Agricoltura rigenerativa

La questione agricola nel contesto della crisi globale

Segnalaci realtà che promuovono la sovranità alimentare e l'agricoltura biologica/biodinamica di prossimità (mandandoci nome, luogo e qualche informazione). Li inseriremo nella Mappa di comunità.

Progetto Verona CQ (lug. 2021)

di Monitoraggio dei pesticidi nella provincia di Verona

Controllo della qualità ambientale delle zone agricole veronesi

Agricoltura e pace: ricostituire un'antica saggezza (set. 2020)

Se ragioniamo sul funzionamento di un'economia basata sui bisogni, ci rendiamo presto conto che uno dei primi punti da trattare è l'agricoltura. E' stato per me sorprendente vedere la sintonia con cui alcuni dei miei "utopisti preferiti" danno priorità alla questione agricola. Essi tracciano per noi una rotta verso la pace, che passa proprio da questo fondamentale elemento economico, su cui è incardinato il rapporto tra la società umana e l'ambiente che la sostiene.

Agricoltura per la pace - la prospettiva bahá’í

Il “problema si risolve incominciando dall’agricoltore; così potremo gettare le fondamenta di un modello e di un ordine, giacché… la classe degli agricoltori eccelle su ogni altra per l’importanza dei suoi servigi”. Le riforme economiche e sociali dovranno partire proprio dall’ambito dell’agricoltura, che invece è oggi trascurata. Una volta risanata questa, anche tutti gli altri problemi saranno a poco a poco raddrizzati.

La Fede Bahá'í, consapevole che lo scopo dell’uomo sulla terra è di "far avanzare una civiltà in continuo progresso", legge l’attuale momento storico come un periodo di transizione: "l’unità familiare, l’unità della tribù, della città stato e della nazione sono state una dopo l’altra tentate e pienamente conseguite. L’unità del mondo è la meta per la quale quest’afflitta umanità sta lottando".

Questa frase sembra ben lontana dalla realtà di tutti i giorni, sempre più complicata da problemi e complicazioni, crisi e difficoltà, una realtà nella quale l’abuso e la sopraffazione spesso prevalgono sul rispetto dei valori umani.

La Fede Bahá'í indica chiaramente qual è il punto di partenza, quale dev’essere il fondamentale oggetto dell’attenzione degli studiosi e degli economisti, il primo settore da riedificare.

Il “problema si risolve incominciando dall’agricoltore; così potremo gettare le fondamenta di un modello e di un ordine, giacché… la classe degli agricoltori eccelle su ogni altra per l’importanza dei suoi servigi”. Le riforme economiche e sociali dovranno partire proprio dall’ambito dell’agricoltura, che invece è oggi trascurata. Una volta risanata questa, anche tutti gli altri problemi saranno a poco a poco raddrizzati.

Se si esamina attentamente la situazione, si osserva infatti che l’agricoltura rappresenta la base di tutto il sistema economico e sociale: dall’agricoltura si traggono le principali fonti di sostentamento e ad essa sono collegati la maggior parte dei campi occupazionali che dipendono dal prodotto agricolo primario.

L’agricoltura per la pace: proposte bahá’í

Lettera ai contadini sulla povertà e la pace - Jean Giono

[…] I tempi moderni hanno creato un’agiatezza che rende servizio al corpo dell’uomo solamente attraverso il denaro. I politici mi accuseranno ancora di voler tornare al Medioevo; lasciamoli perdere. Hanno solo l’importanza che si danno. […]


Discutendo del testo con Antonio Tesini, ho conosciuto questo altro testo, Lettera ai contadini sulla povertà e la pace di Jean Giono, che sembra risuonare e rilanciare potentemente l'idea bahá’í , rivelandocene dettagliatamente la profonda verità.
Perché non sorgere, e davanti a tanta barbarie sociale e politica, iniziare ad esercitare la "sovranità agricola"?

Certo, ci sarebbe da organizzare non solo i contadini, ma in base a questi anche gli altri settori produttivi, in modo che siano soddisfatti i bisogni del territorio.

Rinunciare alla dipendenza dal sistema del denaro (per quel che riguarda le cose essenziali) non è un vero sacrificio, è il prezzo della libertà.

Di seguito alcuni estratti, e il video di un bel reading di Simona Codrino e Franco Vaccaneo, utile per ascoltarlo mentre si fa qualcos'altro, per esempio l'orto...

Alcuni estratti del libro (presi dal sito Low living high thinking)

[…] I tempi moderni hanno creato un’agiatezza che rende servizio al corpo dell’uomo solamente attraverso il denaro. I politici mi accuseranno ancora di voler tornare al Medioevo; lasciamoli perdere. Hanno solo l’importanza che si danno. […]

Solo la parte di proprietà commisurata ai bisogni del suo proprietario s’adatta a questo proprietario; tutta la parte in eccesso a tale misura può soltanto adattarsi al sociale e non è più contadina. I due grandi sistemi sociali moderni – il capitalismo e il comunismo – sono sistemi di dismisura. Entrambi distruggono la piccola proprietà contadina. Il contadino non può accettare l’uno o l’altro senza diventare da una parte un capitalista e dall’altra parte un operaio. In entrambi i casi, smette di essere un uomo. [Oggi] la meta del contadino non è più vivere, è costruire un capitale. Lui crede che vivere significhi costituire un capitale. Crede che il capitale gli concederà una magnificenza irraggiungibile con la sola vita. E’ che non cerca più di mangiare, cerca di vendere. La prova del suo errore è che non riesce più a vendere. La prova dell’errore della vendita, in generale, è che il lavoro dell’uomo applicato logicamente al desiderio di vendere distrugge da sé la possibilità di vendere. E’ come un nodo scorsoio. L’uomo che non compie più gesti di vita non deve stupirsi se la vita si allontana da lui. Avete piantato il chiodo in una trave, avete attaccato la corda, ve la siete annodata al collo, avete quasi rovesciato lo sgabello e ora gridate: “Mi strangola!”. Di cosa vi stupite? Per vivere, ci si comporta diversamente. Cosa volete? Le gioie dell’aldilà del denaro, il paradiso che vi promettono i soldi, oppure la vita di quaggiù? Bisogna scegliere, e non reclamare una cosa quando s’insegue l’altra. […]

Avete subordinato la vostra vita al denaro; il denaro è il prodotto del Governo; perché stupirvi di essere subordinati al Governo? Se per vivere dipendete da altri, oltre a voi stessi, perché stupirvi che questi altri siano padroni della vostra vita? […]

Ecco che voialtri, contadini, come gli operai, ora non avete il diritto di parlare della guerra. Non avete più il diritto di rifiutare la guerra. Si è fatta l’unanimità. Seminare frumento è divenuto un atto di guerra. E non crediate che l’atto di guerra sia la trasformazione operata dai chimici sul frumento. No, l’atto di guerra è quando un uomo possiede seicentomila chili di frumento, mentre gliene bastano seicento per cibarsi; è quando non regala il superfluo. Voi mi dite che seicentomila chili di frumento costano molta fatica e che non è giusto regalare una fatica tale. La verità è che non è giusto farla, quella fatica! La pace è la qualità degli uomini misurati. […] Quel che il sociale chiama povertà, per voi contadini è misura. Attualmente siete gli ultimi a poter vivere nobilmente con misura. E ciò vi dà una tale potenza che se accettate di vivere nella misura dell’uomo, tutto, intorno a voi, acquisirà la misura dell’uomo. Lo Stato diventerà quel che deve essere: il nostro servitore, non il nostro padrone. Avrete liberato il mondo senza battaglie. […]

Si vive una volta sola. Se ci si sa fare, la vita vale la pena di essere vissuta. La povertà vi insegnerà subito a saperci fare. Voi sciupavate la vostra vita per produrre un’eccedenza che nelle annate migliore riuscivate a scambiare col denaro dello Stato, ovvero con niente. Voi davate un po’ della vostra persona per niente. Insisto: niente. E non faccio per dire. E’ esattamente, matematicamente… niente!

Reading del testo
è inoltre possibile scaricare il file mp3 del reading

kodu, l'agricoltura dei bolo

kodu è la base agricola dell'autosufficienza e dell'indipendenza dei bolo. Il tipo di agricoltura, la scelta delle colture e i metodi sono definiti dall'esperienza culturale di ogni bolo. [...]

Riporto infine alcuni passi del testo utopistico comunitario bolo'bolo, dove parla di kodu (l'agricoltura) che aggiunge alcuni elementi interessanti alla nostra finestra sul futuro.


kodu è la base agricola dell'autosufficienza e dell'indipendenza dei bolo. Il tipo di agricoltura, la scelta delle colture e i metodi sono definiti dall'esperienza culturale di ogni bolo. [...]

Certi bolo dipendono maggiormente dagli scambi, poiché la loro alimentazione è molto diversificata. Altri, che utilizzano una cucina più monotona, sono praticamente autosufficienti.

L'agricoltura è parte della cultura dei bolo. Definisce il tipo di rapporto con la natura e con il cibo. Non si può descrivere a livello generale la sua organizzazione. Per certi bolo l'agricoltura è vista come una sorta di «lavoro» poiché altre occupazioni sono molto più importanti. Anche in questi casi il lavoro agricolo non pone mai gravi limiti alla libertà dell'ibu in quanto è suddiviso tra tutti i membri del bolo. In definitiva ciò rappresenta un mese di lavoro agricolo all'anno, o il 10% del tempo «attivo» disponibile. Se l'agricoltura è un elemento centrale dell'identità culturale del bolo, non c'è nessun problema, la si pratica con piacere e con passione.

In ogni caso l'ibu deve acquisire una sorta di «savoir-faire» agricolo, anche nel caso in cui l'agricoltura non sia considerata come un elemento cruciale dell'identità culturale, poiché è la condizione stessa dell'indipendenza di ogni bolo.

[...] Ogni ibu è un contadino.

Il kodu abolisce la separazione tra produttori e consumatori nel campo più importante della vita: la produzione di cibo. Ma kodu non è solo questo. Definisce anche l'insieme di rapporti che l'ibu ha con la natura, in quanto l'agricoltura e la natura non possono essere interpretate come nozioni separate - la nozione di natura è apparsa nel momento in cui abbiamo perso il contatto diretto, quando abbiamo cominciato a dipendere dall'agricoltura, dall'economia e dallo Stato.

Senza una base agricola autosufficiente, gli ibu o i bolo sono esposti al ricatto.

[...]

bolo'bolo, pagg 83-84