attualità
TIK TOK
di Carlotta Salierno e Virginia Paoloni
Snapchat, Facebook, Instagram, Pinterest, Twitter (X), Linkedin… questi sono i social media più usati al mondo. L’università di Carnegie Mellon in Pennsylvania ha calcolato che in un anno si sono registrate circa 170 vittime causate solo da selfie scattati in posti pericolosi, senza contare poi le challenge pericolose e le persone che si fingono minorenni per adescare bambini e far loro del male.
Tiktok può essere usato per farsi strada nella vita e nella carriera, per la vendita, per informare su novità, mode, abitudini, per comunicare, e quindi ha una valenza positiva in quanto collega più parti del mondo in pochissimo tempo. Ma c’è sempre l'altra faccia della medaglia e anche in questo caso, sono presenti aspetti negativi. È stato provato dagli studiosi che i social media sono molto pericolosi perché aumentano la probabilità di generare ansia, depressione e solitudine, in casi più estremi c’è anche il rischio di arrivare al suicidio.
Tik Tok è il social media più conosciuto al mondo insieme a Instagram.
In Canada, negli Stati Uniti e anche in alcuni posti dell’Europa è vietato scaricare Tik Tok negli smartphone di lavoro, ma anche altre app Cinesi .
Questo sito è scaricabile solo dai 12+ ma ci sono tantissimi genitori che permettono ai figli di scaricarlo prima. In Corea del Sud e Indonesia ce ne vogliono almeno 14 di anni. La cosa peggiore è che i ragazzini che lo usano non conoscono il senso del pericolo.
Qui sotto solo alcune delle challenge che hanno provocato gravi danni e perfino la morte di chi le ha provate, quindi sconsigliamo vivamente di seguire chi vi suggerisce delle pratiche simili, perchè non vuole il vostro bene ma tenta di farvi del male:
Blackout e hanging Challenge consiste nel mettersi una cintura attorno al collo e rimanere senza respiro. Chiaro è che questo gesto genera la morte di chi lo ha provato, in quanto non si riesce a reagire in mancanza di ossigeno nel cervello.
Boat Jumping, prevede il salto da una barca in movimento nella schiuma prodotta dal motore. E’ una bravata che costa la vita in quanto l’impatto con l’acqua è come uno schianto contro un muro di cemento e in più ci si può ferire gravemente con l’elica del motoscafo.
Eyeballing, consiste nel mettere Vodka e altri alcolici come collirio, gesto che provoca danni devastanti sino ad arrivare alla cecità.
Skull Breaker Challenge, (sfida spacca cranio) . Si “gioca” con 3 persone: uno sta in mezzo e quando salta gli altri due gli fanno lo sgambetto fino a farlo cadere di schiena a terra. L’impatto è molto forte e la vittima rischia di sbattere la testa violentemente con conseguenti gravi danni.
Fire challenge consiste nel mettersi addosso delle sostanze infiammabili e darsi fuoco cercando di spegnerlo il più velocemente possibile. Molti adolescenti sono finiti in ospedale in seguito a gravi ustioni che li hanno deturpati per tutta la vita.
PARITÀ DI GENERE: SOGNO O REALTÀ?
di Benedetta Morea
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”
Con queste parole l’art.3 della Costituzione Italiana sancisce che, a prescindere dalle differenze presenti all’interno della società, davanti alla legge siamo tutti uguali.
Ciononostante, come recita un vecchio ma saggio detto: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. E in questo contesto, più che il mare dovremmo dire l’oceano, soprattutto per quanto riguarda la parità di genere…
Come sappiamo, il percorso di emancipazione femminile è un concetto relativamente nuovo rispetto ai secoli di storia in cui le donne sono sempre state considerate, sia dal punto di vista umano sia intellettuale, inferiori agli uomini.
Basta pensare che in Italia le donne hanno conquistato il diritto di voto soltanto nel 1945 e che i lavori della Commissione dell’Assemblea Costituente per stilare la Costituzione furono elette 21 donne su 556, di cui soltanto 5 presero effettivamente parte ai lavori.
“Pari dignità sociale senza alcuna distinzione di sesso”, recita l’art.3 della Costituzione Italiana; ma quanti femminicidi violano ancora oggi questa dignità?
E’ molto recente l’ennesimo episodio di violenza fisica culminata nell’omicidio della 23enne Yana Malaiko, uccisa dall’ex fidanzato incapace di gestire in modo sano la frustrazione per essere stato lasciato dalla ragazz, evidentemente considerata da lui come un oggetto di sua proprietà e non una persona con pari dignità le cui scelte vanno rispettate.
Ma come possiamo pensare a una soluzione a breve termine di questo problema quando fino al 1968 in Italia era ancora in vigore il reato di adulterio femminile, che prevedeva per la donna la reclusione fino ad 1 anno di tradimento?
Oppure che occorre aspettare il 1981 per vedere abrogata la rilevanza penale del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, secondo il quale un uomo artefice di uno stupro poteva “riparare” al suo atto semplicemente sposando la vittima?
Per non parlare del diritto allo studio, privilegio riservato al genere maschile fino al 1859, quando fu concesso alle donne il diritto di frequentare i licei mentre dobbiamo attendere il 1876 affinchè le donne possano accedere finalmente agli studi universitari.
Pensate davvero, però, che questa “concessione” rappresenti la svolta decisiva per le donne? Come può esserlo, quando ancora oggi all’interno della famiglia è la donna a trascorrere la maggior parte del tempo alle cure dei figli?
Infatti, non più tardi del 2019 38mila donne sono state costrette ad abbandonare il proprio lavoro per l’impossibilità di conciliare la vita professionale con quella familiare.
E neanche per le fortunate è così semplice. Ce lo dimostra il fatto che soltanto 1 donna su 4 ricopre posizioni dirigenziali e, a parità di impiego, le donne guadagnano tra il 18% e il 20% in meno rispetto agli uomini.
Come possiamo fare, allora, affinchè le generazioni future possano rendersi artefici di un definitivo cambiamento in tal senso? E’ necessario mettere in atto dei percorsi educativi a scuola e in famiglia per educare i bambini al rispetto dell’altro, percorsi che insegnino loro che la diversità è un arricchimento e non una minaccia per la propria identità e dignità.