Negli ultimi anni i talebani dell’audio valvolare sembrano pronti a crocifiggere qualsiasi forma di tecnologia moderna, soprattutto quella di alto livello. È la solita storia della volpe e dell’uva: quando non si può raggiungere qualcosa, la si dichiara “acerba”.
E così, per alcuni, la valvola diventa improvvisamente “superiore”, “magica”, “tecnologicamente avanzata”.
A me — che amo le valvole e ci gioco volentieri — questa cosa fa sorridere e preoccupare allo stesso tempo.
Perché diciamolo chiaramente: chi mai, con un minimo di lucidità tecnica, metterebbe una valvola sul piedistallo della tecnologia avanzata al posto dell’elettronica moderna?
Basta pensare a un buon finale a transistor per capire perché è stato inventato.
Sento già gli audiofili urlare: “Tecnologia valvolare e basta!”.
Però c’è un piccolo dettaglio: un amplificatore a transistor da 30 watt per canale, se ben interfacciato, surclassa senza pietà quei monotriodi indiani mangia‑corrente, poco sicuri e dalla resa quasi simbolica.
Parliamo di apparecchi che assorbono anche 200 watt per tirarne fuori 3 per canale… e poi vengono descritti come vellutati, delicati, poetici.
Per me, quel tipo di monotriodo è più cacofonia che stereofonia.
Esistono amplificatori a valvole eccellenti, certo.
Ma non sono quei monotriodi da usare come candelabri ai party.
Come si può paragonare una coppia di 2SC3281 e i complementari 2SA1308 — montati su un finale stereo ben progettato — con un valvolone dorato che divora corrente e portafogli?
Non c’è storia.
Si va alla deriva.
In questo sito trovate di tutto: considerazioni, esperienze, riparazioni di finali a transistor che ho posseduto per anni e che suonano davvero.
Trovate anche un bellissimo finale a valvole dual mono con alimentazione separata e un pre dedicato.
Ma non troverete mai lagne o latrati mistici: solo tecnica, esperienza e realtà.
La valvola è fatta di elettrodi, emette elettroni e per questo viene definita “elettronica”.
In parte vero, in parte no: è più elettromeccanica che elettronica moderna.
Il transistor invece è hardware puro, silicio, precisione, non vetro e metallo.
Capisco la passione, la condivido.
Ma paragonare il fattore di smorzamento di un buon finale a transistor con quello di un monotriodo…
beh, mi ricorda i tempi bui dei televisori a valvole in bianco e nero.
L’altro giorno ho testato un Pioneer serie 9000.
Finale a transistor, 45 anni sulle spalle.
Fattore di smorzamento: circa 30.
Risultato?
Alzando il volume sbatacchiava i coni, e non per la potenza: lo faceva anche a basso livello.
Ora immaginate un amplificatore a valvole con fattore di smorzamento 2.
Un pianto.
Ecco perché i finali a valvole richiedono un’interfaccia casse mirata, precisa, ragionata.
Altrimenti è un disastro annunciato.
I finali a valvole sono bellissimi, affascinanti, emozionanti.
Ma sono impegnativi, consumano molto, scaldano, e a seconda di valvole e trasformatori rischiano arrosti continui.
Provate a tenere un finale valvolare acceso H24 come nei centri commerciali:
manderebbe in rovina chiunque, solo di manutenzione.
Quindi, lasciamo perdere i miti arcaici.
La valvola ci ha servito per anni, merita rispetto, ma non ha poteri magici.
E non è come la descrivono i talebani audiofili.
PUNTO.