Il metodo che viene utilizzato nelle sessioni di Passi segue lo schema CORPO-SIMBOLO-PAROLA, pensato in principio per le persone in movimento, in modo da superare l'ostacolo della lingua e permette anche a loro di accedere al sostegno alla salute mentale.
Ma perchè PASSI?
La realtà della rotta balcanica rende necessario approfondire nuove modalità di presa in carico della salute mentale delle persone in movimento.
Però.... perché?
La realtà dei campi profughi:
La modalità verbale con cui viene proposto il supporto psicologico incontra diversi limiti. Linguistici, culturali e di effettiva elaborazione dell'esperienza traumatica.
L'assenza di mediatori per ogni idioma impone l'utilizzo della lingua inglese come lingua di comunicazione e la difficoltà comunicativa con il terapeuta può incidere negativamente sul beneficio di un colloquio.
Per QUESTO PASSI! Modalità di supporto psicologico non verbali permettono di andare oltre all'inevitabile GAP linguistico.
La dimensione del campo profughi è spesso un periodo di transizione per le persone in movimento, segue la fuga dal Paese di origine e precedere l'acquisizione di uno status legale definito. Un periodo di transizione che spesso si rivela essere prolungato nel tempo, segnato da indeterminatezza, provvisorietà e dal dubbio continuo ed estenuante sul proprio futuro.
La salute mentale e il progetto migratorio sono strettamente collegate all'esperienza del campo. Esperienza che non dipende dal fenomeno migratorio di per sè.
Lo spazio del campo è una scelta deliberata dei governi per gestire la mobilità delle persone, che si trovano confinate in spazi sempre più lontani dai centri abitati e spesso privi di spazi privati.
Anche per QUESTO MOTIVO PASSI! Uno spazio di elaborazione personale della propria esperienza dove incontrare il gruppo e creare legami attraverso la condivisione emotiva.
Per andare oltre i limiti linguistici, attraverso il corpo in movimento
Per permettere un linguaggio adeguato all'espressione di vissuti drammatici potenzialmente traumatici: perchè l'esperienza drammatica non può essere elaborata cognitivamente: rimane "intrappolata" nel corpo. L'elaborazione dell'esperienza spesso avviene solo a livello somatico ed emotivo e dunque non si può esprimere a parole. Sarebbe il tentativo di rendere verbale un'esperienza che per natura è a-verbale.
Lo strumento del corpo permette di ragionare in un'ottica transculturale: La modalità verbale in un rapporto individuale con il professionista, è una modalità occidentale di intendere la cura. Usare il corpo in movimento in una relazione di cura permette così di tenere insieme differenze culturali e diverse modalità di espressione dell'esperienza.