IL CAVALLO
Un animale che mi ha da sempre affascinato in tutta la sua imponenza e bellezza è sicuramente il cavallo.
Per me avere un animale come amico è importante perché, oltre ad avere un fedele compagno che non ti lascerá mai, ti può insegnare dei grandi valori, come prendersi cura responsabilmente di qualcuno, imparare ad avere pazienza e rispettare le sue esigenze. Ci sono persone a cui non piace avere tra i piedi dei buoni amici, anche se secondo me la loro presenza e compagnia sarebbe un grande aiuto.
Il mio sogno da quando sono piccola è diventare la padrona di un cavallo, ed anche se questo non si è ancora avverato, io continuo a crederci. Sono consapevole del fatto che per mantenere un animale grande come il cavallo c’è bisogno soprattutto di una lunga cura che deve venire effettuata tutti i giorni obbligatoriamente, ma anche una grande possibilità economica. Il cavallo è un equino di grossa mole, perciò richiede un grande spazio dove vivere, tanto cibo ed emotivamente la compagnia di altri esemplari essendo un animale da branco, che di conseguenza soffre la solitudine.
Io sono una fantina o cavallerizza che pratica equitazione all’americana da ormai quasi sette anni, ho scelto questo animale perché in questo lungo percorso da allieva che sto ancora portando avanti e che non mollerò mai, ho captato sempre di più qualcosa che c'è in questi animali e che mi sanno trasmettere. Purtroppo o fortunatamente questa cosa non la si può descrivere: secondo veri esperti e appassionati che hanno dedicato tutta la loro vita a questo, non tutte le persone che partecipano al mondo dell’equitazione riescono a percepire quell'ignoto calore che ti colpisce nei momenti in cui sei a contatto con loro e li guardi negli occhi. Non ho ancora capito cosa sia che mi provoca questa sensazione strana, ma io riesco a sentirla veramente.
Oltre a questo rimango una ragazzina che sogna un giorno di sfrecciare in sella al suo cavallo tra i prati senza fine ombreggiati dalle sfumature calde del tramonto e che potrà finalmente dire: “Ho realizzato il mio sogno".
Angelica S. 1D 20/03/23
Tema di italiano
Asiago, 29 ottobre 1917
Caro fratello,
come state tu e la mamma? Vi manco?
Voi tantissimo.
Ora io mi trovo oltre il Piave.
Scusa tanto se non ti ho scritto prima, ma dovevi darmi il tempo di risistemarmi, dopo quell’orribile disfatta a Caporetto.
Ho visto cose che nemmeno un testo pieno di disegni sarebbe in grado di spiegare. Se adesso dovessi scrivere un libro riguardante questo momento, nessuno dei miei coetanei o uomini più vecchi lo acquisterebbe, neanche l’uomo più coraggioso. Il motivo è che la copertina sarebbe troppo spaventosa, mostruosa, inguardabile e aprirebbe uno squarcio nei terribili ricordi di tutti. I miei di ricordi, invece, quasi non riesco a raccontarteli, tanto sono raccapriccianti e bui, ma ci proverò lo stesso.
Circa cinque giorni fa (ma non sono sicuro, sto iniziando a perdere la cognizione del tempo), mi trovavo vicino a Caporetto; come sempre si sentivano spari, esplosioni, grida di battaglia. Le armi cominciavano ad accumularsi nelle trincee tra: fucili, baionette, pistole, bombe.
Si vedevano volti impauriti distrutti e supplicanti che tutto finisse. I russi ci avevano abbandonati, ora i tedeschi e gli austro-ungarici sembravano più accaniti che mai, ad un certo punto…
…shock totale.
I nostri nemici ci avevano assaliti, avevano sfondato il fronte. Correvano contro di noi con le facce arrabbiate e gli occhi maligni, pieni di cattiveria, non ne avevo mai vista così tanta solo in un volto.
A quel punto io e tutti i miei compagni non sapevamo cosa fare e dove andare. Per un momento, che sarà durato qualche secondo, mi sembrava di vedere tutto a rallentatore, poi ho preso il mio fucile al volo e sono scappato, proprio come tutti gli altri. Il problema è che scappavamo senza ordine e senza ordini. Dovevamo metterci in salvo, ma dove?
In quel momento, so che sembrerà strano, ma le mie preoccupazioni sono ricadute su di te e sulla mamma. Continuavo a chiedermi se stavate bene, se eravate scappati, se avevate un tetto dove stare e del cibo da poter mangiare. Non solo, ho pensato anche a papà. Non ricevo mai sue notizie e non vorrei che gli fosse successo qualcosa.
Sai il tramonto che ogni sera osservavo con lui quando eravamo a casa? Da quando ci hanno separati non sembra che un ammasso di rosso che richiama tutto il sangue dei nostri compagni uccisi.
Ad ogni modo penso che tu sia curioso di tornare al nostro racconto.
I soldati nemici continuavano ad avanzare e non trovavamo riparo. Ragazzi di tutti i due fronti morivano o venivano feriti.
Siamo riusciti a sistemarci in questo nuovo fronte, lungo il Piave.
La voglia di tornare a casa è ogni giorno più forte. Adesso ci sentiamo tutti più deboli e la vera domanda è perché continuiamo a combattere, perché non ci arrendiamo e torniamo tutti dalle nostre care famiglie?
La risposta non è solo per difendere la patria, ma è per difendere i nostri cari.
Devo anche riconoscere che la paura inizia a sovrastare tutte le altre emozioni. Dal terrore ho anche difficoltà a pronunciare la parola guerra. Un consiglio che posso darti è di non supportarla mai, ma di sorridere sempre e solo alla pace.
Mi manca stare con te, giocare con te, immaginare e fantasticare con te. Qualsiasi cosa accada conserva questa mia lettera come ricordo e non dimenticarti di ascoltare la mamma e di aiutarla, so che sei e sempre sarai un ottimo figlio, ma soprattutto un ottimo fratello.
Non ho idea di quello che succederà e di come finirà, ma non preoccuparti non durerà ancora a lungo, e ti prometto che quando tornerò, se tornerò, appena ti rivedrò correrò verso di te e ti abbraccerò con tutte le forze che mi saranno rimaste, anzi ancora di più.
Ora purtroppo ti devo lasciare, probabilmente con mille dubbi, ma il generale mi sta chiamando.
Dì alla mamma di non preoccuparsi e ricorda che vi voglio bene.
Arrivederci dal tuo caro fratellone
Giacomo
India G. 3C
UNA TERRIBILE MAESTRA
Due mesi fa è arrivata una nuova maestra di matematica,
la signorina Greece.
Il suo aspetto non prometteva nulla di buono:
in una faccia rugosa e spigolosa brillavano due occhi con uno sguardo inquietante e sospettoso; sul naso aquilino spuntava un grosso neo, come quello di una strega.
Era sempre vestita con pantaloni larghi e una giacca color seppia che non si intonava per nulla con i suoi capelli rossicci, lisci e sciolti.
Quando c’era lei in classe regnava un silenzio di tomba
e se qualcuno osava parlare, se non interrogato, veniva spedito dalla preside, oltre a “beccarsi” un bel castigo.
Si arrabbiava se un alunno svolgeva male un compito e gridava:”Sei uno scansa fatiche!” con una voce gracida e fastidiosa.
Insomma, tutti la consideravano un mostro e avevano paura di lei.
A essere onesti però, spiegava la matematica in modo chiaro e preciso… sarebbe stata una brava insegnante.
Per nostra grande fortuna la maestra è stata spostata dopo poche settimane in un altro istituto e da noi è arrivata un’ insegnante brava ma soprattutto più “umana”.
28711/22 Gioele D. 1°b
La maestra…mostruosa!
Cari amici, restate seduti e ascoltate! Oggi vi racconterò della maestra più cattiva che abbia mai incontrato!
Tutto ebbe inizio il 31 ottobre di qualche anno fa (come ben sapete è la festa di Halloween), quando ero
ancora alla scuola primaria. Al cambio dell’ora ci stavamo preparando per andare a fare “dolcetto o
scherzetto” nelle altre classi: da giorni era già pronto tutto! Ma è arrivata lei, la maestra di matematica:
aveva gli occhi neri come il carbone, i capelli arruffati come un cespuglio e le sopracciglia sempre
corrucciate. Come se nulla fosse iniziò a fare lezione e noi, imbronciati, ci sedemmo. Leggeva parole di cui
noi non capivamo nulla. Era chiaro che non ci avrebbe mai e poi mai fatto fare festa!
Per fortuna a salvarci la giornata fu la maestra di inglese, che interruppe la noiosissima lezione e ci portò a
fare “dolcetto o scherzetto”!
…La maestra di matematica rimase in classe con i suoi esercizi!
21/11/22 Mattia Z.