21 Dicembre : Il cuore umile e semplice dei pastori
Il racconto del Natale è fatto di gesti semplici e quotidiani che passano inosservati: una maternità divina conosciuta solo da Elisabetta, la vera paternità conosciuta solo da Giuseppe, tanto che in paese Gesù viene definito figlio del falegname: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo” (Mc 6,3).
Solo chi ha il cuore semplice e forgiato dalle fatiche della vita sa leggere sotto le apparenze di eventi quotidiani come la nascita di un bambino, un mistero che li trascende: “C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e […] disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». […] Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori” (Lc 2,8-18).
Spunti di meditazione
L’incontro dei pastori nel cuore della notte con questa famiglia apre il loro cuore alla meraviglia: sono proprio loro i primi a poter guardare Dio in questo bambino. Tutti i profeti avevano sognato questo incontro e non erano stati esauditi. Da qui lo sconcerto ma soprattutto la decisione unanime di lasciare incustoditi i greggi per andare a vedere questo mistero, come Mosè con il roveto che bruciava senza consumarsi.
Il mistero di Dio è sempre ineffabile ed ogni parola è inadeguata per esprimerlo. Questo è l’atteggiamento vero per pregare: stare davanti al Signore in un silenzio di contemplazione perché proprio in questo silenzio risuona la Parola di Dio che comunica sé stesso. Le parole servono solo per fare comprendere poi agli altri quanto abbiamo contemplato. Dalla contemplazione nasce la comunicazione della fede, altrimenti è solo parlare della fede.
Salmo 12 La Parola dell’uomo e la Parola di Dio
Mentre l’uomo usa del dono della parola per le menzogne, Dio parla
per salvare.
Salvami, Signore! Non c’è più un uomo giusto;
sono scomparsi i fedeli tra i figli dell’uomo.
Si dicono menzogne l’uno all’altro,
labbra adulatrici parlano con cuore doppio.
Recida il Signore le labbra adulatrici,
la lingua che vanta imprese grandiose,
quanti dicono: «Con la nostra lingua siamo forti,
le nostre labbra sono con noi:
chi sarà il nostro padrone?».
«Per l’oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
ecco, mi alzerò - dice il Signore -;
metterò in salvo chi è disprezzato».
Le parole del Signore sono parole pure,
argento separato dalle scorie nel crogiuolo,
raffinato sette volte.
Tu, o Signore, le manterrai,
ci proteggerai da questa gente, per sempre,
anche se attorno si aggirano i malvagi
e cresce la corruzione in mezzo agli uomini.
Commento
Quando manca la fiducia le parole diventano menzognere e cercano di sopraffare chi non è capace di difendersi. Solo il Signore può custodire chi osserva la sua Parola quando gli empi girano intorno. Le sue Parole sono preziose come l’argento senza scorie per cui vale la pena osservarle.
Preghiera conclusiva
Signore, quante volte ogni giorno parlo per niente, per gelosia, orgoglio, superbia ed arrivo anche a denigrare perché voglio apparire grande. Questo comportamento mostra che in me non dimora la tua Parola. La menzogna che a volte ho sulle labbra è figlia del chiacchiericcio mentre la verità è figlia del silenzio. Signore, aiutami a tacere.