A.S. 2022/2023

Attualita'

22-12-2022 di Vanessa Fasolo, VA CL

DISSESTO IDROGEOLOGICO: cause, rischi e soluzioni

Quando parliamo di dissesto idrogeologico facciamo riferimento a tutte quelle condizioni di degrado del territorio tali da provocare catastrofi, come alluvioni, frane e altri fenomeni naturali di notevole intensità e durata.

Alcuni di questi fenomeni, che hanno un’azione fortemente distruttiva sul suolo, si manifestano in modo più graduale e prolungato nel tempo, come l’erosione superficiale che è legata all’azione delle acque meteoriche e alla natura dei suoli. Altri fenomeni, invece, possono essere improvvisi e catastrofici come le frane che si verificano nei terreni montani e collinari, e le alluvioni che, invece, inondano quelle pianeggianti. E tutti questi effetti del dissesto idrogeologico non vanno a colpire solo le aree naturali ma anche abitazioni, infrastrutture e coltivazioni.

Ovviamente esistono numerosi fattori naturali che contribuiscono al rischio idrogeologico come condizioni meteorologiche estreme, geomorfologia del territorio e variazioni climatiche. Ma certamente anche l’uomo fa la sua parte, in quanto alcune attività antropiche come la deforestazione, l’eccessivo consumo di suolo e la cementificazione contribuiscono ad aumentare il rischio idrogeologico.

Sicuramente abbiamo potuto notare come frane e alluvioni siano fenomeni ben noti nel nostro Paese, in quanto si ripetono ogni anno con una certa regolarità provocando vittime e danni ingenti, e ciò è dovuto non solo alla tipologia di territorio ma anche a causa dell’intervento umano su di esso.

Infatti un rapporto pubblicato nel 2008 dal Ministero dell’Ambiente ha rilevato che sono a elevato rischio idrogeologico l’82% dei Comuni italiani e 5,8 milioni di persone, e le regioni maggiormente colpite sono la Campania, la Calabria, il Piemonte, la Sicilia e la Liguria.

Un altro rapporto invece, redatto nel 2012 da ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) e CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociologiche e di Mercato nell’Edilizia) ha denunciato che sono a rischio idrogeologico 6250 scuole, 550 ospedali e 500 mila aziende, ai quali se si aggiungono appartamenti e case residenziali si arriva ad un totale di 1,2 milioni di edifici a rischio.

Dal 1900 a oggi, in Italia si sono verificate complessivamente 486 mila frane, mentre nel resto d’Europa 214 mila, e in tutto le vittime coinvolte sono 12.600.

L’esempio più recente di dissesto idrogeologico si è verificato a Ischia, un’isola campana, dove le piogge intense che hanno colpito la località a partire dalla notte del 25 novembre, hanno causato una frana che ha ucciso 8 persone e ha provocato 4 dispersi. Ma l’eccessiva massa di fango che ha travolto case, strade e persone non è dovuta solo alle piogge intense ma anche alle caratteristiche idrogeologiche del suolo. Infatti ad Ischia, per costruire l’abitato del Comune, sono stati disboscati molti alberi e ciò ha ridotto le capacità naturali del territorio di reagire a fenomeni meteorologici intensi poiché il terreno cementificato non assorbe l’acqua.

Di fatto per ridurre il rischio dovuto al dissesto idrogeologico è fondamentale insistere su azioni di previsione, prevenzione e mitigazione degli effetti. Quindi bisogna pianificare gli interventi di gestione e cura del territorio, inclusa una regolare manutenzione.

Ad esempio la situazione potrebbe migliorare se si effettuano lavori di adeguamento e ristrutturazione dei corsi d’acqua o interventi per stabilizzare pendici di montagne e colline, attività di rimboschimento e di consolidamento dei terreni.

Inoltre è importante controllare lo sviluppo territoriale e urbano in modo da non costruire edifici in zone a rischio idrogeologico. E laddove le abitazioni sono già state edificate bisogna intervenire consolidandole con sostegni come muri, gabbioni o reti metalliche.

Ma ilnon costruire in zone rischiose non è abbastanza sufficiente, in quanto è opportuno anche edificare nel modo giusto, infatti le modalità e le tecniche costruttive devono essere scelte tenendo conto della conformazione del suolo, delle sue caratteristiche e del rischio ad esso connesso.

Alla luce di ciò possiamo notare come l’impegno dell’uomo sia necessario di fronte a questa situazione in quanto, se si vuole tutelare la vita delle persone e mettere in sicurezza le regioni maggiormente colpite da questo problema, bisogna prestare attenzione a tutti questi accorgimenti importanti per la riduzione del rischio idrogeologico.



28-11-2022 di Gaia D'Apuzzo, VA CL

Quando la messaggistica è tossica 

WHATSAPP: UNA RISORSA PER COMUNICARE 

…WHATSAPP NEMICO DELL’AMORE VERO?

Stamattina mi trovavo da sola a casa, stavo facendo il caffè quando il telefono emette un trillo, è il buongiorno del mio ragazzo; sorrido al cellulare, ma non lo prendo tra le mani, vorrei prima terminare il mio bel rito mattutino e mi volto nuovamente verso la macchinetta, ma il telefono sembra non voler smettere il suo ronzio;  lo prendo in mano, e osservo i messaggi di testo, “so che sei online, perché non vuoi rispondere?”. Sbuffo infastidita, e rispondo con un semplice “buongiorno”, appoggiando nuovamente sul piano il telefono, che però continua a suonare ininterrottamente; frustrata lancio nuovamente il mio sguardo al display per notare altri messaggi, dal tono rabbioso: “devi rispondere, immediatamente, e ringrazia che ti stia ancora scrivendo” “se non hai nemmeno il tempo per me come posso credere che tu mi possa amare?”. Con una faccia confusa rispondo “ma davvero tutto questo per un messaggio?”. Non tarda ad arrivare la risposta, che mi inquieta e mi fa tremare leggermente sul posto, “sono sotto casa tua”.

Questo messaggio non è inquietante di per sé, ma mi spaventa il fatto che sappia dove abito, perché non mi aveva mai accompagnata a casa, e io mai avevo accennato all’indirizzo. La paura mi pervade mentre tante domande mi sorgono in mente, “perché?” “come?”. Tutto si ferma per un istante, e poi quel trillo, di nuovo, quel trillo assordante; nascondo il telefono sotto un cuscino e, tremante, mi ci accascio sopra, ma subito un colpo alla porta mi travolge; sobbalzo tremolante, lacrime mi solcano il viso: “perché, perché proprio a me?”. Tutto ruota fin troppo in fretta e i rumori si fanno sempre più insopportabili, e quel fastidioso squillo del telefono…, riesco a prenderlo in mano…, 30 messaggi, e continuano ad aumentare, come i colpi sulla porta di casa.  Premo il tasto di spegnimento e, come all’improvviso, tutto tace e torno a respirare.


Vi siete mai chiesti quanto un social possa influenzare la nostra serenità e la nostra vita privata?

Se questa riflessione non vi è mai sorta in mente sarebbe il caso vi fermaste ad osservare un po’ meglio tutto il tempo che passiamo attaccati al cellulare, principalmente ad un’applicazione, WhatsApp, il social per scambi di messaggi oggi più usato.

WhatsApp è quasi una sorta di garanzia per tenersi legato al mondo, o anche semplicemente per comunicare in maniera rapida con qualcuno che sta lontano o non è presente al momento, ma quanto tempo davvero WhatsApp sottrae alle nostre vite?

Per molti è un’applicazione come altre, si controlla con scarsa\media regolarità, si risponde ad uno o due messaggi e poi finisce lì, ma per altri WhatsApp diventa quasi una dipendenza, una vera e propria ossessione, ma quando questo può avvenire?

È proprio l’applicazione stessa a fornire funzioni come il controllo della posizione, dello stato (online, offline), dell’ultimo accesso all’app, insomma tutte funzioni utili da un punto di vista oggettivo. Purtroppo, soprattutto per i ragazzi più giovani, intimoriti dai primi amori e dalle prime amicizie, subiscono l’uso eccessivo di queste funzioni a tal punto provare sentimenti di esasperazione per eventuali manifestazioni di gelosia che invece nascondono bisogni di controllo sull’altro o sull’altra. Chi può quantificare quanto tutto questo può risultare nocivo e lesivo dell’equilibrio psicologico di una persona?

Un esempio lampante possono essere le giovani coppie che, magari per impegni scolastici o di vario tipo, non riuscendo a vedersi per molto tempo, sentendosi tramite WhatsApp, hanno l’impressione di essere più vicini. Non sempre, però, la vicinanza eccessiva è un bene, perché i messaggi costanti, le richieste insistenti di risposta, di posizioni, di foto, questi non sono altro che sintomi di una possessività tossica, che mina il rapporto nel profondo; l’amore non può coincidere con questo.

L’amore è libertà, serenità, è sentirsi sempre completi e, se un’applicazione può consentire a qualcuno di controllarvi, ricordate che questo non è amore.

28-11-2022 di Nicola Tricoli, VB CL

ACCOGLIENZA DELLO STRANIERO: LA LEZIONE CHE CI VIENE DAL MONDO CLASSICO 

È sicuramente noto a tutti ciò che è successo con la nave Ocean Viking e i 234 migranti a bordo: l'Italia, non rispettando le leggi del diritto internazionale, che prevedono in situazioni del genere lo sbarco nel “primo porto sicuro” (proprio quello italiano in questo caso), ha deciso di non consentire suddetto sbarco. Si è reso, quindi, necessario l’intervento della Francia, che ha concesso alla nave di attraccare, in via del tutto eccezionale, nel porto militare di Tolone. A questo punto è doveroso ricordare che non si tratta del primo caso in cui, in Italia, viene impedito ad una nave con a bordo migranti di entrare in porto, lasciando per svariati giorni delle persone in mare. Sì, perché gli immigrati, prima di essere immigrati, sono persone, esattamente come noi, che hanno dignità e diritti riconosciuti costituzionalmente nel nostro paese (art. 2). Non tutti, però, hanno la fortuna di nascere in uno stato in cui tali diritti sono riconosciuti e garantiti, pertanto si è spesso costretti a lasciare il luogo in cui si è nati, in cerca di una vita più dignitosa. L’identità tra immigrato e persona, che come noi fa parte della grande famiglia umana e che come noi gode di diritti inalienabili, non è sempre riconosciuta. L’intolleranza e la pretesa di una presunta superiorità sono, di fatto, due dei mali maggiori della nostra società, che minano la realizzazione di un’integrazione dovuta, che non può essere messa in discussione. Non bisogna dimenticare quando erano gli europei, quando erano gli italiani a emigrare! Durante le migrazioni di fine ottocento la metà più ambita era rappresentata sicuramente dagli Stati Uniti d’America: lì, con il passare del tempo, i nostri connazionali diventarono vittime di disprezzo e avversione, poiché molti erano i pregiudizi che identificavano l’italiano con il malavitoso, il pigro, l’infido e il rissoso. A questo si aggiunse la convinzione che gli italiani fossero sporchi, portassero malattie e rubassero il lavoro agli americani. Lo stereotipo xenofobo e razzista di allora contro gli italiani è paragonabile a quello che si ha oggi nei confronti dei migranti africani o provenienti dall’Europa dell’est e dall’ Asia. Se riuscissimo a comprendere, inoltre, che molte delle migrazioni odierne sono gli strascichi e le conseguenze dell’imperialismo otto-novecentesco  perpetrato dalle nazioni europee in Africa (e non solo), che ha sottratto al continente una quantità ingente di risorse non permettendo di sviluppare un sistema statale stabile e al passo con i tempi, dovrebbe risvegliarsi in noi quel senso di responsabilità necessario per accogliere e ospitare tutti coloro che sono costretti a lasciare il proprio paese.

Da questo punto di vista la cultura della Grecia antica rappresenta un fulgido esempio: in tale civiltà, infatti, l’ospitalità, la cosiddetta xenia, era un vero e proprio istituto e lo straniero era sempre immediatamente considerato anche ospite. L’importanza di questa istituzione è suggerita anche dal fatto che garante delle regole sacre dell’ospitalità fosse lo stesso padre degli dei, Zeus Xenios, appunto “protettore degli ospiti”. Su questo tema torna anche più volte l’Odissea, definito da alcuni interpreti il poema dell’ospitalità. Pensiamo, per esempio, a quando, in seguito al naufragio della sua nave, Ulisse, spinto dalle onde, approda sulla spiaggia dell’isola di Scheria, terra dei Feaci: le ancelle fuggono alla vista di quello straniero dall’aspetto inquietante, con la barba incolta, i capelli intrisi di salsedine e gli abiti laceri; Nausicaa, invece, si avvicina a Ulisse, rimproverando le giovani con queste parole: 《 Fermatevi. Dove fuggite, alla vista di un uomo? Pensate forse che sia un nemico? […] Costui è un infelice, che arriva qui errante e noi abbiamo l’obbligo di prenderci cura di lui; perché stranieri e mendicanti vengono tutti da Zeus, e ciò che ricevono, anche se poco, è gradito》.

Lo straniero, dunque, diventato ospite, nella civiltà greca assume un valore sacro: non importa chi sia e da dove venga, a prescindere da tutto deve essere accolto. L’accoglienza si traduce anche sul piano pratico nella condivisione di cibo e beni necessari all’ospite, nonché di un alloggio in cui possa trovare una dimora.

Un altro significativo esempio per comprendere quanto l’ospitalità fosse considerata sacra presso gli antichi greci si può trovare nella tragedia. Nelle Supplici di Eschilo il concetto di xenia è portato alle estreme conseguenze: anche se offrire ospitalità alle Danaidi condurrà ad un inevitabile scontro con gli Egizi, il re Pelasgo, ascoltate le suppliche delle fanciulle, decide di accoglierle nonostante tutto, non solo in quanto ospiti, ma anche supplici (pertanto protette da Zeus).

Il modello dell’accoglienza e del rispetto dell’ospite proprio della Grecia antica non viene proposto in ottica anacronistica, senza tener conto delle lobby dell’immigrazione clandestina e dei rapporti internazionali, in particolare europei; ciò che si auspica è, infatti, che il sistema di accoglienza sia sempre più efficace, per fare in modo che nessuno stato sia lasciato solo. Il riferimento al concetto di xenia vuole, però, rappresentare un monito e suscitare una riflessione che parta dalla considerazione dello straniero e, quindi, di quel migrante, che dopo aver affrontato lunghe giornate in balia del mare, costretto ad abbandonate il paese natio, chiede di essere accolto.  Nausicaa risponde alla richiesta di aiuto senza indugio, non considerando chi si trova davanti; Pelago si prepara addirittura a combattere una guerra per rispettare la sacralità delle ospiti supplici! Noi, invece, a distanza di millenni, come ci mostriamo di fronte alla richiesta di accoglienza?


28-11-2022 di Angelica Passalacqua, IVA CL

ACCOGLIERE SENZA SE E SENZA MA

In questi giorni, le navi Ong sono state ostaggio del Governo, costrette a rimanere in balia del Mediterraneo senza un "porto sicuro" dove sbarcare i migranti salvati in diverse operazioni: autorizzati solo i "soggetti fragili".

Da sempre, ogni qualvolta avvenga una disgrazia in cui sono coinvolti i migranti, se ne parla animatamente sui giornali, nelle trasmissioni televisive, nei luoghi di lavoro e di ritrovo, in famiglia; dopo pochi giorni si entrare in uno stato di ibernazione, in cui, specialmente noi giovani che le vorremmo, non vediamo scelte dei governi che possano definirsi soluzioni per evitare che tali tragedie del mare possano accadere nuovamente.

Machiavelli nel “Principe” affermava che l’Italia era una campagna senza argini che il fiume della Fortuna aveva travolto con la sua violenza; oggi la riflessione che si può fare è molto simile perché  lo Stato nei momenti di “serenità”, di “bonaccia”, non provvede a creare argini per evitare le continue tragedie del mare, che inghiotte, suo malgrado, centinaia (migliaia?) di migranti, bensì mira ad accendere negli animi degli italiani un patriottismo malato, nonché eccessivo ed eticamente scorretto, perché non fa altro che creare una frattura tra il “noi” e il “loro”, antitesi nella quale noi siamo “i civilizzati”, loro sono “merce”. Così, infatti, si è espresso il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, parlando delle persone presenti quattro navi ONG a largo della Sicilia, da cui si son fatti sbarcare solo i soggetti deboli, ossia donne e bambini o malati, gravati anche dal dolore di essere stati separati dai propri mariti e padri, lasciati a bordo nella paura più totale come “carico residuale”.

Anche per quest’ uso inappropriato e sconsiderato delle parole del nuovo governo noi giovani siamo quelli più delusi, perché vorremmo un’accoglienza senza distinzioni, senza esclusioni, senza definizioni che sfociano nel pregiudizio, senza “se” e senza “ma”, in cui chiunque si stia integrando nella comunità non sia guardato con disprezzo o accusato di voler il male del Paese in cui è arrivato dopo un viaggio tortuoso, spesso letale.

Anche il patriottismo esagerato va riequilibrato, dacché i migranti né rubano il lavoro, difatti svolgono principalmente lavori umili, che gli italiani non vogliono svolgere, né aumentano la criminalità nel Paese, poiché il crimine non ha colore.

È dunque inutile e dannoso porre dei limiti all'accoglienza, perché, da un punto si vista umano e sociale, perderemmo l'unicità di persone e culture che non pregiudicano quella italiana ma la arricchiscono sempre più, dandoci sovente anche degli importanti insegnamenti di vita, mentre, da un punto di vista prettamente utilitaristico, perderemmo forza-lavoro.

Smettiamo, quindi, di cadere in un nazionalismo smodato creando muri (seppur immateriali) invece che ponti; non diamo troppa importanza ai confini, dacché la terra è di tutti gli uomini e le etnie "pure" non esistono, poiché, come ci spiega anche la scienza, il nostro DNA ne è un miscuglio.

Ricordiamo quando noi stessi siamo stati immigrati da allontanare, in Sud e Nord America e successivamente in Svizzera; qui i nostri avi subirono gli stessi soprusi che oggi vivono i migranti e che dovremmo riportare alla memoria grazie all' historia, che da tempi immemori ci fa da magistra, mentre noi, pueri testardi, non le diamo retta, facendola cadere nell’ oblio.

Noi ragazzi, pur appartenendo ad una Nazione, vogliamo essere cittadini del mondo, portatori di una voce critica che riconosce la ferocia del linguaggio, uomini e donne di una Terra Patria in cui nessuno è "merce", bensì persona con sogni, speranze, paure e, soprattutto, di pari diritti.


A pochi passi dal Viminale, in via Urbana all'angolo con via Agostino Depretis a Roma, la notte scorsa è apparsa una nuova opera della street artist Laika con il titolo "Piantedosi, carico residuale".

Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa con un bambino strappato alla voracità del mare.


CITTADINANZA

06-06-2023 di Matteo Arrigo, IIIA CL

IL DIALOGO CI PROIETTA VERSO IL FUTURO

Milazzo 12-05-2023 Incontro con Agnese Moro

Il passato non si può cambiare ma noi siamo cambiati”.

E’ stata questa la frase-chiave dell’incontro tenutosi al teatro “Trifiletti” di Milazzo con Agnese Moro, figlia dello statista Aldo, ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978. L’evento, organizzato nell’ambito dell’iniziativa “Le parole del dialogo”, ha coinvolto gli alunni delle terze classi delle scuole secondarie di primo rado di Milazzo, altri di istituti comprensivi di Messina e studenti del nostro Liceo. E’ stato un incontro intenso ed emozionante su uno dei periodi più bui e più tristi della storia italiana, di cui l’assassinio di Moro ha costituito l’apice.

Agnese Moro ha risposto con puntualità alle domande poste dai giovanissimi interlocutori sulla figura di papà Aldo, su come lei abbia vissuto e viva quella terribile esperienza, sul dialogo instaurato con Adriana Faranda, militante delle Brigate Rosse che ebbe un ruolo importante nel sequestro Moro. La stessa avrebbe dovuto essere presente a Milazzo ma non ha potuto partecipare per motivi di salute.

Un passaggio particolarmente significativo è stato quello relativo al perdono: “Per me – ha sottolineato Agnese Moro – perdono è una parola indefinibile; io ho scelto la via del dialogo e della giustizia ripartiva, che per me è più efficace del carcere, e ciò mi ha permesso di vedere davanti a me non gli assassini di mio padre ma le persone”. A tal proposito, si è soffermata sul suo rapporto con Adriana Faranda: “Siamo rimaste insieme in macchina per dieci ore, dirette verso un luogo di montagna; lei addirittura temeva che la potessi gettare in un fosso. Invece ci siamo date reciprocamente fiducia e ciò ci ha permesso di entrare in relazione”.

Agnese Moro ha fatto riferimento anche al suo “percorso di vita”: “Dopo il dolore atroce, che per tanti anni mi sono portata dentro, guardando i miei figli ho capito che il silenzio non era il rimedio. Per pacificarsi non serve il perdono, che ci tiene legati al passato, ma il dialogo, che proietta verso il futuro”. Inoltre, ha evidenziato alcuni tratti del padre “simpatico, buffo, amante della cultura, rispettose della sacralità della persona, che invitava a riflettere sempre sulla propria vita, capace di avere rapporti con gli studenti anche fuori dell’università, capace di comprendere chi si comportasse male, la cui dignità non poteva perdersi in alcun caso, perché chiunque va rispettato, anche se l’ha fatta grossa”.

Ricordando che il padre riteneva “i giovani la parte migliore di noi”, Agnese Moro ha esortato i presenti a “essere se stessi, non per forza migliori e meravigliosi, ma fiduciosi in ciò che si è”.

E’ stato un incontro sicuramente ricco di spunti di riflessione ed in chiusura Agnese ha voluto ricordare le parole della senatrice a vita Liliana Segre, insistendo sul livello della responsabilità individuale: “Le parole sono pietre, noi dobbiamo decidere se utilizzarle per costruire muri o ponti”.

28-11-2022 di Miriam Fallo, VB SC

Il racconto di un esempio di incorruttibilità, Giorgio Ambrosoli 

UMBERTO AMBROSOLI E L'INCONTRO CON LE CLASSI QUINTE DEL LICEO VITTORIO EMANUELE III: "MIO PADRE NON ERA UN EROE, SOLO UN UOMO GIUSTO" 

Patti 08-10-2022 Umberto Ambrosoli e il riconciliamento con la città natale del mandante dell'assassinio del padre. Toccanti le parole rivolte dall'avvocato ai ragazzi durante l'incontro. 


In data Sabato 8 Ottobre 2022, presso la Sala convegni del Comune di Patti in Piazza Mario Sciacca, le classi quinte del liceo statale “Vittorio Emanuele III” sono state spettatrici di un dialogo tanto illuminante quanto significativo tra l’avvocato Umberto Ambrosoli, che ha nel corso dell’incontro toccato nel profondo i presenti con la dolorosa storia del padre, l’avvocato Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata italiana assassinato l’11 Luglio 1979,  ed il giornalista Antonio Calabrò, presidente di Fondazione Assolombarda e già vicedirettore del Sole 24 ore. Importante, nel seguente incontro, è stato anche l’intervento del Dottor Gaetano Ruta, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano e procuratore Distrettuale Europeo esperto in materia di reti finanziarie, le cui parole, lucide, oggettive e pragmatiche, hanno saputo cogliere l’attenzione dei numerosi ragazzi presenti in sala e dei diversi docenti accompagnatori. Dopo i consueti saluti istituzionali, tra i quali quello della Dirigente Marinella Lollo, presente all’incontro, il dialogo è stato aperto proprio dal giornalista Antonio Calabrò, che ha colpito i presenti con la naturalezza e la sicurezza con le quali ha saputo delineare al meglio il quadro storico-politico degli anni in cui le azioni del banchiere pattese Michele Sindona e le indagini dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, oltre il conseguente assassinio di quest’ultimo, hanno avuto luogo, catturando  così l’interesse dei ragazzi rimasti affascinati dai risvolti degli eventi del racconto e dalla fluidità con cui questo è stato esposto. A prendere la parola dopo costui è poi stato l’avvocato Umberto Ambrosoli, che ha invece descritto gli aspetti più intimi e personali della vicenda che ha visto protagonista il padre, che egli ricorda non come un eroe ma come una persona comune mossa dal senso del dovere e dalla professionalità, che ne hanno ai tempi contraddistinto la figura, e da un senso di giustizia che egli ha anteposto anche alla propria vita, rifiutando ogni tentativo di corruzione in nome di quella verità tanto ricercata che ha poi pagato con la  propria morte. Parole commuoventi quelle dell’Ambrosoli, che ha dunque ricordato la figura del padre come quella di un uomo giusto, un esempio per ogni alunno o alunna presente in sala. Accanto ai risvolti più intimi degli episodi descritti non sono poi mancati quelli più tecnici, ricostruiti non solo dalla prospettiva di un figlio, che questi ha vissuto intensamente nella sua giovinezza, ma anche da quella dell’avvocato, i cui riferimenti alle azioni illecite di Sindona sono stati frequenti e chiari al fine della spiegazione della vicenda. E’ a tale intervento che sono successivamente seguite le parole del Dottor Gaetano Ruta, che non solo ha approfondito i dettagli dell’episodio legati all’ambito di propria competenza, ma ha nel contempo ricordato ai giovani presenti l’importanza del senso di giustizia che in ognuno di loro deve essere coltivato e poi attuato sulle orme di grandi uomini come Giorgio Ambrosoli. Significativo è stato inoltre il tempo dedicato alle domande, i dubbi e le curiosità dei ragazzi, la cui partecipazione ha dimostrato l’interesse scaturito in loro dopo l’ascolto delle parole delle parti coinvolte nel dialogo. Un incontro, dunque, quello in questione, particolarmente apprezzato delle classi presenti, scosse dalle toccanti parole del figlio di Giorgio Ambrosoli che con il proprio intervento ha senza alcun dubbio lasciato il segno in ogni studente, da un lato ricordando la figura del padre e riconciliandosi con la città del mandante dell’omicidio di quest’ultimo, Patti,  e dall’altro smuovendo il desiderio e la ricerca di una società giusta, oltre che l’impegno in una sua realizzazione, in costoro. Un dialogo, quello tenutosi nella sala comunale nella data indicata, in conclusione, costruttivo, che si spera potrà essere spunto per progetti futuri di uguale natura.


GEN Z

10-03-2023 di Ferrisi Gloria Fatima e Mannelli Aurora, IVA SC

CINEMA A SCUOLA

 Partecipando al progetto BAMP Cinema abbiamo avuto la possibilità di visionare due film inerenti tematiche attuali alquanto discusse al giorno d’oggi: “Lunana: Il villaggio alla fine del mondo” e “Il colore della libertà”. Essi hanno permesso di suscitare in noi una profonda riflessione riguardo la società odierna che talvolta si sofferma solo sulle apparenze non badando al mondo circostante, che dovremmo considerare vera e propria ricchezza. L’uomo, infatti, essendo un nativo digitale, tende a rimanere all’interno di questa realtà virtuale senza confrontarsi con l’ambiente esterno, non considerando molti fattori fondamentale. Ciò rimanda al mito della caverna di Platone, a quell’uomo che, essendo incatenato all’interno di questa spelonca, non ha mai immaginato una concretezza al di fuori di essa. Lo stesso motivo induce gli uomini a non mostrarsi disponibili a un cambiamento e ad accettare la diversità, portandoli a discriminare il proprio simile istintivamente e senza razionalità. 


02-02-2023 di Valentina Melita, IVB CL

L’"EFFETTO SPINOZA" IN CHI PENSA

Sottofondo consigliato: Dismantle - Peter Sandberg

“Cosa vuoi fare dopo il liceo?” mi chiedono, e io non so cosa rispondere.

Sapete, è una brutta sensazione.

Vi capita mai di sdraiarvi sul letto e di imbambolarvi inconsciamente a guardare un punto fermo sul soffitto?

Probabilmente capita a tutti, ma la mia domanda è rivolta a chi riesce a captare l’essenza di questi momenti, in cui la mente sembra quasi sconnessa dal mondo esterno e il corpo come paralizzato.

Momenti in cui, pur rimanendo immobili, compiamo la maggior fatica.

Perché è come se non avessimo più il controllo dei nostri pensieri e la mente riuscisse ad andare oltre.

E mentre non abbiamo il controllo, ci appaiono quelle domande davanti agli occhi. Quelle domande a cui non vorremo pensare mai, perché sappiamo di non essere in grado di dare una risposta.

Bene, sappiate che questi sono i momenti in cui provo la medesima sensazione.

Ed è in questi momenti che mi rendo conto della mia inanità nella società.

E a quel punto mi chiedo: “Che cosa ci faccio in questo mondo? E che senso ho se non sono in grado di dare una risposta a ciò che riguarda me e solo me?”

Ormai avrete capito che non ho la risposta nemmeno a questo.

Ma sono arrivata comunque a una conclusione.

Pensateci.

Prendetevi qualche secondo per pensare a ciò che fate dopo quella ‘fase di stasi’ di cui vi parlavo prima.

Magari non avrete fatto nulla di così importante o magari qualcuno sì. C’è chi avrà preso il telefono per rispondere a quel messaggio che nel mentre aveva ricevuto, c’è chi avrà continuato a leggere quel libro che non lo soddisfa poi così tanto,c ’è chi si sarà alzato per andarsi a prendere un bicchiere d’acqua o per prepararsi quella merenda che tanto gli piace.

Capisco che potrebbero sembrarvi sciocchezze, ma è proprio in esse che è celato il nostro primo desiderio.

Spinoza diceva che ogni ente ha dentro di sé una forza che lo conduce avanti, il conatus, lo sforzo di perseverare nel proprio essere.

Quando compiamo tutte quelle ‘sciocchezze’, noi siamo consapevoli.

Parliamoci chiaro, che senso avrebbe portare avanti qualcosa di cui non si sa l’utilità? Nessuno.

Mi piace pensare che ognuno di noi sia come un puzzle con un pezzo mancante.

Apriamo la scatola (la nascita), cominciamo a mettere i primi pezzi (infanzia), e poi ancora, ancora e ancora, fino a quasi completarlo. Arriviamo al penultimo pezzo, (momenti delle ‘fasi di stasi’ di cui abbiamo memoria, che sia da adolescenti o da adulti), e realizziamo che manca l’ultimo pezzo.

Prima di mettere gli ultimi pezzi, eravamo già consapevoli che c’era qualcosa che non andasse e che comunque mancasse qualcosa, ma abbiamo continuato a porre ogni pezzo al proprio posto (il conatus, sforzo di essere), nella speranza di trovarlo sotto qualche altro pezzo o all’estremità della scatola (come le ‘sciocchezze’, ogni pezzo è desiderio).

La mente dell’uomo sa di fare lo sforzo ed è consapevole, ed è questo che Spinoza chiama ‘appetito cosciente’.

C’è un particolare che mi ha colpito di Spinoza e che potrebbe fare lo stesso effetto su di voi.

Ogni suo pensiero si basava sul determinismo, la necessità che a una causa succeda una conseguenza.

Per lui tutto è determinato e non esiste il libero arbitrio. L’unica scelta che abbiamo è accettare il determinismo.

Ad oggi potrà sembrarvi un pensiero antidemocratico, ma provate ad andare oltre.

Cercate di modernizzare il suo pensiero e trarne dei benefici.

Prendendo la vita del singolo individuo, ipotizziamo che quello che per Spinoza è il determinismo, ad oggi sia trovare il nostro ruolo nella società e quindi il nostro senso e la nostra utilità.

Dunque sappiamo che tutto si basa su questo, vero?

Ricordiamoci però che l’unica scelta che abbiamo è quella di accettare che questo sia il nostro unico obiettivo, trovare la nostra utilità.

Tornate all’esempio del puzzle.

E ora, provate a rispondere:

il senso della nostra esistenza sta nel completare ancora il puzzle come ci eravamo prefissati dall’inizio oppure sta nel trovare il pezzo mancante?


30-11-2022 di Sabrina Ballarino, IVB CL

binge eating disorder…alterata percezione del peso corporeo e dell’immagine di sé caratteristica essenziale e comune all’anoressia e bulimia

Twitter tra “Salute e Forma fisica”

Salve a tutti,

oggi vogliamo discutere e riflettere su un tema che fa parte della nostra vita di tutti i giorni, ma che tendiamo a mettere da parte, ovvero l'alimentazione e tutto ciò che essa comporta!

Per affrontare al meglio questa tematica sentiremo un confronto proprio tra i diretti interessati.

E bene sì, qui con noi, abbiamo "Salute" e "Forma fisica" che interloquiranno tra loro per farci capire il loro punto di vista e il modo in cui ognuno di loro vede la propria realtà. 

Oggi, purtroppo, troppo spesso sentiamo parlare di problematiche varie legate all’alimentazione quali anoressia e bulimia, oppure malattie cardio-vascolari, diabete, tumori. 

Questi problemi sembrano realtà distanti da noi, almeno finché non ci ritroviamo persi, a loro interno, in un vortice senza fine dal quale sembra impossibile uscire…

Salute:Salve a tutti, sono Salute, connubio inscindibile tra alimentazione e sport, vorrei iniziare col porre una domanda a Forma fisica.

“Allora, perché credi che non mangiare sia la soluzione per essere, anzi per sentirti bella?” 

Forma fisica:Be' semplicemente perché meno cibo consumo, meno calorie assumo, meno peso prendo, più sarò bellissima. Perché Salute, tu credi forse che mangiare aiuti a mantenersi in forma? 

Salute: In realtà sì, mangiare fornisce la giusta energia, la giusta carica, è il motore del nostro corpo, per questo è importante mangiare un po' di tutto, però, mi raccomando, questo non significa abusarne abbuffandosi; è necessario avere il giusto controllo e la giusta moderazione per non avere spiacevoli conseguenze. 

Forma fisica: Mm...be'...Non sono d'accordo con la tua affermazione, però devo darti ragione su una cosa, il cibo è il nostro motore, io non vorrei mangiare, però ammetto che a volte mi sento un po' troppo scarica quindi mi riprometto di mangiare senza esagerare, solo che…poi alla fine mi ritrovo ad aver mangiato un po' troppo, io vorrei smettere, però alla fine continuo fino a sentirmi male, e con male non intendo "mi scoppia la pancia".... intendo proprio stare male, vedi...dopo aver mangiato a più non posso mi sento in colpa, però in quel secondo mi sento bene, al sicuro...solo che poi corro in bagno e...comunque adesso ho io una domanda per te; tu parli tanto di mangiare con moderazione, ma se lo facessi non sarei come loro...non sarei come vorrei, non sarei bella, o forse mi sbaglio? 

Salute: Sì, ti sbagli, perché potrai pensare di essere stupenda, ma quando vorrai fermare questa tua lenta e lancinante autodistruzione...sarà troppo tardi!

 Il fatto che tu te ne renda conto è già un grande passo avanti, devi lottare e tenere duro. 

Forma fisica: Be' forse hai ragio… No, rispetto il tuo pensiero e il tuo consiglio, ma no grazie, non lo accetto. Io sto benissimo così. Guardami sono magra e bellissima, se per caso dovessi prendere qualche chilo risolverò la situazione(?)… basterà allenarsi, bere, e attraverso qualche dieta eliminare uno o due alimenti, o chissà forse qualcuno in più(!?). 

Salute: No, è qui che ti sbagli, seguire una dieta non significa eliminare, anzi è forse la parola più sbagliata da accostare alla parola dieta, è praticamente tutto l'opposto. 

Seguire una dieta sana ed equilibrata, significa includere ogni tipo di alimento con le giuste dosi. 

Vuoi rimpinzarti di cibo spazzatura? Fallo, purché sia una volta a settimana. Mangia molte verdure, frutta, legumi, ma non far in modo che diventino l'unico nutrimento della tua vita, hai anche bisogno di carboidrati e di proteine oltre che di vitamine. Ovviamente anche bere fa molto bene al corpo, ed è importantissimo, ma non lasciare che l'acqua diventi il tuo pasto. Allenarsi è altrettanto fondamentale, ma è importante porsi un limite e non fare più di quanto il nostro corpo potrebbe sopportare. Pensi che sia un po' riuscita a convincerti a riprendere in mano la tua vita? 

Forma fisica: Non so risponderti, non ancora, non ci riesco, però prometto che ci penserò. Voglio arrivare al punto di poter dire "ho fame" senza che una straziante fitta mi stritoli il cuore, voglio arrivare al punto di poter dire "sto bene" senza indossare un finto sorriso, voglio arrivare al punto di dire "mi amo" perché so quanto valgo così come sono, e per ciò che sono disposta a dare, voglio arrivare al punto di dire "io voglio vivere, io...voglio tornare a vivere". 

Salute: Ce la farai...ce la faremo, insieme. 

Grazie a Salute e Forma fisica per averci regalato queste bellissime parole, e prima di salutarvi vorrei darvi un consiglio, ovvero: “Smettete di guardare la vostra vita come se foste dei semplici spettatori e iniziate a viverla da protagonisti, come è giusto che sia”.    


Diego Patriarca illustra il concetto di utopia secondo la visione di R. Zemeckis

Justine Girard riflette sul concetto di utopia in "High hopes" dei Pink Floyd .

EVENTI

17-03-2023 di Noemi Speziale, VA CL

Passione storia

I RAGAZZI DEL LICEO V. EMANUELE III INCONTRANO IL PROFESSORE ALESSANDRO BARBERO

Una grande esperienza formativa, che ha visto intrecciarsi storia e attualità e ha messo in luce l’”accoglienza” e l’”onestà intellettuale” dello storico e professore Alessandro Barbero.

Giovedì 16 marzo, gli studenti delle classi del nostro liceo hanno avuto l’opportunità di seguire e partecipare attivamente all’incontro online con lo storico e accademico Alessandro Barbero, docente all’Università del Piemonte Orientale nonché autore di vari romanzi storici. Il professore è, in particolare, molto seguito, soprattutto dai più giovani, attraverso i canali social (youtube; spotify; ecc.), che permettono di accedere alle sue numerose lezioni di ambito storico.

Gli studenti, che hanno posto le domande, hanno constatato l’“accoglienza” che il professore ha riservato loro, sebbene divisi da uno schermo. Gentilezza, tatto, estrema empatia, caratteristiche che ben descrivono il suo atteggiamento dinnanzi a dei ragazzi emozionati e consapevoli di starsi rivolgendo a un grande nome. E questo ha fatto la differenza: ha reso l’incontro piacevole da seguire; appassionante poiché, riflettendo la sua passione per la storia, il professore Barbero, con il suo sorriso inconfondibile, ha dedicato grande spazio a ciascuna domanda, con spiegazioni ragionate, chiare ed esaustive.

Intrecciando abilmente storia e attualità, il professore ha spaziato in svariati ambiti quali: guerre; pandemie; immigrazioni di ieri e di oggi, evidenziandone le analogie, le differenze e i casi in cui dovremmo guardare alla storia come magistra vitae. Ha anche fornito un piccolo scorcio della sua vita da scrittore, descrivendo lo stretto rapporto con la casa editrice (tra l’altro siciliana) Sellerio, con la quale lo scorso anno ha ripubblicato il romanzo Poeta al comando, che vede protagonista Gabriele D’Annunzio nei panni del Comandante nell’impresa di Fiume.

Altra qualità ammirevole, che è stato possibile riscontrare, è senza dubbio l’onestà intellettuale, l’atteggiamento dello storico per eccellenza. Barbero non ha lasciato nulla di “non detto”, ha esposto dei punti di vista, premurandosi di restituirci un quadro ben preciso per ciascuna domanda e portando alla nostra attenzione numerosi spunti di riflessione. 

Aver avuto la possibilità di incontrare una personalità come Alessandro Barbero certamente lascerà un segno indelebile sia nel nostro istituto, che vanta adesso il successo di quest’ulteriore esperienza, sia in noi ragazzi, che abbiamo scoperto il professore in autonomia o su consiglio di un nostro docente; è stato illuminante ascoltarlo dal “vivo”, riponendo fiducia nel fatto di poter presto eliminare quelle virgolette e poter accogliere Barbero fisicamente nella nostra scuola (chissà, magari proprio in occasione della seconda edizione del Festival Tyndaris Agorà filosofica).  


10-03-2023, la Redazione

DA MARZO AD APRILE: gli incontri di favolosofia

Hanno preso il via presso l’Istituto Comprensivo “L. Pirandello” di Patti gli incontri di Favolosofia organizzati dal Liceo “V. Emanuele III”  con il coordinamento della prof.ssa Francesca Carella, docente di filosofia e storia, esperta in pratiche educative per infanzia e adolescenza, secondo il metodo suggerito da Philosophy for children. La supportano  le docenti Anna Molica, Anna Barresi e Samantha Sindoni. Un ruolo decisivo è stato svolto dalla maestra Loredana Ciaramidaro che ha effettuato degli incontri preparatori di confronto delle buone pratiche educative poste in essere sul campo.  Gli  incontri vedono protagonisti diversi alunni  liceali ed hanno come destinatari gli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado. Importanti gli obiettivi del progetto: educare al pensiero multidimensionale e complesso, integrare dimensione cognitiva ed emotiva nell’apprendimento, promuovere l’autonomia nei processi deliberativi, praticare il filosofare nella sua dimensione dialogica e sociale,educare al dialogo e alla corretta argomentazione,integrare lo sviluppo di abilità cognitive e le esperienze di partecipazione democratica.

Già dai primi incontri tanto l’entusiasmo e tanta la voglia di condivisione e di partecipazione.


10-03-2023, la Redazione

DA UNO SGUARDO ALL'ALTRO AL PRENDERSI CURA DELL'ALTRO 

La pervasività del termine rispetto esprime la sua valenza già nella sua etimologia, da quel verbo latino respicere con cui si esprime l’atto visivo dello sguardo ricambiato, ma anche un’attenzione rivolta su qualcuno o qualcosa per poi prendersene cura. Da questa semplice analisi è scaturita la riflessione della professoressa Stefania Achella, docente di Filosofia Morale presso l’Università di Chieti, che ha aperto il terzo incontro della seconda edizione Tyndaris – Agorà Filosofica, con scuola capofila il Liceo “Vitt. Emanuele III” di Patti.

Il rispetto si costruisce a partire da uno sguardo, da uno scambio di sguardi, che nel corso dello sviluppo del pensiero filosofico ha permesso all’essere razionale di prendere piena consapevolezza di sé, dell’altro, dell’ambiente inteso come entità vivente intorno a sé. Ripercorrendo l’evoluzione di questo pensiero, dall’antichità classica fino a Kant e alla filosofia contemporanea, è stata offerta alla nutrita assemblea di studenti presenti l’opportunità di scoprire il valore di una progressiva mutazione da una percezione soggettiva del rispetto a una consapevolezza, mutuata dal cristianesimo, della trascendenza del senso del rispetto fino alla logica razionale kantiana e alla modernità in cui si è persa l’idea della funzione di un Dio garante, ma per cui la ragione del rispetto si riflette su ogni essere umano in quanto tale e si estende a ogni volontà portatrice di vita, quindi alla Natura.

Lo sguardo come relazione su cui identificarsi per prendersi poi cura dell’altro, in ambito comunitario e sociale, trova espressione nel concetto ebraico del tiqqun ‘olam su cui si è invece soffermata la professoressa Stefania Mazzone, docente di Storia delle Dottrine Politiche presso l’Università di Catania. Nel mondo, creato da un “ritiro” di Dio, essere perfetto, la realtà imperfetta necessita di una presa di cura comunitaria, nonché interiore, di ogni essere vivente. L’espressione ebraica, nella sua accezione di riparare il mondo, indica una pratica da seguire non perché imposta dalla legge, ma necessaria per evitare il caos sociale: la riparazione della giustizia, della pace, di tutti gli equilibri infranti sono infatti valori non esclusivamente ebraici, ma universali poiché derivanti da una tradizione che necessita di equità sociale indispensabile per l’edificazione dell’individuo. Dall’attenta disamina del pensiero moderno e delle vicende storiche più recenti, tra cui il femminismo e il neocolonialismo, deriva la percezione che l’universalismo dei diritti non pone forse la giusta attenzione sulle differenze e senza un’etica delle differenze non è possibile un’etica della cura, da intendersi dunque non solo come attività sociale, ma anche politica e soprattutto senza distinzioni culturali.


02-02-2023 di Nunziatina Bartolone, prof.ssa

EPIMÈLIA E AIDÒS

Due parole chiave per la salvaguardia dell’umanità

In un’epoca storica contrassegnata da profondi conflitti sociali, nonché dal disorientamento individuale e dalle difficoltà relazionali, è possibile disinnescare queste dinamiche involutive dell’essere umano? È possibile promuovere e realizzare la crescita individuale e collettiva senza conflitti? Questi alcuni degli interrogativi emergenti dal primo incontro della seconda edizione dell’Agorà Phiilosophica, organizzata dal Liceo “Vittorio Emanuele III” di Patti in collaborazione con la Società Filosofica Italiana ( SFI) a cui aderiscono numerosi istituti provinciali e nazionali e sostenuta dalle associazioni del territorio. La disamina della tematica, che quest’anno si sofferma sul binomio “Cura e Rispetto”, è stata avviata dalla Prof.ssa Francesca Gambetti, nome di rilievo della Società Filosofica Italiana e ospite del liceo pattese insieme al prof. Giuseppe Gembillo, già docente della facoltà di Filosofia dell’Università di Messina. Nel corso dell’incontro, avvenuto giorno 30 gennaio, i partecipanti hanno potuto riflettere e confrontarsi sul valore indispensabile del rispetto, l’aidōs greco, ritenuto già da Platone un comportamento e una virtù politica indispensabili per la convivenza civile e per il conseguimento di quella felicità cui ogni uomo tende. Dalla tradizione antica la riflessione si è progressivamente ampliata al contesto contemporaneo in cui emerge che il valore del rispetto, talvolta ritenuto scontato, è comprensibile solo quando i valori sono negati attraverso svariate forme di violenza: da quella fisica, all’esclusione dal possesso dei diritti e al disprezzo inteso come negazione del valore sociale del singolo o dei gruppi fino all’autosvalutazione soggettiva. In quest’ottica il rispetto è da ritenere un comportamento necessario per tutelare l’integrità fisica, riconoscere i diritti inalienabili di ogni essere umano e apprezzare le capacità e il modo di essere dell’individuo esprimendosi attraverso la relazione primaria dell’amore, il reciproco riconoscimento della dialettica tra l’Ego e l’Alter e la solidarietà intesa tanto come rapporto solidale tra i diversi stili di vita quanto come apertura a progetti differenti di autorealizzazione.

Il concetto di rispetto non può dunque prescindere dal prendersi cura di sé, dell’altro, di ciò che ci circonda e a partire dalla formazione personale per dare il proprio contributo alla società: questo il significato della scelta del termine Epiméleia che dal passato rende profondamente il senso di questo impegno cui ciascun individuo è chiamato nell’oggi, dopo aver perso, per una lunga fase storica, la consapevolezza che il contesto in cui viviamo sia in perenne mutamento e non statico. L’intervento del prof. Gembillo si è così soffermato, in maniera chiara ed efficace, sull’attualità e sulla situazione ambientale, trasferendo sul piano pratico concetti che dall’ ambito filosofico hanno un immediato riscontro effettivo, nella drammatica consapevolezza che il primate più pericoloso sulla terra è proprio l’uomo, l’unico essere capace di distruggere, senza rispetto né cura, se stesso e l’ambiente in cui vive.

22-12-2022, la Redazione

"SCUOLA APERTA" AL VITTORIO EMANUELE III

Il 21 Dicembre nelle due sedi di via Trieste e Acquafico, i nostri studenti tutor hanno accolto e accompagnato gli allievi delle scuole secondarie di primo grado  in un piccolo tour dell'Istituto, sia nella sezione classica, che nella sezione scientifica, linguistica e di scienze applicate.

Dopo il saluto della Dirigente in aula magna, i nostri ospiti hanno potuto visionare il cortometraggio "Specchio delle mie brame" del regista Stefano Molica. Successivamente sono stati coinvolti come protagonisti in alcuni laboratori organizzati per loro da docenti e studenti entusiasti in un'atmosfera ora di gioco, ora di sfida, ora di favola, di riflessione e di Orientamento.

Il prossimo appuntamento sarà sabato 14 gennaio per l'intera giornata.


22-12-2022, la Redazione

MAFIA, ZONA GRIGIA E MALAGIUSTIZIA. QUALE STATO DI DIRITTO?


Il 5 dicembre 2021 i hanno avuto inizio le iniziative per il ventennale della morte di Antonino Caponnetto (1920-2002). Luciano Armeli Iapichino, docente, saggista e componente Commissione cultura dell’omonima Fondazione fiorentina ha iniziato il ciclo di incontri previsto sino a marzo in alcune scuole siciliane sul tema: “Mafia, zona grigia e malagiustizia. Quale Stato di diritto?”. Le classi del Liceo Vittorio Emanuele III di Patti hanno affrontato diversi temi: zona grigia, eversione nera, stragi del ‘92, PAC, latitanze, Barcellona Pozzo di Gotto, Attilio Manca, Trattativa Stato-Mafia, Stato di diritto.  E ovviamente non poteva non mancare la riflessione sulla figura l’impegno e il ricordo di Antonio Caponnetto.

22-12-2022, la Redazione

LA SPENSIERATEZZA DEL CANTO E LA SACRALITÀ DEL DIPINTO.

Un'emozione collettiva intensa quella che ha pervaso le aule del nostro Istituto grazie alle note dei più famosi Christmas carols e alla riproduzione vivente di alcune delle più belle natività pittoriche.

In occasione delle festività natalizie, sabato 17 Dicembre 2022 il nostro liceo ha dato il suo contributo alle manifestazioni del Comune di Patti, mettendo in scena “I quadri viventi di Natale” ed esibendosi nel concerto “Note di Natale”.

Nei quadri viventi i personaggi sono stati interpretati dagli studenti avvolti da uno sfondo scenografico che riproduce grandi capolavori pittorici. Hanno preso  vita opere di Caravaggio e Rubens grazie alla riproduzione pittorica del prof. Vittorio Siracusa e ai costumi e all’ambientazione scenica a cura della prof.ssa Francesca Ravidà.

Il coro e la band del Liceo ‘Vittorio Emanuele III’ di Patti, guidati dalla prof.ssa Samantha Sindoni, con la collaborazione delle prof.sse Anna Barresi, Nunziatina Bartolone e Marilia Gugliotta, si sono esibiti  in un concerto dal vivo proponendo alcuni tra i più noti Christmas carols, rivisitati in chiave moderna.

Un coinvolgimento particolare anche degli alunni speciali che hanno vissuto un’esperienza autentica di inclusione, confrontandosi con l’intera comunità scolastica,  grazie al supporto dei docenti si sostegno dell’Istituto.

Tante le emozioni e tantissimi i visitatori e il pubblico entusiasti per il livello di coinvolgimento e di entusiasmo dimostrato dagli studenti in un’atmosfera unica qual è quella che il Natale sa regalare. Tutto ciò è stato possibile grazie alla lungimiranza della Dirigente scolastica, prof.ssa  Marinella Lollo, all’aiuto dei collaboratori prof. Melino D’Amico e prof.ssa Marinella Pontillo,  del Consiglio di Istituto che hanno sostenuto l’evento investendo  in risorse e mezzi che permetteranno alla scuola di implementare al meglio il  laboratorio musicale e pittorico aperto a tutti.

28-11-2022 di Rosamaria Scarcella, IVA CL 


INTERVISTA A VIOLA PULVIRENTI, VINCITRICE DELLA BORSA DI STUDIO “ANTONELLA MINNITI AJELLO”.

PATTI 09-11-2022 Premiazione della vincitrice della Borsa di Studio “Antonella Minniti Ajello”, Viola Pulvirenti, ex-alunna della nostra scuola, diplomata l’anno scorso con ottimi risultati, 

Recentemente ho avuto il piacere di intervistare Viola Pulvirenti, ex-alunna della nostra scuola, diplomata l’anno scorso con ottimi risultati, vincitrice della Borsa di Studio “Antonella Minniti Ajello”.

Si denota in Viola una grande curiosità nei confronti di tutto ciò che la circonda, possiede un occhio attento ed aperto a qualsiasi attività e questa sua voglia di apprendere la porta ad avere una conoscenza a 360 gradi.

La prima domanda che mi è venuto spontaneo porre a Viola, alla luce delle sue aspirazioni, è stata la motivazione che l’aveva portata, a suo tempo, a scegliere il liceo classico. La sua risposta è stata chiarissima: non c’erano dubbi, aveva le idee chiare sin da subito, era sicura che fosse la scuola adatta a lei, in linea con le sue passioni e i suoi interessi, cosa che, per una ragazzina di 13 anni, non è affatto scontata.

Viola è però una ragazza che, oltre ad eccellere nel campo umanistico, ottiene i migliori risultati anche nelle attività che non riguardano prettamente l’ambito scolastico ma che, sebbene collegate poiché proposte dalla scuola, escono fuori dal solito programma giornaliero. Ha infatti partecipato a numerosi Pon e tra matematica, certificazioni d’inglese, laboratorio teatrale, “debate” e tanti altri, Viola si manteneva impegnata in qualsiasi momento, senza però mai trascurare lo studio. Questa sua volontà di frequentare sempre nuovi corsi nasce da una curiositas che al giorno d’oggi è rara trovare ma indispensabile per non essere persone vuote e insignificanti.

Il progetto che ha aiutato Viola maggiormente poi nella sua scelta universitaria è sicuramente stato quello teatrale: è proprio qui che ha compreso valori fondamentali quali il sacrificio e l’impegno. Come ha affermato, per lei non è mai stato un peso studiare, anzi, le è sempre piaciuta l’idea di aprire i libri e cercare di coglierne più informazioni possibili. Il teatro però l’ha fatta crescere tanto, le ha permesso di conoscersi meglio e scoprire delle qualità che non sapeva di possedere ed è stato proprio questo in seguito a spronarla a frequentare la facoltà “Comunicazione, media e pubblicità” alla IULM di Milano, con l’idea di specializzarsi in Giornalismo.

Afferma inoltre che è sempre riuscita a mantenere i rapporti sociali, grazie soprattutto al fatto che i suoi amici spesso aderivano alle sue stesse iniziative ed erano esse un mezzo di confronto e socializzazione continua.

Una risposta che mi ha lasciato alquanto sorpresa è stata quella inerente al voto di maturità: quando ho chiesto a Viola se si aspettasse il risultato ottenuto, lei mi ha risposto con un secco “No”. Nonostante i punteggi le dessero un’idea orientativa, la sua paura più grande era dettata dalla prova finale: l’esame orale. Nel momento in cui ha saputo il risultato, si è resa conto che forse delle volte bisogna essere consapevoli del buon lavoro svolto, senza sminuirsi o sottovalutarsi, ma semplicemente guardando l’oggettività delle cose. E lei era stata, oggettivamente, ECCELLENTE.

In particolare, ho evinto l’umiltà di Viola quando le ho chiesto della borsa di studio.

Difatti, quando le è stato comunicato di aver vinto questo premio, era incredula che avessero scelto proprio lei. Non si aspettava minimamente che venisse premiato il suo impegno e la sua dedizione anche negli ambiti al di fuori della sfera scolastica. E invece era tutto vero. Viola ha meritato la borsa di studio vincitrice della Borsa di Studio “Antonella Minniti Ajello” non solo per le abilità che ha dimostrato tra i banchi di scuola nel corso dei cinque anni, ma anche e soprattutto per la sua passione di conoscere e acculturarsi, migliorarsi e approfondire ogni aspetto da lei ignoto.

 È vero, come afferma anche lo stesso Socrate, l’essere umano non può sapere tutto, ma può impegnarsi ogni giorno per provare ad avere più conoscenze possibili ed essere in grado di spaziare con gli argomenti in qualsiasi contesto. Questo è quello che Viola ha fatto e sta continuando a fare ed è per tale motivo che lei, più di tutti, ha meritato questa riconoscenza.

 L’obiettivo di questo premio è di dare valore alle qualità dei ragazzi, e l’umiltà e la volontà di Viola sono stati dei punti focali che hanno poi permesso di vedere in lei la persona ideale a ricevere questo premio.

Ci tengo a complimentarmi nuovamente con Viola, una ragazza che ha dimostrato la sua forza mai ostentandola ma rimanendo sempre umile e semplice. È un esempio da seguire e sicuramente per noi giovani la sua esperienza deve fungere da stimolo per migliorare e stabilire chi siamo e chi, invece, vogliamo diventare.


28-11-2022 di Aidoudi Eya, IIA CL

MOSTRA "PALAZZO BARATTA" ORGANIZZATA DAL CONSORZIO TINDARY NEBRODI

Giorno 20 ottobre dalle ore 9.00 alle ore 10.45, gli alunni delle classi II A e III A del Liceo classico, accompagnati dalle professoresse Allocca Elisa e Gugliotta Marilia, si sono recati presso “Palazzo Baratta” a Patti, per partecipare ad un incontro su tema ambientale e assistere ad una presentazione organizzata dall’Associazione PFM “Progetto futuro migliore”, realizzata dal consorzio intercomunale Tindary Nebrodi.

Giorno 20 ottobre dalle ore 9.00 alle ore 10.45, gli alunni delle classi II A e III A del Liceo classico, accompagnati dalle professoresse Allocca Elisa e Gugliotta Marilia, si sono recati presso “Palazzo Baratta” a Patti, per partecipare ad un incontro su tema ambientale e assistere ad una presentazione organizzata dall’Associazione PFM “Progetto futuro migliore”, realizzata dal consorzio intercomunale Tindary Nebrodi.

Arrivati a Palazzo Baratta siamo subito accolti dallo staff di questa associazione che inizia ad illustrarci tutti i cartelloni esposti per le scale e contenenti specie di piume particolari e rare, che sono presenti nel nostro territorio.

Ci siamo accomodati poi in una sala, dove ad attenderci c’erano tre esperti del settore e qui abbiamo ascoltato una presentazione molto interessante sulla nascita del PFM, nata nel 2009, con lo scopo di individuare e sviluppare idee e progetti e portare avanti le azioni più appropriate al fine di aiutare le nuove e vecchie generazioni a costruire un Futuro Migliore. Ha sede a Patti, in provincia di Messina ed opera in tutta la Sicilia. L'obiettivo è quello di avvicinare i giovani alla natura, infatti l'Associazione PFM propone visite guidate, escursioni naturalistiche, enogastronomiche ed attività esperienziali in grado di far conoscere ed apprezzare pienamente alcuni dei siti più belli e caratteristici presenti nella provincia di Messina e della Sicilia. Oggi è tra le associazioni più conosciute in Sicilia nel settore della promozione territoriale e nell'organizzazione di escursioni e visite guidate.

L'Associazione PFM propone anche escursioni e visite didattiche rivolte agli alunni delle scuole di ogni ordine e grado. Propone anche attività e laboratori didattici, correlati con le visite guidate, per approfondire tematiche legate alla storia, alla natura e alle scienze e consentire agli alunni di “imparare facendo”. Questi alcuni dei laboratori didattici rivolti agli studenti proposti: scavo archeologico simulato, restauro, piccolo naturalista, orienteering.

Durante la presentazione gli esperti ci hanno illustrato e spiegato i vari luoghi presenti nel nostro territorio, sia quelli naturalistici, sia quelli storici, come, per esempio, il Mulino di Capo a Montagnareale ormai abbandonato, ma che dentro ancora conserva gli antichi attrezzi dei fornai.

Un altro luogo molto suggestivo sempre a Montagnareale è il Sentiero dell’Usignolo, luogo caratteristico dove si può vedere l’acqua sgorgare dalla roccia. Inoltre, è stato fatto, qualche accenno sulla Villa Romana di Patti, un edificio della zona conosciuto da tutti noi.

Successivamente, un esperto ha affrontato la tematica che, a mio parere, ha suscitato molto interesse in noi, quella riguardante gli animali presenti nel nostro territorio. Ha suddiviso gli animali seguendo un ordine preciso, partendo dai vertebrati, come rane e rospi. Poi i rettili, quali lucertole e serpenti, e infine una discussione più ampia è stata fatta sugli uccelli e la loro migrazione, come per esempio il grifone, un enorme avvoltoio di circa 3m. Questi gli uccelli migrano per trovare un clima migliore in cui vivere, tornando nel mese di settembre e ottobre.

Altro argomento affrontato molto interessante è stato quello sui micro predatori, come le libellule, dove nella provincia di Messina ce ne sono circa 36 specie differenti; o i ragni che cacciano le loro prede con l'aiuto della tela; altri cacciano senza l’aiuto di essa, come ad esempio il ragno Napoleone, o il ragno violino.

Un’altra tematica molto appassionante è stata quella sulla geologia, ovvero la scienza che si occupa dello studio delle rocce e la loro composizione. L’esperto geologo ha illustrato le varie rocce che ritroviamo nel nostro territorio, e nel dettaglio ha delineato le caratteristiche di quelle magmatiche che sono le rocce più diffuse in Sicilia. Queste rocce, dette anche” ignee”, si formano dal materiale fuso, il magma, ovvero una massa di roccia fusa che si forma a profondità variabili tra i 15 e 100 Km entro la crosta terrestre o nella parte superiore del mantello. Le rocce magmatiche sono di due tipi, intrusive, che si formano quando la massa fusa solidifica e cristallizza in profondità, ed effusive, che si formano invece quando il magma solidifica in superficie (es. Basalto).

Degli accenni sono stati dati anche sulle rocce sedimentarie, che sono le più comuni e diffuse sulla superficie della crosta terrestre, e si formano attraverso processi che avvengono sulla superficie terrestre; e sulle rocce metamorfiche, che si formano in seguito a un processo detto metamorfismo, dove le rocce sono sottoposte a temperature elevate o a forti pressioni, subendo dei cambiamenti nella loro composizione mineralogica e nella struttura.

Terminata la presentazione, siamo ritornati verso il centro storico di Patti, per poi raggiungere la nostra scuola.


28-11-2022 di Francesca Carella, Docente

Pratiche filosofiche per infanzia e adolescenza 

FAVOLOSOFIA

Mercoledì pomeriggio, nell’aula magna del Liceo Vittorio Emanuele III, si è tenuto il primo incontro del Progetto “Favolosofia: pratiche filosofiche per l’infanzia e l’adolescenza”, per l’anno scolastico 2022/23. Un gruppo numeroso di alunni e alunne del Liceo, con la conduzione della docente dell’IC “Pirandello” di Patti, Eleonora Ciaramidaro, ha partecipato all’evento finalizzato alla preparazione delle attività laboratoriali, che condurranno i ragazzi e le ragazze a realizzare pratiche filosofiche con i loro compagni più piccoli, nel segno di una continuità verticale tra Scuola primaria, Scuola secondaria di I grado e Scuola secondaria di II grado, o, come preferiamo ormai definire, di un ponte tra le scuole rappresentato dalla filosofia.

Il progetto è guidato dalla referente, prof.ssa Francesca Carella, unitamente alle docenti di filosofia Anna Barresi, Anna Molica, Marilia Gugliotta e Samantha Sindoni del Dipartimento di filosofia.


GIORNATE

10-03-2023, la Redazione

10 FEBBRAIO: RICORDARE IL DRAMMA DEL CONFINE ORIENTALE

La testimonianza della pronipote di un siciliano carabiniere a Zara

Il Liceo “V.E.III” ha ricordato il 10 febbraio come prevede le LEGGE 30 MARZO 2004, N. 92 che ha istituito il «GIORNO DEL RICORDO» IN MEMORIA DELLE VITTIME DELLE FOIBE, DELL'ESODO GIULIANO-DALMATA, DELLE VICENDE DEL CONFINE ORIENTALE. In ciascuna classe è stato dedicato un momento di riflessione, ma in particolare nella Biblioteca del Liceo Classico, sotto la guida della prof.ssa Maria Lucia Lo Presti si è dato spazio ad una specifica attività che ha visto protagonisti gli studenti collegati anche con le varie classi dell’istituto tramite piattaforma Meet.

In un primo momento c’è stata la ricostruzione sintetica e chiara, vista la complessità delle vicende del confine orientale, curata dalla prof.ssa Marilia Gugliotta, docente di Storia e filosofia del Liceo, nonché Responsabile del Dipartimento di Scienze sociali. Poi la parola è passata a Maria Teresa Napoli, studentessa della II A del Liceo Classico che ha raccontato con voce commossa come per lei il 10 febbraio è una data incisa nel suo cuore perché il suo bisnonno, carabiniere a Zara, solo per una fortunata fatalità non è finito in una foiba. Suo nonno aveva appena nove anni e le ha sempre ricordato i giorni in cui gli italiani furono rinchiusi in casermoni prima di poter fuggire per ritornare a casa, visto che la sua famiglia per fortuna aveva la casa in Sicilia. Maria Teresa ha concluso il suo intervento con una domanda, un’esortazione e un “grazie”: “Se io non avessi avuto la testimonianza VIVA DI NONNO NINO, a me tanto caro, sarei stata così informata a riguardo, così interessata all’argomento? Lui e tutte le vittime di queste ingiustizie chiedono a noi giovani di ricordare, perché il Giorno del Ricordo sia testimonianza sempre viva. Grazie Nonno, per essere stato sempre pilastro portante della mia vita, e per avermi trasmesso i valori dell’amore, del rispetto e del ricordo”.

Alcuni studenti della II E Scienze applicate hanno illustrato con presentazioni PPT il dramma di alcune città maggiormente colpite dall’esodo GIULIANO-DALMATA, dalle vicende del confine orientale, dalle tragedie delle foibe: Gabriele Tricoli si è occupato di Zara, Tommaso Canduci di Trieste, Emanuele Scaffidi e Antonino Spanò di Fiume, Davide Lisciandro di Pola e Manuela Cuffari di Gorizia.

Francesca Conti e Michele Palazzolo della I B Liceo Classico hanno esposto il soggetto di un cartellone realizzato con i compagni in cui è stato rappresentato il tragico precipitare di un uomo in una foiba.

Infine, Jennipher Cadili, Sofia Scaffidi, Matteo Triscari e Agata Soretti hanno letto delle riflessioni di Eric Gobetti e Carlo Greppi sulle strumentalizzazioni politiche del “Giorno del Ricordo”, per evitare un’imbarazzante semplificazione della «complessa vicenda del confine orientale» (occidentale, se visto dall’altra parte) evocata dalla stessa legge istitutiva. E’ questo il rigore che ispira la scuola perché i giovani possano conoscere le problematiche vicende della storia.

È questo il rigore che ispira la scuola perché i giovani possano conoscere le problematiche vicende della storia, documentarsi e ricordare, perché simili orrori non si ripetano più.


30-11-2022 di IIE SC. APP

Oggi in molte realtà lo studio è ancora un diritto negato

IL DIRITTO ALLO STUDIO: IL 17 NOVEMBRE PER RIFLETTERE

La sottovalutazione del valore-scuola

Studiare è un diritto, che, nella società di oggi, non può essere negato a nessuno. Non è un caso che la Costituzione e il Ministero dell’Istruzione garantiscano il diritto allo studio, dando l’opportunità a tutti i bambini e i ragazzi residenti in Italia, sia italiani che stranieri, di frequentare almeno fino al secondo anno della scuola superiore (si tratta del periodo di cosiddetta “scuola dell’obbligo”). Molti ragazzi lamentano l’essere obbligati ad andare a scuola, ma riflettendoci, la scuola non è propriamente un obbligo e difatti chi dice di non volerla più frequentare rinuncia a un diritto; un diritto, quello allo studio, molto importante in quanto rappresenta una forma di tutela dell’uguaglianza: tutti possono andare a scuola indipendentemente dal loro orientamento religioso e sessuale, dalla loro provenienza o da altri motivi che potrebbero essere oggetto di pregiudizio. La scuola è un diritto primario che aiuta a crescere con il passare del tempo. Inoltre, oggi, nella maggior parte dei casi, senza un diploma o una laurea si è impossibilitati ad entrare nel mondo del lavoro oppure ci si ritrova ad esercitare un'occupazione “umile” e senza prestigio sociale (che non coincide con i nostri interessi); eppure probabilmente, sin da bambini abbiamo sognato di poter diventare “qualcuno” di importante un giorno: ecco, lo studio è l’unico strumento che può permetterci di realizzare quel vecchio sogno, chiuso in un cassetto dei banchi della scuola elementare. Non sarebbe più adeguato pensare a quanto siamo fortunati nel poter frequentare la scuola? Non sarebbe opportuno partecipare attivamente e protestare civilmente perché si migliorino le infrastrutture scolastiche? Perché molti ragazzi italiani non si rendono conto di quanto siano fortunati a vivere in un paese senza guerra e si dilettano nel fare battute di cattivo gusto sulle situazioni che, in questo periodo, investono Stati come quello Ucraino, i cui adolescenti sono lontani dal paese natale, costretti ad inserirsi, da un giorno all’altro, in scuole con lingua e tradizioni diverse? Secondo diversi dati, dal 2013 ad oggi aggressioni, uccisioni, lesioni, mutilazioni, torture, matrimoni precoci e minacce hanno colpito più di 30mila studenti ed educatori in 70 paesi differenti. Perché non riflettere sul fatto che la scuola potrebbe (e dovrebbe) educare anche alla pace e dare la possibilità alle nuove generazioni di risolvere eventuali controversie in modo pacifico e diplomatico? Perché molti ragazzi non vedono la bellezza di poter sviluppare un pensiero critico all’insegna del confronto pacifico attraverso ciò che viene insegnato a scuola? Pertanto, il 17 novembre, Giornata internazionale degli studenti, è una presa di coscienza del valore del diritto allo studio, ma anche, una manifestazione di protesta pacifica per tutte quelle realtà in cui, ancora oggi, viene negata la possibilità che ciascun ragazzo, ciascuna ragazza realizzino pienamente sé stessi. Proprio per questo la scuola è una miniera, ma non d’oro come le miniere che alimentano avidità e avarizia nell’uomo, ma di sapienza, la miniera più preziosa che esista perché la vera ricchezza non risiede in ciò che si ha, ma in ciò che si è; del resto, come affermò Nelson Mandela: “L’educazione è l’arma più potente, che può cambiare il mondo”.


30-11-2022 di VA e VB CL

25 NOVEMBRE: Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Le azioni informative e formative al “Liceo Vittorio Emanuele III”

Il 25 novembre Giornata internazionale contro la violenza sulle donne al Liceo “Vittorio Emanuele III”, per iniziativa della Biblioteca e del Progetto di prevenzione del Bullismo, è stato dedicato a momenti di riflessione che hanno coinvolto varie classi.

Gli studenti di II A, IV A, IV B, V a e V B   del Liceo classico in Aula Magna hanno partecipato all’incontro con il Vicequestore dott. Salvatore Di Blasi della Questura pattese e con la dott.ssa Sabina Iraci della Polizia Scientifica sul tema della loro campagna antiviolenza “Questo non è amore”.

La Dirigente Scolastica, prof.ssa Marinella Lollo ha ringraziato i rappresentanti delle Forze dell’Ordine per il complesso e delicato ruolo che svolgono in un momento così drammatico in cui l’escalation dei femminicidi sembra non fermarsi, tanto che dall’inizio dell’anno se ne contano già 104 e di quanto sia importante il loro supporto formativo nelle scuole.

Il vicequestore dott. Salvatore Di Blasi ha dato un taglio giuridico completo e puntuale, soffermandosi in modo particolare sulle varie pene che vengono inflitte agli autori di violenza (fisica, psicologica, sessuale e economica) a danno delle donne o di veri e propri femminicidi.  Anche l’intervento della dott.ssa Sabina Iraci ha puntualizzato il delicato e importante ruolo della Polizia Scientifica nello svolgimento delle indagini, che hanno tratto non poco giovamento dai nuovi ritrovati della tecnologia. Fermo restando che gli studenti delle classi quarte e soprattutto delle classi quinte hanno già un bagaglio di informazioni abbastanza ampio sul problema, è pur vero che l’incontro ha sottolineato le ultime misure strategiche degli Enti preposti: vedi Codice Rosso e APP come YouPol che permette all' utente di interagire con la Polizia di Stato inviando,via telematica le segnalazioni  tramite video, audio, immagini e testo relative a episodi di bullismo, spaccio di sostanze stupefacenti e violenza domestica. Fra l’altro, con la legge del Codice Rosso (n. 69/2019) è stato introdotto il reato di Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti per sanzionare il reato di “revenge porn”.

Un ulteriore spunto di riflessione per gli studenti, crediamo potrebbe, in futuro, venire da incontri mirati, anche con testimonianze di vita vissuta, perché (ed in questo il Vicequestore è stato molto chiaro) si sa poco di alcuni tipi di violenza, che pure sono in essere, come quella economica o psicologica, che rappresentano l’anticamera di violenze più esplicite. “Il nostro ruolo è informativo e formativo insieme”  ha concluso il Vicequestore Di Blasi,  perché la Polizia di Stato  punta ad incentivare la consapevolezza nelle giovani generazioni di quanto sia importante il loro ruolo di responsabilità oltre che nell’osservare situazioni a rischio nel segnalarle e soprattutto nell’incoraggiare e sostenere moralmente chi deve fare una scelta così coraggiosa di denunciare chi, fino a quel momento hanno amato, si tratti di fidanzato, compagno, marito, o addirittura padre.

Particolare attenzione è stata rivolta a tutte le forme di controllo che si esercitano sul partner anche tramite i social e WhatsApp, che possono diventare anticamera di disagio ed esasperazione psicologica. A tal proposito la studentessa Gaia D’Apuzzo della classe V A del Liceo Classico ha letto un articolo che verrà pubblicato sul giornalino d’Istituto dal titolo emblematico “Quando la messaggistica è tossica”: nessuna forma ossessiva di controllo-possesso, infatti, può chiamarsi amore.  

A conclusione dell’incontro, al fine di diffondere la campagna “Questo non è amore” sono stati consegnati all’ Istituto dei depliant informativi che distribuiti in ciascuna classe, serviranno a continuare a far riflettere i giovani su questo cogente problema e creare una coscienza collettiva, parte attiva della soluzione.

Nella seconda parte della mattinata la medesima attività è stata svolta nel plesso di Acquafico con le classi III A, B e C del Liceo scientifico e III A del Liceo Linguistico.

Le classi II A del Classico, II E e II F di Scienze applicate, III A  e V A del Classico nella seconda parte della mattinata hanno incontrato le psicologhe Tina Camuti, referente del Centro Antiviolenza No Al Silenzio di San Piero Patti   e dell’Associazione La Clessidra, e Valentina Collorafi, Tutor DSA (Disturbi specifici dell'apprendimento) presso la Società Cooperativa Sociale Raggio di Sole Onlus, sul tema “Donne: consapevoli per amare ed essere amate”. Le relatrici hanno messo in evidenza l’aspetto psicologico della violenza di genere, una violenza  che molto spesso  a torto viene giustificata da fattori come uso di droghe, malattie mentali, uso eccessivo di alcool, o da pregressi traumi infantili; in effetti la dottoressa ha ritenuto opportuno specificare, con il supporto  di dati inequivocabili, come non vi sia una correlazione causa effetto tra questi aspetti e la violenza contro le donne, precisando come  coloro che compiono violenza, spesso, non abbiano né palesi turbe mentali, né abbiano subito pregressi traumi psicologici.

La violenza psicologica inoltre, specifica la dottoressa, può portare la vittima a vivere una realtà distorta con la perdita di autostima e di rispetto verso sé stessa; spesso infatti, la donna che subisce tale violenza, finisce per credere di meritarla, proprio per colpa di una manipolazione sottile e di un diabolico gioco di continua alternanza di atteggiamenti dolci e violenti da parte del partner.

Inoltre la dottoressa ha voluto specificare come ciascuno di noi possa finire per essere vittima di violenza e quanto l’eccessiva sicurezza di credere di sapere come comportarsi per evitarlo, sia null’altro che un’illusione, poiché spesso non si riesce a cogliere le prime ben mistificate manifestazioni e porre quindi in essere comportamenti protettivi. Ma è possibile rilevare ed individuare preventivamente i comportamenti di questi criminali che si macchiano di tali delitti? Quale identikit psicologico ha chi compie queste violenze? In genere chi esercita un qualsiasi tipo di violenza vive nell’illusione dell’onnipotenza e del credersi nel diritto di poter esercitare un qualsiasi controllo sul partner (in questo caso), vivendo così una realtà tirannica, limitando o addirittura eliminando la libertà del compagno o della compagna.

Infine la psicologa Valentina Collorafi ha ritenuto opportuno dare un messaggio di speranza, raccontando la testimonianza di una donna, che ha avuto la forza di liberarsi da queste catene e di denunciare il “mostro” che la tormentava; questo però, è da sottolineare, non sarebbe stato possibile se non avesse chiesto aiuto. La psicologa, mettendo in evidenza questo aspetto, ha sollecito nei giovani un’importante riflessione, quella sul valore del saper chiedere aiuto, di come non si possa sempre risolvere tutto da soli, del valore della solidarietà collettiva e di come in fondo la parola sia l’arma più forte che abbiamo, capace di sconfiggere qualunque violenza.




CULTURA

tYNDARIS agoRA' PHILOSOPHICA

 

Perche'?

Il festival  nasce a Patti per iniziativa del Liceo “V. Emanuele III” di Patti (Me) e della Società Filosofica Italiana come evento formativo e culturale aperto al territorio, dedicato all’incontro tra generazioni diverse.

Il Festival, pensato per rispondere ai bisogni formativi di conoscenza e di confronto, in un tempo – il nostro – contrassegnato dalla liquefazione dell’esercizio della cittadinanza, dalla pluralità delle culture e delle visioni, vuole offrire occasioni di crescita attraverso esperienze partecipate di dialogo e proposte culturali diversificate.

Si svolgerà nei principali siti di interesse storico e paesaggistico del Comune di Patti, come il Convento di San Francesco, la Villa Romana e il Teatro Antico di Tindari. Si articolerà in più momenti che prevedono diverse forme di comunicazione e condivisione, dal debate alla lectio magistralis, dal caffè filosofico alla performance artistico-musicale.



COME?

Il percorso didattico-formativo seguirà la metodologia della ricerca-azione e vuole essere completamente studentcentered: ognuno avrà infatti la possibilità di valorizzare i propri interessi e le proprie inclinazioni, di esprimere se stesso in forma originale e personale, attraverso il dibattito, il dialogo, la scrittura e/o la recitazione di testi. L’impatto emozionale dei vari eventi finali sarà da supporto alla interazione attiva degli studenti.

La partecipazione ai seminari e alle attività proposte comprenderà anche azioni di orientamento mirate a far sì che gli studenti possano conoscere meglio le proprie inclinazioni e gli sbocchi occupazionali di alcuni indirizzi universitari.


Le certificazioni delle competenze trasversali ( PCTO)

Alle scuole partecipanti saranno consegnati attestati di partecipazione spendibili come crediti formativi e/o attività di PCTO.

La partecipazione all’intero progetto prevede infatti:

·       10 ore di formazione a distanza per le classi partecipanti a cura della Società Filosofica Italiana;

·       10 ore di attività curriculari/laboratoriali ;

·       10 ore per la realizzazione del prodotto finale;

·       Da 4 a 10 ore per la partecipazione alle giornate del Festival (Settembre 2022).

Nello specifico le attività laboratoriali (laboratorio storico-filosofico, di cultura classica, di cittadinanza) sono state  a carico delle scuole partecipanti che hanno scelto  possibili percorsi di approfondimento in linea con il proprio curriculo, con quello di educazione alla cittadinanza e con il tema del Festival, in vista della realizzazione del prodotto finale.

 Una mostra finale di tali prodotti sarà organizzata in forma itinerante nei luoghi di interesse storico e paesaggistico del Comune di Patti (Me) nelle giornate del Festival.

 


CHI?

Il Festival rappresenterà il momento finale di un percorso didattico-formativo che si svilupperà nel corso dell’anno scolastico 2022-2023, che coinvolgerà primariamente le classi del triennio dei principali licei della Provincia di Messina, ma anche quelle di licei di altre province che vorranno entrare a far parte della rete della collaborazione creata ad hoc.

Le scuole potranno predisporre, sulla base delle proprie risorse e della propria progettazione  curriculare ed extra curriculare, attività laboratoriali finalizzate alla realizzazione di prodotti originali, oggetto di confronto e presentazione nelle varie sessioni del Festival. Particolare rilievo sarà riservato all’interazione fra gli studenti nella forma del dibattito antico. Una sessione laboratoriale specifica sarà destinata agli alunni delle scuole del primo ciclo di istruzione e sarà incentrata sul filosofare come avventura formativa e come esercizio di umanità, attraverso lo scambio e il dialogo

Nel corso dell’anno la Società Filosofica Italiana curerà l’organizzazione di seminari di approfondimento, in presenza o da remoto, con studiosi ed esperti del panorama siciliano e italiano volti ad approfondire il lessico filosofico-giuridico e il ruolo del Logos all’interno delle società democratiche complesse.

Il Festival si articolerà in diverse sessioni rivolte a un vasto pubblico oltre che di studenti, docenti, anche di operatori educativi e culturali, professionisti, cittadinanza “attiva”. Sono infatti previste collaborazioni con le numerose associazioni presenti nel territorio e con gli EE.LL.



Quando?

Il Programma del Festival: tre giorni per incontrarsi, confrontarsi, dialogare

02-02-2023 di Nunziatina Bartolone, prof.ssa

EPIMÈLIA E AIDÒS

Due parole chiave per la salvaguardia dell’umanità

In un’epoca storica contrassegnata da profondi conflitti sociali, nonché dal disorientamento individuale e dalle difficoltà relazionali, è possibile disinnescare queste dinamiche involutive dell’essere umano? È possibile promuovere e realizzare la crescita individuale e collettiva senza conflitti? Questi alcuni degli interrogativi emergenti dal primo incontro della seconda edizione dell’Agorà Phiilosophica, organizzata dal Liceo “Vittorio Emanuele III” di Patti in collaborazione con la Società Filosofica Italiana ( SFI) a cui aderiscono numerosi istituti provinciali e nazionali e sostenuta dalle associazioni del territorio. La disamina della tematica, che quest’anno si sofferma sul binomio “Cura e Rispetto”, è stata avviata dalla Prof.ssa Francesca Gambetti, nome di rilievo della Società Filosofica Italiana e ospite del liceo pattese insieme al prof. Giuseppe Gembillo, già docente della facoltà di Filosofia dell’Università di Messina. Nel corso dell’incontro, avvenuto giorno 30 gennaio, i partecipanti hanno potuto riflettere e confrontarsi sul valore indispensabile del rispetto, l’aidōs greco, ritenuto già da Platone un comportamento e una virtù politica indispensabili per la convivenza civile e per il conseguimento di quella felicità cui ogni uomo tende. Dalla tradizione antica la riflessione si è progressivamente ampliata al contesto contemporaneo in cui emerge che il valore del rispetto, talvolta ritenuto scontato, è comprensibile solo quando i valori sono negati attraverso svariate forme di violenza: da quella fisica, all’esclusione dal possesso dei diritti e al disprezzo inteso come negazione del valore sociale del singolo o dei gruppi fino all’autosvalutazione soggettiva. In quest’ottica il rispetto è da ritenere un comportamento necessario per tutelare l’integrità fisica, riconoscere i diritti inalienabili di ogni essere umano e apprezzare le capacità e il modo di essere dell’individuo esprimendosi attraverso la relazione primaria dell’amore, il reciproco riconoscimento della dialettica tra l’Ego e l’Alter e la solidarietà intesa tanto come rapporto solidale tra i diversi stili di vita quanto come apertura a progetti differenti di autorealizzazione.

Il concetto di rispetto non può dunque prescindere dal prendersi cura di sé, dell’altro, di ciò che ci circonda e a partire dalla formazione personale per dare il proprio contributo alla società: questo il significato della scelta del termine Epiméleia che dal passato rende profondamente il senso di questo impegno cui ciascun individuo è chiamato nell’oggi, dopo aver perso, per una lunga fase storica, la consapevolezza che il contesto in cui viviamo sia in perenne mutamento e non statico. L’intervento del prof. Gembillo si è così soffermato, in maniera chiara ed efficace, sull’attualità e sulla situazione ambientale, trasferendo sul piano pratico concetti che dall’ ambito filosofico hanno un immediato riscontro effettivo, nella drammatica consapevolezza che il primate più pericoloso sulla terra è proprio l’uomo, l’unico essere capace di distruggere, senza rispetto né cura, se stesso e l’ambiente in cui vive.



Epiméleia e aidōs 

Per il secondo anno consecutivo, per iniziativa del Liceo “Vittorio Emanuele III” di Patti, si promuove il Festival della Filosofia: in collaborazione con la Società Filosofica Italiana esso si propone come evento formativo e culturale aperto al territorio, dedicato all’incontro tra generazioni diverse.


 Il tema di questa seconda edizione, “Epiméleia e aidōs, Cura/Responsabilità e Rispetto”, prevede una prima fase di incontri, in presenza e online, curati da docenti ed esperti del settore in cui sarà offerta la possibilità di approfondire temi della trazione classica e filosofica attuali e in rapporto con il contesto pluriculturale e sociale coevo, tenendo conto di quanto la cura, la responsabilità e il rispetto siano fondamentali nelle relazioni umane per un futuro di pace. Dopo il grande successo registrato per l’edizione 2021/2022, anche questa nuova edizione si articolerà in una serie di eventi programmati dal 21 al 23 settembre 2023, rivolte a un vasto pubblico di studenti e non solo, in collaborazione con le diverse associazioni presenti sul territorio e con le strutture ricettive per l’accoglienza di quanti saranno presenti agli eventi. I vari appuntamenti previsti, articolati in diverse formule espositive e perfomances, si svolgeranno nei principali siti di interesse storico e paesaggistico del Comune di Patti, dal Convento di San Francesco, alla Villa Pisani e alla  Villa comunale, fino a concludersi nel Teatro Antico di Tindari.

L’evento, rivolto principalmente agli studenti del triennio dei licei, avrà la valenza di un percorso didattico-formativo che seguirà la metodologia della ricerca-azione e completamente studentcentered: ognuno avrà infatti la possibilità di valorizzare i propri interessi e le proprie inclinazioni, di esprimere se stesso in forma originale e personale, attraverso il dibattito, il dialogo, la scrittura e/o la recitazione di testi. L’impatto emozionale dei vari eventi finali sarà da supporto alla interazione attiva degli studenti.

La partecipazione ai seminari e alle attività proposte comprenderà anche azioni di orientamento mirate a far sì che gli studenti possano conoscere meglio le proprie inclinazioni e gli sbocchi occupazionali di alcuni indirizzi universitari.

Tutti i dettagli dell’evento e la scheda di adesione sono reperibili sul sito del Liceo “Vittorio Emanuele III” di Patti.



GLI ORGANIZZATORI:



Prevediamo attestati di partecipazione anche per gli adulti oltre che per  gli  istituti  aderenti e gli studenti.


Tyndaris Agorá Philosophica. Presentazione del tema per l'annualità 2022-2023: Ἐπιμέλεια e αἰδώς.


Presentazione del progetto Tyndaris Agorá Philosophica (referente prof.ssa Marilia Gugliotta)

Le riflessioni del team di lavoro di Tyndaris Agorá Philosophica (prof.ssa Antonella Vento)

Francesca Gambetti (SFI) introduce al tema di Tyndaris Agorá Philosophica 2022/23: Ἐπιμέλεια e αἰδώς

Report fotografico del Festival Tyndaris Agorá Philosophica 2022

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SPORT

Seguono gli articoli sull'inclusione nello sport prodotti dalle classi quarte e quinte del liceo classico.

06-06-2023 di Angela Di Santo, VA CL

LO SPORT: UNICO MONDO SENZA FRONTIERE

emarginazione sociale, disuguaglianza, storie difficili e sport una sinergia per lo sviluppo sociale”

Lo sport come promotore di pace e di incontro con l’altro è una delle principali idee filosofiche su cui si basa l’educazione sportiva. Infatti, sin dall’inizio lo sport è stato sinonimo di condivisione e di inclusione. Soprattutto nella cultura moderna, lo sport ha fatto della lotta alla discriminazione, in qualsiasi forma essa si presenti, dal razzismo all’omofobia all’abilismo, uno dei suoi valori più alti. Lo sport consente all’individuo di migliorare le qualità fisiche, di potenziare gli aspetti cognitivi e psichici e di sviluppare competenze socio-relazionali molto preziose, specialmente nel caso di soggetti in condizione di disabilità. Lo sport ha il grande potere sia di appianare che di valorizzare le differenze.

L’importanza dello sport per le persone con disabilità sia intellettiva che fisica è fondamentale, infatti, favorisce sia l’inserimento in un contesto sociale protetto dove sviluppare amicizie, sia il raggiungimento di un ottimo livello di autonomia motoria, sia l’aumento dell'autostima e il miglioramento della salute mentale, poiché contribuisce a ritrovare fiducia nelle proprie capacità. Grazie alle recenti paralimpiadi e ad esempi quali Bebe Vio, campionessa paralimpica di fioretto, ed Ambra Sabatini, record mondiale dei 200 metri piani in categoria T63, ci sono meno pregiudizi e sempre più persone con disabilità che praticano sport. Purtroppo, ancora questa percentuale è bassa, secondo i dati pubblicati dall’ISTAT nel 2018, solo l’8,5% delle persone con disabilità ha dichiarato di svolgere un’attività sportiva. Oltre alle difficoltà che oggettivamente si possono presentare, spesso ci sono dei blocchi psicologici legati alla percezione che ha di sé la persona disabile.

Lo sport non aiuta unicamente le persone con disabilità, ma anche le persone arrivate da altri paesi che non conoscono la lingua, e tramite lo sport riescono a integrarsi perfettamente nella società, superando anche la barriera linguistica e purtroppo razzista. Ne è un perfetto esempio Klaudio Ndoja, che all’età di dodici anni ha attraversato il mar Adriatico alla volta del Salento, per fuggire insieme alla sua famiglia dall’Albania travolta dalla guerra civile, arrivato in Italia ha continuato la sua grande passione, il basket, ed oggi è capitano e cestista della Virtus Bologna, squadra di Serie A. Inoltre, sono sempre più frequenti i programmi sportivi per giovani ragazzi, proprio con l’obiettivo di imparare la lingua e socializzare divertendosi. 

Infine, con il Decreto-Legge 185/2015 sono stati stanziati 100 milioni di euro per il potenziamento dell’attività sportiva agonistica nazionale nelle aree periferiche, con l’obiettivo di far avvicinare i ragazzi allo sport, eliminare squilibri economico-sociali ed allontanarli da situazione pericolose; idea già ben praticata negli USA, dove finanziando campi sportivi in aree particolarmente colpite da povertà e da criminalità sono riusciti ad aiutare tantissimi ragazzi.

Indubbiamente, lo sport, quando è inclusivo, è l’antidoto più forte per vincere qualsiasi forma di discriminazione.

06-06-2023 di Rosamaria Scarcella, IVA CL

LO SPORT È INCLUSIONE

Nel periodo in cui viviamo è molto frequente sentire nello sport la parola “inclusione”. Ma cosa vuol dire dopotutto questo termine? 

Dal latino inclusio, è, seguendo la spiegazione del dizionario Treccani, “l’atto, il fatto di includere, di inserire, di comprendere in una serie, in un tutto". 

Lo sport è l'attività che per eccellenza si presta a codesta definizione, in quanto emblema di valorizzazione delle differenze e precettore di humanitas, ovvero del ruolo umanitario che riveste.

Sono molti i gesti che attestano la veridicità dell’inclusione in ambito sportivo, ed è importante citarne uno di rilevante importanza: le Paralimpiadi, infatti, sono la dimostrazione di come lo sport permetta a chiunque di mettersi in gioco, a prescindere dalle mancanze a cui alcuni atleti devono purtroppo far fronte. Sono delle manifestazioni sportive, nate nel 1648, che permettono agli atleti disabili di partecipare ad una competizione ufficiale senza sentirsi "diversi". 

Emblema di forza e determinazione di questo tema è l’ex pilota di formula 1 Alex Zanardi.  Il 15 settembre 2001, Zanardi perse il controllo del suo veicolo, che venne centrato dal pilota Alex Tagliani; l'incidente gli costò l'amputazione di entrambi gli arti inferiori. Dopo 16 operazioni chirurgiche e 7 arresti cardiaci, Zanardi riuscì a sopravvivere e nonostante tutto il grave infortunio non gli impedì di proseguire la sua carriera, che muterà poi da pilota a paraciclista.

La storia di Alex è la storia di un grande uomo, il quale è stato capace a non abbattersi davanti ad un dolore così grande, che lo ha costretto a mutare completamente la sua vita e apparentemente a concludere la sua carriera, ma a sopportare il dolore ricavando da questo tragico episodio del buono. Difatti, a seguito dell’incidente, decide di continuare ad allenarsi, conseguendo in campo automobilistico svariate vittorie, come ad esempio la seconda gara del Gran Premio di Germania il 28 agosto a Oschersleben. Apprezzato anche per l'atteggiamento positivo verso la vita e le sue avversità, dopo l'incidente Zanardi ha cominciato a partecipare a varie manifestazioni per atleti disabili e, parallelamente all'impegno automobilistico, ha intrapreso una nuova carriera sportiva nel paraciclismo dove corre in handbike nelle categorie H4 e successivamente H5. Ha preso parte alla sua prima gara partecipando alla maratona di New York nel 2007, in cui ha colto un sorprendente 4 posto. Nell'estate del 2012 si presenta ai Giochi paralimpici estivi di Londra, con ambizioni di medaglia sia a cronometro sia su strada. Il 5 settembre conquista l'oro nella gara contro il tempo svoltasi sul circuito di Brands Hatch. Nella stessa pista, il 7 settembre ottiene il titolo nella prova su strada. Il giorno dopo riesce a ottenere la sua terza medaglia, questa volta d'argento, nella staffetta a squadre mista H1-4. Al termine della Paralimpiade, viene scelto come portabandiera azzurro per la cerimonia di chiusura dei Giochi. Il 4 ottobre 2013, in virtù dei risultati conseguiti a Londra, viene eletto "Atleta del mese" da un sondaggio online del Comitato Paralimpico Internazionale. Recentemente l’atleta paralimpico, a seguito del disastroso incidente contro un camion a bordo della sua handbike, a causa del quale ha rischiato un’altra volta la vita, ha deciso di compiere un gesto che difficilmente verrà dimenticato. Ha promosso infatti l’iniziativa Obiettivo sci, un nuovo ramo nato dal progetto paralimpico ideato dallo stesso Zanardi nel 2017. Avrà il chiaro compito di formare atleti paralimpici del futuro, ed è definito "Obiettivo 3”. Il compito è stato affidato a Pierino Danese con il supporto della moglie e della cognata di Alex. “Obiettivo 3” mira a reclutare, avviare e sostenere persone affette da disabilità per vivere lo sport al meglio e con intensità. 

Ma come ha avuto tutto inizio? A quanto pare, secondo la versione di Pierino Danese “un’idea che Zanardi ha avuto la sera prima dell’inizio delle paralimpiadi di Rio de Janeiro 2016. Ha compreso in quel momento di come la vita gli abbia offerto una opportunità che altri non avevano. Lo sport rappresenta la miglior forma di rivincita, oltre al modo migliore per rimettersi in gioco”. 

In vista delle paralimpiadi di Milano-Cortina, ecco che si amplia il progetto tanto voluto da Alex Zanardi. Obiettivo sci, quindi, vuole donare vicinanza e una concreta chance agli atleti paralimpici di oggi e degli anni a venire, permettendo di vivere ciò che ha vissuto Zanardi. 

Il suo comportamento è segnale di come lo sport offre sempre un’opportunità, anche quando si pensa di non avere più speranze. Come il suo, molto significativo è il caso di Bebe Vio, schermitrice italiana che all’età di 11 anni si ammala di meningite di tipo B, dalla quale non era purtroppo vaccinata; anche Ambra Sabatini è una giovane con la passione per l’atletica leggera che a seguito di un incidente è stata costretta ad amputare la quasi totalità del suo arto sinistro; o il caso di Simone Barlaam, nato con una coxa vara e una ipoplasia congenita del femore destro, il quale  si è avvicinato al nuoto per caso affermando che si trattasse dell'unico sport che da ragazzino poteva praticare considerata la sua disabilità: vedeva infatti l’acqua come l'unico ambiente che gli permetteva di fare attività fisica senza mettere a rischio il femore. Quest’ultimo in particolare è l’esempio che anche chi nasce con una disabilità, e non la acquista nel corso della carriera, non deve rinunciare a ciò che ama, perché c’è sempre una seconda opportunità e una via d’uscita dal tunnel. 

Lo sport è inclusione, solidarietà, generosità, ma prima di tutto, passione. Esso ti può fornire mille spunti e alternative, ma è la voglia di continuare ad amarlo e praticarlo che ti porta a superare tutte le difficoltà della vita, anche se possono a volte sembrare irreparabili e tragiche. Se uno di questi atleti avesse rinunciato dopo le sfortune capitate alla propria carriera, non sarebbe simbolo e testimone che, se si vuole, si riesce a fare tutto, o comunque se non tutto, un'ingente parte. D’altronde, chi riesce ad arrivare al 100%? Be’, la risposta è scontata, nessuno, perché non esiste il 100%, perché nessuno arriva alla perfezione, ed è inutile e disarmante credere che raggiungendo il massimo si arriverà ad essere felici. La felicità non consiste nel raggiungere il massimo, ma nell’arrivare al 20, 30, 40%. soddisfatti dell’impegno impiegato.

06-06-2023 di Angelica Passalacqua, IVA CL

UN CAMPO DI GIOCO PER TUTTI

"Essere speciali significa riuscire a far capire che il tuo punto debole diventa quello di cui vai più fiero" - Bebe Vio


Il termine inclusione indica il concetto di accogliere e coinvolgere attivamente tutte le persone, senza discriminazioni o esclusioni, promuovendo l'uguaglianza di opportunità e il rispetto reciproco. Si tratta di superare le barriere che possono limitare la partecipazione di determinati gruppi o individui, offrendo spazi e risorse per favorire la loro integrazione.

D’altra parte, la valorizzazione delle differenze implica il riconoscimento e l'apprezzamento delle caratteristiche uniche di ogni individuo. Significa accettare e celebrare la diversità, abbracciando le molteplici prospettive, abilità ed esperienze che ogni persona può donare alla collettività.

Nella società odierna, l'inclusione e la valorizzazione delle differenze sono temi di fondamentale importanza. Creare un ambiente in cui ogni individuo sia rispettato, considerato e valorizzato per le sue peculiarità e caratteristiche uniche è un obiettivo cruciale per promuovere una società equa e armoniosa. Lo sport gioca un ruolo essenziale in questa missione, offrendo opportunità per la partecipazione e la crescita di tutti.

L'inclusione nello sport si riferisce all'accesso equo e all'opportunità di partecipare, praticare e godere degli sport e delle attività fisiche senza discriminazioni. Significa rompere le barriere che impediscono a certi gruppi di essere coinvolti a causa di fattori come l'età, il genere, l'abilità fisica o il contesto socioeconomico.

Nello sport inclusivo, l'obiettivo non è solo quello di coinvolgere gli individui, ma anche di creare un ambiente in cui ciascun partecipante si senta benvenuto, rispettato e valorizzato. Ciò richiede l'eliminazione di pregiudizi e stereotipi, l'adozione di politiche di inclusione e l'accessibilità di strutture e attrezzature sportive a tutti.

E’ inoltre importante ricordare la funzione sociale dello sport. Oltre a promuovere uno stile di vita attivo e una buona salute fisica e mentale, lo sport può svolgere un ruolo significativo nella promozione dell'inclusione e della valorizzazione delle differenze.

In primo luogo, agisce come un catalizzatore per la costruzione di comunità. Attraverso l'impegno sportivo, le persone si incontrano, si uniscono e si creano legami sociali. Lo sport favorisce la coesione sociale, rompendo le barriere e creando un senso di appartenenza e di solidarietà tra individui con esperienze di vita spesso molto differenti.

In secondo luogo, lo sport può combattere gli stereotipi e le discriminazioni. Quando le persone si uniscono per praticare uno sport, le differenze di genere, razza, religione o abilità fisica diventano meno rilevanti. Lo sport mette in risalto le capacità e le abilità individuali, consentendo alle persone di dimostrare il loro valore indipendentemente da altri fattori.

Inoltre, lo sport offre opportunità di leadership ed emancipazione. Attraverso il coinvolgimento in questo, le persone sviluppano fiducia in sé stesse, imparano a lavorare in squadra e a gestire le sfide e le sconfitte.

L’attività fisica inclusiva promuove anche la consapevolezza e l'educazione sulla diversità: quando le persone provenienti da contesti diversi si incontrano attraverso lo sport, si aprono dialoghi, si condividono esperienze e si imparano nuove prospettive. Questo processo di scambio aiuta a sensibilizzare le persone sulle sfide che gli altri potrebbero star affrontando e a creare un ambiente di rispetto e tolleranza reciproca.

È importante sottolineare che l'inclusione nello sport non riguarda solo i partecipanti, ma anche gli allenatori, gli arbitri, i dirigenti e il pubblico. Tutti hanno un ruolo da svolgere nel creare un ambiente inclusivo, nel promuovere la diversità e nel contrastare ogni forma di discriminazione.

Infatti, per massimizzare l'impatto sociale dello sport, è necessario che le organizzazioni sportive, le istituzioni e le comunità si impegnino attivamente a promuovere l'inclusione e la valorizzazione delle differenze. Ciò può essere fatto attraverso la creazione di politiche e pratiche inclusive, l'accessibilità fisica e finanziaria agli impianti sportivi, la formazione del personale coinvolto nello sport e la promozione di campagne di sensibilizzazione.

06-06-2023 di Matteo Gatani, VB CL

LO SPORT È INCLUSIONE

Uno degli obiettivi previsti nell’Agenda 2030 della Comunità Europea è quello di ridurre le disuguaglianze promuovendo l’inclusione sociale. La politica incoraggia quindi l’inclusione delle persone disabili, dei lavoratori di qualunque età e con qualsiasi competenza, degli immigrati, di chi vive in ambienti svantaggiati, delle donne e di tutti coloro che in qualche modo possono essere considerati “diversi”. Ma qual è il vero significato del termine inclusione? In modo semplice si potrebbe dire che significa dare la possibilità a chiunque di partecipare insieme ad altre persone allo svolgimento di determinate attività cercando di capire di cosa ha bisogno per farlo e, di conseguenza, rimuovere gli ostacoli che lo impediscono. Per realizzare una vera inclusione bisogna eliminare le barriere ambientali e culturali(stereotipi), rispettando l’altra persona diversa da noi perchè ha pensieri, bisogni e comportamenti differenti ma non per questo sbagliati; è importante capire il “modo” in cui quella persona funziona per valorizzare le sue caratteristiche.

Se quanto detto è difficile da realizzare in alcuni contesti, come quello lavorativo ad esempio, viene spontaneo pensare che diventa più immediato nel mondo dello sport. Se pensiamo a chi vive in contesti svantaggiati, ai rifugiati politici, ai minori stranieri, ai soggetti con disabilità, possiamo vedere nella pratica sportiva un buon punto d’inizio per la loro socializzazione. Lo sport è un’attività che possiede valori come la responsabilità, la comunità, il senso di appartenenza ed è un esempio di buone relazioni umane.

L’importanza dello Sport nella disabilità è data non solo dal fatto che l’attività fisica fa bene al corpo e alla mente ma anche dal fatto che aumentano le possibilità di conoscere nuove persone, di imparare a fare cose diverse, di sentirsi più valorizzati e di diventare più autonomi. Negli ultimi anni, grazie anche alle Paralimpiadi, è aumentata l’attenzione verso questo tipo di sport; anche il Governo italiano ha incrementato i fondi per l’acquisto di ausili sportivi da fornire gratuitamente alle persone con disabilità in modo da favorire l’inclusione. Lo sport è fondamentale pure per la lotta contro il razzismo di qualunque genere; è un’attività che non guarda il sesso o la provenienza ma permette a tutti di mostrare le proprie abilità promuovendo l’integrazione e la solidarietà fra gli uomini. Ciò è possibile perché si ha la possibilità di conoscersi meglio reciprocamente praticando sport insieme; costituisce quindi un antidoto al razzismo e alla xenofobia. Il Ministero Italiano delle Politiche Sociali ha sottoscritto con il CONI (dal 2014) diverse iniziative per favorire l’inclusione e l’integrazione dei cittadini migranti attraverso lo sport. Terminiamo questo articolo sull’importanza dello sport nell’inclusione sociale citando i ragazzi che vivono in contesti disagiati (zone difficili delle città). Spesso in questi ambienti i ragazzi non fanno sport perché non se lo possono permettere economicamente e svolgono invece attività devianti. In questi contesti lo sport fornisce un modello di comportamento positivo per quanto riguarda la salute e il rispetto delle regole sociali e li aiuta a stare lontani dai giri pericolosi della droga e di altre attività illecite. Nelle città italiane sono presenti alcune associazioni di volontariato che si occupano dell’inclusione di questi giovani.

06-06-2023 di Aurora Pizzo, VB CL

LO SPORT È INCLUSIONE

Lo sport è uno strumento fondamentale per l’inclusione e la coesione sociale. Infatti, oltre all’aspetto ludico, lo sport insegna le basi del lavoro di squadra, la condivisione, la sana competizione, il rispetto e il senso di responsabilità. Inoltre, esso promuove una migliore conoscenza di sé, delle proprie capacità e dei propri limiti. Chiunque pratichi uno sport ha la possibilità di sviluppare competenze quali cooperazione, concentrazione e disciplina, fondamentali non solo in ambito sportivo ma soprattutto nella vita quotidiana.

L’inclusione porta a sviluppare anche una capacità di socializzazione, al fine di scoprire l’unicità in ognuno di noi. Lo sport cancella ogni tipo di pregiudizio, sia fisico che psicologico, in quanto è finalizzato anche e soprattutto all’inclusione di soggetti socialmente concepiti come deboli. 

Le fasi del processo di inclusione sono prevalentemente tre: inserimento, integrazione e inclusione. Questo processo si propone l’inserimento e l’integrazione di soggetti che:

Inoltre, questo processo lotta contro ogni tipo di discriminazione e contro il razzismo, perché il linguaggio sportivo è universale, supera confini, lingue, religioni ed ideologie e possiede la capacità di unire le persone, creando ponti e favorendo il dialogo e l'accoglienza. Bisogna quindi incoraggiare, promuovere, e diffondere la cultura sportiva. In ogni disciplina e ad ogni livello.

Negli ultimi anni è aumentata la sensibilità verso l’inclusione come funzione principale dello sport; infatti, ricordiamo che nel 1960 a Roma a seguito della proposta di un medico italiano, Antonio Maglio, è stata indetta la prima edizione dei Giochi Paralimpici o Paraolimpiadi. In seguito a ciò, sono stati stanziati fondi a livello nazionale per l’acquisto di ausili sportivi da destinare a strutture sportive o in uso gratuito a soggetti con disabilità.

In secondo luogo, come sottolineato dal Consiglio dell'Unione Europea, lo sport è fonte e motore di inclusione sociale e viene riconosciuto come uno strumento eccellente per l'integrazione delle minoranze e dei gruppi a rischio di emarginazione sociale. Esso, infatti, non considera la razza o il sesso dei partecipanti, ma ne esalta le uguali capacità, dando a tutti pari opportunità e possibilità di esprimersi e mettersi in gioco. Lo sport deve essere considerato un diritto di tutti e dovrebbe garantire l'inclusione e le pari opportunità di accesso e pratica sportiva. In tal senso si promuove il principio di cittadinanza sportiva sul territorio nazionale garantendo l'accesso al tesseramento e ai campionati, di ogni disciplina e livello, a coloro i quali siano nati in Italia da genitori stranieri. Per questo gli organismi sportivi e le società promuovono concretamente processi di partecipazione allo sport indipendentemente dalle condizioni economiche, culturali e sociali dell'individuo; anzi, le naturali differenze di origine, di colore, di lingua e di cultura sono fondamentali per accrescere ed arricchire il singolo individuo. Nel gioco esistono diversità di ruoli e caratteristiche ma che insieme formano un team vincente e coeso. 

Ricordiamo inoltre che lo sport abbina l'attività fisica con quella ricreativa, favorisce la salute, la longevità, il benessere fisico e psicologico, strumento di prevenzione di disagio sociale e psicofisico e di formazione della persona. Chi pratica sport, infatti, ne trae beneficio nella vita quotidiana non solo a livello fisico, ma anche a livello mentale, in quanto esso è una valvola di sfogo che ci spinge oltre i nostri limiti che crediamo di avere facendoci credere in noi stessi, ci libera la mente e ci fa trovare un equilibrio interiore che si riflette in ogni ambito della nostra vita.

06-06-2023 di Salvatore Tricoli, VB CL

LO SPORT È INCLUSIONE

Lo sport è innanzitutto educazione, coesione, inclusione, conoscenza di sé stessi, degli altri, delle proprie capacità e dei propri limiti. Chiunque pratichi uno sport ha la possibilità di sviluppare competenze (cooperazione, concentrazione, capacità di seguire le regole ...) che non sono utili solo nella disciplina che si trova a praticare ma anche e soprattutto nella vita quotidiana, nel lavoro e nei vari ambiti della vita sociale. Uno dei valori più importanti che lo sport ci insegna a coltivare è l'inclusione, che supera la diversità di ognuno. Praticando uno sport, soprattutto di squadra, infatti, si sviluppano capacità, che sono utili per il rapporto non solo con gli altri ma anche con noi stessi e che ci consentono di scoprire l'unicità di ognuno di noi. Lo sport cancella ogni tipo di pregiudizio, sia fisico che mentale, uno dei suoi fini è infatti l'inclusione di soggetti socialmente concepiti come più deboli. In questo senso esso diventa uno strumento di inclusione. 

Per la professoressa Laura Nota, docente del dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia dell’università di Padova e delegata del Rettore in materia di inclusione e disabilità: «C'è inclusione quando iniziamo a pensare a quali condizioni possano essere realizzate per far sì che si permetta a tutti e a tutte di crescere ed evolversi al meglio. Si tratta di creare condizioni sociali, economiche ed educative, perché coloro che hanno delle difficoltà, ma non solo, possano vivere vite di qualità. Dobbiamo ricordare ad esempio che le possibilità economiche e le conoscenze che una persona ha, grazie ad esempio allo status socio-economico, possono fare la differenza in termini di opportunità di recupero: inclusione significa creare queste condizioni per chi non le possiede». 

Nonostante la nostra società abbia dato valore e importanza all'idea che tutti possano fare sport, e che le attività sportive siano fonte di benessere e di crescita per gli esseri umani, al di là delle eterogeneità che li caratterizzano, è necessario investire ancora molte risorse per raggiungere l'obiettivo. D’altro canto ci sono già alcuni esempi di inclusione in ambito sportivo, si pensi ad esempio al ‘baskin’, uno sport che si ispira al basket, e che è stato pensato per permettere a giovani normodotati e giovani disabili di giocare nella stessa squadra (composta sia da ragazzi che da ragazze). Le 10 regole valorizzano il contributo di ogni ragazzo/a all’interno della squadra: infatti il successo comune dipende realmente da tutti. Questo adattamento, che personalizza la responsabilità di ogni giocatore durante la partita, permette di superare positivamente la tendenza spontanea ad un atteggiamento “assistenziale” a volte presente nelle proposte di attività fisiche per persone disabili.

Promuovere una mentalità inclusiva non è semplice: si tratta infatti di un processo complesso, ostacolato da innumerevoli barriere di tipo sociale, culturale ed economico, ma avanzare nel percorso verso l’inclusione è possibile e auspicabile e lo sport è sicuramente un modo efficace per farlo.

10-03-2023 di Andrea Calabrese, Santino Calabria e Alice Triscari, VB LI

L’ORIENTEERING

L’orienteering è uno sport che premia chi riesce a esplorare con sicurezza un territorio sconosciuto. È caratterizzato da una gara a cronometro dove i partecipanti usano una mappa dettagliata per raggiungere i punti di controllo, scegliendo il percorso migliore. Questo sport si può praticare sia in un bosco che in città, sia a livello amatoriale, come se fosse ad esempio un’escursione fuori porta, sia a livello agonistico. La disciplina più praticata è la corsa (C-O) di cui  esistono anche le varianti in mountain-bike (MTB-O), con gli sci da fondo (SCI-O) e la versione paralimpica (TRAIL-O) dove non conta la velocità ma la precisione. Un percorso classico consiste in una partenza, una serie di punti di controlli da visitare nell’ordine indicato e un arrivo. Sul terreno ogni punto di controllo è segnalato con una bandiera bianca e arancione, nel gergo chiamata lanterna. Per registrare il proprio passaggio l’atleta deve punzonare il cartellino testimone, oppure inserire il chip elettronico nell’apposita stazione. Vince il partecipante che trova tutti i punti di controllo nell’esatto ordine e che ci ha impiegato il minor tempo. In Italia l’orienteering viene praticato da molte associazioni affiliate alla Federazione Italiana Sport Orientamento (disciplina sportiva associata al CONI e disciplina paralimpica riconosciuta dal CIP). L’orienteering negli ultimi anni è sempre più praticato anche dalle aziende come attività di team building. Una giornata di questo sport,  infatti  può potenziare o migliorare la coesione di un gruppo di lavoro al fine di accrescere il risultato produttivo  dell’ azienda .

LA NOSTRA ESPERIENZA

Giorno 23 settembre 2022 la classe VB dell’indirizzo del Liceo linguistico ha partecipato insieme a tutte le classi quinte dell’Istituto Borghese Faranda al progetto Orienteering socio-culturale in collaborazione con Endas Messina. È stata un’esperienza di crescita personale e culturale che ci ha permesso  di scoprire il nostro territorio e di sperimentare uno sport ancora poco conosciuto . L'orienteering è anche un modo per progredire e superare sé stessi senza rendersene conto. Contrariamente al running, in cui a volte si può avere la sensazione di vedere i chilometri che si accumulano, la ricchezza del percorso ed il lavoro di riflessione nell'orienteering ti fanno dimenticare che stai correndo!

10-03-2023 di Giulia Cusmà, IIIA CL

IL MIO IDOLO SPORTIVO: PAOLA EGONU

“Un atleta è un vero campione quando si esprime in modo esemplare in campo e fuori” 

Il mio idolo sportivo è Paola Egonu, pallavolista italiana nata a Cittadella nella provincia di Padova da genitori di nazionalità nigeriana. Oltre ad essere una campionessa della pallavolo lo è anche della vita: è stata purtroppo vittima di razzismo a causa delle sue origini e di discriminazioni sessuali. Infatti, dopo l’uscita dell’Italia in semifinale agli ultimi europei di pallavolo, ha dichiarato di volersi prendere una pausa mentale dalla nazionale dopo le critiche e i commenti razzisti e discriminatori che aveva ricevuto anche in quell’occasione. «Mi chiedono perché sono italiana. Sono stanca! Quando mi domandano perché sono italiana io mi chiedo perché rappresento persone del genere. Ci metto sempre l’anima e il cuore, fa male... Credo di voler prendere una pausa. Questa maglia vorrei vestirla sempre, ho cantato l’inno piangendo per il dolore che provavo, per tutti gli insulti e tutti i messaggi che ho ricevuto, mi prenderò del tempo… dice» Parole di una campionessa ferita, a cui ha fatto seguito un’ondata di supporto e affetto, oltre che la telefonata dell’allora presidente Draghi che la definiva «orgoglio dello sport italiano». Ed è così che oggi Paola Egonu, a 24 anni, si trova ad essere una giovane e splendida donna che grazie a un talento fuori misura e tanta determinazione ha raggiunto le vette del suo sport. È diventata un po’ l’idolo di tutti, seguitissima sui social, e nonostante sia molto riservata ha annunciato il suo fidanzamento con la pallavolista polacca KatarzyanSkorupa, e più tardi di essersi legata al pallavolista polacco MichałFilip, dichiarandoː «A me piacciono le persone, il genere conta poco». Si è dimostrata una donna spontanea, moderna, forte e dai valori genuini anche grazie alle sue fragilità, rialzandosi e superando tutti gli insulti e critiche diventando un potente simbolo della lotta al razzismo. “Un atleta è un vero campione quando si esprime in modo esemplare in campo e fuori”. Lei è una vera fonte di ispirazione per tutti quanti e a provare che i sacrifici fatti sono stati ricompensati lo è la proposta di partecipare alla terza serata di Sanremo come co-conduttrice. Paola Enogu è l’incarnazione vivente di forza, passione e determinazione che dopo periodi difficili ritornerà sicuramente con un sorriso in volto. 

 

 


Pubblichiamo gli articoli sulla figura di Gino Bartali prodotti da diversi studenti di diverse classi che hanno avuto modo di conoscere, riflettere e confrontarsi sull’esempio umano e sportivo del grande ciclista. 

02-02-2023 di Antonino Rottino, IVB CL

IL CICLISTA CHE CORSE PER LA VITA

    “Lo sport serve la società fornendo vividi esempi di eccellenza”.

Ogni anno, il 27 gennaio, dedicato alla giornata internazionale di commemorazione in memoria delle vittime della Shoah, si avverte l'esigenza incolmabile del ricordo e della riflessione, dimensioni spesso soppresse dall'incombenza e dalla frenesia delle nostre giornate. In questa giornata, ancora velata dalle lacrime del dolore, tutti noi siamo invitati a ripercorrere le vie dell'uomo, in un momento della sua storia, quello della Seconda Guerra Mondiale, in cui il confine tra indole feroce e umanità fu estremamente labile.

Nel corso dei decenni, nell'immenso libro della storia, centinaia di nomi profondamente diversi per principi, divise e ideali hanno inciso le loro tracce sia nelle pagine più buie sia in quelle più luminose e degne di essere oggi ricordate per la costruzione di un mondo più umano. 

Tra queste spicca certamente un nome, forse meno conosciuto di altri, un uomo diventato leggenda per la sua capacità di abnegazione, per il suo spirito di sacrificio e il perentorio desiderio di sfida e impegno che lo hanno condotto e sostenuto nello scalare le vette più ardue e impervie delle Alpi: Gino Bartali. Nato a Firenze nel 1914, dedicò la propria vita al ciclismo, sport a cui fu legato fin da piccolo da un profondo e autentico amore, sentimento che lo portò a incarnare perfettamente la sua essenza e il suo valore, quello eloquentemente racchiuso in una celebre frase del giornalista statunitense George Frederick Will: “Lo sport serve la società fornendo vividi esempi di eccellenza”.

,Bartali, vivamente legato ai valori della cattolicesimo e al messaggio evangelico di amore e pace tra i popoli, fu veramente un esempio di eccellenza umana, infatti, durante il secondo conflitto mondiale, che mise temporaneamente pausa alla sua grandiosa attività di ciclista professionista nella squadra del Legnano, svolse la funzione di corriere della Resistenza, trasportando, celati all'interno del manubrio e della sella della bicicletta con cui era solito percorrere lunghi tragitti per l'allenamento quotidiano, documenti falsi, che consegnava alle famiglie ebree rifugiate tra Firenze e Assisi. Il giovane atleta mostrò pienamente la propria indole magnanima e impavida nell'affrontare i molteplici rischi legati allo svolgimento di un'attività così delicata in un clima, quello delle persecuzioni razziali, alimentato dall'odio tanto da donare interamente le proprie doti fisiche e atletiche al servizio della patria, e a quella parte della nostra nazione rimasta fedele al valore e all'ideale di tolleranza e giustizia. Più volte, corse, infatti, il pericolo di essere arrestato e deportato, si narra che quando veniva fermato e perquisito, chiedesse espressamente che la bicicletta non venisse toccata, spiegando che le diverse parti del mezzo erano state attentamente calibrate al suo fisico per ottenere la massima velocità. 

Lo sprezzo del pericolo e lo spirito di servizio di Bartali si sono rivelati fondamentali per il salvataggio di centinaia di famiglie ebree da parte della Delegazione per l'assistenza agli immigrati (DELASEM), come i Goldenberg, a cui l'atleta offrì personalmente rifugio in uno scantinato di sua proprietà. Queste immense doti di altruismo, la sua esigenza di giustizia sociale, lo spirito di abnegazione e servizio verso i perseguitati hanno contribuito a rendere Bartali una figura eccelsa non soltanto nel mondo dello sport, in cui certamente si spese notevolmente per portare fieramente spiegata la bandiera della nostra nazione in Europa e nel mondo (vinse di tre Giri d’Italia nel 1936, 1937 e 1946 e due Tour de France nel 1938 e 1948), ma anche nella sua stessa essenza di essere umano, tanto degna di ammirazione ed emblema di virtù morali che lo ha reso meritevole di essere insignito  del titolo onorifico di “Giusto tra le nazioni”.

L'esempio di questa grande figura del nostro Paese costituisce un prezioso monito per noi giovani: impegnarsi nel perseguimento dei nostri sogni, vincere la fatica delle grandi vette, mettendo noi stessi, con umiltà, al servizio del prossimo, costruendo ponti di pace nelle nostre relazioni umane!


02-02-2023 di Matteo Arrigo, IIIA CL

      GLI SPORT DI SQUADRA

   “Nessun uomo è un’isola” Salti, capriole, arrabbiature, delusioni...c’è tutto! 

“Nessun uomo è un’isola” non è solo uno degli slogan pubblicitari della Conad, ma esprime la nostra necessità di tessere relazioni a scuola, sul posto di lavoro, nei luoghi di ritrovo. Una conferma di ciò viene dallo sport, principalmente di squadra, nel quale la forza del collettivo è indispensabile e prevale sull’individualità. Ovviamente c’è sempre qualcuno che primeggia per le sue qualità ma esse sono sempre in funzione del bene di tutto il gruppo.

In primis lo sport di squadra favorisce l’interazione concreta e la possibilità di instaurare nuove amicizie, favorendo l’emulazione e il confronto con gli altri. Questo procura un crescente senso di soddisfazione e di presa di coscienza delle proprie potenzialità, con indubbi benefici sul proprio stato fisico e sull’umore. Si impara a condividere emozioni, frustrazioni, fallimenti, sconfitte, soddisfazioni, gioie, vittorie; si è più propensi a rispettare le regole, alla collaborazione, ad esempio chi è in difficoltà viene aiutato; contribuisce, inoltre,  a vincere la timidezza e l’insicurezza e a modellare il proprio carattere. 

Lo sport di squadra ti fa sentire utile per un fine comune e ciò accresce l’autostima, per cui se stai bene con te stesso starai bene con gli altri e renderai di più. Esso stimola la solidarietà, la spontaneità, la corresponsabilità; un tuo errore o un tuo ottimo spunto ha ricadute su tutta la squadra. Un altro aspetto fondamentale dello sport di squadra è l’inclusione: non esistono differenze di genere, di provenienza sociale, di etnia, per cui esso affina anche lo spirito di accoglienza.

In definitiva, in un’epoca come la nostra, caratterizzata da un crescente individualismo, lo sport di squadra ci insegna lo spirito di gruppo che si manifesta anche con gli abbracci in segno di esultanza o per consolarsi dopo un risultato negativo. Salti, capriole, arrabbiature, delusioni... c’è tutto! Condividere uno sport di squadra crea un clima favorevole che fa avvertire meno la fatica e fa aumentare il buonumore e diminuire lo stress, favorendo un sano divertimento. È questo il motivo per cui anche a scuola insistiamo molto sugli sport di squadra. È vero che di tanto in tanto prevale l’individualismo,per cui magari non si rispettano le regolee si punta solo a vincere, ma, alla fine, ci si rende conto di quanto sia bello crescere insieme, in modo sano, divertendosi a prescindere da una schiacciata, da un gol o da un canestro.


02-02-2023 di Sofia Barresi, IIIA CL

"IL GIUSTO TRA LE NAZIONI"

Lo sport è una delle tante voci della comunità e dell’individuo: ci offre immense emozioni, momenti di unione, di solidarietà e di crescita dando un volto a ognuno di noi, ad ogni patria e ogni campione. Ci sembra un qualcosa senza tempo, esiste fin dall’antichità e oggi si possono contare innumerevoli atleti, calciatori, ciclisti e altri sportivi, ognuno con i propri punti di forza, liberi nonostante la fatica ei sacrifici, di essere ciò che vogliono essere.

Lo sport però non è stato sempre questo: come quasi ogni cosa ha un lato corrotto, che si viene a mostrare quando viene sfruttato per ciò che non dovrebbe essere.

Nel ventennio Fascista, vediamo lo sport italiano usato come propaganda, un modo dimostrare la supremazia dell’Italia sugli altri Paesi, un modo per militarizzare il regime e per esaltare il Duce, e mentre gli italiani lo credevano un’opportunità e non una strumentalizzazione, innumerevoli vite venivano massacrate nei campi di battaglia e ancora di più nei campi di concentramento, nei quali non si poteva neanche tirare un calcio a un pallone.

Ai tempi non si era consapevoli di ciò, ma chi ne aveva la consapevolezza e agiva contro corrente, era nel suo piccolo un eroe, un campione di umanità, e Gino Bartali può essere considerato tale, il “Giusto tra le Nazioni”, come proclamato da Yad Vashem nel 2013.

Bartali nacque a Ponte Ema, un paesino al sud di Firenze, nel 1914, da una famiglia umile. Risparmiando i suoi guadagni e con l’aiuto dei suoi genitori e dei suoi fratelli, comprò a 11 anni la sua prima bicicletta, per poter frequentare la scuola a Firenze, l’unica nei dintorni: fu così che tra i colli toscani nacque la sua passione per le due ruote esercitandosi, fino a vincere la sua prima corsa a 17anni. Diventò solo quattro anni dopo un corridore professionista e vinse il suo primo Giro d’Italia l’anno successivo, nel 1936, accrescendo il desiderio della Federazione Ciclistica Italiana a farlo partecipare al Tour De France nel 1938, per poi obbligarlo a partecipare sebbene non si sentisse pronto. I Fascisti, speravano che una vittoria al Tour avrebbe dimostrato la superiorità del Fascismo e della “razza Italiana”, ma quando Bartali vinse, non sostenendo il regime, non dedicò la vittoria al Duce in nessuna intervista, come sarebbe stato d’obbligo, e non ricevette alcuna onorificenza una volta tornato in patria.

Il 10 giugno 1940, l’Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, quindi Bartali fu chiamato nell’esercito, dove gli fu affidato il ruolo di staffetta a causa di un’aritmia cardiaca, compito per il quale gli fu permesso di continuare a usare la sua bicicletta e quindi di allenarsi.

Nel 1943 con l’occupazione tedesca gli ebrei vennero sottomessi ulteriormente, fu così che il Cardinale Elia Dalla Costa, che ai tempi aiutava segretamente gli ebrei a trovare rifugio nelle altre Nazioni Europee, chiese a Bartali di trasportare di nascosto i documenti falsi necessari ai profughi nel telaio della bicicletta durante i suoi lunghi allenamenti. Bartali accettò, epercorse,quelle strade conosciute come le sue tasche rischiando la sua vita per un anno,con deicompagni di allenamentoignari dell’impresa cheilloro amico stava svolgendo e del rischio che stava correndo. Con abilità e astuzia riuscì a non farsi scoprire neanche quando veniva fermato dalleguardie, chiacchierando con loro sul ciclismo, e se qualcuno avesse osato tentare di controllare la bicicletta, avrebbe usato la sua professionalità come scusa, dicendo che le parti della bici erano assemblateappositamente per il suo stile di corsa, convincendoli a non farlo.

Poco dopo aver iniziato la sua collaborazione con la Resistenza, a Bartali fu chiesto di nascondere una famiglia di Ebrei che egli conosceva molto bene, disse ancora una volta di sì e Giorgio Goldenberg, con sua moglie e suo figlio, vissero nascosti nella cantina di Bartali fino a quando Firenze non venne liberata. Col passare del tempo però, a causa della guerra le corse ciclistiche professionistiche furono interrotte, quindi la copertura degli allenamenti non resse più e non essendoci

più alcun motivo per praticarli, nel luglio del 1944, Bartali fu condotto come sospettato a Villa Triste, a Firenze, il luogo dove i Fascisti imprigionavano e torturavano i loro oppositori. Lì fortunatamente incontrò il suo vecchio comandante dell’esercito incaricato di interrogarlo, e lo proclamò innocente

liberandolo da tutte le accuse.

L’11 agosto 1944 Firenze venne liberata e nonostante l’impegno e i sacrifici nella Resistenza avevano indebolito Gino, lui riuscì a vincere il Giro d’Italia nel 1946 e, con una prestazione straordinaria sulle montagne francesi, anche il Tour del 1948, dieci anni dopo la sua prima vittoria.

Bartali salvò centinaia di persone, ma non parlò mai con nessuno delle sue gesta e dei suoi sacrifici, se non con suo figlio Andrea precisando solo pochi dettagli. Solo dopo la sua morte venne riconosciuto per il suo coraggio, la sua bontà e i valori che ha dimostrato mettendo la sua vita inpericolo pur di salvare persone che neanche conosceva.

Possiamo considerarlo il ricordo vivente di ciò che dev’essere non solo lo sport, ma anche l’essere umano nei confronti del prossimo, pronto a superare sé stesso e ogni ostacolo per i suoi sogni e per la giustizia, senza fare alcuna distinzione.


02-02-2023 di Angela Di Santo, VA CL

IL ROVESCIO DELLA MEDAGLIA

“Una storia di abusi e umiliazioni nel mondo della ginnastica”

In Italia, secondo i dati forniti dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano), i tesserati alle federazioni sportive sono 4,2 milioni. Nonostante queste cifre, però, non esistono nei regolamenti federali delle norme che puniscano esplicitamente gli atti di pedofilia o violenza sessuale, mentre agli sputi contro gli arbitri e gli avversari vengono dedicati centinaia di commi per tutte le eventualità.

Questo ci rende consapevoli della necessità di cambiare i regolamenti federali punendo non solo atti di pedofilia o di violenza sessuale, ma anche quelli di abusi verbali, psicologici ed emotivi che causano altrettanti traumi irrisolvibili nella vita dei giovani atleti, ne è stata testimonianza l’ingente quantità di ginnaste, professioniste e non, che nell’ultimo mese hanno denunciato gli abusi e le umiliazioni subite dalla propria federazione e dai propri allenatori.

 Tutto è iniziato il 30 ottobre 2022 dalle dichiarazioni di Nina Corradini e Anna Basta, ex ginnaste di 19 e 22 anni vincitrici di innumerevoli medaglie con la nazionale italiana di ginnastica ritmica “Le Farfalle”, con sede in Brianza, a Desio, che hanno fatto scaturire indagini da parte della Procura di Brescia.“Mangia di meno”, “vergognati”, “come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?”, queste erano solo alcune delle frasi che la Corradini si è sentita ripetere ogni giorno da settembre 2019 a giugno 2021, durante la sua permanenza a Desio, vittima di un sistema estremamente tossico e pericoloso che ricercava performance elevatissime, condizioni fisiche di estrema magrezza per “essere sempre più forti”, ricorrendo a pratiche pericolose non solo per la salute mentale delle atlete, quanto per la salute fisica, ad esempio l’utilizzo di lassativi, che ha portato la Corradini ad ammalarsi spesso, svenire e non avere più forze.

Dopo la Corradini, anche l’atleta Anna Basta ha deciso di raccontare cosa le hanno causato gli abusi subiti nel centro di Desio dal 2016 al 2020, cioè attacchi di panico, pensieri suicidi, notti passate a piangere pensando a quella che era ormai divenuta la sua ossessione: dimagrire. Va sottolineato che la Basta aveva già provato a denunciare alla Federazione le umiliazioni e i problemi con il cibo, ma senza successo.

Giulia Galtarossa, prima atleta titolare delle Farfalle dal 2009 al 2012 e successivamente assistente tecnica fino al 2016, ha affermato che preferirebbe riconsegnare le medaglie vinte nella ritmica per riavere la felicità, dato che “L'esperienza all'Accademia di Desio mi ha rovinato la vita” e le ha anche causato gravi disturbi del comportamento alimentare.

Indubbiamente, queste testimonianze tanto sofferte, piene di dolore, umiliazione, problematiche, rappresentano uno dei più grandi problemi della comunità odierna e del mondo sportivo: la necessità di essere perfette e i conseguenti disturbi alimentari.

In Italia oltre 3 milioni di persone soffrono di disturbi del comportamento alimentare, di cui 2,3 milioni sono adolescenti, questo ci rende consapevoli di quanto il rapporto di un adolescente con il proprio corpo sia problematico. Inoltre, la comunità medica sensibilizza sui rischi elevati che comportano competitività e orientamento alla performance negli sport che esaltano l’aspetto e il peso quali appunto la ginnastica, la danza e il pattinaggio artistico, provocando lo sviluppo, soprattutto nell’età adolescenziale, di disturbi alimentari.


22-12-2022 di Mariapia Faranda, VB CL

MONDIALI DEL QATAR

Tra violazioni dei diritti, sfruttamento dei lavoratori e sviluppo ambientale non sostenibile, qual è l’altra faccia della Coppa del Mondo? Quali scomode verità nasconde il Mondiale appena concluso?

Dal 20 novembre al 18 dicembre si sono disputati in Qatar i Mondiali di calcio, i primi in Medio Oriente.

Lo Stato è una monarchia costituzionale in cui il percorso verso la democratizzazione è appena tendenzialmente iniziato; come sappiamo, i grandi eventi sportivi sono da sempre uno strumento nelle mani del potere per veicolare valori ad esso convenienti, dall’antichità fino ad oggi; purtroppo, però, il business dello sport, con i suoi grandi sponsor, eventi sfarzosi e compravendita di diritti televisivi, è diventato un complesso meccanismo mediante il quale alcuni Stati “lavano” la propria immagine a livello internazionale.

Ma grazie ai media liberi e agli osservatori globali, la narrazione, di quel che c’è sotto a queste operazioni di maquillage diplomatico, arriva a un’opinione pubblica capace di farsi un’idea informata e critica. Così “Qatar 2022” non è più il brand senza macchia auspicato dagli organizzatori, ma è diventato anche sinonimo di morti sul lavoro, di diritti negati, di sviluppo ambientale non sostenibile.                                                                                                                     

Su questo Mondiale, purtroppo, incombono molte ombre e poche luci. Il Qatar ha dovuto costruire da zero la sua accoglienza per questi mondiali di calcio. Sono sorti sette nuovi stadi, un nuovo aeroporto, una sfilza di strutture ricettive, lì dove prima non c’era nulla si sono materializzati nuovi centri urbani e con essi il sistema dei trasporti.   Tutto questo ha avuto un costo umano non indifferente, in un paese dove la tutela dei lavoratori lascia a desiderare.

 Come denuncia Amnesty International, nonostante promesse di facciata di riforma del sistema del lavoro, in Qatar: “mancato o ritardato versamento dei salari, condizioni di lavoro insicure, diniego dei giorni di riposo, ostacoli alla ricerca di un nuovo lavoro e accesso limitato alla giustizia restano una costante nella vita di migliaia di lavoratori”.

 

Esattamente, dal 2010 al 2020, sono morti 6.500 lavoratori impiegati nelle costruzioni legate ai mondiali. Un numero che riguarda esclusivamente migranti e che è arrotondato per difetto. La maggior parte delle morti sarebbe avvenuta, dicono, per cause naturali, ma come hanno però dimostrato diverse inchieste e testimonianze sarebbero strettamente correlate alle violazioni dei diritti umani in Qatar: “persone costrette a lavorare per turni infiniti sotto al sole cocente estivo, assenza dei dispositivi di sicurezza sul luogo di lavoro, condizioni fatiscenti e pericolose negli alloggi dove venivano ospitati gli operai”.

 

Ma se volessimo aggrapparci a qualcosa di positivo, mi verrebbe sicuramente in mente, di parlare del fatto che, nonostante sia “il mondiale dei diritti alienati”, questo mondiale è stata un’occasione per approfondire il valore globale del football, oltre ogni barriera di genere e identità. Per la prima volta,nella storia dei mondiali di calcio, una terna arbitrale tutta al femminile è stata preposta nella direzione di una partita maschile (Costa Rica –Germania); sembra poco ma in realtà non è propriamente così in quanto abbiamo aspettato novantadue anni e ventidue edizioni prima di vedere una donna fischiare a un campionato del mondo;  Stephanie Frappart,  affiancata da Neuza Back dal Brasile e Karen Diaz dal Messico,  sono state  un esempio per tutte quelle ragazze che si trovano in una “zona” di imposizioni ove non oserebbero mai compiere un passo del genere, la stessa Frappart, prima donna arbitro in Francia, prima in Europa,  spera di essere  di esempio per  tutte quelle donne che non hanno il coraggio di osare. Tuttavia queste nuove luci all’orizzonte sembrano smorzarsi e infrangersi su quella nuova e inquietante zona d’ombra che è il Katargate, l’intrigante e complesso sistema delle tangenti e della corruzione che si è insinuato all’interno della compagine politica delle Istituzioni europee. E su questo punto ci torneremo!


28-11-2022 di Matteo Gatani, VB CL

SALUTE, SPORT E AMBIENTE

Che si tratti di trekking, ciclismo o canottaggio, fare sport all'aria aperta porta con sé diversi vantaggi per il nostro organismo, oltre a favorire lo sviluppo di una coscienza ambientale. I risvolti durante la Cop24 e le nuove campagne da parte delle aziende del mondo sportivo per promuovere la sostenibilità ambientale. 

Il rapporto tra uomo e ambiente, anche se in questi ultimi anni è cresciuto di importanza, è ostacolato da modelli di sviluppo che propongono ancora oggi città con pochi spazi verdi che condizionano negativamente la possibilità di vivere il fondamentale contatto con l’ambiente naturale. Nella “civiltà del progresso” è difficile usufruire dell’ambiente naturale per il movimento fisico sia nelle scuole che in ambito familiare o nel tempo libero. Ciò contrasta con il fatto che è ormai riconosciuto che l’attività fisica all’aria aperta è fondamentale per il nostro benessere sia fisico che psicologico. Fare sport immersi nella bellezza della natura è un potente antistress contro la vita di tutti i giorni, ci consente di praticare un’attività sana e divertente. Gli sport che possono essere praticati all’aperto sono diversi: si va dalla camminata alla corsa, dalla ginnastica a corpo libera al pattinaggio, dal trekking all’arrampicata, il ciclismo, la marcia, il canottaggio, il tennis, lo yoga, la canoa, lo sci e via dicendo…Tutti migliorano il nostro fisico, il sistema cardiovascolare in particolare, ma anche lo scheletro e i muscoli del nostro corpo e ci aiutano a tenere sotto controllo il nostro peso. Ma praticarli all’aria aperta comporta diversi vantaggi aggiuntivi: la luce solare aumenta la produzione di vitamina D, si ha una migliore rigenerazione delle cellule del sangue e contribuisce al corretto funzionamento del sistema immunitario, si assorbono meglio minerali come calcio e fosforo, la pelle e il tono dell’umore migliorano. Inoltre, grazie alla luce naturale, si ha una regolazione del ciclo del sonno, aumenta la resistenza alla fatica e diminuisce la percezione del freddo. Il benessere psicologico è dovuto alle attività sportive all’aria aperta è di tipo fisiologico. E’ stato dimostrato che stimola nel nostro organismo la produzione di endorfine, un gruppo di neurotrasmettitori prodotti dal sistema nervoso che funzionano come antidepressivi naturali. C’è un altro aspetto da considerare: il contatto stretto con la natura. Quest’ultimo è importantissimo per lo sviluppo di una coscienza ambientale. Durante l’attività fisica all’aperto osserviamo gli organismi viventi, piante e animali, e la loro interazione con l’ambiente circostante e con l’uomo. Ciò innesca nella nostra mente un senso di rispetto e un dovere di salvaguardia nei confronti di queste creature. Iniziamo a pensare a cosa si potrebbe fare per proteggerli, sia a livello di comunità mondiale che nel nostro piccolo. A tale proposito, qualcosa si sta muovendo. Alla Cop24 del 2019, l’attivista svedese Greta Thunberg, in un discorso rivolto ai leader mondiali contro il cambiamento climatico, ha sottolineato che il mondo dello sport si deve attivare, come tutti i settori, per contrastare questo cambiamento, riducendo sprechi ed emissioni. Numerose aziende che lavorano nel mondo dello sport si stanno attivando. Un esempio è la Nike che ha avviato il progetto “Move to zero”, un progetto di sostenibilità che pensa al futuro dello sport utilizzando impianti a energia rinnovabile al 100% entro il 2025 e zero emissioni. Fare sport all’aria aperta è più sostenibile se questi spazi non vengono rispettati. Un modo per preservare ogni giorno l’ambiente mentre si fa sport è prestare attenzione alle modalità di produzione e alle sostanze che compongono la nostra attrezzatura sportiva. E’ importante selezionare i prodotti e i capi sportivi realizzati senza l’uso di sostanze chimiche e Pfc, perfluorocarburi e altre sostanze pericolose per l’ambiente. Tra gli altri accorgimenti che possiamo prendere c’ è l’uso di borracce riutilizzabili plastic free o il consumo, prima e dopo l’attività fisica, di cibi semplici e naturali invece di barrette energetiche costose e inquinanti; potremmo pure evitare l’uso di integratori e di sostanze dopanti che sono composti chimici dannosi e ad alto impatto ambientale. Altri aspetti da considerare sono limitare lo spreco di acqua durante le docce. Per concludere, praticare sport all’aperto è salutare e deve essere un’attività a basso impatto ambientale perché bisogna godere di un ambiente sano e non inquinato.