Quadriennale di Roma studiovisit 2023 

di Alessandra Troncone

Quadriennale di Roma studiovisit 2024 

di Marcello Francolini

Elisa Laraia

Nata a Potenza nel 1973. vive tra Napoli e Potenza

Artista e Direttora Progetto LAP Laboratorio di Arte Pubblica

Docente di Videoinstallazione dell’Accademia di Belle Arti di Napoli.

Docente di Laboratorio Audiovisuale, Dipartimento Scienze Sociale dell’Università Federico II di Napoli

Docente di Public Art and New Media alla Middlebury College Summer Language Schools, Vermont, USA

 

Artista e Antropologa Visiva sceglie l’Europa, gli Stati Uniti e la Cina come terreno fertile di viaggi e sperimentazioni. Nel 2001 consegue il diploma di laurea in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna e approfondisce i suoi studi presso l’Università Paris 8 di Parigi e la Wimbledon School of Art di Londra. La sua ricerca è tutta incentrata sui temi dell’identità esplorata attraverso la pratica dell’Arte Pubblica. Nel 1999 realizza il primo dei suoi numerosi interventi di Arte Pubblica nella manifestazione Oltre il Giardino a cura di Roberto Daolio in Emilia Romagna. Partecipa a residenze Artistiche sui temi dell’Arte Pubblica, come quella presso l’18th Street Arts Center di Los Angeles, nel 2017. Critici tra i quali Bruno Di Marino, Eleonora Frattarolo, Dede Auregli, Antonella Marino, Dores Sacquegna, Rosalba Branà, Rosalba Paiano, Mili Romano hanno scritto di lei e curato le sue maggiori esperienze espositive personali e collettive dal 2000 ad oggi in Gallerie Private e Musei, come la GAM di Bologna, la Biennale Giovani artisti del Mediterraneo di Sarajevo, la XIV Quadriennale di Roma, la 54° Biennale di Venezia alle tese di San Cristoforo Arsenale Nord. Importanti nel suo percorso sono, a Bologna, il progetto Orfeo Hotel contemporary art project, opera d’arte in progress sul concetto di Scambio Identitario, dal 2004 al 2006, e la co-curatela, dal 2006 al 2009, della manifestazione annuale “Art for Art’s Shake” Osservatorio internazionale sull’arte al femminile.

Dal 2009 ha ideato e dirige in Basilicata il LAP Laboratorio di Arte Pubblica, che ha l’obiettivo di realizzare un ritratto etnoantropologico della società contemporanea.

"La mia ricerca è tutta incentrata sui temi dell’identità e si concentra sin dal 1999 sull’Arte Pubblica, nell’accezione di arte che si costruisce negli spazi urbani con le Comunità per le Comunità. Nei primi interventi di Public Art prediligo la performance e l’installazione per arrivare dal 2005 alla prima produzione dal titolo Private Conversation, opera che mi accompagna ancora oggi: video proiezioni su architetture urbane che ne svelano i vissuti interni nell’ottica del trasferimento del privato nel pubblico. Ed è proprio nell’ottica dell’antropologia culturale e della subcategoria più specifica dell’estetica transculturale, nel cui ambito opero da 20 anni, concependo l’arte non come oggetto ma come forma culturale specifica di un determinato contesto, di cui racconto aspetti dell’identità individuale e collettiva. L’identità sospesa tra pubblico e privato, la dialogicità costante tra identità individuale e collettiva, mi guidano nella creazione di un messaggio che vuol essere contributo alla risoluzione dei conflitti, delle criticità della società contemporanea, attraverso un confronto costante con il fruitore-attore al quale conferisco la co-autorialità dell’opera. È dentro questa concettualità di fondo l’opera LAP Laboratorio di Arte Pubblica, progetto che ho ideato e che dirigo dal 2009. Lavoro su tre concetti di Spazio: lo Spazio fisico, la storia del luogo; lo Spazio rappresentato, il luogo dove accade l’opera; lo Spazio vissuto: lo spazio sociale, lo spazio dell’esperienza che riguarda la relazione tra le persone e l’opera, la relazione tra me e le persone, le comunità che accolgono la mia opera. La metodologia di lavoro del LAP, prevede in una prima fase un periodo di residenza dello staff, di cui sono parte e che dirigo, nella città coinvolta nel progetto, per ascoltare e raccogliere il racconto della storia della comunità attraverso le voci dei cittadini. Tutta la comunità, tutte le persone che la compongono, sono le protagoniste di questa azione artistica collettiva, atta a produrre materiale di documentazione audiovisivo in chiave etnoantropologica del contesto, che convergerà in un video di sintesi. I Laboratori Urbani si svolgono nelle strade delle città, nelle piazze, nei giardini pubblici, dove le comunità vengono prima coinvolte con questionari, poi in un libero dialogo. Le domande poste ai cittadini, colti nel loro vivere quotidiano, costituiscono la base delle video interviste, ma è l’autenticità delle risposte il fulcro del Laboratorio Urbano, che riprende il filone della mappatura etnoantroplogica caratteristica sia dell'antropologia visuale sia dell’arte pubblica. I cittadini sono coinvolti, con una forte attenzione ai soggetti svantaggiati, per fasce d'età, dai 7 ai 90 anni, in modo che ciascun individuo e ciascuna generazione possano manifestare le proprie potenzialità espressive. I bambini e gli studenti portano la spontaneità delle loro aspettative e dei loro sogni, gli adulti la loro esperienza fatta di mature riflessioni sul mondo, di delusioni, ma anche e non meno di speranze per il futuro, gli anziani e i vecchi la ricchezza della propria memoria personale e storica, basata sulla propria lunga esperienza di vita. Attraverso i Laboratori Urbani queste diverse prospettive si distanziano e/o si fondono, costruendo una dimensione corale della narrazione. La seconda fase prevede l’Evento di Videoinstallazione. Al termine dei laboratori urbani, dopo una fase di video editing, le video interviste vengono proiettate su architetture storiche, videoinstallazione che lavora sul concetto del trasferimento del vissuto privato nel pubblico. Le immagini dei volti dei cittadini illuminano le architetture, le voci e i volti della comunità si propagano nello spazio urbano, diventando fruibili dall’intera comunità, ciò nell’ottica di favorire le relazioni all’interno della comunità stessa attraverso la rilettura della propria storia individuale e comunitaria, in un'ottica di condivisione. Se l’evento di Urban Screen con un forte impatto emotivo conclude l’esperienza nel luogo in cui è iniziata, lo Spettacolo Multimediale che ne scaturisce, in una dimensione itinerante, ha l’obiettivo e le potenzialità di trasferire le esperienze da un luogo all’altro, da un tempo all'altro, evidenziando similitudini e differenze e favorendo lo scambio di tradizioni e di conoscenze tra comunità territorialmente e culturalmente diverse. L’Arte Pubblica in un’ottica globale offre una chiave di lettura comportamentale-antropologica della società umana, l’Arte Pubblica può riempire/colmare i vuoti sociali che sono determinati e che determinano conflitti interni alle comunità. La mia ricerca è solida e concreta, mi assumo la responsabilità nei confronti della società contemporanea, cosa che per me è il ruolo primo dell’artista. Parlo di un messaggio, quello che porto avanti, che vuole avere in sé un carattere di specificità e universalità culturale. Credo che, solo riferendosi a contesti specifici, si possa arrivare a portare il mio messaggio a livello universale. Ciò può avvenire saldando la frattura, che in genere caratterizza l’arte, tra artista e fruitore: il fruitore è posto al centro, quando, come dicevo, gli viene attribuita l’autorialità dell’opera, e da fruitore diventa attore e co-autore. La mia pratica di Arte Pubblica, deve essere intesa come Arte nell'interesse pubblico / per interesse pubblico, Arte Partecipativa, come processo e pratica dell’opera dentro le dinamiche sociali, con ricadute non solo emozionali, bensì conoscitive ed educative, risolutrici di conflitti.