parlare, era per loro un vero sollievo.
In una delle mattinate di volontariato, uno dei tutor ha deciso di portare le ragazze a conoscere il resto del policlinico al di fuori dei reparti a loro assegnati, ed è stata un'esperienza unica, poiché hanno visitato parti che solo i medici possono vedere.
Inoltre il penultimo giorno hanno avuto occasione di andare nel reparto opposto a quello scelto, e hanno potuto conoscere nuovi pazienti.
L’iniziativa del Muratori San Carlo di proporre esperienze di volontariato ai suoi alunni di terza superiore, è molto importante e non va sottovalutata, siccome in molte scuole non vengono proposte tali iniziative.
Anna Derya Di Finizio, Lucia Falzoni, Angelica Frappa, Christian Bianco 4E| 18 Dicembre 2024
Con questo articolo ci vorremmo focalizzare sull’importanza di fare colazione la mattina, che secondo alcuni studi riesce a migliorare le prestazioni cognitive a scuola, specialmente nelle materie scientifiche. Sempre di più stanno emergendo delle ricerche sull’impatto di un consistente pasto prima di intraprendere le attività quotidiane e da tutti i paesi del mondo si rilevano dati a sostegno delle nuove scoperte. La mancata colazione non influenza però la prestazione in test di intelligenza bensì i compiti che richiedono aspetti della memoria, andando ovviamente ad influenzare le capacità matematiche degli studenti.
In particolare in Inghilterra è stato proposto un test a 1386 studenti di età compresa tra i 6 anni e i 16, in cui dovevano rispondere ad alcune domande sulla loro alimentazione e a qualche domanda di tipo cognitivo. Il test ha dato come risultato che i ragazzi che la mattina fanno colazione hanno generalmente risultati più alti di coloro che non la fanno.
Questa correlazione è dovuta infatti al livello di glucosio nel sangue che aumenta la funzione cognitiva della memoria. Proprio in Norvegia è stato svolto uno studio, di cui hanno parlato la maggior parte dei giornali italiani, che ha deciso di indagare su questo aspetto specifico e ha confermato a pieno la tesi proposta, ovvero che la colazione influenza le capacità matematiche.
Lo studio norvegese pubblicato sull'International Journal of Educational Development ha evidenziato la correlazione tra la colazione e il rendimento scolastico in matematica e scienze degli studenti di terza media. Utilizzando i dati del Trends in International Mathematics and Science Study (TIMSS) del 2015 e 2019, i ricercatori hanno coinvolto oltre 9.000 studenti e scoperto che la percentuale di chi fa colazione è scesa dal 57,6% al 30,9%, accompagnata da un calo di 9 punti in matematica e 13 in scienze. Si stima che la mancanza di colazione influisca negativamente su attenzione, memoria e problem-solving a causa della carenza di nutrienti essenziali.
E’ importante sottolineare che quando si parla di colazione, non si intendono semplicemente due biscotti, ma è necessario che sia una colazione ricca e che abbia al suo interno la maggior parte dei micronutrienti essenziali. Gli esperti infatti sottolineano che la colazione dovrebbe coprire il 15-25% del fabbisogno energetico quotidiano e includere cereali integrali, frutta o verdura, latte o derivati, e preferibilmente frutta secca. Omettere la colazione porta spesso a consumare snack poco salutari, aumentando zuccheri semplici e grassi saturi che non vanno sicuramente a favorire la concentrazione.
Anche l'Italia si è particolarmente interessata e dati italiani del 2022 mostrano che solo il 54,1% dei giovani tra 11 e 17 anni fa colazione, con una tendenza decrescente negli ultimi 10 anni. Saltare la colazione è associato a maggiore stress, ansia e depressione. Ci tengono inoltre a sottolineare l'importanza di educare i giovani a sane abitudini alimentari per il benessere cognitivo e mentale a lungo termine.
Per questi motivi anche la redazione di status quo ha deciso di indagare a riguardo e siamo andati a chiedere ai nostri ragazzi se la mattina fanno colazione e quali sono i risultati in matematica e soprattutto se secondo loro i due aspetti sono correlati.
Tutte le domande e le risposte le trovate nel reel pubblicato sulla nostra pagina instagram.
Valentina Pini | 15 Dicembre 2024
Nel giorno di mercoledì 18 dicembre sia in sede Cittadella, nella palestra B, sia in sede Cavour, nell'atrio al piano terra, si terrà una splendida merenda di Natale organizzata dai nostri ragazzi dell' aula risorse dalle 10.45 alle 11.15.
I prodotti che saranno venduti sono stati fatti dal gruppo dell'aula risorse durante questi mesi, e si possono trovare anche nel mercatino che si svolge a ogni ricreazione già iniziato lunedì 9 dicembre.
Entrambi questi appuntamenti mirano a far conoscere i progetti che rientrano nell'offerta formativa dell'area inclusione.
Alice Fontana 4EL | 6 Dicembre 2024
Nella notte tra martedì 29 ottobre e mercoledì 30 ottobre 2024 le province di Valencia, Albacete e la regione dell'Andalusia sono state colpite da una delle alluvioni più disastrose e violente degli ultimi anni. Le precipitazioni che hanno colpito la zona nell’arco di poche ore sono paragonabili a quelle attese in un intero anno, con danni mai visti prima. Ad oggi, innumerevoli sono le vittime, i dispersi ed i feriti. Centinaia di migliaia di edifici sono rimasti senza acqua né luce e moltissime persone sono state intrappolate in casa per giorni interi. Le condizioni in cui versano le città colpite sono devastanti, con strada trasformate in fiumi d’acqua, fango e detriti che rovesciano automobili e ponti abbattuti dalla furia dell’acqua e del vento.
Una delle zone maggiormente colpite è stata quella di Sedavì, una cittadina nei pressi di Valencia. I danni che hanno subito gli abitanti sono inimmaginabili. La quotidianità di un’intera comunità si è come interrotta per settimane intere, sospesa tra il pericolo di nuove precipitazioni e il tentativo di guadagnarsi di nuovo una sorta di “normalità”.
Case distrutte, vie che scompaiono sotto litri e litri di acqua e scuole inagibili sono solo alcuni esempi per provare a immaginare in che situazione versi la cittadina dopo l’alluvione.
È questo il caso della scuola IES Sedavì, che è stata gravemente danneggiata dal DANA, lasciando disarmati migliaia di studenti, professori e collaboratori scolastici.
A testimonianza delle tragiche condizioni attuali dell'edificio, la scuola spagnola ha condiviso un padlet (disponibile al seguente link https://padlet.com/jeanoliviersaiz1/solidarios-con-valencia-5fucnf4ippha7gm4) ricco di foto e video registrati dalle persone coinvolte.
L’istituto è stato nostro partner in numerosi progetti Erasmus e eTwinning, condividendo con la nostra scuola diverse mobilità, arricchendo l’esperienza didattica, culturale e sociale dei giovani e del personale coinvolto.
A nome di questa preziosa collaborazione, il liceo Muratori San Carlo desidera sostenere la comunità di IES Sedavì ad affrontare questo momento difficile. È stata a tal fine avviata una raccolta fondi volontaria, volta ad aiutare l’istituto spagnolo a ripristinare al più presto possibile le attività scolastiche e formative.
Per tutti coloro che desiderassero partecipare, potranno farlo offrendo un contributo volontario presso la piattaforma di crowdfunding IDEArium del MIM al seguente link https://idearium.pubblica.istruzione.it/crowdfunding/progetti/83799/dettaglio
Le donazioni raccolte saranno inviate direttamente alla scuola IES Sedavì, e saranno impiegate per ridare agli studenti, ai professori e a tutto il personale la possibilità di ritornare alla loro quotidianità scolastica.
Anche se piccolo, ogni gesto è prezioso in questo momento.
PRIMA
DOPO
Falzoni Lucia e Frappa Angelica 4E| 6 Dicembre 2024
Sabato 30 novembre, il nostro Istituto Muratori San Carlo ha aperto le porte ai ragazzi delle scuole medie e alle loro famiglie per la prima giornata di Open Day. È stata un’occasione speciale per scoprire da vicino i due indirizzi di studio, Classico e Linguistico, che rappresentano l’identità e l’eccellenza della nostra scuola.
La giornata è stata divisa in due fasce: dalle 15 alle 17 con l’open day del linguistico, e dalle 17 alle 19 con quello del classico. Come primo momento in Aula Magna si è tenuta una presentazione, in modo tale da fornire uno sguardo generale a quella che è la nostra scuola, dove si è parlato dei diversi progetti e delle molteplici iniziative che vengono proposte, come ad esempio l’erasmus o il progetto MEP.
Successivamente, grazie all’ausilio di studenti che si sono offerti volontari, i partecipanti hanno potuto immergersi nelle opportunità formative che il Muratori San Carlo offre e svolgere un giro completo della scuola, dove sono stati mostrati loro i diversi laboratori e le diverse aule, con le rispettive attività. Si è riscontrato, in entrambi i gruppi di ragazzi, grande entusiasmo, per la scoperta di un mondo a loro nuovo, che ha stimolato infatti curiosità e ha offerto spunti di riflessione per chi sta scegliendo il proprio futuro scolastico.
Oltre ciò abbiamo deciso di chiedere, in una breve intervista, a due ex studentesse del Muratori, Ginevra e Carlotta, la loro esperienza in questa scuola, e come si sono trovate fuori una volta diplomate
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Vi va di raccontarci la vostra esperienza al Muratori? Dopo il diploma, come vi trovate fuori?
Ginevra: “Io sono uscita dal Muratori e non mi sono mai pentita della mia scelta, penso che non ci potesse essere una scuola più idonea per me. Ritengo che mi abbia formata prima come persona e poi come studentessa, e questo a parer mio è fondamentale nella vita di un ragazzo, che a 14 anni si trova a dover scegliere una scuola che effettivamente non sa se è quella corretta e si trova in un mondo a lui sconosciuto.
Non so quale sia l’esperienza di uno studente del Muratori che poi è andato a fare materie scientifiche, perché io sono sempre rimasta nell’ambito di quelle umanistiche dove mi sento estremamente preparata.
Studio all’università di Parma, perché sostengo di lavorare meglio negli ambienti piccoli e Bologna quasi mi “spaventava”; attualmente sono al secondo anno e contemporaneamente lavoro alla Gazzetta di Modena, con la quale avevo fatto alternanza scuola lavoro in terza superiore. Ho sempre fatto entrambe le cose, ma la mia priorità sono sempre stati la scuola e lo studio.
Credo che il Muratori mi abbia dato un metodo per approcciarmi prima alla vita e poi allo studio, e che poi si è riversato in tantissime anche esperienze al di fuori della scuola stessa.
È una scuola che consiglio fortemente perché è una palestra di vita: prima di essere formata come studentessa, che poi sarebbe diventata lavoratrice/universitaria, sono stata formata come persona e questo secondo me è il motivo per cui bisognerebbe scegliere il Muratori.
Carlotta: “L’unico aggettivo con il quale descriverei la mia esperienza al Muratori è eccellente. Ho passato all’interno delle mure scolastiche cinque anni indimenticabili della mia vita, nel bene e nel male. Questa scuola mi ha infatti dato la possibilità di vivere momenti sia spensierati ma anche difficili soprattutto dal punto di vista di crescita personale. La descriverei come un’esperienza propedeutica alla persona che sono oggi, soprattutto nell’ambito universitario e lavorativo. Infatti frequento il secondo anno di lettere moderne a Bologna e contemporaneamente collaboro con la Gazzetta di Modena, con la quale ho potuto approcciarmi mentre ero tra i banchi di scuola. Proprio entrando all’università ho potuto comprendere fino in fondo quanto questa scuola mi abbia dato, infatti con il metodo appreso al Muratori ora riesco a godermi sicuramente meglio le lezioni e ad affrontare con più serenità le lunghe sessioni di esami. Di ognuno dei professori che si sono succeduti nel mio percorso scolastico ho un ottimo ricordo e alcuni più di altri mi hanno segnata profondamente perché sono riusciti a cogliere aspetti della mia personalità e a coltivare le mie potenzialità come io non ero stata in grado di fare. Sono stati quindi capaci di rendermi chiari quali fossero i miei veri interessi in un periodo delicato anche come è quello dell'adolescenza e delle scelte future. Mi sento di dire che tutte le opportunità che offre la scuola sono utili anche nel mondo fuori, infatti proprio una delle certificazioni di lingua che ho conseguito al Muratori ad oggi mi è stata fondamentale per una candidatura universitaria.
Perciò sono sicura quando dico che la scelta di questa scuola e l'ambiente interno al Muratori sono ideali per permettere allo studente di spiccare il volo verso il futuro.
Pini Valentina 3D, Palandri Rebecca 4AL | 3 Dicembre 2024
È pieno giorno e l’aula magna è gremita di studenti: chi sonnecchia, chi ripassa e chi sbircia il telefono. L’attenzione nella stanza è bassa, si vede che gli studenti hanno altro per la testa. Due figure vestite di nero aspettano pazientemente che tutti si siedano e che finalmente cali il silenzio. Improvvisamente, un canto: non siamo più a Modena, ma in Scozia, in mezzo alle brughiere e di fianco a noi l’eroe Macbeth ritorna dalla battaglia, glorioso ed ignaro della tragica sorte che lo attende. La voce melodiosa trasporta magicamente tutti i presenti in un altro mondo, abitato da streghe, ricco di intrighi e di misteri: il mondo di Macbeth.
Venerdì 15 novembre in aula magna, alcune classi hanno assistito ad uno spettacolo messo in scena da due professionisti teatrali dello STED di Modena (centro formazione e produzione danza e teatro). Sul palco, o meglio tra le file dell’aula, Marco Marzaioli nei panni dell’ambizioso Macbeth e Marina Meinero come sua moglie, la crudele Lady Macbeth, hanno portato la celeberrima opera scozzese di Shakespeare ai ragazzi del liceo. La storia è nota a tutti: Macbeth, un nobile guerriero, incontra tre streghe che gli predicono che sarebbe diventato re e sotto l’influenza manipolatrice di sua moglie è spinto ad uccidere re Duncan per usurparne il trono. Dopo essersi macchiato le mani del sangue del suo monarca, Macbeth prende la corona nella convinzione di essere al sicuro ed intoccabile, convinzione che si rivelerà essere non così fondata come credeva.
Nonostante fossero solamente in due e avessero a disposizione pochi oggetti di scena, gli attori sono stati in grado di rappresentare ammirabilmente la tragedia, marcando nel loro adattamento il contorto rapporto coniugale origine di una serie di disgrazie che travolgono tutti i personaggi della storia. Dall’amore alla più totale indifferenza,il graduale andarsi disfacendo della relazione matrimoniale tra i due nobili è causato dalla loro travolgente ambizione, sete di potere e senso di colpa: questi aspetti sono traspariti dalla performance, colpendo il pubblico per la profondità della tragedia di Shakespeare e l’espressività della messa in scena.
Alternando momenti di tensione a qualche risata con i ragazzi, lo spettacolo della durata di quaranta minuti è stato largamente apprezzato anche da coloro che all'inizio sembravano più scettici. Al termine della rappresentazione Marco e Marina hanno lasciato la possibilità di porgere loro delle domande, sfruttandole come spunti per poter raccontare la loro esperienza teatrale. Questo format di successo viene riproposto in diverse scuole e dà la possibilità di vedere i testi che si studiano sui libri prendere vita di fronte ai propri occhi, stimolando l’interesse e approfondendo la comprensione dell’opera. E Macbeth non è l’unica opera di Shakespeare proposta dagli attori dello STED: lunedì 2 dicembre e martedì 3 dicembre verranno rappresentate nella nostra scuola rispettivamente “Amleto” e “Otello”.
Vanacore Aurora, 5B | 30 Novembre 2024
La nostra viene spesso definita come la generazione digitale, “nati con uno smartphone già tra le mani”: ma quanto davvero sappiamo del processo di digitalizzazione soprattutto in relazione agli effetti che questo ha nell'ambito lavorativo?
Proprio su questo tema, l’intervento di Massimiliano Gambardella e Domenico Ventriglia, entrambi attivi per PagoPa, è stato d’aiuto per chiarire l’idea sfocata che anche noi "nativi digitali" abbiamo dell'argomento.
Questa piattaforma suona familiare a noi studenti ma in realtà il suo ruolo va ben oltre i semplici pagamenti in digitale di gite o progetti: infatti ha lo scopo di favorire il processo di digitalizzazione dello Stato italiano, permettendo così di rendere alcuni servizi più facilmente accessibili ed efficienti.
All’interno di questa azienda, i ruoli che i singoli individui svolgono sono molto diversi tra loro, e ne sono un esempio concreto proprio i due ospiti del Festival: Massimiliano Gambardella si occupa di rappresentare PagoPa nello specifico nei rapporti con le Università e con gli enti di ricerca, mentre Domenico Ventriglia coordina le operazioni che prevedono l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come strumento di base.
“I nostri percorsi formativi hanno punti in comune, come ad esempio l’esperienza lavorativa presso testate giornalistiche, ma anche differenze sostanziali, sia negli studi fatti sia nelle azioni quotidiane che compiamo sul posto di lavoro: questo dimostra come, soprattutto al giorno d’oggi, ciò che gioca veramente un ruolo chiave sia la competenza di trasversalità, di adattamento, di versatilità, insomma l’individualità che rende ognuno diverso da tutti gli altri e quindi insostituibile”
Queste parole assumono un valore ancora più importante in un contesto lavorativo dove è inevitabile che l’intelligenza artificiale assuma un’influenza sempre maggiore: se da un lato questa suscita fascino e curiosità, allargando gli orizzonti della conoscenza umana, dall’altro l’intelligenza artificiale provoca anche in noi studenti il timore che i cambiamenti che essa apporta al mondo del lavoro possano non essere solo positivi, anzi al contrario ridurre le possibilità di trovare un’occupazione o addirittura portare alla “morte” definitiva di altre.
“L’intelligenza artificiale è uno strumento che, grazie ai calcoli e agli algoritmi su cui è basata, riesce a dare sempre la risposta corretta alle domande che l’utente pone: ma cosa davvero conta, la capacità di formulare una soluzione efficiente o piuttosto quella di porsi dubbi, di mettere in discussione, di fare la domanda corretta?”
Come qualsiasi mezzo, le conseguenze di questa macchina dipendono esclusivamente dall’uso che se ne fa, utilizzando la domanda per indicare una direzione senza la quale anche qualcosa di così potente come l’intelligenza artificiale risulta essere del tutto inutile e incapace di produrre alcunché di produttivo o di minimamente corretto.
In generale quindi, tramite il Learning More Festival, abbiamo avuto la preziosa opportunità di scoprire la realtà di un contesto lavorativo in profondo cambiamento, dove non sono tanto le conoscenze quanto le competenze a fare la differenza e a rendere ogni persona particolare e per questo fondamentale all’interno di un sistema sempre a più stretto contatto con la tecnologia.
Ma è una ferita profonda nel corpo e nell'identità femminile
Falzoni Lucia 4E, Meglioli Letizia 4DL, Bianco Christian 4E | 29 Novembre 2024
Nelle giornate del 31 ottobre e 26 novembre si è tenuto presso il Liceo Muratori San Carlo il progetto “In-Vita alla prevenzione”, rivolto alle classi quarte, a cura dell’associazione di volontariato “Il cesto di ciliegie”. La trattazione dei temi legati alla prevenzione è stata presentata dalle dott.sse Alessia Andreotti, chirurgo senologo, Angela Toss, medico oncologo, Paola Picco, ginecologa, Elisabetta Razzaboni, psicologa, Martina Vinciguerra, dietista.
Il tumore della mammella è il tumore più frequente nella generazione generale e interessa nel corso della vita una donna su otto; è proprio alla luce di questi dati allarmanti che nasce il progetto, intento a sensibilizzare le nuove generazioni su un corretto stile di vita da adottare. Il primo intervento è stato curato dalla dott.ssa Alessia Andreotti la quale in particolare si è soffermata sulla rimozione chirurgica del tumore della mammella e su come a partire dagli antichi greci si sia arrivati alle nuove modalità di intervento. Inoltre, la dottoressa ha proseguito proponendo una panoramica storica riguardo all’evoluzione del tumore e della sua percezione nel corso dei secoli.
In un secondo momento é intervenuta l’oncologa Angela Toss che ha cercato sin da subito di coinvolgere attivamente i ragazzi attraverso delle domande stimolanti tra cui “Conoscete qualcuno affetto da un tumore ?” . E’ stato sorprendente vedere come quasi tutta l’aula magna si sia riempita di mani alzate…questo ci fa capire quanto i tumori siano fenomeni diffusi e che coinvolgono l’intera popolazione. L’intervento è stato proiettato su noi ragazzi e su quelle che sono le abitudini quotidiane. Infatti con un tono diretto e sollecitante la dottoressa ha mostrato i dati sull’incremento dei tumori nei giovani causati da un abbassamento dell’età di incontro con fumo e alcool.
La parola viene passata successivamente alla dietista Martina Vinciguerra che si é occupata di trattare quelle che sono le sane abitudini da attuare in ambito alimentare e nutrizionale sempre in prospettiva del tema principale, la prevenzione oncologica. La dottoressa caldeggia l’adozione di un piano alimentare equilibrato che comprenda tutti gli alimenti senza necessariamente eliminare quelli considerati maggiormente “calorici” in modo tale da riuscire a garantire un benessere psicofisico. Alla base della piramide alimentare mostrata dalla dottoressa non sono presenti solo frutta e verdura come si potrebbe pensare, ma compaiono anche l’acqua e un’attività fisica quotidiana. Inoltre l’esperta ci ha tenuto a sottolineare l’importanza di un’alimentazione attenta a cui affiancare una costante attività motoria anche alla luce dello stile di vita sedentario che la maggior parte della popolazione conduce.
Anche a distanza di settimane ci teniamo a ribadire quanto questo tema sia importante e necessiti di una sensibilizzazione sempre maggiore. Rendersi conto di quanto ogni nostra azione incida sulla salute è fondamentale per iniziare a prendere più consapevolezza sui rischi a cui si può andare incontro. Con questo articolo ci teniamo inoltre a diffondere l’importanza delle visite di controllo e la necessità di affrontarle serenamente e senza vergogna.
Ringraziamo l'associazione no profit “Il cesto di ciliegie” che ha organizzato il progetto e che dall’anno 2000 aiuta le donne ad affrontare l’esperienza della malattia e ribadisce che il tumore al seno può essere sconfitto attraverso la diagnosi precoce, l’informazione, l’adesione alla terapia e il supporto pratico e psicologico.
Il tumore al seno non è una “semplice malattia” ma una ferita profonda
nel corpo e nell’identità femminile.
Agata Neri 5E, Alice Fontana 4EL, Ludovica Villa 4A, Rebecca Palandri 4AL | 29 Novembre 2024
Un’altra sessione del progetto MEP si è svolta: per alcuni è stata la quarta, per altri la prima, per altri ancora forse è meglio non dirlo, altrimenti si sentono vecchi.
Il Model European Parliament Italia è un progetto attivo in più scuole a livello nazionale che permette ogni anno a centinaia di ragazzi di partecipare alla simulazione dei processi democratici dell’Unione Europea. Da studenti, i partecipanti si trasformano in eurodeputati per una settimana, discutendo e dibattendo su problematiche attuali per il blocco ed analizzando possibili soluzioni a criticità che l'Unione si trova quotidianamente ad affrontare. Lavoro di squadra, confronto costruttivo e rispetto sono solo alcuni dei valori alla base del progetto, gestito interamente dai ragazzi.
Da una prima sessione scolastica piena di punti interrogativi e prime conquiste, fino alla nazionale, i giovani hanno l'occasione di crescere e sperimentare, specializzandosi e imparando le regole del perfetto eurodeputato.
Questo è stato il percorso che hanno compiuto i nostri delegati e chair del Muratori, che passo dopo passo sono arrivati alla XXXI Sessione Nazionale di MEP Italia a Prato.
Alice Fontana (4EL), Francesco Giglioli (4BL), Sofia Muscettola (4G), Rebecca Palandri (4AL) e Ludovica Villa (4A) hanno preso posto tra i delegati selezionati per la sessione. A guidarli in veste di presidenti di commissione, Agata Neri (5E) e Ludovica Zironi (5A). Accompagnati dal prof. Salvatore Pagano i ragazzi si sono recati a Prato dal 9 al 13 novembre.
Lo sfondo della sessione è stata la cittadina di Prato, unica in Toscana a dare l’opportunità di partecipare al progetto MEP. Camminando per le vie del centro, i ragazzi hanno avuto l’opportunità non solo di visitare la città, ma anche di conoscersi di persona. A questo serve il “team building”, il momento che apre le porte della sessione e scioglie il ghiaccio tra i delegati. In questo caso, è stata anche l’occasione per scoprire curiosità e peculiarità legate alla tradizione e alla storia pratese, coinvolgendo i giovani in quiz e cacce al tesoro.
Ad offrire invece gli spazi perfetti per la parte del progetto più tecnica e impegnativa è stato il celebre convitto Cicognini, celebre non solo per essere il più antico istituto scolastico della città, ma anche per aver ospitato come convittore il rinomato scrittore Gabriele D’Annunzio, di cui il teatro della scuola porta il nome e in cui l’assemblea plenaria stessa si è svolta.
Tra le novità di questa sessione, i delegati hanno avuto l’opportunità di conoscersi e iniziare
a lavorare ancora prima di recarsi a Prato, condividendo idee e analizzando le rispettive
ricerche durante una videochiamata a distanza. Ciò ha permesso ai ragazzi partecipanti di arrivare alla nazionale preparati e pronti a mettersi in gioco.
L’intento di innovare e dare una svolta alla sessione è stato dimostrato dall’ideazione e l’introduzione di nuovi dettagli non solo prima, ma anche durante e soprattutto dopo i due,
ormai conclusi, turni svoltisi a Prato. In particolare, l’idea di “Storie MEP”, una rubrica di racconti e pensieri che delegati e chair hanno potuto inviare una volta conclusa l’esperienza. Condividere i momenti più divertenti e memorabili, dare qualche consiglio per le sessioni future, e poi ringraziare, ricordare, sorridere. Insomma, un’iniziativa non solo utile per l’organizzazione, ma soprattutto per le persone, per rimanere in contatto e forse anche un po’ per avvicinarsi, condividendo il proprio vissuto e magari riconoscendosi nelle parole di altri.
Un’esperienza come questa richiede e pretende tanto, ma regala ancora di più. Dalla nazionale tutti tornano a casa con la valigia un po’ più pesante. Souvenir o ricordi, ai ragazzi la scelta.
Notti insonni (e conseguenti occhiaie), discorsi provati percorrendo su e giù i corridoi dell'hotel, ore e ore passate a dibattere, il fremito di paura quando ci si alza per parlare di fronte ad una platea gremita e quello di eccitazione quando viene chiamato il proprio nome (perché la verità è che l’emozione c’è sempre, che sia la prima o la quarta sessione), caffè annacquati presi per disperazione, tacchi troppo alti per percorsi troppo lunghi, pause pranzo passate a scrivere e riscrivere interventi, scarpe disperse nella camera di chissà chi: questi sono solo piccoli dettagli, semplici momenti che sicuramente nonostante tutto non si dimenticano perché non sono solo legati al topic, al dibattito, alle ricerche. Sono momenti legati alle persone, a costruire rapporti che durano i 5 giorni della sessione o una vita intera.
Perché alla fine non ci si stanca mai di ripeterlo, il MEP non è solo un progetto scolastico.
È un'opportunità sotto tutti i punti di vista.
Maria Agnese Neri 5B, Angelica Frappa 4E | 28 Novembre 2024
In questa intervista esclusiva, abbiamo dato voce ai ragazzi eletti dagli alunni del liceo Muratori- San carlo, che hanno scelto di assumersi la responsabilità di rappresentare gli studenti e portare avanti iniziative per migliorare la vita scolastica.Ci hanno raccontano il loro impegno quotidiano, i traguardi raggiunti e le idee che desiderano realizzare per rendere la scuola un luogo più partecipativo e stimolante. Un’occasione unica per scoprire cosa significa essere il ponte tra gli studenti e l’istituzione scolastica, e come il loro lavoro possa contribuire a trasformare la scuola in una comunità ancora più inclusiva e innovativa.
1) Cosa ti ha portato a candidarti e che paure/ dubbi avevi durante il percorso ?
Alessandro Magnani: Ciò che mi ha maggiormente influenzato nella scelta di candidarmi è stata la collaborazione con i miei compagni, in particolare Mariasole, la cui candidatura mi ha ispirato molto.
Livia Cascio: Anch’io ho deciso di candidarmi per un motivo simile: credevo che collaborare con i miei amici potesse essere un’esperienza fruttuosa. Condividiamo la volontà di fare qualcosa di concreto per la comunità studentesca, muovendo gli animi.
Demetrio Garelli: Ho sempre avuto questa passione, fin dalla prima superiore, e negli anni ho avuto l’opportunità di essere eletto rappresentante di classe più volte. Questa esperienza mi ha spinto a mettermi nuovamente in gioco.
Mariasole Carpenito: Sono entrata in contatto con questo mondo lo scorso anno. Vedendo il lavoro svolto dai rappresentanti eletti, è nata in me l’idea di seguire un percorso simile. Ho sempre avuto a cuore il benessere degli studenti e il desiderio di rappresentarli al meglio.
Tutti e quattro hanno condiviso, però, una comune preoccupazione: la paura di non essere compresi dagli studenti, il timore di non ottenere abbastanza voti e, di conseguenza, di fallire nel realizzare le proposte e le iniziative immaginate.
2) Cosa credi che abbia colpito maggiormente del tuo/vostro programma elettorale?
Livia Cascio: Nonostante le idee delle due campagne fossero abbastanza simili, credo che a fare la differenza sia stato il nostro modo di presentarci e di approcciarsi, mostrando apertura verso tutti gli studenti.
Demetrio Garelli: A questo aggiungerei anche alcune iniziative, tra cui gli sconti, che sicuramente hanno avuto un grande impatto, hahahaha!
Mariasole Carpenito: Secondo me, ciò che ha colpito di più di MSC Al Centro è stata la chiarezza e la trasparenza del nostro programma.
3) In che modo siete riusciti finora a conciliare vita privata e responsabilità da rappresentanti e come è cambiata la vostra vita scolastica ora che siete stati eletti ?
Demetrio Garelli: Finora, l’aspetto più complesso è stato farci prendere sul serio e dimostrare che non stavamo perdendo tempo, non volevamo che ciò impattasse sulla nostra vita scolastica.
Mariasole Carpenito: Inoltre, mi capita sempre più spesso che i miei compagni mi considerino un punto di riferimento per domande e consigli.
Livia Cascio: Fortunatamente, molti professori si sono mostrati disponibili a venirci incontro, perciò è stato più facile del previsto!
4) Qual è l’aspetto della vita scolastica che, secondo te/voi, è stato trascurato fino ad ora dalle precedenti rappresentanze e che meriterebbe più attenzione?
Livia Cascio: Credo che uno degli aspetti più trascurati sia stato quello delle iniziative rivolte a tutti gli studenti, ma soprattutto il modo in cui queste sono state proposte. Ad esempio, l’attività di teatro organizzata dalla nostra scuola è un’opportunità fantastica, ma poche persone ne sono a conoscenza.
5 ) Aspettativa vs realtà
Che cosa avete scoperto riguardo il sistema scolastico che non avevate mai preso in considerazione da semplici alunni?
Demetrio Garelli: sicuramente l’ aspetto burocratico, non eravamo a conoscenza di tutte le formalità necessarie.
6) Pensate che possa nascere una collaborazione fertile tra la rappresentanza e Status-Quo?
Alessandro Magnani: Certo che si! E’ una cosa che ci farebbe molto piacere.
Anna Derya Di Finizio, 4E | 27 novembre 2024
Cosa vuoi fare questa estate? E quando finisce la scuola? Sono domande che gli studenti di quarta e quinta si sentono rivolti molto spesso, trovandosi nel periodo più delicato della loro vita: scegliere il loro futuro. Per illustrare ai giovani le opportunità offerte dall’Unione Europea e per aiutarli nell’orientamento è nato European Young Multiplier, progetto con l'obiettivo di formare giovani "moltiplicatori" capaci di informare i loro coetanei sulle possibilità che l'Unione europea offre ai più giovani.
La classe 4^E del nostro istituto ha partecipato al progetto nell’ambito del PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) e orientamento e con un riscontro positivo si è offerta di raccontarne alcuni particolari. Il progetto si è sviluppato in tre giornate in presenza, quattro moduli webinar e un test finale per verificare le conoscenze acquisite. Grazie a quest’ultimo si ottiene una certificazione digitale, diventando così promotori delle opportunità offerte dall’Unione Europea ai giovani.
Gli argomenti trattati hanno spaziato dalla storia dell’Unione Europea, con un approfondimento sugli stati membri e sui paesi esterni coinvolti nei progetti, come la Turchia, Norvegia, Islanda. Arrivando fino ai fondi europei, analizzando il loro utilizzo, il funzionamento delle politiche comunitarie e il tanto discusso “PNRR”. Gli studenti però hanno maggiormente apprezzato la parte dedicata a tutte le opportunità concrete per viaggiare, lavorare e fare volontariato all’estero.
Si è parlato di diversi progetti e tra quelli più noti c’è Erasmus+, ma anche iniziative meno conosciute come DiscoverEU, che offre ai diciottenni l’opportunità di vincere un pass per viaggiare gratuitamente in treni in tutta Europa. E’ stato approfondito anche ESC (European Solidarity Corps) sezione interamente dedicata alle opportunità di volontariato per i giovani addirittura dai 14 anni nelle proposte di gruppo. Sono stati presentati anche gli scambi giovanili, aperti sia a minorenni che a maggiorenni: si tratta di incontri di diversa durata progettati per favorire il confronto tra ragazzi provenienti da diversi paesi.
La parte più apprezzata è stata quella interattiva, la giornata è stata dedicata alla realizzazione di un progetto per un bando. Gli studenti si sono dedicati alla strutturazione di un prospetto a vantaggio della comunità per partecipare a uno dei bandi dell’Unione Europea. Appellandosi a uno o più dei principi su cui si focalizzano i veri bandi, creando idee come un centro di sostegno giovani o app per migliorare i trasporti. In questa maniera i ragazzi sono riusciti a comprendere come funzionano i fondi e come applicarli.
Molti ragazzi non conoscono le opportunità offerte dalla scuola in collaborazione con l’Unione Europea come l'Erasmus+ e il Model European Parliament. Proprio per questo, l’ultima fase del progetto riveste un ruolo fondamentale. Grazie a questa iniziativa i ragazzi della classe 4^E sono diventati veri “moltiplicatori” di informazioni. Per condividere ciò che hanno appreso, organizzeranno un’attività il 9 maggio, in occasione della Giornata dell’Unione Europea con l’obiettivo di raccontare la loro esperienza e sensibilizzare i coetanei sulle numerose opportunità offerte dall’UE.
E tu? sapevi di tutte le iniziative dell’Unione Europea? Se vuoi scoprirne di più, non perdere l’appuntamento.
Maria Sofia Vitetta, 5D | 19 novembre 2024
Anche quest'anno il Blog di Status Quo torna ad essere parte integrante “dell’anima” del liceo Muratori San Carlo, come molti altri progetti proposti dalla nostra scuola. E così, si presenta nuovamente l’occasione per condividere i propri interessi e passioni – dalla lettura alla musica, dallo sport all’attualità. Attraverso la scrittura, in prosa o in versi, emerge il desiderio degli studenti di formulare ed esprimere le proprie opinioni, spesso contrastanti, stimolando e favorendo un’opportunità di confronto vivo ed aperto o un dibattito costruttivo.
Partecipare al progetto significa mettersi alla prova con se stessi e con le proprie capacità, non solo migliorando le personali abilità di scrittura, ma anche sviluppando competenze progettuali, relazionali e sociali, cercando idee, strutturando proposte e realizzando contenuti originali, creativi e coinvolgenti per i lettori.
Ogni articolo, video, fotografia o contenuto pubblicato sulla pagina social nasce dal desiderio di condivisione con gli altri studenti, docenti, genitori e con tutti gli interessati: vengono proposte esperienze personali, anticipazioni riguardo ad eventi e conferenze future, interviste e momenti di confronto all’interno della comunità scolastica o in occasione di manifestazioni pubbliche e festival. Perché non sfruttare queste opportunità per scoprire nuovi aspetti di un ambito sconosciuto, lasciandosi incuriosire?
Status Quo rappresenta il tentativo di approcciarsi alle realtà più vicine ai giovani e di trattare numerose tematiche, a volte complesse e sfaccettate. Da qui deriva il desiderio di cercare il contributo e la voce di figure esperte che possano guidare i lettori in una riflessione ragionata, approfondita e consapevole, evitando di semplificare in modo inappropriato.
Tra gli studenti che hanno scelto di iscriversi al progetto per la prima volta, Letizia Meglioli (4DL) spera di poter trovare in Status Quo un’attività nella quale «indirizzare i propri interessi» e che la possa aiutare a «capire quale “strada” intraprendere dopo il liceo». «Mi farebbe piacere riuscire a strappare un sorriso ai miei compagni e ad alleggerire i momenti di “stress” e di tensione dovuti a compiti e verifiche, rendendo più piacevole l’ambiente scolastico». «Fare nuove conoscenze ed instaurare amicizie che possano durare anche al di fuori del progetto» è una delle aspettative di Letizia, così come imparare a leggere testi e notizie in modo meno superficiale ed a formulare opinioni personali in modo sempre più completo.
«In questo ultimo anno al Muratori San Carlo, vorrei fare qualcosa che “lasci un minimo il segno”, e che mi renda una parte più attiva della comunità scolastica. Ho modo di fare diverse esperienze fuori dal liceo e mi piacerebbe non rimanessero solo in un contesto isolato, ma che venissero raccontate anche ad altri», suggerisce Agata Neri, (5E), un’altra delle studentesse che si è unita a Status Quo. La stessa speranza di poter aumentare lo spirito di un gruppo ed il senso di collettività è condivisa anche da Lucia Idrato (3B). «Ho scelto di iscrivermi al progetto perché mi piacerebbe farmi un’idea più precisa di cosa significhi fare giornalismo», cogliendo l’occasione per migliorare nella scrittura e per acquisire nuove conoscenze in vari ambiti.
Axelle Pellacani, 4AL | 25 novembre 2024
Ogni anno, il 25 novembre si celebra la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, istituita ufficialmente dalle Nazioni Unite nel 1999. Questa ricorrenza riveste un’importanza cruciale per promuovere una sensibilizzazione ampia ed efficace, soprattutto alla luce dei dati attuali relativi all’Italia. Questi ultimi evidenziano un significativo aumento delle chiamate al numero nazionale antiviolenza ‘1522’ proprio in occasione di questa giornata, segnalando un’urgenza ancora irrisolta.
A livello globale, la violenza contro le donne assume forme particolarmente gravi: in Afghanistan, i talebani impediscono alle donne di comunicare liberamente tra loro; in Iraq, l’età del consenso è stata abbassata da 18 a 9 anni; nella Repubblica Democratica del Congo, definita la “capitale mondiale dello stupro”, le donne subiscono quotidianamente abusi e sfruttamento; in Palestina, sono frequenti le denunce di violenze sessuali da parte di militari. Nel 2024, a 176 anni dall’avvio delle lotte per l’uguaglianza, molte donne nel mondo continuano a essere private dei diritti fondamentali, costrette a subire abusi sistematici e matrimoni precoci, perpetuati da sistemi di potere che ostacolano il cambiamento.
In Italia, una donna su tre dichiara di aver subito violenza fisica e/o sessuale, mentre il 28% delle vittime non trova il coraggio di denunciare, evidenziando l’importanza di dedicare il 25 novembre alla riflessione e alla sensibilizzazione. Questa giornata rappresenta un’occasione per onorare le donne del passato e guardare al futuro con speranza. Tuttavia, il tema della violenza di genere rimane spesso censurato o sottovalutato, rendendo difficile per molte donne riconoscere i segnali di abuso. Prima del tragico femminicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023, era raro che il tema emergesse nel dibattito pubblico, a meno che non fosse sollevato da persone direttamente interessate.
A peggiorare la situazione è la percezione errata secondo cui alcuni comportamenti abusivi siano “normali”, costringendo le vittime ad accettare la violenza come una condizione inevitabile. Nonostante le definizioni chiare già esistenti, molti cittadini italiani preferiscono attribuire la responsabilità ai diversi schieramenti politici, evitando di affrontare direttamente il problema.
La violenza contro le donne rappresenta una delle più gravi violazioni dei diritti umani. Tra le forme più diffuse vi è quella domestica, caratterizzata da comportamenti abusivi all’interno delle relazioni intime, attraverso i quali l’aggressore esercita un controllo sistematico sulla vittima, minandone autonomia e dignità. Questo fenomeno è spesso avvolto nel silenzio, alimentato da vergogna e paura, mentre molti sistemi socio-culturali non garantiscono alle donne un’efficace protezione nel caso in cui decidano di chiedere aiuto.
Un esempio emblematico è il patriarcato, un sistema storicamente basato sulla dominazione maschile e la subordinazione femminile, che costituisce terreno fertile per la violenza di genere. Sebbene questa struttura sia stata criticata e parzialmente superata in alcuni contesti, persiste in modo radicato nella società, secondo il ministro Valditara, il patriarcato in Italia sarebbe un’“invenzione bizzarra dell’opposizione” e si sarebbe concluso con la riforma del diritto di famiglia nel 1975. Tuttavia, il femminicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex compagno perché non riusciva ad accettare la separazione, testimonia il contrario: l’idea della donna come “proprietà” dell’uomo è ancora profondamente radicata. L’atteggiamento passivo, adottato dalla maggioranza politica, sembra attendere che il problema si risolva da solo e contribuisce a rendere questa disparità di genere sempre più pericolosa.
È importante sottolineare che l’Italia è uno dei pochi Paesi europei a non prevedere alcuna forma di regolamentazione per i programmi di educazione sessuo-affettiva nelle scuole, come evidenziato dal Sole 24 Ore. L’eradicazione della violenza di genere richiede un processo lungo e complesso, ma è fondamentale continuare a investire nell’educazione. Promuovere il rispetto e il concetto di “non violenza” fin dalle scuole primarie, affrontando temi come l’uguaglianza di genere, potrebbe contribuire nel tempo alla decostruzione degli stereotipi e alla costruzione di una società più equa e sicura.
Bandieri Camilla, Falzoni Lucia, Frappa Angelica 3E | 22 Maggio 2024
I partecipanti hanno giocato a giochi da tavolo di strategia e di escape room trascorrendo, ogni volta, un paio d'ore in... in assoluto silenzio!
La professoressa Alvino. referente del progetto, ammette di essere rimasta stupita: "Ero certa che avrei dovuto mantenere l'ordine, al contrario gli studenti sono sempre stati concentrati sul gioco e, spesso, si sono trattenuti oltre le 16.30".
Una scommessa vinta, dunque. Chiaramente, sotto la supervisione di Andrea Ligabue, ideatore ed organizzatore dell'affollatissimo Play! Il festival del gioco, che si tiene annualmente a Modena Fiere alla fine di maggio, tra i ragazzi si è attivato il "flow" ossia quel flusso mentale che si crea grazie all'equilibrio tra abilità e sfida. D'altro canto le Escape Room sono molto coinvolgenti perchè i giocatori devono andare «a caccia» di elementi (enigmi, indizi e soluzioni) per trovare la cosiddetta «chiave finale» fondamentale per evadere o fuggire da un certo luogo. In fondo, si evade anche dalla routine scolastica fatta di lezioni e progetti, perchè, per risolvere un problema usando la logica, quale modo migliore c'è che intraprendere un'avventura stimolante insieme ad un gruppo di coetanei?
Con soddisfazione allora Andrea Ligabue ha distribuito i giochi in palio ai gruppi di giocatori: al prossimo anno, con la seconda edizione!
Bandieri Camilla, Falzoni Lucia, Frappa Angelica 3E | 22 Maggio 2024
Questa settimana ha avuto ufficialmente inizio il torneo di calcio Olympius, progetto interscolastico che ha come principale obiettivo l’aggregazione tra i vari istituti di Modena e provincia: Olympius nasce per essere un evento di socializzazione, e alla polisportiva Gino Nasi non sarà solo possibile visionare le partite di calcio, ma ci sarà anche musica dal vivo e stand che offrono la possibilità di bere e mangiare. Insomma, tutto il necessario per divertirsi!
Il progetto coinvolge davvero tutta Modena, infatti alla premiazione del torneo, che si terrà il 6 giugno in occasione del festival “ModenaFiere”,saranno presenti anche il sindaco Gian Carlo Muzzarelli e l’assessore allo sport e alle pari opportunità Grazia Baracchi; inoltre avremo l'opportunità di avere come telecronisti Marco Nosotti da Sky e Tommaso Turci da Dazn, entrambi modenesi.
Gli impegni della squadra del nostro liceo, durante la fase a gironi, saranno venerdì 24 alle ore 21, e lunedì 27 alle ore 22, salvo cambiamenti.
Noi di Status quo in occasione dell'inizio del torneo abbiamo intervistato gli allenatori della squadra del Muratori-San Carlo, Paolo Falco e Filippo Vento, e il nostro capitano, Alberto Gozzi. Di seguito potete trovare tutte le domande che abbiamo fatto e le loro risposte.
Pensate che il progetto di Olympius potrà continuare l’anno prossimo, anche se non sarete più rappresentati?
[Paolo] Il progetto si distacca dai singoli rappresentanti di istituto in quanto è coordinato dalla consulta: per quanto ci sarà possibile cercheremo di esortare i futuri rappresentanti del Muratori ad aderirvi anche l’anno prossimo, poiché si tratta di un bellissimo evento che mira alla socializzazione e all'aggregazione tra gli istituti di Modena.
Ci potete dire i nomi e i ruoli della squadra del Muratori?
[Filippo] Portiere: Franceschini Mattia; Difensori: Annovi Alessandro, Canti Samuele, Desco Gabriele, Silvestri Giovanni, Sola Marco; Attaccanti: Gozzi Alberto (capitano), Grimaldi Tommaso, Mazzoli Cesare; Centrocampisti: Borghi Sergio, Cavallero Pietro, Fatuzzo Michele, Nassiboo Benjamin, Pifferi Michele.
Avete già avuto modo di giocare con la squadra del Muratori, se si come vi siete trovati?
[Alberto] Abbiamo già giocato tre amichevoli: a livello di intesa ci troviamo bene e sappiamo tutti giocare, l'unico problema è che non siamo ancora riusciti a giocare con tutti i ragazzi a disposizione per i cambi, visto che durante le amichevoli già disputate mancavano alcune persone.
[Filippo] Sono comunque tutte persone che hanno partecipato al torneo interno e che quindi abbiamo già visto giocare, e i giocatori tra di loro si conoscono già tutti.
Come è organizzato il torneo?
[Alberto] Il torneo si svolgerà in 4 gironi da 3 squadre ciascuno: ogni squadra affronta le altre due in una partita secca di due tempi da 25 minuti, con pausa in mezzo. Per ogni girone passerà solo la prima squadra e successivamente ci saranno le semifinali e la finale, sempre alla Gino Nasi. La premiazione sarà il 6 Giugno presso Modena Fiere.
Pronostico per la partita di venerdì 24 maggio contro il Sacro Cuore?
[Alberto] La nostra squadra è molto buona, sappiamo tutti giocare a calcio. L’unico problema è che il girone in cui siamo è abbastanza complicato: infatti sia al Sacro Cuore che al Corni ci sono ragazzi che giocano a livello professionale. Sarà difficile, ma contro il Sacro Cuore abbiamo già giocato, anche se abbiamo perso non è stata una sconfitta clamorosa, considerato che a noi mancavano molti giocatori.
La partita contro il Sacro è quella che ci potrebbe far passare e se concentrati si potrebbe ottenere un bel risultato. Con il Corni, che dicono essere molto forte, faremo del nostro meglio.
[Filippo] Come noi allenatori abbiamo detto ai ragazzi l’importante sarà la perseveranza e la grinta, per cercare di superare questo dislivello tra noi e le altre squadre del nostro girone.
[Paolo] Il Sacro Cuore è campione in carica dall’anno scorso, ma bisogna considerare che molti dei vecchi giocatori quest’anno non saranno presenti. Sicuramente per la nostra squadra sarà fondamentale un grande supporto da parte del pubblico, per questo invitiamo tutti gli studenti del Muratori a venire a tifarci questo venerdì e lunedì prossimo.
Chi è secondo voi la squadra più forte e perché?
[Paolo] Da quello che abbiamo visto e sentito le squadre più dure contro cui giocare dovrebbero essere il Dante, il Corni e il Tassoni. Inoltre non è da sottovalutare il Formiggini di Sassuolo perché ha molti giocatori professionisti. Bisogna considerare che sono però delle partite secche e non è un campionato, quindi passa la squadra che vince, non necessariamente la più forte.
[Alberto] Noi siamo considerati indietro rispetto a queste squadre, ma partire da sfavoriti può essere vantaggioso.
Pensate anche che questo progetto, oltre ad unire i ragazzi della nostra scuola, possa favorire la socializzazione con ragazzi di altre scuole?
[Paolo e Filippo] Assolutamente, è proprio questo il nostro obiettivo.
Inoltre invitiamo tutti i ragazzi a presentarsi con una maglietta o una felpa della nostra scuola. Ci teniamo a ribadire che sarà un evento molto coinvolgente che offre l'opportunità di stare insieme oltre le mura scolastiche, per questo vi aspettiamo numerosi!
Alice Fontana 3EL, Rebecca Palandri 3AL | 17 Maggio 2024
Dal 6 al 9 giugno i seggi di tutt’Europa si apriranno per dare opportunità alla cittadinanza europea di scegliere i suoi rappresentanti al Parlamento. Tra i numerosi che andranno al voto ci sono anche i più giovani: ragazzi che hanno da poco compiuto 18 anni e che qualche mese fa erano tra le mura della scuola, proprio come noi. Trascinati in un vortice di informazioni su liste elettorali, partiti e candidati è facile per i neo adulti sentirsi smarriti ed è altrettanto semplice per i minorenni cadere vittima del diffuso sentimento di timore nei confronti della politica, soprattutto in un contesto multinazionale come quello europeo. Tuttavia, in quanto giovani cittadini che tra pochi anni saranno attori protagonisti dell’Europa del futuro, occorre chiedersi: qual è la conoscenza che abbiamo del funzionamento dell’Unione e dell’impatto che essa ha sulla nostra vita di tutti i giorni? A questo scopo nel 1996 nacque a Carpi MEP Italia.
Il Model European Parliament Italia è un’associazione che ogni anno organizza sessioni di simulazione del Parlamento Europeo su tutto il territorio nazionale, con un obiettivo ben preciso: portare l'Unione europea al futuro dell'Unione stessa, i giovani. Attraverso una fitta rete, centinaia di ragazzi hanno la possibilità di lavorare insieme, dibattere e confrontarsi su temi di estrema attualità, sperimentando direttamente cosa significhi essere un eurodeputato. Bruxelles, apparentemente tanto lontana, arriva così sui banchi di tutt’Italia per far conoscere agli studenti quali siano i meccanismi delle sue istituzioni e per dar loro modo di vivere un’esperienza unica di cittadinanza attiva.
Nel concreto, il progetto si sviluppa solitamente nell’arco di una settimana, a sua volta suddivisa in tre momenti diversi. I primi giorni sono dedicati ai lavori di Commissione: i ragazzi si riuniscono in gruppi al fine di stilare una risoluzione contenente proposte fattive, atte a contrastare le criticità emergenti in merito ad una determinata tematica. Il dibattito è guidato dai chairs, ex-delegati delle sessioni passate, i quali continuano a partecipare attivamente al progetto in veste di Presidenti di Commissione, affiancando per l’intera sessione i delegati. Segue poi la preparazione all’assemblea plenaria e l’assemblea stessa, ossia il confronto conclusivo nel quale vengono presi in esame gli elaborati proposti da ciascuna Commissione. Questa rappresenta forse il momento più memorabile dell’intera sessione: tra interventi, difese ed emendamenti, i ragazzi si misurano con sé stessi tenendo discorsi di fronte ad un ampio pubblico, tutti rigorosamente vestiti formalmente in giacca e cravatta. Al termine di ogni sessione viene svolta una selezione tra i delegati: dalla sessione scolastica del Muratori, che coinvolge soltanto gli studenti dell’istituto, è possibile arrivare perfino a quella internazionale in giro per l’Europa!
Dal fenomeno migratorio a quello delle ingerenze straniere, le questioni trattate rispecchiano gli attuali ambiti di interesse delle Commissioni del Parlamento europeo, con lo scopo di mettere al centro del progetto il presente ed il futuro dell’Unione. Come si può conciliare lo sviluppo della ricerca satellitare europea con il crescente problema dei rifiuti spaziali? Quale ruolo può giocare l’Unione nella fragile regione artica in qualità di mediatore internazionale? In che modo è possibile limitare gli effetti dannosi del fast fashion sull’economia e sull’ambiente? Questi sono solo alcuni degli interrogativi posti ai ragazzi, i quali, nel corso di ciascuna sessione, affrontano in maniera specifica le molteplici e sfaccettate criticità dell’Europa del 2024. Ambientalismo, relazioni internazionali, nuove tecnologie: il MEP offre uno spazio per esprimersi negli ambiti di interesse di ogni individuo.
Durante la giornata dell’autogestione svoltasi il 30 aprile, gli studenti del biennio di sede Cavour hanno avuto la possibilità di sperimentare una parte fondamentale del progetto MEP: il dibattito. Le discussioni dei ragazzi si sono sviluppate attorno all’impatto delle religioni nella società contemporanea, una tematica quanto mai coinvolgente ed attuale. Il confronto è stato guidato da due studenti di quarta, Carlo Cecchi ed Emilio Pellegrino, che hanno indossato nuovamente i panni da chairs e hanno introdotto gli studenti nel mondo del MEP, conducendo il dibattito proprio come durante i lavori di Commissione. Dall’incontro, i partecipanti sono usciti entusiasti: dimostrandosi preparati e interessati alla tematica analizzata, i ragazzi hanno avuto la possibilità di mettersi in gioco e di dare prova di sé, creando una discussione stimolante, che potrebbe aver rappresentato l’inizio del loro percorso nel progetto. Chissà, forse si iscriveranno l’anno prossimo?
Inizia tutto con un pizzico di curiosità, un interesse condiviso per un particolare argomento o un’inspiegabile voglia di provare qualcosa di nuovo. Tuttavia, una sessione dopo l’altra, il MEP comincia a rappresentare più un semplice progetto scolastico. I pomeriggi dedicati ai lavori di Commissione diventano un’occasione per stringere nuove amicizie, i compagni si trasformano in amici, i chairs in punti di riferimento. In quelle ore si condividono non solo pensieri e opinioni, ma anche sensazioni, talvolta ansie, dubbi e certamente sorrisi. Ognuno vive il MEP a modo proprio, e ognuno torna a casa con un bagaglio diverso. C’è chi si ricorderà per sempre quella formula introduttiva detta male, quella difesa da brividi o il tanto desiderato discorso. C’è chi non dimenticherà la notte prima della plenaria e chi conserverà il ricordo anche di tutte quelle prima. Le serate e le nottate in videochiamata con i chairs ed i compagni, documenti su documenti di interventi e difese, pagine di discorsi scritti e riscritti continueranno a vivere nella memoria come momenti forse non facili, ma che sicuramente hanno lasciato un segno importante, e un ricordo ricco di risate.
Tutti questi dettagli fanno parte dell’esperienza MEP. Non importa il numero di sessioni a cui si prende parte né quante selezioni si è in grado di superare, perché non è questo ciò che conta davvero. L’importante è quello che viene condiviso, quello che si impara e le persone che si incontrano. Forse è proprio questo che rende questo progetto tanto speciale. Non ci si riesce a non innamorare di quell’atmosfera, di quel brivido di eccitazione quando viene chiamato il proprio nome, del sorriso dei chairs dopo un buon intervento, della pacca sulla spalla dei compagni alla fine di un discorso e dell’orgoglio quando la risoluzione della propria commissione viene approvata. Il MEP non è solo un progetto scolastico. È un’opportunità che apre orizzonti e nuove occasioni, che permette di mettere in dubbio il proprio futuro, e di crescere non solo come studenti, ma anche come persone. Perché il MEP lascia tante lezioni, tra cui l’immancabile mantra del progetto: in plenaria, niente scarpe da ginnastica, altrimenti non si entra!
Maria Agnese Neri, 4B | 27 Aprile2024
Nel panorama educativo del Liceo Muratori-San Carlo, un progetto innovativo si sta facendo strada tra le iniziative culturali: il Bookcrossing organizzato dalla 4B.Questa pratica non solo promuove la lettura e la condivisione di libri, ma si
impegna anche attivamente per la sostenibilità ambientale. Il Bookcrossing è un movimento mondiale che incoraggia le persone a lasciare libri in luoghi pubblici per essere ritrovati e letti da altri. Al Liceo Muratori-San Carlo, il Bookcrossing si terrà il 30 aprile durante la giornata della creatività e costituirà un tentativo di condivisione letteraria. Gli studenti del Liceo Muratori San Carlo sono invitati a partecipare attivamente portando libri che hanno già letto e che desiderano condividere con altri. Chiunque si imbatta nello stand, può scegliere uno di questi libri, prenderlo, leggerlo e, se lo desidera, lasciare a sua volta un altro testo per renderlo fruibile alla comunità scolastica. In questo modo, i libri possono viaggiare attraverso le mani di molte persone, creando un ciclo continuo di condivisione e scoperta. Il Bookcrossing in un liceo come il Muratori-San Carlo non è solo un'opportunità per promuovere la cultura e la lettura, ma porta con sé anche una serie di vantaggi in termini di sostenibilità ambientale: riduce lo spreco di risorse legato alla produzione e all'acquisto di nuovi libri, incoraggiando invece il riutilizzo e lo scambio di libri già esistenti. Senza contare che questa iniziativa crea un senso di comunità tra gli studenti, che si uniscono nella condivisione letteraria e nell'esplorazione di nuove storie e idee. C’è infatti la possibilità di creare tante nuove amicizie attraverso lo scambio! Partecipare al Bookcrossing sensibilizza gli studenti sull'importanza della sostenibilità ambientale e li incoraggia a adottare comportamenti responsabili nei confronti dell'ambiente.
Maria Agnese Neri, 4B | 7 Marzo 2024
Nell'attuale epoca digitale, dove la tecnologia sembra monopolizzare sempre più l'attenzione, incoraggiare il piacere della lettura tra i giovani è una sfida complessa ma necessaria. Il Liceo Muratori San Carlo ha quindi deciso di affrontare questa sfida istituendo un innovativo book club che mira a stimolare proattivamente l’interesse verso nuovi generi letterari e promuovere la cultura della lettura all'interno della sua comunità scolastica. In particolare, questo club, guidato da insegnanti sia di italiano che di lingua inglese, si propone di riaccendere la passione per la lettura attraverso la selezione di un libro che descrive un mondo distopico: "The Road" dello scrittore americano C. McCarthy.
Il club si è riunito regolarmente ogni due settimane, creando uno spazio dedicato agli studenti per condividere, analizzare e discutere le proprie opinioni e interpretazioni sul libro letto. Attraverso vivaci discussioni e attività coinvolgenti, i membri del club hanno avuto l'opportunità di approfondire la comprensione del testo e sviluppare competenze critiche di analisi letteraria. In particolare, durante le sessioni del book club, gli studenti sono stati incoraggiati a esplorare la simbologia attribuita ai personaggi e agli elementi narrativi dell'opera affrontata, aprendo così la porta a una comprensione più profonda e articolata della storia.La strada è un romanzo che assomiglia ad un incubo, che può essere contestualizzato nel post 9/11, il vero grande incubo americano. La strada è un romanzo che ha nel viaggio un impulso di trasformazione, con un inizio del romanzo sobrio e opprimente, e un finale emotivamente toccante.Il mondo ha subito un'apocalisse la cui natura non è chiara ma che lo ha lasciato malato: terremoti, incendi, aria irrespirabile. La natura si ribella, il mondo in rovina viene saccheggiato: tutti sono sprofondati nella più completa barbarie, con predoni e bande sanguinarie che saccheggiano le terre desolate. La strada racchiude anche la fredda violenza biblica, la dannazione in cui tutti sono nemici. Nei loro stracci francescani percorrono la pericolosa Strada verso sud, verso il mare e forse verso inverni più miti e vivibili. Spingono i loro beni in un carrello della spesa, dotato di uno specchietto da moto per sorvegliare la strada alle spalle. Il padre ha una pistola, con due soli proiettili. Se vengono catturati, verranno uccisi e mangiati. Ha intenzione di sparare al figlio - anche se mette in dubbio la sua capacità di farlo - se verranno catturati. Di tanto in tanto, tra un incubo e l'altro, il padre cerca rifugio in ricordi del mondo perduto. Si muovono verso sud attraverso il grigio inverno nucleare, e questo scenario permette a McCarthy, nel mettere in primo piano solo le basi della sopravvivenza fisica dell'uomo, di evocare un paesaggio distrutto di cui sentiamo nostalgia. Se è vero che il sentimento di questo testo sembra nato dal trauma del post 11 Settembre 2001, è stato alimentato dalla reazione bellica americana che ha caratterizzato gli anni successivi, richiama le grandi tragedie come quella dello tsunami del 2004, della inondazione di New Orleans del 2005. Attualmente è impossibile non pensare alle immagini che vediamo spesso, purtroppo in Ucraina e in Medio Oriente. Proprio per questo motivo, i partecipanti del book club hanno deciso di interpretare il testo come un tentativo dell’autore di aumentare la nostra consapevolezza. Creando un ‘meraviglioso’ incubo, non vuole descrivere didascalicamente la crudeltà e la bruttezza dei ‘nostri tempi’, ma ci avverte ora di quanto abbiamo da perdere. La bellezza e la bontà sono qui ora e adesso; e dovremmo pensarci sempre.Il testo "The Road" è un romanzo post-apocalittico che ha suscitato un vivace dibattito tra i membri del club.Attraverso l'analisi dei temi, dei personaggi e della narrazione, gli studenti hanno avuto l'opportunità di esplorare concetti complessi come la sopravvivenza, la speranza e la resilienza umana, oltre a riflettere sulle implicazioni morali delle azioni dei protagonisti. Inoltre, il club del libro non si limita a esplorare la letteratura solo in termini didattici, ma cerca anche di confrontarsi con la relazione tra letteratura e tematiche contemporanee. Il club del libro non è quindi solo un'opportunità per gli studenti di approfondire la propria comprensione della letteratura, ma anche un luogo dove possono connettersi con coetanei con interessi simili e condividere la loro passione per la lettura. Questa condivisione di esperienze e idee crea un ambiente di supporto e incoraggiamento, che aiuta gli studenti a sentirsi parte di una comunità più ampia e a sviluppare una maggiore fiducia nelle proprie capacità di lettura e di analisi.Grazie alla guida degli insegnanti e alla partecipazione attiva degli studenti, il club del libro potrebbe diventare un consolidato punto di riferimento per la promozione della lettura e dell'apprendimento critico all'interno della scuola.
Sofia Palmisano, 5B | 27 febbraio 2024
“Swap old for something gold” è il motto che ha mosso l’intera esperienza della classe 4CL, che ha avuto il suo coronamento domenica 25 febbraio.
Il progetto consiste in uno “swap party” – dall’inglese “to swap” (“scambiare”) – un momento e spazio d’incontro e condivisione in cui ci si scambia capi d’abbigliamento, accessori e oggetti vari, con l’unica condizione che siano in ottime condizioni e puliti.
Esso si è tenuto nello Spazio Lodola, una proposta sociale supportata dalla Cooperativa Oltremare, dove i ragazzi hanno allestito i vestiti e li hanno suddivisi in categorie, ognuna con un diverso valore di scambio in gettoni: ad esempio, un paio di jeans equivale a due gettoni, una maglietta a uno e una borsa a tre. In questo modo i frequentatori hanno avuto modo di scambiare i propri capi con altri dello stesso "costo". I vestiti rimasti e non scambiati sono stati donati in beneficenza alle cooperative con cui la classe ha collaborato.
In tutto il suo sviluppo, l’iniziativa, promossa dalla professoressa Ilaria Sandri e dal professore universitario dell’Alma Mater Studiorum di Bologna Giuseppe Fattori, ma completamente gestita e organizzata dalla classe 4CL, ha rappresentato un'ottima occasione per il liceo di uscire dalle mura di Cittadella e Cavour e lasciare finalmente un segno eco-sostenibile su tutti coloro, anche esterni alla scuola, che l'hanno frequentato.
Gli studenti della classe hanno svolto un lavoro certosino e hanno gestito spazi, contatti e organizzazioni con grande maestria, auspicando che progetti come questo Swap Party possano essere replicati con il fine di animare e di rendere sempre più green il nostro liceo.
Classe 4E | 19 febbraio 2024
E’ la stessa domanda che la nostra classe, 4E del liceo Muratori San Carlo, si è posta nello svolgimento del nostro PCTO. Le migrazioni climatiche sono un movimento di massa causato dall’insorgenza di cambiamenti climatici e dei conseguenti disastri naturali. E’ un fenomeno ancora poco conosciuto ma i numeri parlano chiaro: in media, si stima che siano oltre 20 milioni gli sfollati per tali problematiche (secondo l'UNHCR). Purtroppo, però, questi 20 milioni e più non sono riconosciuti legalmente come migranti climatici, dunque non godono delle agevolazioni che spetterebbero loro, né esiste una convenzione internazionale ufficiale, ad hoc, che li protegga da altri eventuali disagi.
Come classe, il nostro obiettivo è quello di diffondere consapevolezza e sensibilizzare, oltre che indagare la conoscenza generale sull’argomento. Abbiamo deciso di fare ciò tramite un video, realizzato con la collaborazione di alunni e personale scolastico in primis, e in secundis di persone all’esterno della scuola, che sono state opportunamente intervistate da una parte della classe.
Vi invitiamo a considerare la visione del nostro elaborato! Se volete saperne di più, vi consigliamo di consultare la nostra pagina Instagram che è stata appositamente creata: @migrazioni.climatiche
Maria Agnese Neri, 4B | 7 febbraio 2024
Nell’ottica della comprensione e dell’interpretazione dei mezzi di comunicazione cinematografica, le classi 4B, 4G e 4A del liceo classico muratori San Carlo, hanno avuto la possibilità di partecipare a un corso di approfondimento svoltosi in 3 lezioni.
I ragazzi si sono confrontati con un professore del DAMS (DISCIPLINE DELLE ARTI, DELLA MUSICA E DELLO SPETTACOLO), che li ha guidati in un percorso volto all’analisi e alla spiegazione delle principali tecniche utilizzate nel cinema.
Il professor Lapo Gresleri si è concentrato in primo luogo sulle tecniche di ripresa, come per esempio la camera a mano che prevede scene estremamente immersive, la carrellata avanti, quella indietro, quella circolare o la zoomata, che permette di stringere il fuoco sul soggetto.
In seguito la lezione si è spostata sulla varietà dei generi cinematografici e come questi si possano distinguere per linguaggio, personaggi, trama e durata. Al giorno d’oggi il cinema spazia tra Animazione, Avventura, Azione, genere Biografico, Commedia, Documentario e genere Drammatico.
Indispensabile è stato il confronto tra i periodi e l’analisi comparata delle tecniche e dei generi.
Per comprendere a fondo il contesto, nella lezione si è affrontata anche la nascita del cinema che risale alla fine del XIX secolo, anno in cui due francesi Auguste e Louis Lumière, per la prima volta ripresero e proiettarono su uno schermo le immagini di un treno a vapore in movimento.
L’analisi, partendo dal cinema classico ovvero dal 1917, ha evidenziato la trasformazione per cui si impone il concetto di film come racconto, come romanzo visivo e perciò lo spettatore viene portato al centro del film e vi partecipa con l'immaginazione. È così che, come nella narrativa, iniziano a emergere anche nel cinema dei generi ben precisi, tutti caratterizzati da regole stilistiche ben precise.
Si è passati dal cinema muto hollywoodiano che segna il momento in cui fu chiaro ai produttori che la gente si affezionava agli attori che vedeva sullo schermo, come avvenne con Charlie Chaplin e il Jackie Coogan, fino alla cinematografia moderna e la nuova tecnologia come la CGI per la resa degli effetti speciali 3D.
Per poter comprendere meglio la rilevanza dell’iniziativa è utile analizzare le risposte ai quesiti posti al docente Lapo Gresleri, riportate di seguito.
Secondo lei che ruolo ha il cinema nella società di oggi e qual è l'aspetto che è cambiato maggiormente?
Sicuramente il cinema resta una forma di intrattenimento, in particolare per quanto riguarda certe produzioni che tendono maggiormente a un obbiettivo di evasione della realtà; basti pensare al cinema americano o hollywoodiano. Sta allo spettatore l'interpretazione: il cinema, in quanto mezzo di comunicazione, può dare differenti risultati in base a come viene utilizzato.
Secondo lei è necessario conoscere e saper interpretare le tecniche e il linguaggio cinematografico per poter trarre il giusto significato dai film?
Al giorno d'oggi, in un mondo in cui siamo costantemente bombardati da immagini e informazioni, è indispensabile capire e saper analizzare i contenuti per comprendere a fondo i messaggi dei film. Basti pensare a certi cartoni animati americani degli anni 40 /50 che erano giocati molto sul tema razziale e gli afroamericani erano rappresentati sempre in modo negativo. Come nel caso in cui i fratelli Warner ebbero l'idea di filmare un cantante di cabaret, Al Jolson, un bianco truccato in maniera da sembrare un uomo di colore, per rappresentare il primo film sonoro della storia. Se comprendiamo a fondo i significati impliciti di queste rappresentazioni riusciamo anche a capire l’impatto sociale che hanno avuto e, in alcuni casi, i veri danni sociali che hanno comportato.
Anna Pantusa e Lara Bellinello, 3B | 8 gennaio 2024
C'è chi ha impastato, chi decorato e alla fine sono stati sfornati i biscotti. Proprio a scuola.
L’8 gennaio i ragazzi di 3B hanno trascorso due ore in cucina tra una lezione e l'altra.
Questo progetto nasce dalla collaborazione delle classi del nostro liceo con le educatrici che si occupano dei ragazzi con disabilità.
Un'esperienza che ci ha permesso di creare coesione nella classe e includere la nostra compagna che solitamente trascorre la mattina in aula risorse.
L'inclusione è sicuramente una tematica a cui nel nostro liceo si cerca di attribuire un'estrema importanza.
Inoltre questa attività ci ha permesso di sviluppare competenze manuali e di collaborazione.
“Un progetto volto a creare una comunità che educa in ogni campo”, spiega Elisa Mignone, educatrice che ci ha accompagnato in questa esperienza.
Lara Bellinello e Mattia Piva, 3B | 15 dicembre 2023
Quali sono le competenze di un assessore? Ma soprattutto, cos'è un assessore? Che cos’è la cittadinanza di genere? Queste sono solo alcune delle domande che i ragazzi di 3B del liceo Muratori San Carlo hanno posto a Grazia Baracchi, assessora alle pari opportunità e per lo sport del comune di Modena. Nell'incontro, che si è tenuto nel nostro liceo il 15 dicembre, le studentesse e gli studenti hanno potuto scoprire di più su chi gestisce il loro territorio e su come operano questi organi.
Che cos'è, innanzitutto , un assessorato e che poteri ha?
“Un assessore è colui al quale vengono affidate deleghe per determinati settori dell’attività amministrativa del comune e presiede ad un'organizzazione complessa, l’ assessorato, composto da professionalità diverse, ma che opera in base ad obiettivi condivisi per soddisfare le esigenze dei cittadini” ha risposto l’assessora, facendo poi ulteriore chiarezza, mostrando le varie competenze e i vari compiti dell’ ufficio.
In che modo possono partecipare le scuole ai progetti proposti dagli assessorati?
“Le scuole possono partecipare prendendo parte ai tavoli istituiti dal comune, con proposte e idee, anche attraverso il coinvolgimento diretto degli studenti. Un esempio è quello dello skatepark delle Gobbe: durante il 2020, alcuni ragazzi hanno contattato l'assessorato per ottenere un miglioramento di quello spazio pubblico . Oggi lo skatepark si presenta rinnovato , anche grazie ai vari incontri tra il Comune e i giovani che esprimevano le loro esigenze , dando prova dell'importanza del dialogo con le istituzioni .
In generale scuole o classi possono partecipare attivamente alle iniziative , come accaduto il 25 novembre scorso, quando molti ragazzi in tutta la provincia hanno deciso di non stare in silenzio, durante il minuto per ricordare le vittime di femminicidio, ma di fare più rumore possibile.”
Dai femminicidi alle pari opportunità, proprio il tema del percorso di Educazione Civica della 3B, cosicché i ragazzi hanno approfittato della disponibilità dell’ assessora per approfondire il tema con molte domande tra cui:
Che cos'è la cittadinanza di genere?
“È il riconoscimento dei pari diritti in ogni ambito, a prescindere dal genere di una persona” ha spiegato l'assessora, che, parlando anche per esperienze personali, ha ricordato che le discriminazioni di genere sono un problema urgente e vanno oggi più che mai combattute, anche a livello locale, soprattutto partendo dalle giovani generazioni.
Tra domande e risposte , sono trascorse due ore di conversazione proficua, grazie alle quali i ragazzi hanno incominciato ad osservare con maggiore consapevolezza il territorio in cui vivono e a riflettere sulle loro opportunità di agire come cittadini attivi.
Non siamo solo noi gli educatori, spesso sono loro che insegnano a noi, è uno scambio continuo !
Maria Agnese Neri 4B | 27 dicembre 2023
Nella mattinata di venerdì 22 dicembre, la redazione di status quo ha avuto l’onore di porre qualche domanda a Sara Battaglino, referente al sostegno e Alessandra Lavia, educatrice degli alunni con disabilità. Facendo due chiacchiere insieme è stato possibile conoscere la loro esperienza e qualche curiosità in più riguardo i progetti “gruppo inclusione” e “laboratorio di cucina”.
Redazione: Parlando dell'iniziativa che state portando avanti, quali sono i vostri obiettivi principali?
Sara Battaglino: Noi ci concentriamo prevalentemente sulla possibilità di creare competenze, spendibili per il progetto di vita dei nostri ragazzi. L'obiettivo è quello di renderli più autonomi possibile, poiché per loro è la cosa più importante.
Redazione: Che tipo di responsabilità sentite di avere nei confronti dei ragazzi e del loro futuro?
Alessandra Lavia: Sentiamo di avere tante responsabilità, in particolare speriamo di poter dare loro la possibilità di essere autonomi. Ci auguriamo il meglio per il loro futuro, con la consapevolezza che la scuola ha un ruolo fondamentale. Il risultato di questo lavoro non dipende però, solo e unicamente dall’impegno di noi educatrici, ma da quello di tutti: è necessario vedere questi ragazzi come parte della nostra comunità.
Redazione: Qual’è al giorno d’oggi l’ostacolo più grande da affrontare in realtà come queste?
Sara Battaglino: Spesso nel percorso di educazione di ragazzi con disabilità l’ostacolo più grande è la mancanza di strumenti adatti per relazionarsi con loro ed entrare nel loro mondo. Trovandosi davanti a ragazzi con disabilità diverse è necessario avere una preparazione adeguata per poterli capire. Inevitabilmente ci si trova davanti all’incapacità di vedere e sentire così come vedono e come ascoltano loro. Oltre alla formazione è necessaria anche parecchia esperienza che permette, col tempo, non solo di integrali ma di includerli veramente.
Redazione: Che cosa avete imparato o state imparando dai ragazzi ?
Alessandra Lavia: Capita spesso che i ragazzi ci stupiscano, soprattutto nel laboratorio di cucina che ci ha dato modo di accorgerci come alcuni ragazzi lavorassero benissimo in team o sotto pressione.
Sara Battaglino: I ragazzi ti insegnano anche ad avere pazienza, poiché hanno dei tempi diversi dalle persone normodotate. Rispettare i loro tempi dà a te la possibilità di variare i ritmi della tua routine. Non siamo solo noi gli educatori, spesso sono loro che insegnano a noi, è uno scambio continuo !
“Un ponte tra chi è stato, chi c’è e chi verrà”
Anna Pantusa 3B, Sara Ferri 3B, Rebecca Palandri 3AL e Alice Fontana 3EL | 21 dicembre 2023
Nella mattinata di sabato 16 dicembre le porte del Muratori San Carlo non si sono aperte solamente per gli studenti. A varcare la soglia sono stati ex professori, assessori comunali ed alunni, riunitisi nell’aula magna del liceo per la cerimonia di consegna dei premi scolastici, un’antica tradizione che a causa della pandemia si era interrotta, ma che finalmente ha potuto riprendere vita. I protagonisti della giornata sono stati giovani studenti di entrambi gli indirizzi che negli ultimi due anni scolastici si sono distinti per il loro zelo nello studio e per gli eccellenti risultati conseguiti in determinati ambiti. Non si parla solamente di materie umanistiche: nonostante la vocazione della scuola, i premi non riguardano esclusivamente questa sfera; “la scuola delle parole”, come definita dalla preside Morini, ha spazio per tutti, anche per le menti più scientifiche.
Ad aprire l’evento è stato un intervento della preside stessa che, ricordando le origini di questa ricorrenza e ringraziando l’associazione “Amici del Muratori” e le autorità pubbliche presenti, ha dato inizio alla consegna dei riconoscimenti; a presentarli e raccontarli, le professoresse del liceo Manzini, Coppelli e Bonacini. I quaranta giovani premiati hanno portato sul palco a ricevere l’attestato la loro esperienza, la loro passione, ma anche la loro voglia di mettersi in gioco, come ha detto a Status Quo l’ex-studentessa Asia Romano, parlando a nome di tutti i ragazzi: “... è un traguardo ed una bella soddisfazione; penso si possa vedere come lo sforzo impiegato in tutti questi anni sia servito.”
Un riconoscimento agli studenti, ma anche qualcosa di più. La cerimonia ha dato modo ai presenti di ricordare i nomi e le vite di coloro alla cui memoria sono stati istituiti i premi e al tempo stesso di guardare al presente della scuola, coniugando questi due aspetti in un unico momento. Un vero e proprio “ponte tra chi è stato, chi c’è e chi verrà”, queste le parole della preside che descrivono il legame di amore per il sapere che unisce tutti coloro che sono passati dal liceo.
La consegna dei premi avvenuta sabato mattina ha rappresentato un’opportunità di ricordare le radici della scuola, collegando le vite di coloro che hanno contribuito a scriverne la storia. Una storia fatta di impegno, dedizione, sacrifici e risultati, ma soprattutto di persone.
Sabato 16 dicembre 2023 si è tenuta l’assegnazione dei premi scolastici per i ragazzi che più si sono distinti nell’anno 2021-2022 e 2022-2023.
Noi di Status Quo abbiamo deciso di intervistare alcuni di loro: Jacopo Menzani, Annachiara Olivari, di 4A, Paolo Falco, di 5E, e due ex studentesse del nostro liceo: Carlotta Fornaciari e Asia Romano.
Angelica Frappa, Lucia Falzoni, Camilla Bandieri, Schifani Alessia, 3E | 21 dicembre 2023
Quali premi avete ricevuto e in che cosa consistono?
Menzani Jacopo: “Ho ricevuto due premi: il premio “Prof Giuseppe Vitali” e il premio “Cirillo Zibordi” premi assegnati allo studente (o studentessa) che si è distinto per la miglior classificazione dal passaggio, rispettivamente dalla quinta ginnasio alla prima liceo, e dalla prima alla seconda liceo”.
Olivari Annachiara: “Il mio è il premio “Nubes D’Incerti”, un premio rivolto allo studente, in questo caso studentessa, che alla fine del biennio ha riportato le migliori valutazioni nelle materie umanistiche, quindi: Latino, Greco, Italiano e Geostoria".
Falco Paolo: “Il premio che io ho ricevuto è il premio “Prof Giuseppe Bellentani”, che riguarda lo studente del quinto anno che ha conseguito le migliori classificazioni in Latino e Greco”.
Carlotta Fornaciari e Asia Romano “ Abbiamo vinto entrambe lo stesso premio, “Professoressa Valeria Silvia Bariola”, rivolto agli studenti che hanno conseguito la miglior classificazione negli esami di Stato”.
Una domanda che allora ci sorge spontanea, rivolta a te Paolo, riguarda le tue capacità e abilità in Latino e Greco: sei sempre stato bravo, o, come spesso succede, queste tue abilità sono frutto di una passione ed interesse che si è sviluppata solo all'inizio del triennio?
“Ad essere onesto sono sempre stato molto bravo in queste materie, però dal triennio, quando ho iniziato a studiare letteratura classica, mi sono appassionato ancora di più, e nonostante le difficoltà che queste materie possono comportare, l’interesse nei loro confronti è aumentato”.
Molto spesso quando si parla del liceo classico si ha il pregiudizio che privi di una vita sociale e limiti molto nelle proprie passioni privandoci di tempo per noi stessi, cosa ne pensate voi ragazze che siete riuscite alla fine dell’anno scolastico a ricevere la migliore classificazione nell’esame di Stato?
Carlotta Fornaciari: “In realtà non sono d’accordo con queste affermazioni, si è vero, è una scuola impegnativa, ma è un discorso di priorità: io sono sempre stata una persona a cui piaceva uscire, e non ho mai permesso alla scuola di limitarmi in questo; credo semplicemente che con una buona organizzazione si possa riuscire a fare tutto”.
Asia Romano: "Concordo pienamente con Carlotta, secondo me una buona organizzazione è alla base di tutto: basta pianificare i propri impegni e sicuramente si potranno ottenere ottimi risultati a scuola, ma allo stesso tempo avere una vita sociale al di fuori di essa”.
Per quanto riguarda invece l'università, avete in mente di scegliere una facoltà inerente ai premi che avete vinto?
Le ex studentesse hanno già intrapreso il loro percorso di studi all’università, mentre sia Jacopo, che Paolo, che Annachiara sono ancora incerti sulla facoltà da frequentare una volta finito il liceo, ma, nonostante abbiano vinto premi riguardanti le materie umanistiche, non escludono la possibilità di scegliere un percorso di studi in ambiti totalmente diversi.
Avete un consiglio da poter dare ai ragazzi di prima che si sono da poco iscritti, e non si sentono a loro agio, o per quei nuovi ragazzi che invece hanno intenzione di iscriversi, ma non ne sono certi?
Annachiara Olivari “Un consiglio utile e che secondo me è molto importante che vorrei dare ai ragazzi di prima è quello di non aver paura, ma di provare semplicemente a mettersi in gioco per dimostrare le proprie capacità e il proprio valore”.
Jacopo Menzani “Per coloro che sono spaventati dall’idea di iscriversi a questa nuova scuola, consiglio di tentare comunque, e di provare soprattutto ad ottimizzare i propri tempi, per essere poi più avvantaggiati, anche semplicemente stando attenti in classe”.
Come ultima domanda, ci teniamo a chiedervi: come ci si sente ad essere tra i pochi di questa scuola ad essere stati premiati?
Asia Romano: “Mi ritengo molto soddisfatta, è’ un traguardo ed una bella soddisfazione; penso si possa vedere come lo sforzo impiegato in tutti questi anni sia servito.”
Jacopo Menzani: "Personalmente la ritengo una grande soddisfazione personale, ma non mi sento superiore a nessuno, la cosa più importante per me è rimanere umili”
Status Quo ci tiene a ringraziare nuovamente i ragazzi che si sono prestati a questa intervista, ma soprattutto ancora una volta COMPLIMENTI E CONGRATULAZIONI!
Con Ludovico Del Vecchio e Claudio Gavioli
Ema Voicu, 5B | 12 dicembre 2023
Nel 2017 nacque, grazie al romanzo del dottor Ludovico Del Vecchio, “La compagnia delle piante” , il genere del green thriller. Vediamo però chi è il signor Del Vecchio e qual è la novità di questo genere .
Ludovico del Vecchio è un ex muratoriano di origini modenesi, laureato in medicina veterinaria con una grande passione per la scrittura. Nella giornata del 2 dicembre in occasione della recente pubblicazione de “ Il mistero dei fiori viola”,ultima puntata della sua serie di green thriller, il dottor Del Vecchio ci ha parlato del suo lavoro come scrittore e della grande passione per la botanica che lo ha portato a produrre questi romanzi.
Prima di entrare nel merito delle sue opere è necessario fare una precisazione sulle specifiche di questo genere innovativo. Con il termine di green thriller si indica un giallo i cui protagonisti interagiscono costantemente con la flora attorno a loro. Ciò che distingue dunque i personaggi di questi romanzi è proprio il fatto di non essere affetti dalla cosiddetta cecità vegetale, dall’inglese plant blindness, cioè l’incapacità dell’uomo di vedere le piante e riconoscerne la vitale importanza. Un concetto simile venne espresso già da Leopardi in “Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo” nelle “Operette Morali” quando utilizzando la voce del folletto afferma [E di moltissime altre specie non se ne accorsero (gli uomini) prima degli ultimi tempi. Il simile si può dire circa al genere delle piante…]
“Gli alberi ci accompagnano da sempre, la vita umana si è sviluppata anche grazie a loro” afferma Del Vecchio sottolineando come ci sia bisogno di alberi efficienti, quindi non solo piantati nella maniera corretta ma anche mantenuti con cautela, per poter usufruire dei loro numerosi benefici, come l’abilità di produrre di ossigeno. La presenza della vegetazione urbana influisce infatti non solo sull’aspetto estetico di una città ma anche sulla qualità della vita dei suoi abitanti.
Questi romanzi dunque rappresentano il contributo di un “dilettante tardivo della botanica”, come si definisce il dottore, in collaborazione con un esperto di botanica, il professor Francesco Ferrin, nel mostrare il suo amore per gli alberi.
Modena, piazzale Sant'agostino
Anna Pantusa e Sara Ferri, 3B | 14 ottobre 2023
“io non rischio è una campagna di comunicazione pubblica sulle buone pratiche di protezione civile basata sulla sinergia tra scienza, volontariato e istituzioni, che si rivolge a tutti, con messaggi chiari e riconoscibili, per trasformare la consapevolezza in azione, 365 giorni l’anno.”
Nella mattinata del 14 ottobre, gli studenti della 3b del Liceo Muratori-San Carlo, si sono recati presso Largo Porta Sant’Agostino, per partecipare a questa campagna di sensibilizzazione, organizzata dai volontari della protezione civile che hanno illustrato ai ragazzi i pericoli a cui è soggetto il nostro territorio e come comportarsi di conseguenza.
Erano presenti diversi stand in cui venivano esposti gli effetti di terremoti ed alluvioni da volontari ed esperti del settore.
Far parte della protezione civile non significa agire solo quando si indossa la divisa, bensì avere senso civico e utilizzarlo per aiutare il prossimo, sempre, non solo durante il turno. Significa essere in grado di aiutare chi è in difficoltà in ogni momento. La campagna “io non rischio” oltre a presentarci le emergenze territoriali che possono verificarsi, ci ha fatto riflettere su quanto il ruolo della protezione civile sia importante nelle nostre vite. Il referente comunale del dipartimento ha fatto un appello a tutti i giovani, invitandoli ad entrare a fare parte della realtà della protezione civile.
“Ci rivolgiamo ai giovani perchè loro hanno più sensibilità e possono fare da tramite con gli adulti”.
Qui l'intervista al responsabile comunale della protezione civile: https://www.canva.com/design/DAF299m3PfA/GbQCIM1jGnXxn2Uj_wvKMQ/watch?utm_content=DAF299m3PfA&utm_campaign=designshare&utm_medium=link&utm_source=editor
Zwolle, Olanda 26/03/2023 - 02/04/2023
Alice Fontana, 3EL | 29 novembre 2023
Probabilmente uno degli aspetti più affascinanti dell’essere giovani è l’inesperienza. Quante cose abbiamo da scoprire? Quante possibilità ci offre il mondo? Tante, forse troppe. E tutto questo solo per arrivare a conquistare quel tanto ambito titolo di “adulti”.
Tuttavia, è solo cogliendo queste occasioni che riusciremo ad ottenere quello che ci manca, quel tipo di ricchezza che va oltre il materiale, oltre tutto ciò che possiamo imparare sui libri. Noi ragazzi abbiamo bisogno della possibilità di crescere inciampando e apprendendo, sbagliando e vivendo.
E quale miglior modo di farlo se non immersi in un mondo che non è il nostro?
Alla fine di marzo io e quattro miei compagni di classe abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad un'esperienza Erasmus di gruppo di una settimana a Zwolle, in Olanda.
Quel viaggio mi ha insegnato tante cose, e non parlo solamente di cultura e di lingua. Ho scoperto parti di me che non credevo nemmeno esistessero, ho capito cosa significa veramente sentirsi spaesati, ho sperimentato cos’è davvero la nostalgia di casa, ho riso come non avevo mai riso prima, ho messo alla prova il mio senso di adattamento e la mia forza di volontà. Mi sono affezionata a persone, luoghi, profumi e colori, ho pianto per un “addio” e sorriso quando mi hanno corretto con un "arrivederci".
Personalmente credo che questo tipo di esperienze siano quelle che permettono a noi ragazzi di crescere per davvero.
L’Erasmus è un modo per imparare che la vita che conosciamo noi, la scuola a cui siamo abituati, persino i mezzi di trasporto che diamo per scontati, non sono gli unici. Per questo motivo, è anche un’occasione per capire quanto ciò che ci circonda sia speciale.
L’Erasmus premia chi se lo merita, non è un regalo, è un impegno. Quella di partire è una scelta coraggiosa, su cui bisogna meditare e che non si può prendere da un giorno all’altro. Soprattutto, è il frutto di un lungo e duro lavoro che parte da ognuno di noi.
Il nostro Erasmus era legato ad un progetto di eTwinning basato sul concetto di “Green School”. Queste scuole sono accomunate dall’interesse nel formare i ragazzi dal punto di vista dell’importanza del rispetto per l’ambiente. I docenti si impegnano ad insegnare ai ragazzi l’educazione ambientale, mostrando loro quali sono i piccoli gesti che ognuno di noi può compiere per aiutare l’ambiente ogni giorno.
Per esempio, quasi tutti gli studenti olandesi si recano ogni mattina a scuola a piedi o in bicicletta. Persino chi abita lontano, risolvendo il problema con il motore elettrico. Anche noi, durante quella settimana, abbiamo cercato di ridurre al minimo l’uso dei mezzi pubblici o delle auto.
Inoltre, abbiamo seguito lezioni sul tema del riciclaggio e della raccolta differenziata. Durante una mattina, per esempio, abbiamo potuto creare la carta da giornali, pezzi di cartone o altri scarti.
Un’altro corso che ho trovato interessante è stato quello di cucina. I docenti portavano i ragazzi nel bosco e nell’orto della scuola e mostravano loro quali piante si potevano aggiungere per preparare un pasto salutare ed equilibrato… a base di insetti! Si sta infatti cercando di sensibilizzare le persone, a partire dai più curiosi, i ragazzi, a questa nuova possibilità. Non si tratta solo di un’esperienza nuova per noi, ma di una soluzione per l’ambiente.
Insomma, abbiamo avuto modo non solo di immergerci nella storica tradizione e nelle tipiche usanze olandesi, ma anche di provare quello che rappresenta il futuro di un Paese che sta tentando di andare incontro ai bisogni del mondo.
Se mi chiedessero di descrivere con un aggettivo la mia settima in Olanda direi “particolare”.
Il primo giorno è stato sicuramente il più difficile. Mi sentivo completamente spaesata e la nostalgia di casa era forte. Per fortuna ero circondata da una famiglia accogliente e comprensiva, che ha capito subito come mi sentissi.
Il secondo giorno ho capito che del tempo atmosferico olandese non ti puoi fidare. Penso di non aver mai visto in vita mia il sole, la neve, la pioggia, la grandine e l’arcobaleno tutti in una stessa mattinata.
Il terzo giorno mi sono innamorata di Amsterdam.
Il quarto giorno ho scoperto che la musica è forse uno dei mezzi più potenti per unire le persone. Sapevate che esiste una versione di “Sarà perché ti amo” in olandese? Io no, e stavo meglio prima di ascoltarla.
Il quinto giorno ho mangiato una pizza con l’ananas. Non aggiungo altro.
Il sesto giorno ho imparato che andare in due su una bicicletta in discesa mentre piove forse non è la migliore delle idee. Ho anche realizzato che non avevo alcuna voglia di tornare a casa.
Il settimo, e ultimo, giorno ho pianto e ho riso, ho abbracciato e stretto la mano.
Infine, ovviamente, ci sono tutte le città che ho visitato, i paesaggi che ho ammirato, le persone che hanno riempito le mie giornate e i primi discorsi in inglese con l’incertezza e la paura di commettere errori. Ma queste sono cose che condividiamo tutti no? Io ho voluto elencare quei ricordi e quelle emozioni che hanno caratterizzato la mia esperienza, il mio Erasmus, e l’hanno reso speciale per me.
Perché ognuno porta nel proprio cuore qualcosa di diverso, e io conservo il sorriso sconcertato della mia host mum dopo che le chiesi "Scusa, ma i bicchieri a tavola non li mettete?”
Maria Agnese Neri 4B | 14 novembre 2023
Come si possono sviluppare le soft, green e digital skills, lavorando insieme?
Nell’ottica della sensibilizzazione nei confronti del tema della sostenibilità, per collegare educazione e pratica della sostenibilità stessa, il contesto scolastico si deve trasformare da soggetto passivo nei confronti di consumi e sfruttamento di risorse in soggetto attivo e, se possibile, propositivo.
Proprio allo scopo di affrontare la sostenibilità in un contesto di apprendimento attivo, nel mese di ottobre del presente anno scolastico, la classe 4b ha avuto la possibilità di partecipare al progetto Energie libere e digital transformation. E’ un progetto del Comune di Modena di orientamento al mondo produttivo, che offre occasioni per comprendere abilità e conoscenze necessarie per lavorare nell’ambito della sostenibilità ambientale e della green economy. Come è ormai risaputo, la questione della sostenibilità si declina comunemente dalla dichiarazione delle nazioni Unite del 2030 secondo i 17 obiettivi proposti dall’Agenda 2030, a loro volta definibili in termini delle fondamentali 5P (PACE, PERSONE, PIANETA, PROSPERITA’, PARTENRSHIP), con l’obiettivo di armonizzare la crescita economica, l’inclusione sociale e la tutela dell’ambiente.
Essendo il tema della sostenibilità estremamente complesso, per rinforzare la partecipazione attiva durante i tre giorni di lavoro, il workshop si è svolto sotto forma di competizione a squadre, una vera e propria maratona creativa utilizzabile per dar vita alle proprie idee.
L’intero progetto è stato portato avanti con il mentorship, e accompagnamento da parte di Luca Piccinno e Marco D’Angelo.
Il primo giorno, il training day, è stato utile per conoscersi meglio e per assistere ai talk ispirazionali di Cesare Galavotti, presidente del Cna di Modena area nord e di Benedetta Spattini, titolare di un portale di e-commerce verde. Queste attività sono state indispensabili per introdurre la tematica del Design thinking e per passare dalla teoria alla pratica. Il secondo giorno ovvero l’hacking day, è iniziato con un briefing utile alla formazione dei team, che hanno lavorato per tutto il resto della giornata accompagnati da Lorenzo Guerzoni, imprenditore nell’ambito del marketing e della comunicazione digitale e Emanuela Bertini presidente Cna Comune di Modena e vicepresidente provinciale.
Il secondo giorno si è concluso con le valutazioni e i feedback riguardo i prototipi e la preparazione per il PITCHING-DAY.
Nell’ultimo giorno, il progetto si è concluso con le premiazioni dei tre gruppi migliori, che la giuria ha premiato scegliendo il progetto di start- up più innovativa e sostenibile.
Nel complesso, si è trattato di un interessante progetto che ha unito studio, lavoro di gruppo e riflessione sul valore della sostenibilità.
Anna Pantusa e Sara Feri, 3B | 24 ottobre 2023
"Ho incontrato la poesia a quattro anni, quando ho iniziato a cantare nel piccolo coro dell'Antoniano. Qui ho iniziato a rendermi conto che alcune parole avevano una potenza che, quelle normali non esaltate da un ritmo, non potevano dare"
E’ così che la poetessa Beatrice Zerbini si racconta al Liceo Muratori San Carlo il 5 ottobre, in occasione dell’undicesima edizione di Passa la Parola.
Nata a Bologna, fin da piccola riconosce il ruolo importante delle parole nella propria vita. A otto anni scrive la sua prima poesia, ispirata dalla lettura di Leopardi che sente molto vicino a sè.
Durante l’incontro Beatrice ha letto alcune poesie tratte dal suo primo libro “Poesie d’amore” (edito da Interno Poesia), che, già arrivato alla dodicesima edizione, ha origine dalle pagine social in cui la Zerbini raccoglieva poesie e scritti tragicomici.
“Cosa c’è nel tuo cuore?”, chiede Beatrice ad ognuno di noi.
Gli studenti hanno avuto spazio per esprimere le proprie emozioni, componendo una poesia sui temi su cui si è sviluppato l’incontro: la paura e la fragilità.
Alla fine, Beatrice si è confrontata con una produzione dell’intelligenza artificiale. Ma la poesia è l’emozione che si rispecchia in chiunque la legga, e chi, se non l’uomo, condivide i sentimenti e le paure?
"La fragilità è quello che ci differenzia dalla macchina".
Sara Borghi, 5B | 13 ottobre 2023
Il 29 Settembre si è svolta presso il Polo Leonardo, nell’ambito dello Smart Life Festival, l’incontro “Irriducibile. La coscienza dell’uomo non è artificiale”. Nella quale il professor Federico Faggin, ospite d’onore, ha illustrato agli studenti i punti più importanti della vita sua, che lo hanno portato a costruire invenzioni tanto geniali da cambiare il corso della storia. A sei anni ha visto il suo primo aereo volare e in quel momento ha trovato il suo sogno: costruire aeroplani. A dodici anni il suo terzo modellino ha volato, è riuscito così a realizzare il suo primo prodotto dando forma concreta alla sua idea. Da quel momento in poi Faggin ha continuato imperterrito a seguire i propri sogni, sfruttando ogni opportunità e continuando ad andare avanti nonostante i mille ostacoli che gli si pararono davanti. A diciotto anni ha costruito il suo primo computer e, incuriositosi riguardo le transizioni, ha deciso di fare fisica all’università. In quanto esperto in ambito tecnologico gli è stata fatta una domanda sulla quale molti ultimamente sono sempre più interessati: È possibile creare un computer che abbia una coscienza uguale alla nostra? La risposta, per molti inaspettata, ha rivelato una visione sorprendentemente umanistica della realtà da parte di questo fisico: “La creatività è tale in qualsiasi ambito, essa parte dal libero arbitrio che è in se un’atto creativo… Gli atti creativi non sono algoritmici, il computer non crea ma combina degli aspetti di cose che gli abbiamo insegnato… Non c’è nessuna regola ne legge che possa dire come quella cosa sia stata creata… Noi abbiamo questa proprietà, il computer non ce l’ha e non ce la avrà mai”. La sua più grande invenzione è certamente quella del primo microprocessore, ma oltre a ciò egli sviluppò anche la tecnologia MOS con gate di silicio, che permise la realizzazione dei primi elementi essenziali per la digitalizzazione dell’informazione. Questa conferenza ha costituito un incredibile opportunità per i ragazzi che vi hanno potuto assistere, Faggin può essere considerato uno dei “padri fondatori” della nostra era digitale, senza il quale questa non sarebbe mai potuta essere realizzata.
Sara Borghi, 5B | 6 ottobre 2023
Il giorno 22 settembre dalle 8:30 alle 12:30 si è tenuto, per le classi quarte e quinte, l’incontro di Prevenzione Oncologica e Dipendenze presso l’aula magna del policlinico di Modena. Nel corso della mattinata alcuni docenti dell’Università di medicina hanno introdotto i fattori di rischio e le dipendenze che favoriscono la proliferazione del cancro. A iniziare è stata la dottoressa Maur, che ci ha brevemente introdotto l’etimologia e le differenze tra cancro (da καρκίνος = granchio) e tumore (da tumor = essere gonfio). A seguire è intervenuta la dottoressa Guaitoli, che ha presentato il fumo come primo fattore di rischio, approfondendo i danni che le sigarette elettroniche (considerate da molti meno dannose) causano. È poi intervenuta la dottoressa Brovia, tossicologa, che esponendo i rischi che l’eccessiva ingestione di alcol causa all’ organismo, ha negato l’assoluta necessità di astemia ma consigliato un’adeguata moderazione. Successivamente ha preso parola il dottor Valoriani, dietologo di professione, ha spiegato in dettaglio i legami tra l’alimentazione e il cancro, smentendo inoltre le false credenze che individui non certificati danno ai ragazzi per modificare il proprio corpo dal punto di vista estetico. Infine è intervenuta la dottoressa Trudu, specializzata nello studio dei virus oncogeni, che ha indicato i virus come quarto fattore di rischio, informando li studenti di vaccini consigliati da fare e patologie gravi da prevenire. Al termine dell’intervento da parte dei docenti universitari hanno preso parola alcuni esponenti delle associazioni di volontariato che, presentando i propri obbiettivi e gli aiuti che desiderano portare ai malati, hanno caldamente proposto gli studenti di aiutarli nel perseguimento dei loro scopi. L’elevato numero di domande e di chiarimenti al termine della conferenza può essere considerato un successo nella riuscita del progetto, indicante un segno di interesse e curiosità da parte degli studenti che hanno avuto modo di approfondire temi che li riguardano da vicino ma di cui non hanno modo di parlare tutti i giorni.
Angelica Frappa 3E, Camilla Bandieri 3E, Ludovica Villa 3A | 2 ottobre 2023
Il 15 settembre tutte le classi del nostro liceo sono tornate sui banchi di scuola per iniziare questo nuovo anno scolastico, e noi di Status Quo abbiamo deciso di intervistare gli studenti, dai nuovi arrivati del 2009 fino ai nostri veterani di quinta.
Dopo numerose conversazioni con i nostri compagni, non possiamo non notare che ‘tutte le strade portano a Roma’, o meglio all’agitazione.
Per i più giovani è l’ansia di non riuscire a soddisfare le aspettative o di accorgersi, magari troppo tardi, che quello che si è scelto non è il percorso adatto.
Ci teniamo tanto a ricordarvi però, che l’ansia non sempre è qualcosa di negativo, infatti se imparata a gestire, può essere un grande alleato.
Per i ragazzi di quinta invece è la paura del futuro, dell’incognito, e del grande punto interrogativo riguardante cosa li aspetta dopo la fine di questo quinquennio di esperienze.
E’ altresì vero che quel fastidiosissimo sciame di farfalle nello stomaco non si ha solo interrogandosi sull’avvenire, ma anche guardando indietro, verso tutte le esperienze, le emozioni, le relazioni, i sorrisi e i pianti, avvenuti nel periodo trascorso in questa scuola.
Che strana che deve essere la sensazione di inquietudine, provata da ogni ragazzo di quinta, quando si lascia il ‘porto sicuro’ per gettarsi in mare verso nuovi orizzonti.
Proprio come disse Umberto Saba “era un piccolo porto, era una porta aperta ai sogni”.
Possiamo solo immaginare quello che stiano provando i nostri amici di quinta, che si avvicinano sempre di più al giorno in cui la campanella del Muratori-San Carlo sarà solo un lontano ricordo.
Ci tenevamo quindi a lasciarvi con un grandissimo in bocca al lupo, un augurio di buona fortuna per tutte le sfide che la vita ha in servo per voi!!
Ema Voicu, 5B | 30 settembre 2023
Il giorno 15 settembre il liceo Muratori San Carlo ha avuto il piacere di ospitare il professore Bazzocchi in occasione dell’uscita del suo ultimo libro "Spalancare gli occhi sul mondo. Dieci lezioni su Leopardi”
Il professore racconta in primo luogo com’è nata l’iniziativa, spiegando che il libro nasce dall’esigenza di ricreare quei rari momenti quando nelle aule si percepisce una mente sola fatta da tutte le menti che in quell'istante si trovano in simbiosi. Egli ci rivela anche di aver scelto Leopardi per la sua grande capacità di riuscire a parlare a tutti. Il libro inoltre non vuole essere un trattato erudito che affronti l’intera produzione letteraria dell’autore ma semplicemente un libro che offra una visione diversa e completa di Leopardi e che abbia come pubblico i suoi studenti e colleghi. Come suggerisce anche il titolo, il professore ci propone dieci lezioni su Leopardi, per ognuna delle quali riprende uno o più componimenti.
Commentando la sua prima lezione che ha come testo di riferimento “L’infinito”, il professor Bazzocchi fa anche una considerazione estremamente attuale sull’utilizzo degli smartphone. Egli infatti afferma che gli esseri umani sono creature tanto della vicinanza quanto della distanza in quanto senza l’ultima non saremmo in grado di sfruttare la nostra immaginazione. L’utilizzo delle nuove tecnologie e del digitale però, facendo apparire tutto vicino e presente, ha appiattito la dimensione della distanza favorendo la maturazione della paura di essere lasciati soli.
L'incontro si è infine concluso con la lettura di un bellissimo passaggio del testo dal quale vi ripropongo la seguente citazione “Incantare il mondo è l’atto iniziale per salvare il mondo”.
Mattia Marcazzan, 5A | 19 maggio 2023
In questi giorni si sta svolgendo, a livello provinciale, un evento sportivo unico nel suo genere. Stiamo parlando del torneo ‘’Olympius’’ di calcio a 7. A questo torneo partecipa una squadra per ogni istituto costituita dagli studenti calciatori. Anche il nostro liceo Muratori-San Carlo ha avuto l’opportunità di formare una rosa di giocatori per affrontare gli altri istituti di Modena in questa competizione. Dopo aver convocato un gruppo di calciatori agonisti frequentanti il liceo, la squadra si è trovata in due occasioni prima delle partite ufficiali per allenarsi, conoscere le qualità dei singoli e creare intesa: la prima occasione è stato un allenamento tra di loro; la seconda, invece, una partita amichevole contro la rosa del liceo Tassoni. La dea bendata non ha assistito la nostra squadra: infatti, entrambe le partite del girone, la prima contro la formazione dello Spallanzani e la seconda contro l’istituto Sacro Cuore, nonostante i giocatori abbiano lottato fino all’ultimo, si sono concluse con esito negativo per il Muratori-San Carlo, con la conseguente eliminazione dal torneo. ‘’È davvero un peccato che abbiamo perso entrambe le partite, i ragazzi sono stati onorati di indossare quella maglia e di battersi per la scuola’’ ha riferito Nicola Malavasi, rappresentante d’istituto del liceo. Ha poi continuato: ‘’È stata un’esperienza incredibile, si è creato un gruppo molto bello all’interno dello spogliatoio. Ringraziamo tutti i nostri compagni di scuola che sono venuti a fare il tifo per noi, erano veramente tantissimi’’. Questo evento tutte le sere in cui giocano le varie squadre accoglie decine e decine di tifosi che circondano tutto il campo pur di vedere giocare la loro squadra. L’evento, in ogni caso, è un’ottima occasione per trovarsi fuori da scuola e mangiare qualcosa tutti assieme. Adesso resta solo da chiedersi chi vincerà questo torneo.
Ema Voicu, 4B | 9 maggio 2023
La Notte dei Licei, un evento arrivato ormai alla sua IX edizione, è stata concepita come un’occasione per i licei classici di tutt’Italia di diffondere la cultura classica greca e latina. In questo modo, i studenti di questi luoghi di culto, che sono diventati la culla di Omero, Virgilio, Ovidio e tantissimi altri, riescono a divulgare e condividere con il resto del mondo la loro passione ed ammirazione nei confronti di coloro che li hanno preceduto ed il cui patrimonio portano avanti con tanta dedizione.
Il tema di quest’anno “Aquae”, ha lasciato ampio spazio alle menti creative di muoversi con grande agilità tra la ripresa di miti e testi classici e di temi di attualità, creando una perfetta alternanza tra antico e moderno. Gli studenti dunque sono riusciti a trasformare per una notte il nostro liceo in luogo di confronto tra parole, lingue, pensieri e secoli ma anche di condivisione di esperienze, emozioni e tradizioni.
Mentre sulla scena veniva esposto il prodotto finale di un elaborato processo creativo, dietro le quinte era possibile assistere ad un’altra realtà, una realtà fatta di ragazzi , alcuni impegnati a ripetere per la ventesima volta le proprie battute, altri invece a combattere l’ansia da palcoscenico, altri ancora a scherzare con i propri compagni ed infine alcuni a scattare foto più o meno candide, che forse tra qualche anno trovando per caso, gli procureranno un sorriso malinconico.
La notte dei licei dunque non rappresenta solo un momento culturale e didattico ma anche un’occasione per divertirsi, creare ricordi longevi, solidificare legami già esistenti ed instaurarne dei nuovi. Ci auguriamo dunque che il Muratori San Carlo continui ad aderire e portare avanti questa tradizione in modo che anche le generazioni future ne possano fare esperienza.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 4 maggio 2023
Nessuno si salva da solo, e dopo l’incontro con Don Mattia Ferrari in Aula Magna gli studenti del Muratori San Carlo l’hanno capito bene. A presentare l’associazione “Mediterranea Saving Humans” Don Mattia Ferrari stesso, ed alcuni ragazzi che per poco non erano nostri coetanei. L’idea di Mediterranea nasce nell’estate del 2018 dall'indignazione dinanzi alle migliaia di morti nel Mediterraneo e alla politica dei porti chiusi. Tra i vari discorsi uno particolarmente pungente, da parte di una ragazza, che ammonisce i giovani seduti davanti a lei “lasciatevi sconvolgere. Non fate mai abituare i vostri occhi a questo scempio. Non è giusto nei loro confronti che affogano in mare, mentre voi li guardate indifferenti da uno schermo, durante l’ora di pranzo, con un piatto di spaghetti di fronte”. A due mesi dal massacro di Cutro, gli interventi mirano tutti ad una scontata precisazione: tutti i naufragi hanno la stessa importanza, non importa né la violenza della tragedia, né il numero di perdite. Parecchie le donne che, visto che non erano mai state messe nelle condizioni di poter imparare a nuotare, non sono riuscite a salvarsi dal disastroso incidente avvenuto sulle nostre coste tra il 25 ed il 26 Febbraio, ma altrettante il 15 di Febbraio 2023, o il 27 Aprile 2023, o il 27 Dicembre 2021; ma in pochi ne parlano, anche se è il minimo che si potrebbe fare di fronte a questi terribili scenari. Così, per dare una mano, Mediterranea nel corso degli anni si è ampliata, diventando a tutti gli effetti un’ Associazione di Promozione Sociale (APS). Oggi, è costituita da equipaggi di mare ed equipaggi di terra con oltre 3500 soci attivi in circa 50 territori su scala nazionale ed internazionale.
Palazzo Martina e Tastan Yagmur, 5Gl | 26 aprile 2023
840 persone ad applaudire con entusiasmo travolgente: uno spettacolo così non si vedeva da tempo. Il 29 marzo il teatro Storchi di Modena ha accolto lo spettacolo Lazarus, ideato da David Bowie insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh. ERT / Teatro Nazionale ha permesso, a otto anni dal debutto, di inscenare per la prima volta in Italia con la regia di Valter Malosti, il quale ha curato la versione italiana confrontandosi con lo stesso Walsh.
Considerato una sorta di testamento artistico, la prima rappresentazione andò in scena a Manhattan nel 2015, poco prima che l’artista scomparisse per un tumore al fegato: seppur piegato dalla malattia, Bowie lasciò questa creazione, che ora vede Manuel Agnelli nei panni del protagonista Newton, un malinconico migrant interstellare costretto a rimanere sulla terra, non potendo né invecchiare né morire. Accanto ad Agnelli, la vincitrice della 14° edizione di X Factor, Casadilego, interpreta Marley, il fantasma che può aiutare il suo alter ego Newton a ritrovare la via del cielo.
“Durante tutto questo viaggio all’interno dell’opera di Bowie” dice Agnelli dopo lo spettacolo: “non so se ho trovato qualcosa di lui che non conoscevo, ma sto aspettando di scoprire magari qualcosa di nuovo su di me tramite lui, che forse è la cosa più interessante no?”. Su ciò non possiamo che concordare: la musica di Bowie ha la capacità di farci capire qualcosa in più di noi stessi, e ciò è rivoluzionario e provocatorio al tempo stesso. Difatti lo spettacolo ha come protagonista un alter ego di David, il quale era solito identificarsi con personaggi anche molto diverse e contraddittorie tra loro. La pièce porta a una ricerca sul sé, simbolica e metaforica, facendovi scorgere una identità complessa, poliedrica e stratificata.
Il primo aprile le classi 5Gl, 5 Al, 4Fl e 4Al hanno partecipato ad un evento assai importante ed interessante, presentato dalla nostra Preside in aula magna, dove il regista dello spettacolo, anche direttore di ERT, Valter Malosti, due componenti della troupe di Lazarus, Casadilego e Dario Battaglia, sono stati lieti di rispondere alle domande post-visione dello spettacolo o a osservazioni e riflessioni da parte di noi stessi. A moderare l’incontro, la prof.ssa Angela Albanese, della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’UNIMORE. Organizzatrici dell’incontro, le professoresse Fregni M.Paola e Rossi Isabella. La 5AL, nell’ambito del progetto per le recensioni delle scuole, portato avanti, per la classe suddetta, dalla prof.Fregni in collaborazione con ERT, ha inoltre recensito lo spettacolo per il Resto del Carlino, partecipando ad un laboratorio progettuale di elaborazione critica, affidato da ERT ad “Altre Velocità”.
Anche durante l’ incontro a scuola, si è capito che lo spettacolo è un lavoro è molto complicato: un vero e proprio trionfo di linguaggi, oltre alla musica di Bowie, che, abbracciando conoscenze e competenze di più arti, musica, danza, teatro, fotografia, si mescolano fino a formare un’opera sì difficile, ma estremamente suggestiva, ricca di esoterismo e simbologia. Uno spettacolo quindi unico, che mescola e interseca i diversi e molteplici piani del reale, del fantastico, del surreale e dell’esoterico, portando tematiche come quella della vita, della morte e delle identità multiple. Un viaggio anche allucinatorio, dentro i fantasmi e le ossessioni della mente del protagonista Newton, fino alla sua morte, che, in realtà, è, in un certo senso, fittizia. Infine, sottolineiamo come si rimane molto stupiti ed emozionati davanti a quest’opera che, nonostante la difficoltà dei temi e dell’intreccio, riesce a essere molto contemporanea e attenta, facendoci riflettere su una ricerca delle nostre varie identità, in cui può essere inglobato anche il tema attuale dei migranti insieme a quello più ampio che tocca indistintamente tutti, quello di una condizione esistenziale umana di continua e inesausta ricerca, proprio come sempre ha fatto il grandissimo artista David Bowie nella sua vita e con la sua arte.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 15 aprile 2023
E se vi dicessi che Newton era un pirla?
A rivelarlo è Giorgio Casarini, ex funzionario tecnico del dipartimento di fisica dell’università degli studi di Modena, che certo non è passato alla storia per aver formulato la legge gravitazionale, ma oggi si è prestato a spiegarcela, sotto punti di vista differenti. Si sa, nulla è come sembra. Ce lo insegna Parmenide con la metafora della luna, il colpo di scena nel romanzo “la scomparsa” di Perec e la mamma quando l’amica che proprio non le andava a genio, si rivela una iena. Il primo insegnamento fornito agli “scienziati per un giorno” che oggi si trovavano in aula magna, è stato quello di non fermarsi alla prima certezza che gli si pone davanti. La verità è relativa, non ne esiste una universale (tranne quando litigo con qualcuno, in quei momenti ho sempre io la verità in mano). E così anche Newton è stato smentito e portato a casa, secondo prospettive diverse e secondarie, rispetto a quelle che lui aveva calcolato. Così come per tutte le vicissitudini, che ci serva da lezione: non rimanere mai in superficie. Proprio con questo proposito c’è stato modo di farci addentrare nella materia, anche in maniera pratica. La lezione si basava sull’elettromagnetismo; dove attorno ad un magnete si formano sempre due poli e poi un campo magnetico, forse. Mi auguro che la mia professoressa di fisica non stia leggendo. Sperando che i miei compagni di avventura abbiano raggruppato e rielaborato i contenuti, è stata un’esperienza a dir poco sorprendente. La concretizzazione che la fisica è attorno a noi, sempre, tutto si muove in base alle sue leggi, che noi dobbiamo imparare a cavalcare, se non vogliamo che ci schiaccino.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 25 febbraio 2023
Stimolare con suoni l’udito al mattino, garantisce al nostro cervello di svegliarsi al meglio e prepararsi immediatamente alla giornata che lo aspetta e no, non mi sto riferendo alla sveglia delle 06:50 che hai impostato sul cellulare.
La musica, o meglio le onde sonore che percepiamo, vengono convertite in segnali nervosi elettrochimici. Suoni acuti e forti aumentano la frequenza cardiaca ed innescano una reazione ideale ed efficace entro 30 minuti dal risveglio: insomma, l’ideale prima di una versione di greco.
Se senti che necessiti di una spinta emotiva, sappi che basta ascoltare 15 minuti dei tuoi brani preferiti per ottenere uno “sballo” naturale. Questo perché il tuo cervello rilascia endorfine e dopamina, neurotrasmettitori che portano a maggiori sentimenti di felicità, eccitazione e gioia, quando ascolti le canzoni che ti piacciono. Per questo la musica viene anche definita come una “droga legale”.
Rotolarsi nel piumone e attaccarsi alla stufetta alla mattina mentre si prende un caffè, non è il modo migliore per affrontare una giornata. Per questo la nostra scuola renderà possibile per tutti noi studenti un “dolce risveglio” con le nostre canzoni preferite.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 10 febbraio 2023
Ho consegnato il compito su classroom? Sono stato abbastanza bravo oggi durante l’esposizione? Mamma ma sei contenta? Ma come non ti basta un sei papà? Cosa mi aspetta finiti questi cinque anni? Se non riesco ad orientarmi su qualcosa di specifico, è perché sono superficiale? Io sono abbastanza? Sì.
Oltre il 70% delle persone che decidono di chiedere il consulto di un professionista per gestire le proprie dinamiche personali, ha un’età inferiore ai 25 anni. E’ un evidente segnale che va a sottolineare l’esigenza della comunicazione nella nostra società, c’è bisogno di un approccio basato su una curiosità attenta, ma non giudicante. Per questo molti ricorrono ad aiuti esterni dalla propria dimensione, affinché possano essere oggettivi e concreti.
Parecchie sembrano essere le braccia pronte a cullare coloro che lo richiedono, basti pensare ai vari servizi che le scuole offrono. Lo sportello d’ascolto è un accessorio fortunatamente scontato, ed è presente anche nella nostra scuola.
L’ansia da prestazione pare essere una delle problematiche particolarmente percepite dagli studenti di oggi. A testimonianza di questo ci sono vari fatti di cronaca, dove vediamo coinvolte ragazze trovate morte nei bagni delle università, o fenomeni che finiscono l’università miracolosamente con anni d’anticipo, normalizzando una durata del sonno di quattro ore a notte. Le aspettative da parte di noi stessi, dei professori, dei genitori sono presenti e devono esserlo, ma non dovrebbero riflettersi così tanto sulla dimensione di un ragazzo, tanto da distorcerla e farla diventare un inferno. “Senza ansia non c’è performance” sentenzia la dottoressa Francesca Scalise, psicologa presso un istituto comprensivo modenese, e continua: “mettersi in dubbio è sacrosanto, ma davanti ad una prova bisogna arrivarci consapevoli e sicuri delle proprie conoscenze. Se non ci sentiamo sicuri di noi, nessuno potrà farlo al posto nostro”.
Sofia Palmisano, 4B | 28 gennaio 2023
“Stai per leggere il nuovo romanzo “Se una notte d’inverno un viaggiatore” di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito agli altri:«No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono:«Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida:«Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi dirlo; speriamo che ti lascino in pace.”
Leggere è un rito, come afferma anche Italo Calvino nell’incipit del suo celeberrimo “Se una notte d’inverno un viaggiatore”.
Un rituale, coltivabile in estrema solitudine o in silenziosa compagnia, speciale, che apre le porte a un cielo luminoso di parole, figure retoriche e filosofie di vita.
La lettura è un piacere che soddisfa la fame di cultura e di conoscenza profonda di un’interiorità esistenziale oltre i limiti della propria esperienza, che crea conseguentemente il desiderio dell’uomo di essere emancipato intellettualmente.
Lasciare che gli occhi scorrano a loro ritmo lungo i caratteri di un libro può anche generare fortissimi sentimenti: dall’ansia, alla speranza, comprendendo la meraviglia e la scoperta di concordanze emotive non trascurabili; grazie alla grande dimensione umana, opere come Romeo e Giulietta di Shakespeare o Le Operette Morali di Leopardi, colpiscono e accarezzano l’anima, facendo percepire al lettore uno spazio vuoto, dato da una vera e propria sconnessione tra il corpo e lo spirito, portato all’estasi e all’elevazione.
Altri libri concedono l’accesso ad un piacere onirico quasi assurdo, come Le Notti Bianche di Dostoevskij, oppure di restare con i piedi saldi sul terreno, come I Saggi di Francesco Bacone.
Il piacere della lettura non è solamente leggere, ma anche osservare chi legge:
c’è chi legge sottolineando le frasi che più lo colpiscono; chi fa le “orecchie” alle pagine; chi salta dei paragrafi; chi invece non legge il finale lasciando che sia la sua immaginazione a terminare il libro; come affermava Pennac, la lettura non ha regole e né limiti.
Infine c’è chi legge condividendone l’esperienza, perché la lettura risuona in ogni individuo con note differenti e il Book Club della scuola, infatti, ha proprio il fine di far suonare i sentimenti di Lettore e Lettrice, stabilendo “tramite il libro una solidarietà, una complicità, un legame”.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 26 gennaio 2023
Ragazzi, ma cosa si scrive in un CV? Il seguente, è il quesito portante che ha accompagnato la 5B durante tutte le vacanze di Natale. La professoressa Bergamini, docente di matematica e fisica, aveva ammonito ognuno di loro di stilare il proprio curriculum vitae, in vista di un progetto scolastico che si sarebbe svolto col ritorno a scuola. Competenze ridotte ai minimi termini, fotografie non professionali e tanta voglia di mettersi in gioco hanno accompagnato questi neo diciottenni, aspiranti universitari. “Non è così scontato che al liceo segua esclusivamente una dimensione universitaria o accademica, ci sono un sacco di esperienze che un giovane può fare, senza precludersi nulla sia dal mondo lavorativo che da quello scolastico. E’ importante fare informazione a riguardo, visto che sporadicamente ci sono ragazzi che, una volta usciti dalle superiori, possono essere considerati formati anche dal punto di vista professionale, oltre che da quello educativo” così esordisce Fabiana Ferraresi, human resources specialist e recruiter di Rewind e Altuofianco, ma anche guru del mondo degli adulti agli occhi degli studenti davanti a lei. Lasciando da parte i convenevoli, l’attività, seppur frontale, è stata svolta nella maniera più colloquiale possibile. Grande disponibilità da una parte e tanta interazione dall’altra: un binomio perfetto. Di fronte ai ragazzi una dimensione lontana, non necessariamente prioritaria, ma calamitante: erano mossi da una tenera curiosità.
GinevraMaria Bianchi, 5B | 25 gennaio 2023
Negli ultimi mesi tra i giovani Muratoriani e Sancarlini sembrano essere parecchie le vittime di danni e furti. Pare una prassi, ormai, aspettarsi che manchi sempre un sellino, una ruota o addirittura l’intera bicicletta all’uscita da scuola. Doppi catenacci ed ulteriori precauzioni sembrano non bastare di fronte all’impassibilità dei delinquenti, che senza scrupoli durante l’orario di lezione si introducono nel cortile della scuola ed assaltano le rastrelliere. Dopo parecchie segnalazioni la scuola ha deciso di intervenire contattando le forze dell’ordine, ma il riscontro pare essere stato poco significativo. Seguendo questa cultura dell’indifferenza e del non mettersi in mezzo, siamo riusciti ad ottenere dei semplici buoni propositi a riguardo, come blitz e controlli sporadici: pare non si possa fare più di così. Comprensibili, allora, le disapprovazioni dei giovani ragazzi in merito alla questione, ai quali viene lasciato esclusivamente lo spazio per uno spiacevole amaro in bocca. Tanta impotenza davanti ad un fatto vago, difficilmente ricostruibile ed inconcludente. Di certo l’opacità delle circostanze non spinge i ragazzi a denunciare questi furti, rifiutando aiuti e appoggi e supponendo che ogni sforzo sia effimero, vano. La speranza che la scuola tenda una mano ai ragazzi danneggiati è tanta, magari intervenendo, possibilmente in maniera incisiva.
Intervista alle professoresse Arranz de la Fuente, Pardo e Gómez, in mobilità Erasmus per una settimana da Valdemorillo, Madrid
Alice Carli e Frida Fruggeri, 3CL | 25 dicembre 2022
Come si svolge un’intervista quando le intervistatrici non parlano spagnolo e le intervistate né italiano né inglese? Prima di questa esperienza non ne avevamo idea, ma abbiamo imparato a comprendere il potere delle lingue romanze, accomunate da un antenato comune che comporta delle analogie tra di loro.
Le allegre e solari insegnanti spagnole cominciano presentandosi e ci spiegano che insegnano matematica, spagnolo e musica. La prima domanda sorge spontanea: “Cosa vi aspettate da questo scambio?”
“Vorremmo vedere cosa si fa qui, cosa è diverso, cosa è uguale, come i prof insegnano, la metodologia, le tecniche, il numero di alunni per classe e come si comportano.” Proseguono poi “E anche la scuola, gli spazi di cui è composta: avete dei luoghi per studiare, noi non ci avevamo pensato. Siamo interessati anche a come incorporare le nuove tecnologie. Insomma, tutto quello che possiamo provare a migliorare nella nostra scuola.”
A poche ore dal loro arrivo una fonte di ispirazione è già giunta: “Per esempio avere due redattrici per fare il blog *risate* è una buona idea, ci è piaciuta e l’abbiamo appuntata *risate*”
“Avete già notato qualche differenza tra la scuola italiana e spagnola?”
“Il numero di alunni nelle classi, le nostre sono molto più grandi, attorno ai 30-35 alunni in media, è più difficile perché l’attenzione non è uguale.”
Curiose di conoscere meglio i dettagli della loro permanenza in Italia, le incontriamo nuovamente alla fine del loro soggiorno e possiamo finalmente chiedergli le differenze che hanno trovato tra il sistema scolastico italiano e quello spagnolo.
Tutte e tre sono rimaste particolarmente colpite dal numero di ragazzi, molti pochi in questa scuola. Ci spiegano poi, che “In Spagna la scuola secondaria è uguale per tutti, non ci sono differenze nel percorso fino ai 16 anni e si comincia a quel punto a separarsi un po’, mentre qui la divisione arriva prima.”
“Ci è piaciuta molto anche l’integrazione dei ragazzi che hanno bisogno di aiuto in classe, è diverso avere tanto aiuto dentro che proviene dall’aula.”
Anche il metodo di insegnamento presenta delle differenze: “Lo svolgimento delle lezioni di lingua è diverso. Qui sono sempre legate alla letteratura, alla storia, alla cultura e questo è fondamentale, ma in Spagna non facciamo così. Nel nostro paese diamo molta più importanza alla grammatica della lingua che si studia, rendendo tutto molto complicato, soprattutto perché l'obiettivo di una lingua è comunicare, in ogni modo, soprattutto in ambito culturale e artistico.”
Domandiamo poi: “Ci sono cose che mancano nella scuola italiana e che voi avete in Spagna?”
“Noi abbiamo un bar della scuola, a differenza vostra. Poi a scuola la ricreazione dura mezz’ora: i ragazzi vanno al bar, escono in giardino a giocare. Inoltre, al giorno noi abbiamo 6 lezioni e il sabato non c’è lezione.”
Le mobilità Erasmus sono però anche occasioni per visitare nuove città e scoprire una nuova cultura, quindi chiediamo alle insegnanti quali luoghi hanno visitato durante questa settimana.
“Lunedì siamo state a Modena e ci torneremo oggi [venerdì 9 dicembre n.d.r], martedì siamo andate a Parma, mercoledì siamo state a Mantova, ieri a Venezia, domenica a Bologna e sabato a Firenze. Ci siamo davvero innamorate di questo territorio.”
“E il cibo? Quali piatti tipici avete assaggiato e amato?”
“Ah beh, qui mangiate molta pasta e noi non ci siamo abituate. Il gelato, uno solo però, perché fa molto freddo. Poi ancora le lasagne (buonissime!), la sbrisolona, il panettone e l’aceto balsamico.”
Quali sono, dunque, gli insegnamenti che possiamo trarre da questa esperienza? Innanzitutto che le mobilità Erasmus sono una possibilità di apprendimento per tutti: insegnanti e studenti, sia per il paese ospitante, che quello ospitato. Ha un ruolo centrale anche l’importanza di essere curiosi e interessati nei confronti delle altre culture e il desiderio di mettersi in gioco e di cercare un dialogo anche quando si crede di non avere le competenze linguistiche necessarie. Ed infine, possiamo anche dire con il sorriso sulle labbra di avere veramente compreso anche il grande potere della gestualità italiana, conosciuta e compresa ovunque.
Nella giornata del 17 dicembre 2022 le classi quinte del nostro liceo sono state invitate al Forum Marco Biagi per partecipare ad una mattina dedicata alla figura del poliedrico Pier Paolo Pasolini.
La “Mattina con Pasolini”si è svolta in diversi momenti, con la partecipazione di diverse figure, tra le quali Magda Siti, la quale ha letto un articolo tratto dal quotidiano “La Repubblica”, che descrive la misteriosa morte dell’artista; a seguire il professore Roberto Galaverni, scrittore di “Poesie per Pasolini”; Antonio Bazzocchi, che si è dedicato alla funzione dell’arte nella poetica pasoliniana e molti altri.
Una serie di “lezioni” che sono state in grado di creare nella mente dei ragazzi una figura piuttosto chiara del letterato, che si è completata nella seconda parte della giornata, dove hanno preso la parola tre ex studenti
della nostra scuola.
Olmo Giovannini, Giselle Volpi e Federico Carrera hanno sviluppato rispettivamente tre interessanti aspetti diversi del lavoro di Pasolini, dalla sfera sessuale fino all’importanza dello sguardo.
L’aggettivo “poliedrico” , infatti, è perfettamente associabile a questa figura, tanto per le molteplici forme espressive che sfrutta (film, cortometraggi, opere letterarie,..) quanto per la varietà tematica che offre.
In quanto redazione di Status Quo, abbiamo avuto la possibilità di intervistare i “tre veterani”:
In merito al film Mamma Roma, hai menzionato la questione dei dialetti. Pasolini aveva una forte passione per il dialetto friuliano, si può quindi considerare un elemento caratteristico e ricorrente della sua poetica o un semplice rimando sporadico?
Federico Carrera: “Il lavoro sui dialetti è certamente centrale! I suoi primi componimenti poetici sono proprio scritti in dialetto, ma anche la sua produzione cinematografica è sempre di ricostruzione dialettale; arriverà persino a sperimentare svariati dialetti italiani.”
Pasolini per mezzo della produzione cinematografica ha tentato di sdoganare la sfera erotica. Pensi che nel nostro paese questa sia ancora un “taboo” o sia avvenuta un’evoluzione?
Olmo Giovannini: “A livello cinematografico siamo sicuramente più liberi. Personalmente, da un punto di vista sociale, credo ci sia bisogno di parlare molto di più, orientando ed educando soprattutto i giovani a conoscere in modo profondo questo aspetto”
L’elemento del classico nei film pasoliniani può essere interpretato come
aspetto nostalgico?
Giselle Volpi: “Io non direi. La ripresa dei classici è sempre una rielaborazione da un punto di vista di un uomo con ideologie marxiste e progressiste. In più, è sempre presente un confronto con la realtà."
Il forno “Mille voglie”di Maranello dal 5 di Dicembre si impegna, collaborando con la scuola, per sfamare gli smaniosi stomaci di metà mattinata.
“Siamo tornati nelle scuole dopo aver vinto un bando agguerritissimo: questo ed altro per vedere i volti soddisfatti dei ragazzi”, dice contento Giovanni Mascaro, anche conosciuto come “il merendero di Cittadella”. Effettivamente questo modo di fare ricreazione ci ha accontenti parecchio, appagando il peccato di gola e sostituendo, in parte, il desiderio delle macchinette.
Aldilà della fame, molto probabilmente rivedere la folla nei corridoi e scambiare due chiacchiere con qualche sfiziosità in mano, regala agli studenti la parvenza di essere tornati a qualche anno fa. “Non si direbbe dalla calca, ma dalla mia esperienza nelle scuole posso assicurare che, prima della pandemia, gli studenti erano molto più spigliati e meno intimoriti”, spiega Giovanni “è stata una situazione che si è riversata irremovibilmente sugli stati mentali di tutti noi, e che ci condiziona anche nelle cose più semplici, perfino per prendere una merenda a scuola. Ho paura che non torneremo mai del tutto alla normalità”.
E’ un timore che perseguita ognuno di noi ormai da tempo, ma i banchi uniti, i volti dei compagni di classe la mattina, ascoltare i professori senza avere nel mezzo una lastra di plexiglass ed unirsi a gruppi durante la ricreazione con una pizzetta in mano, sono tutti aspetti che fanno germogliare dei semi di speranza tra le perplessità dei ragazzi.
L’accoglienza delle classi prime 2022/2023 si è svolta nelle giornate di martedì 27, mercoledì 28 e giovedì 29 ottobre. A partecipare sono state tutte le classi prime sia del classico che del linguistico. Come anche gli anni scorsi si sono svolti sport di squadra ed individuali, come il lancio del vortex, la staffetta, la corsa 60 m, il salto in lungo e alla fine dei balli di gruppo.
A gestire la giornata sono stati tutti i professori e professoresse di ginnastica dell’istituto, tra l’altro anche il prof. Vaccari, attualmente in pensione. Sono stati scelti poi due ragazzi da alcune classi quinte per la sorveglianza e l'accompagnamento dei ragazzi nelle varie attività.
Queste giornate di accoglienza sono organizzate dalla scuola per far si che i ragazzi si conoscano meglio tra di loro e per incentivare l’attività sportiva, molto salutare e utile a qualsiasi fascia d’età.
L’effetto di queste giornate sui ragazzi è stato principalmente incentivare la competizione, permettendo loro di conoscersi meglio e di creare un gruppo classe più unito, tra l’altro i partecipanti sono rimasti molto soddisfatti e hanno mostrato uno spirito sportivo attivo.
Rispetto agli anni precedenti, quando tutti erano tutti ammassati in un’unica giornata, quest’anno le classi sono state divise nei tre giorni. La cosa positiva è che si è risolto quell’atmosfera confusionaria, dividendo le classi.
In un liceo come il Muratori-San Carlo, caratterizzato da una forte tradizione legata alle discipline umanistiche, la tecnologia viene dimenticata? Assolutamente no.
Ce lo dimostrano i ragazzi della classe 1A che, guidati dalla prof.ssa De Crescenzo, insegnante di matematica e animatrice digitale della scuola, la scorsa settimana hanno seguito un corso di robotica e coding proprio qui nel nostro istituto.
Gli studenti hanno, infatti, avuto modo di mettere in pratica la propria creatività e curiosità lavorando con i set LEGO MINDSTORMS EV3 e un software di programmazione a blocchi.
Le forme date ai robottini possono essere infinite, ma si è scelto di lavorare con macchinine, gru e cagnolini, ciascuno con capacità di compiere movimenti diversi e con un programma differente, che i ragazzi hanno elaborato ed analizzato insieme.
Riguardo all’importanza di integrare progetti e iniziative di questo tipo nel percorso degli studenti, la prof.ssa De Crescenzo ha commentato: “Gli obiettivi sono diversi da quelli di una scuola a indirizzo scientifico, ma alcune finalità fondamentali, come abituare gli studenti al ragionamento, alla risoluzione di problemi complessi e ad un uso corretto del linguaggio specifico sono certamente obiettivi essenziali anche per noi. Le discipline scientifiche completano il quadro della preparazione culturale dei ragazzi".
Alla domanda di quanti dei presenti fossero interessati a proseguire il proprio percorso di studi in ambito STEM (Science, Technology, Engineering & Mathematics), le mani che si sono alzate sono molte, dimostrando l’interesse per queste discipline.
Secondo le statistiche di Scuola in Chiaro, infatti, quasi il 40% dei nostri ex-studenti sceglie di frequentare facoltà legate al campo scientifico, medico-sanitario, economico, ingegneristico e tecnologico.
Il futuro ha certamente un cuore antico, ma al Muratori-San Carlo c’è anche spazio per la tecnologia.
Dal farsi ascoltare dai propri compagni di classe, all’accontentare un famelico pubblico c’è un’abissale differenza. Irene Pignatti, in arte Prim, l’ha provata sulla sua pelle ed è tornata al Muratori San Carlo per raccontarci la sua esperienza.
Tra dubbi ed incertezze sul proprio futuro, Irene ha sempre cercato dei punti fissi. I primi segni d’instabilità li riscontra a scuola. “Non sono mai stata dedita allo studio, avevo tante passioni da assecondare”, ammette, ed aggiunge: “tra queste però, ho sempre mantenuto il canto come amore principale”.
Un’innocua risolutezza la caratterizzava rispetto alle altre aspiranti cantanti. Infatti, Irene, non si limitava solo a tenere per sé questa passione, ma nel lontano 2015 decise di aprire un canale Youtube in cui pubblicava le proprie cover di canzoni famose.
Differentemente dagli ultimi anni, prima non c’erano criteri per affermarsi sulle varie piattaforme digitali. Tutorial fai da te, attrezzature poco professionali e tanta determinazione erano alla base dei sogni d’Irene. “Sorrido ripensando alla me quindicenne che, pur d'inquadrarsi al meglio, appoggiava la videocamera su un’ altalenante pila di libri nella propria cameretta”.
Così, forse, inizia il suo primo approccio all’enorme mondo della comunicazione, di cui tutt’oggi fa parte. Infatti dopo il liceo linguistico, incentivata dai genitori, sceglie la facoltà di Scienze della Comunicazione. Aveva grandi e confusionarie ambizioni: voleva affermarsi lavorativamente ed avere delle certezze, ma una parte di sé bramava il mondo della musica, che ormai la perseguitava da tempo. Termina gli studi, per poi buttarsi a capofitto nell’esperienza per cui oggi in arte non è più conosciuta come Irene Pignatti, ma come Prim: X Factor.
“Un’esperienza intensa: è stata importante per la mia arte e per me stessa”. Prim ha deciso di non arrendersi e di continuare a far crescere dentro di sé questa passione, soprattutto perché i cinque anni di liceo le hanno insegnato a non arrendersi mai. X Factor sembra essersi rivelato decisivo anche sotto un altro aspetto. Una canzone, un post, una confidenza tra amici… sono tutti pezzi appartenenti allo stesso puzzle: quello della comunicazione.
“Dopo questa esperienza ho iniziato finalmente a sentirmi parte integrante di qualcosa, iniziando ad allontanare tutte le indecisioni. Sono avvolta da un contesto che mi piace e che non pesa a nessuno dei miei mondi. E’ così che spero si sentano le persone quando hanno a che fare con la mia musica: coinvolte”.
Il 4 novembre 2022 il liceo Muratori San Carlo ha avuto l’onore di ospitare la celebrazione annuale dedicata all'Unità Nazionale e alle forze armate.
La cerimonia, che si è tenuta nell’aula magna della sede in via Cittadella, ha riunito delle classi del nostro liceo, la preside Giovanna Morini e alcuni personaggi di rilievo nella nostra comunità come il comandante dell’Accademia Militare, Davide Scalabrin. L’evento si è articolato in diversi momenti; per prima cosa si è assistito alla lettura del discorso del presidente della repubblica pronunciato in occasione di questa commemorazione da un’alunna della 4B; in un secondo momento , i presenti hanno recitato collettivamente l’inno nazione seguito dalla consegna del tricolore a opera di due cadetti dell’Accademia. Procedendo verso la conclusione, dopo la visione dello spot del ministero della difeso rilasciato per questa giornata, il comandante Davide Scalabrin si è espresso riguardo all’importanza che risiede in simboli come l'inno nazionale ed il tricolore i quali richiamano alla responsabilità di impegnarsi nella perpetua difesa di diritti e libertà conquistati con grandi sacrifici dai nostri antenati. Nel suo discorso , il comandante ricorda “ Il 24 di febbraio, come sapete, la Federazione Russa ha attaccato l'Ucraina, e quindi una cosa che nessuno immaginava accadesse è accaduta […] ,adesso noi ci rendiamo conto che anche in Europa, anche in un mondo che noi pensavamo condividesse senza dubbi determinate libertà, determinati diritti, qualcuno può cambiare idea e può pensare che determinati diritti non sono più garantiti”.
Molto di impatto è stata anche la storia che il comandante ha scelto di condividere riguardo ad una sua esperienza in Afghanistan. Infatti durante uno dei suoi numerosi viaggi come militare nei quali contribuiva alla costruzione di scuole e ambulatori, ritornando in una delle scuole da essi costruite, a frequentazione esclusivamente femminile, nota che il campo da volleyball da loro adibito sembrava mai usato e per questo decide di chiedere al preside se ciò fosse dovuto alla mancanza di requisiti necessari come palloni o una rete, in risposta però gli viene detto che il problema del campo da volley, e la ragione per cui effettivamente non viene usato è che il muretto che circonda la scuola e di fatto anche il campo è troppo basso, il che vuol dire che sarebbe possibile per qualcuno da fuori vedere le ragazze giocare, una cosa inammissibile secondo una cultura come quella afgana in cui la donna non ha praticamente alcun diritto ed è obbligata a stare nascosta. Questo per ricordarci nuovamente che i diritti che possediamo non sono una cosa scontata.
L’incontro si è concluso con un sentito ringraziamento per questa unica opportunità da parte della preside, emozionata per parole del comandante.
Ogni anno centinaia di ragazzi devono affrontare l’iscrizione alla scuola superiore, un nuovo percorso di studi che inizia nel momento in cui lo si sceglie. Lasciarsi influenzare solamente dai propri pensieri o anche dai pareri altrui? A chi dare ascolto? Farsi guidare dalla passione, dall’istinto, dai consigli dei genitori o degli insegnanti? È una scelta che fa nascere la difficoltà di dover comprendere quali siano veramente i propri interessi, uno degli ostacoli più complessi da superare, poiché “il viaggio più lungo è il viaggio interiore (Dag Hammarskjold)”.
È una libertà che a volte si lascia dominare dall'agitazione, dal timore di sbagliare. Anche i ragazzi che hanno già deciso quale strada intraprendere desiderano essere rassicurati, vogliono trovare una conferma della loro convinzione. Come è possibile zittire l’indecisione, la paura e trasformare la decisione della scuola superiore in una scelta il più possibile serena, consapevole e desiderata?
Quest'anno il Salone dell'orientamento modenese si è svolto in presenza nella chiesa di San Carlo dove, oltre al nostro liceo, erano presenti anche altri istituti superiori. Moltissimi sono stati i ragazzi di seconda e terza media che hanno partecipato accompagnati dalle loro famiglie.
Noi studenti siamo diventati un metro di confronto e di paragone. I genitori ci hanno spesso chiesto di raccontare loro i nostri interessi ed i progetti per il futuro, universitari o lavorativi, cercando di trovare ciò che ci accomunava con i loro figli. Hanno domandato quali sono stati i motivi determinanti per la nostra scelta della scuola superiore avvenuta qualche anno fa, quando eravamo noi ad essere incerti. I ragazzi, invece, si sono mostrati preoccupati di dover rinunciare alle loro attività pomeridiane, sportive, musicali e non solo, per riuscire a sostenere un percorso di studi classici.
Evidente è stato anche l’interessamento per le classi che svolgono un’attività di potenziamento scientifico e per il percorso di “Biologia con curvatura biomedica”, nato con la finalità di facilitare il superamento dei test di ingresso universitari della facoltà di Medicina e delle lauree sanitarie. In tanti hanno manifestato la loro indecisione tra liceo classico e scientifico, non avendo una particolare preferenza né per le materie umanistiche e letterarie né per quelle scientifiche.
Sono stati molti i timori espressi, ed è proprio alle domande più frequenti ed ai dubbi posti durante il Salone che le coordinatrici dell’orientamento in ingresso, le prof.sse Giovanna Guidetti e Caterina Monari, hanno risposto.
Quanto impegno richiede la scuola?
Prof.ssa Guidetti: «Questa scuola richiede un impegno maggiore di altri indirizzi in termini di COSTANZA e DETERMINAZIONE. In tutte le scuole per crescere è necessario studiare ed impegnarsi in modo consapevole, ma al liceo classico diventa davvero fondamentale la determinazione e la costanza, binomio imprescindibile per il successo scolastico.»
Prof.ssa Monari: «Il classico è un liceo e, come tutti i corsi di studi liceali, richiede impegno nello studio, ovvero: attenzione alle lezioni durante la mattina; applicazione nello svolgimento dei compiti, scritti e orali, al pomeriggio.
Prima ancora, però di quantificare cioè definire “quanto”, credo sia importante qualificare, cioè definire “quale” impegno è richiesto. Intendo un impegno che implica, ad esempio, essere interessato alle discipline che mi vengono proposte; essere disposto a dedicare una parte del pomeriggio (almeno tre ore tutti i giorni?) ai compiti che sono assegnati; essere intenzionato a mettere a punto un metodo di studio efficace che prevede anche l’esercizio costante della memoria (studiare con l’aiuto della memoria, non “a memoria”). Sembra una richiesta onerosa, in realtà, se quello che si studia appassiona, il “sacrificio” la “fatica” si sentono sempre meno e possono diventare fonte di soddisfazione, di piacere personale.»
Per quanto riguarda la grammatica, con che basi bisogna arrivare?
Prof.ssa Guidetti: «Non occorrono particolari prerequisiti grammaticali. Un regolare percorso di scuola media offre la preparazione giusta per affrontare un indirizzo liceale. Occorre anche in questo caso la motivazione per entrare nella profondità dello studio delle lingue, a partire dalle grammatiche.»
Prof.ssa Monari: «La conoscenza della grammatica è alla base di una buona riuscita nel percorso, soprattutto per quello che riguarda il latino e il greco che sono studiati facendo continuamente riferimento ai fondamenti della grammatica dell’italiano. Possedere una buona conoscenza di analisi grammaticale e logica in italiano garantisce il corretto approccio allo studio delle lingue classiche. Per questo, soprattutto al biennio, le nozioni grammaticali di base sono riprese in modo graduale dai docenti che volentieri ripassano con gli studenti. È certamente avvantaggiato chi conosce bene, fin dalla scuola media, la grammatica.»
Durante l'estate è necessario studiare alcuni argomenti particolari?
Prof.ssa Guidetti: «Il suggerimento che mi sento di dare è quello di dedicarsi alla lettura per prepararsi ad affrontare una delle attività più affascinanti del nostro indirizzo ovvero lo studio delle letterature. In estate sul sito diamo suggerimenti di letture di vario genere, cercando di indovinare i gusti dei giovani lettori, per coinvolgere il più possibile i ragazzi in una bella attività.»
Prof.ssa Monari: «Un buon ripasso della grammatica studiata alla scuole medie permette sicuramente di partire in pole position. Sul sito sono a disposizione esercizi ad hoc da svolgere durante i mesi che precedono l’ingresso alla prima classe.»
Come faccio a capire se questa è la scuola giusta?
Prof.ssa Guidetti: «Come dico sempre, la scelta del liceo classico è una scelta istintiva e di cuore, la si sceglie perché si è affascinati dalla letteratura, dai racconti, dalle poesie che ci consentono di fare un viaggio nella nostra interiorità, la si sceglie perché ci si emoziona di fronte a un verso di Leopardi o perché ci si lascia trasportare con emozione nel lontano mondo del mito che è in grado di spiegarci tanti aspetti della realtà.»
Prof.ssa Monari: «Scegliere la cosa giusta per sé non è mai facile, men che meno è facile scegliere un indirizzo scolastico che andrà a condizionare anni importantissimi della propria vita; cinque anni determinanti per il proprio futuro che influiranno fortemente sulla crescita intellettuale, psicologica e fisica di un giovane.
È necessario all’inizio valutare con molto equilibrio: riflettere e cioè guardarsi bene allo specchio, soprattutto quello che nascondiamo in noi, per riconoscere quali passioni e interessi ci appartengono veramente; tenere in considerazione la voce di chi ci conosce bene anche sotto il profilo scolastico, ad esempio i docenti delle scuole medie. Il liceo classico offre un percorso affascinante e come ogni lungo viaggio riserva scoperte meravigliose, passaggi faticosi, sfide difficili, traguardi in alta quota.»
Greco è difficile come dicono?
Prof.ssa Guidetti: «Mai ascoltare quello che si dice...mai lasciarsi condizionare da giudizi spesso distorti di altri. Greco è una scoperta.»
Prof.ssa Monari: «Esistono diverse leggende metropolitane sulla difficoltà insormontabile, inaffrontabile, inutilmente astrusa del greco, per lo più inventate da chi non conosce la materia e raccoglie indizi per sentito dire. Alla domanda sanno rispondere molto bene i nostri studenti, che ben presto si scoprono affascinati da questa lingua, in parte lontanissima da noi e in parte vicinissima. Nel lessico quotidiano, ad esempio, usiamo parole greche o conservatesi intatte nei secoli, o entrate a formare neologismi. Se prendete in mano il libro di Maria Mattioli “Parliamo greco senza saperlo” scoprite che non solo nell’italiano, ma in tutte le lingue europee, il greco antico (e poi moderno) è presente e molto vitale.»
Competizione?
Prof.ssa Guidetti: «La competizione non viene alimentata dall'ambiente o dai professori, spesso purtroppo sono gli studenti a pretendere troppo da loro stessi e a sovraccaricarsi di aspettative. Una scuola non può essere competitiva in quanto tale, da anni nel nostro liceo si lavora per la formazione di gruppi classe in cui il sapere diventi un'esperienza condivisa, grazie alla collaborazione tra studenti e tra studenti e insegnanti e in questa condivisione non c'è spazio per la competizione.»
Quindi che cosa vuole dire ai ragazzi di terza media per aiutarli nella scelta?
Prof.ssa Guidetti: «Venite agli open day!»
Prof.ssa Monari: «Se siete pronti a mettervi in gioco, a impegnarvi nello studio, a investire per il vostro futuro scegliete il liceo classico. Non crediate che sia il regno del passato sepolto, delle lingue morte, delle discipline obsolete, che sia una scuola superata, inutile nell’immediato e in vista degli studi universitari. Tutto il curricolo è congegnato per esercitare l’intelligenza nelle sue svariate forme, per affinare la sensibilità e lo spirito critico, per costruire persone capaci di affrontare le sfide di un mondo che cambia.
Se ho fatto il classico e oggi ancora vi insegno è perché la bellezza inesauribile delle sue discipline caratterizzanti continua ad appassionarmi senza sosta e ogni giorno mi spinge a proseguire il viaggio. Come posso lasciare che ragazzi in gamba perdano una simile occasione?»
Che cosa ci manca di più della nostra vecchia normalità? Sicuramente condividere esperienze con le persone che amiamo di più, ma, soprattutto, la libertà: poter uscire e passare il tempo con i propri amici, stare a scuola con i nostri compagni di avventura (ma soprattutto di risate), viaggiare. Il nostro liceo ogni anno proponeva gite scolastiche per l’Italia e all’estero, ma dal primo lockdown, purtroppo, non è stato più possibile. Nonostante tutto, dopo circa due anni dall'inizio della pandemia, siamo tornati a una pseudo-normalità. Abbiamo ricominciato a pensare al futuro e a ricominciare ad organizzare nuovi progetti. Alcuni dei nostri ragazzi hanno partecipato agli scambi Erasmus+: Giulia Cifani, 5BL, e Alessandro Cavalieri, 4BL, hanno trascorso due settimane in Germania, e abbiamo colto l’occasione per avere un feedback della loro esperienza.
Che cosa ti ha spinto ad intraprendere questa esperienza?
A: “Beh, sicuramente la possibilità di entrare in contatto con altre culture. Poi la scuola ha aiutato molto, anche finanziariamente, questo viaggio.”
G: “Esattamente, mi ha attratto anche la possibilità di essere ospitato e ospitare, che non accade tutti i giorni.”
Quali erano le tue emozioni alla partenza?
G: “Ero molto felice ed entusiasta, anche perché era la prima volta che prendevo l’aereo dopo l’inizio della pandemia. Avevo aspettative molto alte, avevo voglia di staccare dalla quotidianità e di affrontare un’esperienza che mi avrebbe arricchita.”
A:” Ero un mix di emozioni: avevo voglia di conoscere chi mi avrebbe ospitato, la scuola che avrei frequentato. Ma avevo anche ansia, essendo un posto nuovo ed essendo solo.”
Come vi ha accolto la famiglia ospitante?
G:” Personalmente ero molto agitata, così come anche la famiglia. Erano molto emozionati e inizialmente faticavamo a fare conversazione. Del resto era il primo giorno anche per loro, non erano abituati ad avere una persona estranea in casa. Poi piano piano abbiamo iniziare a legare e non mi sono più sentita fuori luogo”
A:” C'è stato un po' di imbarazzo nel tragitto areoporto-casa, essendo tutti nuovi in questa avventura”.
Qual è stato il momento più bello? Oppure qual è quel momento che custodite nel cuore?
G: “Sicuramente quando sono entrata in confidenza con la famiglia, specie la mamma e la sorella della host. Quando parlavamo, anche di cose più profonde, mi sentivo come a casa. C'è stato proprio uno scambio culturale e di esperienze che mi faceva sentire felice. Molte volte quando la mamma cucinava e parlavamo, mi sembrava di stare con mia mamma”
A:”Così come Giulia ho apprezzato i momenti di quotidianità. Spesso a cena si scherzava, si facevano battute. Forse anche l’addio con la famiglia, perché nonostante tutto eravamo riusciti a creare un legame. Ero dispiaciuto di doverli lasciare.”
Cosa vi è mancato di più della vostra quotidianità?
G: “È stato difficile abituarsi al loro ritmo e alle loro abitudini, come restare a scuola fino alle 4 del pomeriggio, che era molto pesante per noi. Anche, banalmente, gli orari di pranzo o di cena erano diversi. Questo cambiamento radicale della nostra quotidianità è stato difficile. Pian piano, però, ci siamo adeguati, soprattutto gli ultimi giorni, ma in generale la mia routine è la cosa che mi è mancata di più.”
A: “Concordo. Ad esempio, ci svegliavamo più presto del solito, ed è quindi stato difficile abituarsi. Il tragitto scuola-casa, soprattutto il ritorno, era molto lungo, e anche fare il pomeriggio era stancante.”
Perché consigliereste ad altri studenti di fare questo progetto Erasmus?
G: “Sicuramente è molto importante per chi frequenta il linguistico, perché ti aiuta a migliorare le tue competenze linguistiche. Per comunicare sei costretto ad utilizzare una lingua straniera: per noi è stato il caso dell’inglese e del tedesco. È un’esperienza che ti arricchisce, ma soprattutto inusuale, perché non capita spesso di essere ospitato da una famiglia straniera e di ospitare a tua volta. Se ti piace viaggiare e vuoi uscire dalla tua zona di comfort, questa è un’esperienza che fa per te.”
A: “Migliorare le proprie competenze linguistiche è sicuramente un aspetto positivo di questi viaggi. In più, conoscere nuove persone e nuove culture, ma anche visitare un Paese straniero. Noi abbiamo visitato Colonia e Aquisgrana, ad esempio. Anche il fatto che sia completamente finanziato dalla scuola è molto conveniente.”
Avete altro da raccontarci sul viaggio?
G: “Siamo capitati in un paesino di campagna, e la prima città grande distava 40 minuti. Entrare in una realtà così diversa e ristretta, avendo sempre vissuto in città, mi ha un po’ destabilizzata. Si viveva in “pace”, c’era più calma. Questo aspetto, secondo me, può essere difficile, ma alla fine è proprio per questo che è bello: esci completamente dalla tua realtà, in tutti gli ambiti.”
A: “Sono d’accordo. I tragitti erano molto lunghi, e anche se volevi uscire non avevi il tempo materiale per farlo, essendo sperduti in campagna. Mi ci sono abituato perché comunque abito in un paese, non in città, quindi non è stato così difficile.”
Cosa cambia da un viaggio con tutta la classe a un progetto del genere?
G: “È diverso dalle gite all’estero che fai con la classe durante gli anni di liceo. Infatti, conosci già le altre persone e hai tre ore di lezione di lingua al mattino, il resto del tempo visiti i dintorni. In entrambi i casi sei ospitato da una famiglia, ma la differenza sostanziale è che questa volta ero completamente sola. Non è stato sempre così divertente, anzi, è stato difficile perché non conoscevo nessuno, ma è stata un’esperienza che mi ha arricchita tanto.”
Foto di Alice Carli, 3CL
Ogni anno viene celebrata nel mese di marzo la semaine de la francophonie, volta a celebrare la lingua francese, parlata da 267 milioni di persone di cui ben 187,4 straniere. Oltre a due conferenze letterarie, il nostro Liceo ha organizzato un progetto chiamato “Notre ville en mots et en images”, in collaborazione con il Liceo artistico Venturi.
L'obiettivo del laboratorio era quello di valorizzare i luoghi storici di Modena e al contempo la lingua francese. Gli alunni delle classi 2CL, 2BL, 2FL hanno riflettuto sul valore narrativo della ‘bande dessinée’, il fumetto francese diffuso e apprezzato in tutto il mondo. Divisi in gruppi, i ragazzi hanno poi creato (ovviamente in lingua francese) 20 brevi storie, con le loro rispettive sceneggiature, ambientate in 20 luoghi della nostra città. In seguito, degli studenti del Liceo Venturi, iscritti a un laboratorio pomeridiano, e alcuni artisti dell’Accademia delle Arti Creative, hanno realizzato le tavole per rappresentare questi racconti. Infine il Comune di Modena ha allestito un’esposizione, esponendo i lavori realizzati in galleria Europa.
Giovedì 24 si è svolta l’inaugurazione della mostra, alla quale hanno partecipato ragazzi di entrambe le scuole coinvolte. Inoltre, sono intervenuti ad illustrare il progetto: le dirigenti scolastiche Morini e Paolini (rispettivamente del Liceo Muratori-San Carlo e del Liceo Venturi), la professoressa Grenzi (ideatrice del progetto), l’assessore del Comune di Modena Bartolamasi (con deleghe a cultura, politiche giovani e città universitaria) ed infine la referente del centro Europe Direct Olivi (che sta ospitando nella sua sede l’esposizione). Chiunque fosse interessato ai lavori realizzati può recarsi a vederli a Palazzo Europa, tutti i giorni esclusa la domenica, fino a giovedì 7 aprile.
Tra ricordi di un amore passato in piazza Roma, nascita di amicizie in Manifattura Tabacchi e omicidi ai Giardini Ducali; i ragazzi hanno espresso tutta la loro creatività e dimostrato l’amore per la città, utilizzando una delle lingue più belle e melodiose al mondo.
La classe 2E del nostro liceo ha partecipato alla rubrica di Rai Uno “Generazione P(andemia)” del programma Unomattina, un momento per dare spazio alle idee e ai pensieri degli studenti che stanno vivendo questo particolare momento legato al covid, invitandoli a confrontarsi su tematiche ogni volta differenti. L’argomento affrontato? I social.
«Ormai viaggiamo verso questo tipo di comunicazione. Spesso pensiamo che non sia utile neanche comprare i libri di testo o che non sia importante scrivere su un quaderno con una penna, anche da 50 centesimi. Per questo motivo credo che sia significativo, non dico tornare assolutamente indietro, ma rivalorizzare “il live”, cioè la presenza. Credo che abbiamo sofferto tantissimo e che abbiate sofferto anche voi in questi ultimi due anni in cui il virus, le mascherine e non solo ci hanno obbligati a rimanere chiusi. È stato un momento in cui gli esperti parlavano “dell’effetto capanna” che ha portato la mente delle persone ad avere paura di affrontare l’ambiente circostante e la realtà esterna. Ciò accade perché il cervello memorizza che fuori è pericoloso. Ecco, non dobbiamo pensare questo, ma dobbiamo pensare che il fuori è sempre qualcosa che ci slitta in avanti e che può davvero metterci in condizione di attivare il cambiamento». Così lo psicologo Stefano Pieri, conduttore della rubrica, ha motivato la scelta del tema, un aspetto centrale della realtà quotidiana.
Stefano Pieri, viene spesso definito uno “psicologo di strada”. Di cosa si occupa e quale ruolo ha?
«Ho deciso circa 22 anni fa di uscire fuori dallo studio, per poter diffondere la psicologia nelle scuole elementari, medie, superiori, e di rivolgermi ai ragazzi, ai fanciulli ed ai bambini. Questo perché mi sono accorto, dopo anni di lavoro clinico in studio, che molte persone, troppe persone, non capivano come affrontare le loro problematiche emotive ed affettive. Non sapevano che la fonte di questa verità sta nella mente. C’è una sorta di “ignoranza” tra quello che è il mondo della medicina e il mondo della psicologia. Ho cercato di valorizzare la scienza psicologica attraverso questo lavoro che ho iniziato a fare nelle scuole d’Italia. Mi sono accorto che non si capisce che differenza ci sia tra uno psicologo, uno psicoterapeuta ed uno psichiatra, tra la psicologia e la neurologia. Sia nelle scuole elementari, sia medie, sia superiori mi sono reso conto che non ci sono proprio le basi. Sono molto contento di aver iniziato questo percorso che mi definisce “psicologo della strada”».
Le riprese si sono svolte sia all’interno della biblioteca sia in classe, il luogo centrale della vita scolastica. Nella realtà e nell’ambiente in cui tutti i giorni gli studenti vivono nuove esperienze e si confrontano, è nato e si è sviluppato un dialogo che racconta non solo i loro pensieri, ma soprattutto la loro generazione.
Qual è un aspetto che merita di essere raccontato nell’effettuare riprese in una scuola piuttosto che in uno studio televisivo? Ecco il pensiero del regista Andrea Rispoli.
«Ogni volta mi colpisce molto quando questi ragazzi si mettono davanti alla telecamera, perché vedi che è la prima volta che succede. Noti proprio una luce diversa nei loro occhi, sono ragazzi spontanei che non conoscono le sovrastrutture, i meccanismi del gossip, sono persone pure. Questo si vede e la telecamera riesce sempre a cogliere questi momenti».
Dopo che Stefano Pieri ha parlato liberamente ai ragazzi per prendere confidenza ed entrare in sintonia con loro, si sono svolte le registrazioni. Attraverso la videocamera è emerso ciò che la scuola dovrebbe essere, un luogo in cui noi ragazzi veniamo stimolati alla discussione e ad un confronto corretto con gli altri. Gli studenti, parlando dei social, hanno messo in evidenza le tematiche del rispetto, della responsabilità individuale, della condivisione e della comunicazione. Sono apparse sia idee simili sia contrastanti, ma, allo stesso tempo, tutti i ragazzi erano accomunati dalla stessa voglia di ascoltare i pensieri dei propri compagni come un punto di forza su cui riflettere, tralasciando le critiche e i pregiudizi.
I ragazzi hanno voluto esprimere i lati positivi di questo moderno metodo di comunicazione. Uno di questi aspetti è la bellezza di poter condividere le proprie esperienze insieme agli amici e non solo, “finché non fa male a nessuno”, come pure la voglia di intraprendere nuove relazioni e di cercare nuovi modi per farlo.
Se ti succedesse qualcosa di spiacevole usciresti dai social? Questa è stata forse una delle domande in cui l’incertezza li ha fatti pensare per alcuni minuti, facendo sorgere in loro dei dubbi. Alcuni hanno detto: “Vorrei avere la determinazione per non farlo”, anche se molto spesso le risposte si sono rivelate affermative. Altri, invece, hanno sostenuto che non è necessario rinunciare ai social, ma solamente abituarsi al peggio, cercare, cioè, la forza che ci permetta di affrontare le difficoltà e di superarle, imparando ogni volta nuove lezioni e sconfiggendo la paura del giudizio degli altri.
E le foto private ed intime? Pubblicarle oppure no? Molti ragazzi hanno manifestato il timore di ricatti o ripercussioni negative su di loro o sulla propria immagine.
Spesso, inoltre, i social diventano un motivo per desiderare di mostrarsi perfetti: è importante, però, trovare un equilibrio per non “non cadere nel tranello” che ci faccia perdere la vera immagine di noi stessi. A volte, mostrare i propri difetti e i piccoli problemi può essere anche un modo per intraprendere un dialogo.
Stefano Pieri, durante il periodo delle riprese, ha incontrato studenti di tutta Italia. Ha notato una caratteristica che accomuna i ragazzi indipendentemente dal tipo di scuola frequentata?
«L’aspetto emotivo-affettivo. Parliamo della rabbia, ad esempio. Anche la rabbia molto spesso è determinata dalle frustrazioni emotive e affettive che subisce un bambino, un fanciullo, un adolescente o un adulto.” Il benessere affettivo ha bisogno di “una comunicazione corretta”. Il rapporto che si costruisce con l’altro deve essere “soprattutto vero. Anche nella persona più arrabbiata c’è un grosso bisogno di essere amata».
Dopo le riprese, i ragazzi hanno espresso la felicità di aver superato la soggezione ed il timore della videocamera, l’ansia, la timidezza e l’imbarazzo iniziale. «Ci hanno messo a nostro agio ed è stato più semplice di quel che si pensava» perché «una volta che inizi ti viene quasi naturale». Positiva, spontanea e particolare, questi sono alcuni degli aggettivi con cui gli studenti hanno definito questa nuova esperienza. «Ci ha dato l'idea di come si realizzi qualcosa dietro “le quinte” in un programma televisivo».
Da questo evento possiamo quindi apprendere una grande lezione: “non è un'immagine a far conoscere” noi stessi. Tuttavia può essere proprio il dialogo, come ci hanno spiegato lo psicologo Stefano Pieri ed il regista Andrea Rispoli, a far emergere chi siamo veramente.
Quante fotografie e quanti video riprendono l'avanzata dei carri armati russi sul territorio ucraino mentre i boati delle esplosioni frantumano i vetri delle case in mille pezzi e si mischiano all'eco delle sirene assordanti, al continuo lamento dei cingoli.
Quante fotografie catturano quel che resta alla fine di un altro giorno di guerra, una notte che forse, fino al sorgere del sole, non troverà pace, ma solo un buio freddo e senza speranza. Si distinguono appena le ombre dei palazzi bombardati, di fragili scheletri, immobili, quasi impauriti, come se fossero consapevoli di non poter fuggire, ma solo di poter crollare quando non avranno più la forza di resistere.
Quante fotografie ci fanno vedere ogni giorno i volti di un popolo costretto a nascondersi nelle cantine e nelle metropolitane, i visi di donne, uomini, bambini, giovani e anziani che non si vergognano di mostrare alle telecamere gli occhi segnati dalle lacrime e dalla paura.
«Mai come in questa guerra c’è stata una condivisione di video, di foto, di immagini, di racconti. Forse è anche troppo? È eccessivamente sollecitata l’emotività?» Questa è la domanda che si è posta la Dirigente Giovanna Morini riflettendo su ciò che sta accadendo in questi giorni in Ucraina, con l'inasprirsi degli scontri.
«È vero che bisogna informare, ma è anche vero che c’è un’esposizione enorme su ogni giornale. È tanto, ma non dobbiamo cedere e lasciarsi sopraffare. È una particolarità di questa guerra e di questo momento. Vengono riprese alcune scene terribili di bambini morti, come Kirill, il piccolino che i genitori hanno portato in braccio in ospedale e che non ce l’ha fatta. Il medico ha detto a chi lo ha fotografato di farlo vedere al mondo. C’è una richiesta forte, non solo per suscitare pietà e per sollecitare la sfera emotiva, ma perché gli ucraini ci stanno chiedendo di non chiudere gli occhi su ciò che sta accadendo.»
Anche il liceo Muratori San Carlo ha deciso di dare il proprio sostegno all’Ucraina, proponendo un’iniziativa di beneficenza che ha permesso di raccogliere quattromila euro per l’acquisto di medicine e di materiale sanitario da inviare nei luoghi di guerra.
«Come faccio a non lasciarmi coinvolgere?» Hanno detto Alice e Sigi, alcune delle ragazze di 5C ideatrici della raccolta fondi. «Fin da subito siamo sempre state interessate alla questione. È stato fondamentale il fatto che, dall’inizio, ci sia stata una grande diffusione di notizie. Il giorno stesso in cui abbiamo proposto alla prof.ssa Gibertoni di realizzare una raccolta, è anche iniziato il PCTO con Davide Berti, un giornalista della Gazzetta di Modena. Durante il progetto dovevamo proporre dei temi e noi abbiamo scelto di intervistare alcune persone che ora vivono in Italia, ma che hanno dei contatti, parenti, figli o amici in Ucraina, prendendo consapevolezza dei fatti. È stata la spinta per fare qualcosa.»
Per avere la massima trasparenza è stato effettuato un tracciamento della somma raccolta, controllata grazie alle matrici delle ricevute rilasciate agli studenti ad ogni donazione. I farmaci sono già stati acquistati e consegnati a Portobello, l’associazione modenese di beneficenza che, tramite la Croce Rossa Italiana, organizza le spedizioni. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza la generosità, l’aiuto e il sostegno di coloro che hanno contribuito. Si ringraziano la Farmacia S. Filomena di Corso Duomo del dott. Manzotti e la farmacia San Damaso della dott.ssa Della Bona che hanno fornito i medicinali.
Per quale motivo si è deciso di acquistare dei farmaci?
«Molti donano materiali come abiti che sono difficili da spedire. Altri generi, come quelli alimentari, possono essere, a seconda dei momenti, più o meno convenienti perché a volte, se c’è disponibilità, è più vantaggioso, a causa del prezzo dei carburanti, fare acquisti in zone limitrofe. I farmaci, invece, sono il bene più richiesto. Ci siamo quindi rivolti ai farmacisti che, con estrema generosità, hanno reperito i medicinali, decidendo anche le quantità a seconda delle richieste più pressanti della guerra. I problemi procedurali ce li siamo posti dopo. Dal punto di vista logistico è stato complesso e gli organizzatori sono rimasti al telefono per giorni, ma abbiamo seguito l’impulso del cuore. Bisogna che noi insegnanti ci mettiamo ad imparare dalla passione dei ragazzi, valorizzandola.» Così ha commentato Alessandra Gibertoni, prof.ssa di storia e filosofia, che ha avuto un ruolo centrale nell’organizzazione della raccolta fondi.
Come sta vivendo ciò che, in questi giorni, accade in Ucraina?
«Con estremo dolore e come una provocazione alla responsabilità. È difficile entrare in classe e guardare i ragazzi come prima perché so che devo essere più vigilante, più attenta, so che devo educarli alla pace, non solo istruirli alla storia. Quindi non solo come un dramma, ma anche come un richiamo, come un’opportunità.»
Qual è un aspetto delle guerre che si sono combattute in passato che è tornato ad essere attuale?
«Noi possiamo parlare di guerra sotto tanti aspetti, trovandone le cause politiche, le ragioni economiche, ma il senso è sempre quello di un uomo che uccide un altro uomo, di un singolo che vuole il male invece che il bene, che preferisce lo scontro al dialogo. Tutte le guerre hanno in comune l’uso della violenza per risolvere dei conflitti, sono contro l’umano, la ragione, la logica ed anche contro l’utilità. Poi intervengono sempre meccanismi generali, cause strutturali, eventi che conducono alla soglia della guerra. Questo aspetto è talmente terribile che ci coinvolge personalmente. Anche noi possiamo dire di schierarci con uno o con l’altro, di trovare le cause e le spiegazioni, ma la domanda che ci viene rivolta è: io sono per il dialogo? Io sono contro la guerra? Quindi nessuno di noi, anche se viviamo in una democrazia, è estraneo a tutto questo.»
E la Preside Giovanna Morini, invece come vive personalmente questo momento?
«Certamente con preoccupazione, però anche con la consapevolezza che è affare nostro. Mentre rispetto ad altre vicende di guerre, di rifugiati, purtroppo abbiamo avuto meno sensibilità, credo che sia bello vedere quanta mobilitazione ci sia, perchè sentiamo davvero il popolo ucraino come un popolo europeo, che condivide la nostra storia. Gli ucraini in parte ci rinfacciano che nel 2014 non ci siamo molto turbati per la crisi di Crimea: c’era stata una mobilitazione piuttosto blanda, perché sembrava un problema interno. Adesso, invece, penso che questi eventi abbiano fatto crescere una sensibilità anche verso la necessità di una cittadinanza europea comune, che in prospettiva lavori per la riconciliazione e per l’integrazione del popolo russo nell’Europa. Anche i russi condividono con noi una storia, una cultura, almeno la parte occidentale. Adesso pensare alla riconciliazione e al dopo suona difficile, perché la guerra c’è.»
«Che cosa fare? Tutti abbiamo il desiderio di fare qualcosa, di essere solidali e partecipi con un popolo che sta soffrendo tanto. Anche la raccolta fondi credo sia nata proprio da questo. Il vescovo greco-cattolico di Kiev tutti i giorni parla al suo popolo per sostenerlo. In uno dei suoi discorsi ha detto alcune parole che mi hanno colpito molto: “Bisogna che gli insegnanti preparino le lezioni e che chi abita nei villaggi prepari la stagione della semina. Abbiamo bisogno di una vita ordinata per resistere alla guerra”.»
In che modo, secondo lei, noi ragazzi possiamo far diventare costruttive le forti emozioni che proviamo in questi giorni come la paura e l’odio nei confronti della guerra?
«Ti cito sempre il vescovo Sviatoslav, ma non perché è il vescovo. Molte altre persone dicono: “pregate perché Putin si converta”. La preghiera, per chi ci crede, è un’arma, pure per i giovani. L’odio va incanalato in una preghiera, anche laica, di invocazione o di riflessione, perché qualcosa si metta in moto nei cuori umani. E poi si dovrebbe avere la consapevolezza che l’odio genera solo altro odio. Io penso che continuare ad attingere al patrimonio di bellezza e di cultura del mondo, di se stessi e della vita, delle relazioni sia un modo per resistere all'odio che proviamo dentro verso chi è crudele. È umano provare questi sentimenti, ma non possiamo dare le stesse risposte, perché altrimenti la spirale non si ferma più. Il problema non è dire: “Odiamo il popolo russo”, ma ritrovarsi umani nel riconoscere che siamo davvero tutti simili. Leggere, studiare, conoscere e viaggiare, sono tutti modi per vincere l’odio.»
Quante fotografie e quanti video immortalano in un rifugio le braccia di una mamma che stringono forte il corpicino del proprio bambino appena nato per proteggerlo dalla crudeltà della guerra, per fare in modo che, almeno lui, possa trovare nel sonno un istante di tranquillità. Il neonato si agita stringendo i pugni in un grido di vita, come per dire: adesso ci sono anche io.
Quante fotografie ritraggono legami che si rafforzano durante i combattimenti in prima linea, una coppia che lotta per la normalità, che si sposa in tuta mimetica, che non vuole abbandonare né la patria né i propri affetti.
Quante fotografie, imprigionano piccoli momenti di una vita che resiste, che contrasta l’odio e la distruzione, nonostante la guerra tenti di appannare i sentimenti come il freddo fa d’inverno con i vetri delle case.
“Nei primi nove mesi del 2021, in media giornalmente, sono state vendute 1,73 milioni di copie, in flessione del 6,5% rispetto al corrispondente valore del 2020. Rispetto al periodo gennaio-dicembre del 2017, il calo raggiunge addirittura il 31,2%”. Sono questi i dati condivisi dall’Autorità del Garante per la Comunicazione, che segnalano un forte calo di interesse nei confronti del giornale cartaceo. I principali fruitori di quotidiani rimangono le vecchie generazioni, fedeli alle loro abitudini. Ricordo che mio nonno, specialmente d’estate al mare, acquistava ogni giorno una copia de “La Repubblica”, la cui lettura lo occupava tutta la mattinata. Un giornale “vecchio stampo” contiene decine di pagine ricche di articoli di attualità e di politica, musica, sport, economia: per questo, una persona che lo acquista sarà aggiornato in modo completo su ciò che accade nel mondo, anche solamente sfogliandolo.
“I quotidiani a diffusione nazionale sono quelli che vedono, durante il 2021, una riduzione nella vendita di copie cartacee superiore alla media. Gli stessi hanno però registrato una crescita consistente nella vendita di copie in formato digitale +17,5% rispetto al 2020 e +33,8% rispetto ai primi nove mesi del 2017.” Come mostrano queste statistiche, i giornali in formato digitale sono ormai preferiti alle copie cartacee, forse per l’immediatezza e per la loro maggiore comodità. Oggi per una redazione è quindi essenziale curare la propria parte digitale. L’approdo giornalistico sui principali social media è stato, infatti, estremamente utile per la diffusione delle notizie, perché permettono una comunicazione più veloce; allo stesso tempo, non è da sottovalutare la possibilità di allargare il pubblico. All’interno di ogni redazione sono presenti addetti specializzati nella manutenzione dei siti web, che formano dei veri e propri “team”: fino a qualche anno fa, invece, i social venivano gestiti insieme al resto delle attività. Dato che la parte social è importantissima per ogni testata giornalistica, è fondamentale avere un’identità grafica ben definibile, unica e non confondibile con altre. Per riuscire a catturare l’attenzione del pubblico è più che mai necessario essere riconoscibili e rendere i post “accattivanti”: serve quindi studiare i format migliori e più adatti alla diffusione dei contenuti.
Se proviamo ad analizzare il circolo completo di una notizia, dalla sua pubblicazione sul giornale cartaceo, passando attraverso il sito web ufficiale fino a venire condivisa sul profilo Instagram, possiamo osservare importanti differenze. Prendiamo come esempio l’articolo “Ecco il nome di chi ha tradito Anne Frank”, pubblicato il 17 gennaio dal Corriere della Sera. Sul giornale cartaceo, all’argomento sono state dedicate due pagine intere, ricche di dettagli riguardanti la cattura da parte dei nazisti. Ovviamente non possono mancare le foto d’epoca, che completano l’articolo rendendolo più interessante. La notizia viene poi pubblicata sul sito web ufficiale: si tratta dell’articolo completo, ma è presente un’unica foto ad accompagnare il testo, diversa da quella utilizzata sul giornale; inoltre, le frasi più importanti, al contrario della versione “originale dell’articolo”, sono evidenziate in grassetto. Infine, l’articolo approda su Instagram sotto forma di post: è stato scelto il format del carosello, e appaiono due foto: la prima ritrae Anne Frank con il titolo dell’articolo, mentre la seconda ne mostra un breve estratto, limitato al nome di Arnold van den Bergh, traditore della famiglia Frank. Nella descrizione è presente una versione ridotta del pezzo, che cita solo le parti più salienti, e verso la fine si invitano i followers a leggere l’articolo completo sul sito del Corriere. In pratica si punta ad attrarre l’attenzione ma sempre meno all’approfondimento dell’argomento trattato.
Bisogna sottolineare che le notizie web che visualizziamo sono generalmente legate ai contenuti che abbiamo già cercato in precedenza: così, senza nemmeno accorgercene, rimaniamo chiusi dentro la nostra bolla. Anche se il loro destino al momento sembrerebbe segnato, rimarrà sempre inarrivabile il fascino e il piacere unico di sfogliare le pagine di un quotidiano cartaceo: è per questo che i giornali digitali non riusciranno a sostituirli completamente. Il progresso ha sempre un suo prezzo.
Terminata la didattica a distanza e pandemia permettendo, stiamo vivendo l’ambiente scolastico in tutte le sue sfumature, gioie e imperfezioni. Basandosi sulle personali esperienze è giusto porsi una domanda, al vertice della nostra intera indagine: cosa possiamo fare per rendere migliore la scuola di domani?
Grafico 1
Abbiamo posto agli alunni del nostro liceo delle domande riguardo all’istituto e alle attività che propone e abbiamo ricevuto in totale 283 risposte, con una netta minoranza da parte del triennio classico dalla quale soltanto 55 studenti hanno risposto (grafico 1).
Grafico 2
Il primo quesito chiedeva “Cosa vorresti maggiormente nella scuola del Futuro?” e la netta maggioranza degli studenti ha risposto attività fuori aula. In percentuale minore sono poi stati richiesti maggiori spazi comuni e PCTO (grafico 2).
Grafico 3
I Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento sono stati il tema centrale di un’altra domanda, posta solamente agli studenti del triennio, i quali hanno concordato che le attività dovrebbero essere scelte secondo gli interessi degli alunni, singolarmente o a gruppi (grafico 3).
Grafico 4
Più della metà dei ragazzi sogna spazi comuni dedicati al relax e al ristoro come le amate macchinette tanto desiderate da tutti (grafico 4).
Grafico 5
Se invece parliamo di attività fuori aula, la richiesta è quella di valorizzare maggiormente le località e le eccellenze locali (grafico 5).
Grafico 6
Il 46,5% degli studenti vorrebbe concentrare i laboratori pomeridiani sugli hobby e gli interessi personali, quali lettura, sport, teatro e molti altri (grafico 6).
Grafico 7
Abbiamo offerto numerosi spunti riguardo a come tecnologizzare la scuola e ne abbiamo ricevuti altrettanti come migliorare la connessione wifi, utilizzare un’unica piattaforma per i compiti e i contenuti digitali e aggiungere un’ora di potenziamento di informatica. L’opzione più quotata è stata certamente l’utilizzo di contenuti interattivi che stimolino e catturino l’attenzione della classe; non vanno però sottovalutati i voti dati a “con l'utilizzo di piattaforme digitali per personalizzare l'apprendimento” e “con l'utilizzo di libri digitali” (grafico 7).
Grafico 8
Sempre parlando dei libri di testo il 53,8% dei votanti crede che sarebbe giusto adoperare i libri cartacei e digitali in percentuale uguale. Un altro 20,7% rimane invece affezionato alla carta, in contrapposizione a un 15,5% che invece preferirebbe studiare soltanto su file, video e articoli online e fotocopie, senza dover acquistare un libro (grafico 8).
Grafico 9
È giusto anche valorizzare le aule che necessitano, secondo gli studenti che passano la maggior parte del proprio tempo al loro interno, di un sistema di regolazione del riscaldamento e una personalizzazione a seconda delle esigenze di ogni classe (grafico 9).
Grafico 10
Un altro tema estremamente sentito e dibattuto è il metodo di valutazione. Il 19% degli alunni considera l’attuale metodo adeguato; al contrario di un 38% che trova più corretto ricevere un giudizio scritto riguardo il compito, un 22,9% che preferirebbe l’utilizzo di livelli di competenze e un 16,1% che non ha ancora sviluppato un’opinione riguardo all’argomento (grafico 10). Delle interessanti proposte ricevute proponevano di istituire 3 o 4 come voto minimo e 10 come massimo in ogni verifica o interrogazione, indipendentemente dalla complessità di queste.
Grafico 11
Grafico 12
Nei due istogrammi presenti abbiamo rappresentato, in una scala da 1 a 10, rispettivamente l’importantanza del dialogo e il confronto tra studente ed insegnante (grafico 11) e l’urgenza di un rinnovamento nella scuola italiana (grafico 12): entrambi hanno ricevuto più del 45% dei voti nella cifra più alta della scala data.
Queste sono le opinioni degli studenti, parte attiva della scuola che deve, e sta, crescendo assieme a essi. Speriamo che la nostra indagine sia uno spunto di riflessione per tutti coloro pronti a migliorare ulteriormente l’ambiente scolastico.
Nel tardo pomeriggio di mercoledì 12 gennaio, si è svolto l’ultimo incontro per l’orientamento in entrata del linguistico. Dopo un meeting con dei nostri studenti in uscita, e uno con i ragazzi dell’exchange di due mesi in Francia; noi ragazze del giornalino abbiamo concluso questo programma. Causa pandemia, l’orientamento si è svolto in modalità online per il secondo anno di fila. Così come gli altri anni, in cui si aveva la possibilità di raccontare i propri dubbi con il tutor e avere un riscontro da studenti più grandi, anche in questo incontro abbiamo potuto concentrarci sui dubbi dei ragazzi, in modo tale che loro avessero la possibilità di esprimersi. Le iscrizioni sono state aperte ufficialmente il 4 gennaio (e verranno chiuse il 28 dello stesso mese) e per questo motivo all’open day ha partecipato un numero ristretto di studenti.
La riunione si è aperta con un piccolo gioco proposto dalle insegnanti. Esso consisteva nel far indovinare ai ragazzi a quale lingua appartenesse il vocabolo scelto. Successivamente siamo entrate in gioco noi membri della redazione del blog, affiancate da alcuni studenti del nostro liceo. Grazie a un sondaggio, abbiamo potuto sondare un po’ il carattere e le paure dei ragazzi. Alcune delle domande proposte riguardavano la scelta del liceo, il rapporto con i docenti e compagni e i nostri classici stage linguistici. La prima domanda ha dimostrato come la maggior parte dei ragazzi siano propensi a fare il liceo linguistico per le esperienze che regala e per diventare cittadini del mondo. Li abbiamo rassicurati e spronati a scegliere questo indirizzo perché ci si arricchisce, sia dal punto di vista strettamente scolastico, ma anche come persone.
Abbiamo continuato con una domanda più generica sul rapporto professore-studente. Siamo rimaste colpite di come un 25% sia preoccupato di questa relazione, spesso amore-odio, ma anche rassicurate che molti siano disposti ad avere un dialogo.
Per quanto riguarda i compagni e gli stage linguistici, il responso è stato unanime: tutti i ragazzi si sono dimostrati ben disposti a fare nuove amicizie ed esperienze.
Finito il sondaggio, gli insegnanti si sono allontanati, dando la possibilità ai ragazzi di fare domande liberamente e a noi di raccontare il nostro Liceo. Le domande erano le più svariate: da quelle, forse, più tecniche ad altre molto personali. Ad esempio ci è stato chiesto se il liceo Muratori-San Carlo fosse sempre stata la nostra prima scelta o se avessimo avuto dei ripensamenti, e la fatidica “Ma ci sono ragazzi al linguistico?”. Gli abbiamo spiegato che, almeno per noi, la decisione è stata fatta quasi a occhi chiusi. Ma, abbiamo continuato, dicendo che è normale e giusto avere dubbi o ripensamenti, perfino quando già si frequenta l’istituto. Proseguendo, abbiamo detto come sono stati i nostri rapporti all’inizio: se siamo riuscite a fare amicizia velocemente con i nuovi compagni o se abbiamo dovuto lavorarci. La risposta è, come sempre, soggettiva e personalmente abbiamo instaurato in poco tempo rapporti magnifici. Questo grazie anche ai progetti che la nostra scuola offre per creare un gruppo classe omogeneo e armonioso. Per quanto riguarda i ragazzi al linguistico, non abbiamo potuto negare il loro piccolo numero, ma sottolineando che quei pochi sono riusciti a integrarsi bene. In poche parole la loro importanza come cuccioli della classe.
Per finire, la riunione si è conclusa con un’ultima attività preparata da noi: i ragazzi hanno descritto con due parole i loro sentimenti riguardo all’inizio delle scuole superiori. Le parole sono state inserite in un grafico colorato, evidenziando maggiormente le parole scritte da più studenti. Siamo rimaste stupite dalla risposta “ansia” , ripetuta diverse volte. Speriamo di aver rincuorato, anche se solo in piccola parte, i futuri studenti del nostro istituto e di averli preparati ad iniziare le scuole superiori con il giusto spirito.
Il messaggio che abbiamo cercato di trasmettere è di non preoccuparsi troppo per le superiori. Sono solo un passaggio dalla vecchia alla nuova vita, dalla nostra comfort zone ad una nuova versione di noi. Dopo questo dialogo, si è concluso l’orientamento del Liceo Muratori-San Carlo.
Don’t worry and be happy.
L’orientamento rappresenta un momento fondamentale per gli studenti di terza media che hanno, così, la possibilità di riflettere e di scoprire, in parte, ciò che dovranno affrontare negli anni successivi. La curiosità, la paura, l’immaginazione, il desiderio e la voglia di intraprendere un nuovo percorso di studi, ma anche di vita, li spingono a cercare le risposte alle tantissime domande che si pongono per chiarire i loro dubbi riguardo alla scelta che faranno. Anche il liceo classico Muratori San Carlo organizza ogni anno alcuni incontri con lo scopo di illustrare ai ragazzi le sue caratteristiche e la sua identità. Tanti sono gli argomenti appassionanti che vengono affrontati durante le lezioni nel corso dei cinque anni, ma qual è uno dei più coinvolgenti, avvincenti ed affascinanti? Le parole di alcune insegnanti prendono vita per mostrarcelo in un breve video.
Informazioni riguardanti l’orientamento in ingresso al seguente link:
https://www.muratorisancarlo.edu.it/pagine/orientamento-in-entrata-1
Come ogni anno dal 2014, la Fondazione Agnelli si occupa di orientare gli studenti in uscita dalla terza media e le loro famiglie nella scelta della scuola superiore più adeguata alle proprie necessità, ma anche capacità.
Il progetto Eduscopio, infatti, risulta la via più efficace per la comparazione dei diversi istituti, i quali vengono classificati secondo una serie di parametri molto precisi, come la media dei voti o dei crediti universitari di un ex-studente.
Quest’anno il liceo Muratori-San Carlo risulta essere il primo classificato nel raggio di 20 km, con un indice FGA ( media dei voti e dei crediti ottenuti) pari al 77,34.
Pur trovandosi in seconda posizione, bisogna considerare che per molti anni ha sempre potuto vantare il primato, addirittura nell’intera regione Emilia-Romagna; il record è dovuto a svariati fattori della nostra scuola, eccellente per molti aspetti del sapere e della formazione. Quest’ultima, in particolare per quanto riguarda il liceo classico, risulta tanto completa da poter garantire un’ambiziosa scelta universitaria. Bisogna,infatti, considerare nella scelta gli sbocchi universitari e lavorativi che essa ti garantisce, i quali non sono limitati ad uno studio classico ma anche scientifico; questo percorso sarà sicuramente facilitato, grazie al lungo, ma meditato percorso intrapreso nella nostra scuola.
Inoltre, dal punto di vista dei contenuti, lo studio di argomenti e personaggi, che temporalmente sono assai distanti da noi, può generare pregiudizi negativi, ma proprio scegliendo uno studio di questo tipo, si scopre quanto i cosiddetti “classici” siano in realtà molto più vicini a noi di quello che crediamo. Sono, infatti, l’antichità e i suoi modelli che hanno dato le basi morali, politiche, economiche alla società attuale.
Parlando,quindi, da studentesse del quarto anno, abbiamo compreso che studiare il passato insegna a capire il presente , in quanto, studiando gli eventi storici o traducendo lingue antiche come il greco e il latino e comprendendo quindi pensiero e gli insegnamenti dell’autore, si realizza che spesso questo trova riscontro nel pensiero odierno. Per questo è sbagliato considerare queste ultime “lingue morte”: sono esattamente l’opposto, poiché, anche se non si utilizzano più nel parlato, hanno un valore fondamentale per chi sa analizzarle e comprenderle. Poche sono le persone che al giorno d’oggi condividono questa passione, ed è quindi stimolante ed interessante avere l’opportunità di conoscere in modo così approfondito il nostro passato.
La scelta può risultare ardua e difficile, ma a posteriori possiamo affermare con assoluta certezza di aver preso la decisione più adeguata e completa a noi; entrambe siamo fiere e soddisfatte di aver scelto questo percorso di studi, sia in termini di conoscenza personale, sia di ambiente scolastico, che di vantaggi in ambienti lavorativi futuri; consigliamo quindi a tutti gli studenti, anche solo con un minimo di curiosità verso il passato e i suoi protagonisti, di provare l’indirizzo classico del liceo Muratori-San Carlo.
Analizzando però i dati dell’intera provincia nel raggio di 30km, si nota come la nostra scuola si collochi al secondo posto.
Focalizzandosi ora sull’ indirizzo linguistico che la nostra scuola offre, bisogna sottolineare il primato provinciale che mantiene nel corso degli anni
Una grande novità caratterizza l’anno scolastico 2021-2022 per il liceo Muratori-San Carlo: la terza sede collocata in Via E.Rainusso 66
Una parte delle classi di entrambi gli indirizzi è stata collocata fin dall’ inizio dell’ anno scolastico in questo nuovo spazio, rispetto al quale gli studenti si sono espressi, facendo emergere aspetti positivi e negativi.
Il trasferimento infatti ha sorpreso profondamente i ragazzi, i quali, se in classi superiori alla prima, hanno lasciato talvolta a malincuore la precedente sede.
La posizione, l’aspetto esteriore, l’organizzazione delle classi, il rispetto delle norme per il contenimento del Covid-19, il condominio con il Barozzi e la difficoltà da parte dei gli studenti “fuori sede” nel raggiungerla, sono solo alcune delle tematiche che gli studenti intervistati hanno avanzato e noi li abbiamo ascoltati.
Ecco cosa dice Francesco B. di 4B
Ti piace stare in Via Rainusso?
F: “Sinceramente preferivo la sede dell’anno precedente, in via Cittadella, perché secondo me questa struttura non è adatta a contenere classi di due scuole differenti in uno spazio così ristretto, soprattutto nella situazione di pandemia in cui ci troviamo in questo periodo. Infatti sono frequenti assembramenti durante le entrate e le uscite, perché ogni scuola ha solamente un varco.”
“Qual è la tua opinione sulla nuova aula?”
F: “Mi trovo bene, l’unico aspetto negativo riguarda le finestre, perché secondo me il sistema di tapparelle non è sicuro nel caso di un incendio, e poi sono brutte. Infatti la presenza di queste sbarre di metallo verticali crea una sensazione di claustrofobia. ”
“Cosa ne pensi dei servizi igienici dell’edificio?”
F: “Il numero dei bagni va bene in proporzione alle classi che ci sono nella sede.”
Queste le opinioni di Asia R., di 4B, che prende la corriera tutte le mattine per raggiungere Modena e andare a scuola
Coma ti stai trovando nella succursale Rainusso? Hai maggiori problemi con i trasporti?
Rispetto alla sede di via Cittadella, dove frequentavo l’ anno scorso, la succursale di via Rainusso è certamente più difficile da raggiungere, visto che il percorso dalla stazione è più lungo. In generale, per tutti coloro che utilizzano i mezzi quotidianamente, la posizione della sede non è molto conveniente; anche quelli che vogliono semplicemente raggiungere il centro per pranzo o per andare in biblioteca non sono facilitati.
Cosa ne pensi della struttura dell’edificio?
A: « Credo sia abbastanza sicura, forse l’unico disagio è costituito dalle finestre, che presentano queste tapparelle abbastanza scomode, di metallo, e non permettono di far arieggiare correttamente la stanza »
Cambiamo classe e facciamo qualche domande anche ad una ragazza del terzo anno, Benedetta B. , 3^DL
In quale sede ti trovavi gli anni scorsi?
Sono sempre stata in sede Cittadella
Come ti trovi ora qui in sede Rainusso?
Abbastanza bene, anche se ho notato certe mancanze
Quali carenze hai individuato?
La campanella, ad esempio, che è sostituita con una sveglia del computer, oppure le lavagne, che nella nostra classe mancano ancora. Ancora, le porte dei bagni, che per più di un mese non si sono chiuse adeguatamente, creando disagio agli alunni ed ai collaboratori scolastici
Pensi che la sede sia attrezzata riguardo le attrezzature per la disabilità?
Nonostante manchino gli ascensori, la struttura è munita di una piattaforma elevatrice per aiutare gli alunni invalidi o con difficoltà motorie”
In conclusione, ti trovi meglio qui o avresti preferito rimanere nell’altra sede?
In generale avrei preferito restare in sede Cittadella, soprattutto per una questione di trasporti, dato che vengo da un altro paese e sono costretta ad uscire un pò prima da scuola per prendere l’autobus e poi il treno”
Le interviste di questi nostri compagni di scuola che frequentano la nuova sede mettono quindi maggiormente in luce le criticità di questo edificio e dell’organizzazione ad esso riservata, ma, come ogni novità, gli aspetti negativi sono i primi ad essere evidenziati; confidiamo nel fatto che il passare del tempo e i progressivi miglioramenti rendano questa sede parte integrante della nostra scuola.
La prossima domanda è: per quanto tempo?
Non poteva iniziare meglio, per la nostra scuola, l’anno scolastico. Con l’inaugurazione dell’aula magna del 20 ottobre, infatti, la struttura di via Cittadella ha visto accrescere la qualità degli spazi dedicati agli studenti, che potranno ora contare su un nuovo luogo per dibattiti e scambi culturali. Per 48 anni generazioni di “muratoriani” si sono seduti su sedie sempre più “classiche”, alcune delle quali da tempo inutilizzabili. E perciò, anche nella scuola più “classica”, il rinnovamento è stato necessario.
La nuova aula magna dispone di 204 posti a sedere, anche se, per le normative di prevenzione sociale, sono ridotti per ora a 104. L’impianto di aerazione è stato completamente modernizzato, così come la cattedra centrale dove solitamente stanno il relatore e il moderatore. Insomma, un bel passo in avanti. Soprattutto se si tiene in considerazione che l’aula magna del liceo Muratori è utilizzata anche da terzi. E per questo, poiché le cose è meglio farle bene fin da subito, sono stati anche aggiunti due bagni interni a favore di coloro i quali fruiscono dello spazio.
Il progetto, costato circa 160mila euro, è stato finanziato dalla Fondazione Cassa di risparmio, dalla Provincia e dall’istituto, con una serie di proventi volontari da parte dei genitori. Proprio i genitori sono stati i primi ad essere ringraziati dalla dirigente scolastica Giovanna Morini: «Grazie al loro contributo - ha detto - siamo riusciti a dare uno spazio all’avanguardia ai giovani».
Decisivo è stato anche il ruolo della Provincia. «Ero venuto qui - ricorda Giandomenico Tomei, presidente della Provincia - alla notte dei licei (gennaio 2020, ndr) ed ero rimasto colpito in negativo dallo stato in cui versava l’aula magna. Con la preside ho preso l’impegno di migliorarla e, dopo un anno e mezzo, eccoci qui a raccontare una bella vicenda».
Dal 6 al 9 giugno i seggi di tutt’Europa si apriranno per dare opportunità alla cittadinanza europea di scegliere i suoi rappresentanti al Parlamento. Tra i numerosi che andranno al voto ci sono anche i più giovani: ragazzi che hanno da poco compiuto 18 anni e che qualche mese fa erano tra le mura della scuola, proprio come noi. Trascinati in un vortice di informazioni su liste elettorali, partiti e candidati è facile per i neo adulti sentirsi smarriti ed è altrettanto semplice per i minorenni cadere vittima del diffuso sentimento di timore nei confronti della politica, soprattutto in un contesto multinazionale come quello europeo. Tuttavia, in quanto giovani cittadini che tra pochi anni saranno attori protagonisti dell’Europa del futuro, occorre chiedersi: qual è la conoscenza che abbiamo del funzionamento dell’Unione e dell’impatto che essa ha sulla nostra vita di tutti i giorni? A questo scopo nel 1996 nacque a Carpi MEP Italia.
Il Model European Parliament Italia è un’associazione che ogni anno organizza sessioni di simulazione del Parlamento Europeo su tutto il territorio nazionale, con un obiettivo ben preciso: portare l'Unione europea al futuro dell'Unione stessa, i giovani. Attraverso una fitta rete, centinaia di ragazzi hanno la possibilità di lavorare insieme, dibattere e confrontarsi su temi di estrema attualità, sperimentando direttamente cosa significhi essere un eurodeputato. Bruxelles, apparentemente tanto lontana, arriva così sui banchi di tutt’Italia per far conoscere agli studenti quali siano i meccanismi delle sue istituzioni e per dar loro modo di vivere un’esperienza unica di cittadinanza attiva.
Nel concreto, il progetto si sviluppa solitamente nell’arco di una settimana, a sua volta suddivisa in tre momenti diversi. I primi giorni sono dedicati ai lavori di Commissione: i ragazzi si riuniscono in gruppi al fine di stilare una risoluzione contenente proposte fattive, atte a contrastare le criticità emergenti in merito ad una determinata tematica. Il dibattito è guidato dai chairs, ex-delegati delle sessioni passate, i quali continuano a partecipare attivamente al progetto in veste di Presidenti di Commissione, affiancando per l’intera sessione i delegati. Segue poi la preparazione all’assemblea plenaria e l’assemblea stessa, ossia il confronto conclusivo nel quale vengono presi in esame gli elaborati proposti da ciascuna Commissione. Questa rappresenta forse il momento più memorabile dell’intera sessione: tra interventi, difese ed emendamenti, i ragazzi si misurano con sé stessi tenendo discorsi di fronte ad un ampio pubblico, tutti rigorosamente vestiti formalmente in giacca e cravatta. Al termine di ogni sessione viene svolta una selezione tra i delegati: dalla sessione scolastica del Muratori, che coinvolge soltanto gli studenti dell’istituto, è possibile arrivare perfino a quella internazionale in giro per l’Europa!
Dal fenomeno migratorio a quello delle ingerenze straniere, le questioni trattate rispecchiano gli attuali ambiti di interesse delle Commissioni del Parlamento europeo, con lo scopo di mettere al centro del progetto il presente ed il futuro dell’Unione. Come si può conciliare lo sviluppo della ricerca satellitare europea con il crescente problema dei rifiuti spaziali? Quale ruolo può giocare l’Unione nella fragile regione artica in qualità di mediatore internazionale? In che modo è possibile limitare gli effetti dannosi del fast fashion sull’economia e sull’ambiente? Questi sono solo alcuni degli interrogativi posti ai ragazzi, i quali, nel corso di ciascuna sessione, affrontano in maniera specifica le molteplici e sfaccettate criticità dell’Europa del 2024. Ambientalismo, relazioni internazionali, nuove tecnologie: il MEP offre uno spazio per esprimersi negli ambiti di interesse di ogni individuo.
Durante la giornata dell’autogestione svoltasi il 30 aprile, gli studenti del biennio di sede Cavour hanno avuto la possibilità di sperimentare una parte fondamentale del progetto MEP: il dibattito. Le discussioni dei ragazzi si sono sviluppate attorno all’impatto delle religioni nella società contemporanea, una tematica quanto mai coinvolgente ed attuale. Il confronto è stato guidato da due studenti di quarta, Carlo Cecchi ed Emilio Pellegrino, che hanno indossato nuovamente i panni da chairs e hanno introdotto gli studenti nel mondo del MEP, conducendo il dibattito proprio come durante i lavori di Commissione. Dall’incontro, i partecipanti sono usciti entusiasti: dimostrandosi preparati e interessati alla tematica analizzata, i ragazzi hanno avuto la possibilità di mettersi in gioco e di dare prova di sé, creando una discussione stimolante, che potrebbe aver rappresentato l’inizio del loro percorso nel progetto. Chissà, forse si iscriveranno l’anno prossimo?
Inizia tutto con un pizzico di curiosità, un interesse condiviso per un particolare argomento o un’inspiegabile voglia di provare qualcosa di nuovo. Tuttavia, una sessione dopo l’altra, il MEP comincia a rappresentare più un semplice progetto scolastico. I pomeriggi dedicati ai lavori di Commissione diventano un’occasione per stringere nuove amicizie, i compagni si trasformano in amici, i chairs in punti di riferimento. In quelle ore si condividono non solo pensieri e opinioni, ma anche sensazioni, talvolta ansie, dubbi e certamente sorrisi. Ognuno vive il MEP a modo proprio, e ognuno torna a casa con un bagaglio diverso. C’è chi si ricorderà per sempre quella formula introduttiva detta male, quella difesa da brividi o il tanto desiderato discorso. C’è chi non dimenticherà la notte prima della plenaria e chi conserverà il ricordo anche di tutte quelle prima. Le serate e le nottate in videochiamata con i chairs ed i compagni, documenti su documenti di interventi e difese, pagine di discorsi scritti e riscritti continueranno a vivere nella memoria come momenti forse non facili, ma che sicuramente hanno lasciato un segno importante, e un ricordo ricco di risate.
Tutti questi dettagli fanno parte dell’esperienza MEP. Non importa il numero di sessioni a cui si prende parte né quante selezioni si è in grado di superare, perché non è questo ciò che conta davvero. L’importante è quello che viene condiviso, quello che si impara e le persone che si incontrano. Forse è proprio questo che rende questo progetto tanto speciale. Non ci si riesce a non innamorare di quell’atmosfera, di quel brivido di eccitazione quando viene chiamato il proprio nome, del sorriso dei chairs dopo un buon intervento, della pacca sulla spalla dei compagni alla fine di un discorso e dell’orgoglio quando la risoluzione della propria commissione viene approvata. Il MEP non è solo un progetto scolastico. È un’opportunità che apre orizzonti e nuove occasioni, che permette di mettere in dubbio il proprio futuro, e di crescere non solo come studenti, ma anche come persone. Perché il MEP lascia tante lezioni, tra cui l’immancabile mantra del progetto: in plenaria, niente scarpe da ginnastica, altrimenti non si entra!
Anna Derya Di Finizio, 4E | 27 novembre 2024
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Agata Neri 5E, Alice Fontana 4EL, Ludovica Villa 4A, Rebecca Palandri 4AL | 29 Novembre 2024
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Vanacore Aurora, 5B | 30 Novembre 2024
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Sabato 29 marzo, dalle 8.30 alle 13.00, presso sede Cittadella (Viale della Cittadella, 50), la classe 4F del Liceo L.A. Muratori-San Carlo organizzerà in Aula Magna una giornata all’insegna della (ri)scoperta della poesia.
Le classi 2F, 3FL, 4A, 4D, 4DL, 4E, 4F, 4FL, 4G e 5E del Liceo Muratori San Carlo si riuniranno in Aula Magna per celebrare la giornata mondiale della poesia. L’iniziativa, organizzata da studenti e professori, rappresenta un’opportunità unica per rendere omaggio ad una forma d’arte, la poesia, che ad oggi sembra quasi essere stata dimenticata.
Per questo, la 4F del Liceo Muratori-San Carlo promuove con grande entusiasmo la partecipazione degli studenti, che sabato 29 marzo avranno l’occasione di esibirsi in Aula Magna dando voce alle poesie di grandi autori del passato e del presente: da Dante a Virgilio, da Sofocle a Lucrezio, da Leopardi a Zanzotto, ma spazio avranno anche le poesie di scrittrici come Margherita Guidacci e Antonia Pozzi. Alcuni ragazzi, inoltre, avranno l’opportunità di portare all’attenzione del pubblico le proprie poesie e accompagnare l’evento con brani musicali al piano, alla chitarra e al flauto traverso.
L’iniziativa si svolgerà in due turni: dalle 8.30 alle 10.00 e dalle 11.05 alle 13.00. Alla fine di entrambi i turni vi sarà un piccolo laboratorio di poesia. «La poesia è una forma di comunicazione privilegiata per la sua capacità di condensare in poche parole emozioni e concetti. Soprattutto nel contesto di un liceo come il nostro, dove ci si confronta con le opere della poesia antica di Omero, Sofocle, Virgilio, Orazio, e Catullo, o quelle del panorama internazionale di Shakespeare, Byron, Masters, Verlaine, Mallarmé, Goethe e Neruda, si può apprezzare il fatto che la poesia non sia solo un piacere estetico, ma anche uno strumento per riflettere sul destino umano, sulle leggi naturali e divine e sul proprio io.» afferma la prof.ssa Eleonora Stanzani, organizzatrice dell’evento «La poesia è per tutti, nell’adolescenza, un primo amore che, mai come oggi, dovrebbe essere coltivato e incoraggiato».
La giornata della poesia del 29 marzo chiuderà una settimana di celebrazione della poesia di tutti i tempi e in tutte le lingue. Per l’occasione, i muri delle sedi di Cittadella e Cavour saranno tappezzati di 80 poesie. Alla fine della settimana, chi vorrà, sarà libero di scegliere una o più poesie esposte.
Ricordiamo che l’iniziativa dovrà essere svolta nel rispetto delle normative scolastiche e invitiamo gli studenti spettatori a rispettare gli spazi comuni dove si terrà l’evento. Si chiede alle classi del primo turno (2F, 4A, 4D e 4DL) di presentarsi all’ingresso dell’Aula Magna alle ore 08.20 per prendere posto.
Per contatti:
Ancarani Ludovica 4F mail: st.ancaraniludovica@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Cacciatore Jacopo 4F mail: st.cacciatorejacopo@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Fetahu Mattias 4F mail: st.fetahumattias@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Mezzetti Irene 4F mail: st.mezzettiirene@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Prof. ssa Eleonora Stanzani mail: eleonora.stanzani@muratorisancarlo.istruzioneer.it
Anna Pantusa, 5B