Tra i nemici delle api, sicuramente il primo posto spetta alla varroa . Varroa Destructor è un acaro parassita che si attacca all'ape adulta o larva e ne succhia l'emolinfa indebolendo la stessa per cui vittima anche di altre patologie portate da virus e batteri.
Descrizione e Definizione
E' una malattia endemica presente su tutto il territorio nazionale e in quasi tutto il mondo. Colpisce sia la covata sia gli adulti. E’ arrivata in Europa, e quindi in Italia dall'isola di Giava.
Eziologia
L’agente patogeno è un acaro parassita “Varroa Destructor”. In origine era parassita dell’Apis Cerana alla quale non reca danni.La varroa è di dimensioni paragonabili ad una capocchia di spillo, di color bruno-rossiccio e di forma ovale.L’acaro ha un apparato boccale pungente-succhiatore e si comporta da ectoparassita per tutta la vita sia sul corpo delle api adulte sia nella covata, prediligendo quella maschile. Ciclo Biologico Il ciclo biologico della Varroa si svolge in sincronia con quello dell'ape.Negli ambienti con stagione invernale fredda la varroa femmina sverna sul corpo delle api operaie, in primavera, quando riprende l'attività di ovideposizione da parte della regina, inizia anche la riproduzione dell'acaro.Poco prima dell'opercolatura delle celle di covata, quando le larve hanno 6-7 giorni se femminili o 7-10 se maschili, le varroe entrano nelle celle e si nutrono sul corpo dell’ape in sviluppo.Dopo circa 62 ore comincia la deposizione delle uova. Dal primo uovo ha origine una femmina che si sviluppa in 7-8 giorni, dal secondo uovo deposto nascerà invece, dopo 6-7 giorni, un maschio. L'accoppiamento avviene all'interno delle celle prima dello sfarfallamento , successivamente l'acaro abbandona la cella uscendo aggrappato al corpo dell'ape che sfarfalla.La varroa resta aggrappata con le proprie zampe al tegumento dell'ape e si nutre della sua emolinfa prima di insediarsi nuovamente in una cella di covata dove deporrà nuove uova.La suzione dell'emolinfa provoca delle lacerazioni nelle quali possono penetrare degli agenti patogeni causando effetti clinici all'ape nonché un suo sviluppo anomalo tanto che a volte l’ape nasce già deformata.Le varroe compiono sino a 7 cicli riproduttivi quindi muoiono di vecchiaia.
Sintomatologia
I sintomi si presentano maggiormente in tarda estate e si possono così riassumere:- a carico delle api adulte: riduzione del numero di api, api con difficoltà di volo, sostituzione della regina, abbandono dell’alveare- a carico della covata: covata irregolare, larve fuori posto nella celletta e liquefatte, larve color bruno.Il periodo più pericoloso è quello in cui non vengono più allevati i fuchi che sono quelli che attirano maggiormente le varroe.La varroa trasmette anche infezioni secondarie in particolar modo le virosi.
Contagio Ormai considerata una patologia endemica, l’infestazione si diffonde da un apiario all’altro con derive, saccheggi, commercio di sciami e di regine, raccolta di sciami, ecc..Anche certe operazioni di tecnica apistica in campo, da parte dell'apicoltore, ad esempio riunioni, rinforzi, divisioni, delle famiglie, possono contribuire alla diffusione della patologia. Valutazione dell'infestazione La patologia è diffusa nel 100% degli alveari, quindi non si deve diagnosticare la malattia, ma valutare il grado di infestazione nel corso dell’anno.· Se in primavera aprendo la covata da un fuco (circa 10) ne trovo 3 con la varroa, il livello di infestazione è preoccupante.· Moltiplicando per 100 la caduta naturale giornaliera, si può capire quante varroe sono presenti nell’alveare.· Se le api visibili sono con ali deformi o con l’addome di dimensioni ridotte, la covata si presenta irregolare, vuol dire che la famiglia inizia ad essere in pericolo.
Profilassi e Cura
Essendo la malattia endemica, i trattamenti sono indispensabili per poter far sopravvivere gli alveari. La profilassi della patologia può avvenire o con mezzi chimici o con prodotti naturali. Il problema della lotta con i mezzi chimici sono la farmaco resistenza e la residualità dei principi attivi usati sulle api.Invece l’utilizzo di prodotti naturali non ha mai dato origine a queste problematiche. I trattamenti vanno effettuati in assenza di melario e vanno eseguiti in piena estate (agosto) e in autunno-inverno.Esistono prodotti che non hanno obbligo di prescrizione veterinaria, mentre altri hanno l’obbligo della prescrizione veterinaria e devono essere inseriti nel registro dei trattamenti.Per il trattamento tampone che va eseguito non oltre i primissimi giorni di agosto è consigliabile l’utilizzo di prodotti naturali a base di timolo.Mentre per il trattamento di pulizia invernale è consigliabile l’utilizzo dell’acido ossalico gocciolato. Questo trattamento va eseguito nel momento in cui non ci sia più covata.Soluzione:-100 g di ossalico, 1 l di acqua, 1 kg di zuccheroQuesto trattamento se effettuato nel modo corretto da un’efficacia superiore al 90%. La soluzione va gocciolata sia sui favi, sia sulle stecche con 5 cc (ml) per favo coperto di api. L'acido ossalico può essere somministrato anche in forma sublimata, usando particolari attrezzature e cautele, non ultimi i DPI.
Malattia della covata per verificarne l'esistenza tutti telaini andrebbero scossi e verificati uno ad uno ed esaminati se sono in presenza della malattia, ci saranno le celle con opercoli scuri sforacchiati e sottoponendo le larve decomposte di colore bruno alla "prova filo" si è sicuri della malattia, ci sarà un inteso odore sgradevole.
"Il mal di pancia delle api" diarrea segni fecali evidenti e maleodoranti - va a braccetto con l'acariosi, problema di respirazione dell'ape, segni evidenti sono il tremore e l'incapacità di volare, si sviluppano generalmente in inverno o in primavera in seguito ad inverni rigidi e umidi in famiglie deboli o indebolite dalla varroa sono muffe/funghi.
Si tratta di muffe, è una malattia che colpisce il nido, la larva si pietrifica spesso si presenta bianca, a volte nera. Inverni rigidi e umidi danno il proliferare di questa muffa/fungo.
Si sviluppa prevalentemente nei favi da covata, prima di sfarfallare passa attraverso tre stadi, uovo, larva e pupa, ma non le uova. La conservazione dei telai in luoghi freddi permette di eliminare la tarma in tutti i tre stadi. Mangia la cera all'interno dell'arnia e inizia a diffondersi dal mese di Aprile/Maggio a seconda delle zone.
Gli scarafaggi Aethina Tumida si moltiplicano in numero elevato, le larve scavano tunnel e si insinuano nei favi, mangiano la covata, danneggiano il miele immagazzinato e infine distruggono le colonie infestate o causano il loro abbandono dell'alveare.
In sintesi è lo spopolamento dagli alveari della popolazione adulta di api, che provoca il collasso della colonia. Questo avviene quando le api bottinatrici non fanno più ritorno all'alveare, che perde in pochi giorni uno dei suoi ingranaggi più importanti. La prima reazione della colonia è una maggiore produzione di uova da parte della Regina nel vano tentativo di ripristinare le perdite. Vano in quanto la repentina mancanza delle bottinatrici non da tempo alla colonia di sostituire le perdite. Questo è dovuto dal fatto, che le api hanno un ciclo di vita e compiti ben definiti dove il ruolo di bottinatrice può essere svolto solo dalle api adulte.
Al momento le cause che sono alla base del CCD non sono del tutto chiare, ma è stata dimostrata una stretta relazione con l'introduzione delle colture OGM e l'uso di pesticidi così detti neonicotinoidi, che attaccano il sistema nervoso delle api.
I neonicotinoidi vengono utilizzati in agricoltura su colture come il mais, il girasole, gli agrumi, le pomacee, le drupacee, la vite, le orticole, il tabacco, le floricole, le ornamentali, i vivai di arboree ed arbustive, la concia delle sementi di barbabietola da zucchero, del cotone e dei tuberi di patata. Questa tipologia di pesticidi viene spruzzata sulle piante, ma ne vengono anche conciati i semi. Il contatto con l'ambiente di queste sostanze si registra poi in momenti ben distinti, durante la semina con la dispersione di parte di queste sostanze per cause meccaniche dai semi conciati e con l'utilizzo successivamente degli insetticidi sulle piante. Questi pesticidi quindi si disperdono nell'ambiente andando a contaminare per lungo tempo la flora e la terra in prossimità delle colture trattate anche a distanze notevoli.
Le api botinatrici vengono a contatto con i neonicotinoidi principalmente attraverso due vettori: l'acqua, che le api bevono dalla rugiada delle foglie delle piante o dalle pozze, contaminate dalle polveri dei pesticidi depositate sui terreni e le piante circostanti;dai nettari ed i pollini raccolti dalle api, che contaminati vengono prima consumati in parte dalle api bottinatrici per supplire al loro fabbisogno alimentare e poi trasportati nell'alveare. Nel caso in cui la dose di veleni non sia sufficiente ad ucciderle o stordirle tanto da farle perdere l'orientamento verso casa, ignare riporteranno i nettari ed i pollini contaminati nell'alveare innescando un lento, ma inesorabile avvelenamento di tutta la colonia che si protrae nel tempo.Una precisazione meritano le colture OGM in cui la pianta produce dei batteri che hanno funzione "insetticida" che quindi contaminano tutta la pianta compreso il polline e nettare consumato dalla api. Neonicotinoidi e OGM sono responsabili dell'indebolimento del sistema immunitario delle api rendendole vulnerabili a virosi ed attacchi funginei. In Germania sono state esaminate delle api che presentavano 5 diversi tipi d'infezioni contemporaneamente, un caso mai registrato prima dalla letteratura scientifica.
Vespa Velutina
Premessa
La Vespa velutina, comunemente chiamata Calabrone asiatico, per distinguerla dalla Vespa orientalis nota come Calabrone orientale, costituisce una seria minaccia per tutta l'apicoltura italiana.
E' un predatore la cui dieta è costituita in gran parte di api che caccia in prossimità dell'alveare. I danni non derivano solo dalle numerose bottinatrici predate ma anche dallo stress recato alla colonia che, sotto una continua predazione, azzera l'attività di volo e la deposizione delle uova, arrivando al collasso. La Vespa velutina è ormai diffusa in Liguria sulla riviera di ponente ed è stata individuata anche in Piemonte nella provincia di Cuneo.
Considerata la pericolosità della specie è assolutamente necessario cercare di individuare e distruggere i nidi e per far questo abbiamo bisogno della collaborazione di tutti gli apicoltori e non solo. Limitare la diffusione di questo insetto può voler significare la salvezza di molti apiari sul suolo toscano e nazionale.
Indice
Habitat e distribuzione in Europa
Criticità ed effetti su api e ambiente
Monitoraggio e metodi di lotta
Classificazione
Classe
Insecta
Ordine
Hymenoptera
Sottordine
Apocrita
Sezione
Aculeata
Superfamiglia
Vespoidea
Famiglia
Vespidae
Genera
Vespa
Specie
Vespa velutina
La Vespa velutina, come le api, è un insetto appartenente al genere imenotteri, un ordine di insetti molto vasto che comprende oltre 120.000 specie diffuse in tutto il mondo. Gli imenotteri si dividono in due sottordini: i Sinfiti, caratterizzati dall'avere l'addome unito al torace senza strozzatura, e gli Apocriti, sottordine a cui appartiene la velutina, con torace distintamente separato dall'addome.
La Vespa velutina appartiene alla famiglia Vespoidea (vespe e calabroni) e al genere Vespa che comprende due specie di calabroni molto simili per grandezza e morfologia alla velutina: Vespa crabro (calabrone giallo), comune in tutta la penisola, e la Vespa orientalis.
Morfologia
Proprio per le sue caratteristiche morfologiche un occhio inesperto può confonderla con specie vicine indigene appartenenti alla famiglia delle vespidae: Vespa crabro, Vespula spp., Dolichovespula spp., Polistes spp.
La Vespa velutina è lunga dai 19 ai 29 mm con un'apertura alare tra i 37 e i 49 mm.
Antenne: sono di colore nero sulla parte superiore mentre nella parte inferiore tendono al bruno
Capo: la parte frontale di colore giallo arancio mentre la parte superiore, visibile se si guarda il calabrone dall'alto è di colore nero.
Torace: riprende il colore nero o molto scuro della parte superiore del capo.
Zampe: primo tratto delle zampe scuro, gli ultimi 5 tarsi (la parte finale degli arti divisi in piccole sezioni) sono di colore giallo
Addome: primi tre tergidi addominali sono di colore bruno scuro con il margine posteriore di colore giallo giallo-rossastro. Il quarto tergite è quasi interamente di colore giallo con all'interno un triangolino nero. La parte terminale dell'addome è di colore bruno rossastro.
Per queste caratteristiche, in particolare la sua colorazione, un occhio esperto può facilmente distinguere la V. velutina anche in volo
Differenze tra sessi (simili a V. crabro): solo femmine soo dotate di pungiglione, parte terminale addome, lunghezza antenne
Differenze tra caste meno evidenti: non differenze nel pattern di colorazione, differenze
dimensionali ma altamente variabile e grande sovrapposizione (Perrard et al. 2012)
Da non confondere con...
La Vespa velutina ha caratteristiche morfologiche uniche che rendono il suo riconoscimento immediato se si conoscono le differenze tra i vari vespidae.
Sicuramente le somiglianze più spiccate sono con il calabrone giallo Vespa crabro.
Vespa cabro ha:
• dimensioni maggiori
• testa torace e zampe tendono al bruno rossastro.
• addome con solo i primi due tergiti scuri, mentre i restanti sono di colore giallo con macchie scure.
• zampe sono interamente di colore scuro e non di 2 colori
• le antenne sono di colore bruno rossiccio.
Morfologia nidi
I nidi sono costruiti con cellulosa impastata alla loro saliva e si differenziano in:
nidi primari, osservabili a fine inverno - inizio primavera, sono di piccole dimensioni e abitati dalla sola regina o da pochi individui. Data la loro forma ridotta passano facilmente inosservati e possono trovarsi in zone riparate anche in contesti urbani (tettoie, serre, case). Possono essere distinti dai nidi del calabrone nostrano dal foro di ingresso piccolo molto diverso dal classico nido concavo "aperto" con le cellette in mostra del nostro calabrone. I nidi secondari, che si iniziano a vedere in estate sono nettamente più grandi e popolati e possono arrivare a contenere fino a 6000 esemplari. Questi nidi sono comunemente costruite sugli alberi ad altezze superiori a 5 metri; non mancano tuttavia nidi trovati nidi in prossimità del suolo ed in aree urbane.
Fine inverno -inizio primavera
Estate: nascita operaie e
ingrandimento nido
Autunno: max espansione nido
Inverno abbandono nido
Biologia
E' un insetto sociale la cui colonia è formata da 2 caste: i riproduttori (regine e maschi) e le operaie che, come nelle api, sono femmine sterili. Contrariamente a quanto avviene nelle api, che vivono in società permanenti, i nidi delle vespe vengono fondati ogni anno a fine inverno - inizio primavera delle sole regine fecondate nell'autunno precedente. Le regine sono infatti le uniche in grado di svernare in luoghi riparati. A primavera le regine provvedono a costruire le prime cellette e ad allevare alcune operaie. Quando le operaie sono diventate adulte in alcuni casi viene scelto un nuovo nido e le regine si dedicano esclusivamente all' ovideposizione, mentre le operaie provvedono a procurare il cibo, accudire le larve e ingrandire il nido. In tarda estate o all'inizio dell'autunno, la colonia raggiunge la massima grandezza ed alleva i maschi e le nuove regine che, dopo essere state fecondate, abbandonano il nido e cercano un riparo invernale.
Habitat e diffusione in Europa
L'habitat della Vespa velutina si estende per un'ampia area che comprende Cina meridionale, India, Indocina e Indonesia.
Dalle zone di origine questa specie è stata accidentalmente introdotta in Corea del Sud nel 2003 e in Francia nel 2005 nei dintorni di Bordeaux, attraverso un carico di vasi per bonsai di origine cinese. Dalla Francia, dove la diffusione di V. velutinaè stata rapida arrivando a interessare a fine 2013 almeno 45 dipartimenti, è arrivata in altri paesi europei quali Belgio, Spagna, Portogallo e infine, nel 2012, in Italia con il ritrovamento del primo esemplare a Loano (Savona). A fine 2013 la presenza del Calabrone asiatico è stata accertata con sicurezza in Liguria, soprattutto in provincia di Imperia e in Piemonte, nella parte meridionale della provincia di Cuneo. La rapidità di espansione è probabilmente dovuta al trasporto passivo delle regine svernanti, che si rifugiano in materiali di varia tipologia per trascorrere il periodo invernale.
Criticità ed effetti sulle api e l'ambiente
La dieta del Calabrone asiatico è costituita prevalentemente da api preferendo le bottinatrici di ritorno all'alveare. Nelle aree in cui la vespa è presente è facile vederla in volo statico, a zampe aperte, con le spalle rivolte all'arnia in attesa del ritorno della preda. Nelle zone infestate da più anni si contano fino a 10 individui ad alveare che, in presenza di famiglie deboli, non disdegnano di entrare nel nido per catturare le api.
Come le crabro catturano l'ape, la smembrano vicino all'alveare e portano al nido solo le parti più proteiche (torace e addome).
Nelle zone più infestate le api cessano il volo e di conseguenza l'importazione di nettare e polline che porta ad un arresto della covata fino a causare la morte della famiglia o grosse difficoltà di svernamento.
In Liguria è stato osservato dai tecnici delle associazioni apistiche che 3/5 velutine davanti ad una famiglia in piena attività possono arrivare a catturare un'ape ogni 10 secondi (6 api al minuto).
La presenza della Vespa velutina non rappresenta una minaccia solo per le api ma anche per il nostro calabrone che, occupando la stessa nicchia ecologica e avendo una dieta simile, rischia di entrare in competizione con il calabrone asiatico. Non bisogna dimenticare, infine, che la Vespa velutina è un calabrone la cui puntura (dolorosa) può portare crisi allergiche anche letali per l'uomo. La tendenza nel costruire nidi anche al suolo e in ambienti urbani aumenta la possibilità di attacchi di velutina nei confronti della popolazione. In Francia un agricoltore è morto in seguito ad essere passato col trattore sopra un nido di velutina.
Monitoraggio e metodi di lotta
Le regine rappresentano il target più efficace per il controllo della popolazione di V. velutina. E' più efficace intervenire in due momenti dell'anno:
1) Nel periodo autunnale quando vengono prodotti i sessuati (regine e maschi).
2) Ad inizio primavera quando le regine svernanti si accingono a fondare le nuove colonie.
Trappolaggio
E' importante monitorare la presenza del calabrone fin dall'inizio della stagione con la speranza di individuare e distruggere i nidi prima che raggiungano dimensioni notevoli e prima che inizino a nascere le regine che fonderanno l'anno successivo. Si può eseguire un monitoraggio in prossimità degli apiari istallando le tradizionali trappole a bottiglia.
Solitamente all'interno delle trappole si utilizzano esche a base di carboidrati o proteine ma una miscela di sostanze zuccherine e birra chiara al 4,7% di alcool è risultata molto attrattiva per la V. velutina.
Ovviamente le trappole ad imbuto in apiario possono solo parzialmente limitare la pressione di predazione sulle arnie attirando le operaie foraggiatrici di V. velutina, ma l'efficacia nel controllo della popolazione è quasi nulla. Oltre a ciò è importante segnalare la scarsa selettività di questi strumenti che vanno a colpire anche insetti non bersaglio con conseguenti danni alla fauna locale; in particolare altri Vespidae e ditteri (Dauphin e Thomas 2009; Rome et al. 2011).
Lotta biologica
La comunità scientifica da tempo si sta interrogando sul controllo della vespa attraverso l'introduzione di parassiti, parassitoidi, patogeni o antagonisti.
Al momento però sono pochissimi gli studi in merito e l'introduzione o la diffusione di specie per la lotta biologicarappresenta un alto rischio per le specie endemiche (V. crabro). Per questo tipo di approccio è importante conoscere molto bene la specie target; Queste alcune ipotesi formulate dalla comunità scientifica:
1. impiegare patogeni associati al calabrone europeo o all'ape mellifera (vedi Conops vesicularis, Hym-Conopidae – Darrouzet et al, 2014);
2. impiegare parassiti provenienti dall'habitat di origine della V. velutina (Bareogonalos jezoensis);
3. studiare le esperienze di lotta passate contro imenotteri simili come, ad esempio, in Nuova Zelanda dove si è testato l'uso di Sphecophaga vesparum (Hym-Ichneumonidae) contro la Vespula che però ha dato risultati deludenti.
Strategie in atto
La tempestività della reazione è un concetto chiave per una gestione soddisfacente delle specie invasive (Myers et al, 1998). Occorre dunque un'azione sinergica al fine di:
• preparare dei piani di gestione e valutazione del rischio di introduzione da parte dei singoli stati Europei (vedi UK e Svizzera);
• Coordinazione a livello Europeo delle politiche sulle specie invasive. Intensificazione dei controlli doganali
• Finanziare progetti di ricerca per colmare l'attuale gap sulle conoscenze siulla V. velutina
• Strutturare un vero e proprio Progetto Vespa velutina basato sul monitoraggio e il controllo
• Sensibilizzare e informare gli apicoltori, i politici e l'opinione pubblica perché tutti siano a conoscenza del problema.