Cosa ci rende differenti dagli animali?
Questa stessa domanda si sono posti i ricercatori del "Primate Research Institute" dell'università di Kyoto, che ha portato grazie allo studio degli scimpanzè alla scoperta di nuovi aspetti riguardanti la loro memoria e la nostra evoluzione.
Insieme al Japan Monkey Center, il professor Tetsuro Matsuzawa, ricercatore Giapponese dell'Università di Tokyo, ha fondato nel 1967 l'istituto di ricerca Sky Lab, nel quale 60 specie e oltre 1000 primati vivono in un ambiente che simula il loro habitat naturale. Di loro spontanea volontà possono intrattenersi in una sorta di gioco in cambio di una ricompensa in cibo.
Questo gioco consiste nella memorizzazione di una serie di numeri distribuiti su uno schermo (touch screen, per facilitare l'interazione dello scimpanzè) mostrati per un breve periodo di tempo e successivamente oscurati, che il soggetto dovrà essere in grado di selezionare in ordine numerico crescente.
Gli esperimenti mostrano che i primati hanno ottenuto risultati decisamente migliori di quelli umani: i primi infatti riescono a memorizzare correttamente una sequenza di 9 numeri in mezzo secondo, mentre l'uomo, pur concentrandosi diversi secondi sul monitor, non riesce comunque a completare il test correttamente.
Noi non riusciamo a completare questo test correttamente... perchè parliamo.
Il linguaggio: cardine della nostra evoluzione
Circa 7 milioni di anni fa nelle savane vivevano i CHLCA (Chimpanzee - Human Last Common Ancestor), gli ultimi antenati comuni tra gli uomini e le scimmie. Alcuni esemplari, quelli più deboli, vennero cacciati dagli alberi della savana dove quotidianamente vivevano e si ritrovarono costretti a cooperare, condividere e assegnarsi ruoli in una società per sopravvivere nelle pianure ostili e il sistema più efficace per comunicare era l'invenzione di simboli comuni che si riferivano a cose comuni: il linguaggio. Fin dall'antichità l'uomo ha differenziato il proprio metodo di comunicazione da quello degli altri animali data la necessità di comunicare non solo avvenimenti presenti e certi, ma anche vicende passate o futuri ipotetici: è la condivisione perciò che fa di noi ciò che siamo. Ma una nuova struttura cerebrale adibita al linguaggio non è comparsa dal nulla: alcune strutture adibite ad altri compiti sono state sacrificate e l'area adibita al linguaggio si è ampliata riducendo l'area della memoria a breve termine: questo compromesso tra la memoria a breve termine e il linguaggio è l'ipotesi del compromesso cognitivo.
Gli scimpanzè, vivendo in un ambiente ostile, devono sempre essere cauti e pronti a reagire contro predatori e nemici. Per esempio nel caso in cui il loro territorio venisse attaccato, devono essere in grado di stimare l'entità del pericolo più rapidamente e precisamente possibile. Questo è il motivo per cui riescono ad ottenere risultati così sorprendenti: essi possiedono una memoria a breve termine molto sviluppata, dato che non hanno avuto la necessità di dare vita a un linguaggio complesso.
I primati, tesoro per la neuroscienza.
Gli scimpanzè, e i primati in generale, sono la specie geneticamente più vicina a noi umani. Lo studio di questi è iniziato solamente 60 anni fa, ma la longevità media di un primate è di 50/60 anni. Dobbiamo quindi avere pazienza in questi studi, ed è assolutamente necessario preservarli dal rischio di estinzione. Circa il 60% sarebbe minacciato da questo rischio. Essi, infatti, non solo svolgerebbero un ruolo fondamentale nella cultura e nella religione di alcune società, ma offrirebbero anche la possibilità di studiare la minaccia delle malattie emergenti, la biologia umana e la sua evoluzione.
Qui riportiamo un video molto interessante su questo argomento: