Un augurio per il giorno della memoria
Nelle celebrazioni e nei tanti discorsi che vengono proferiti nel Giorno della Memoria, un augurio mi sale dal cuore: evitare di essere «bronzo che rimbomba, cimbalo che strepita». Senza l'amore e senza una "Memoria incarnata", capace di far riconoscere il male ovunque si annidi, ogni parola sarà vana e non inciderà nella vita personale, le guerre continueranno, i personalismi e gli egoismi prevarranno, gli schieramenti a destra o a sinistra, in qualunque campo, saranno devastanti per la società, fino all'anima della persona. Che le parole non siano vuota retorica, che la Memoria possa essere davvero incarnata e diventare vita!
Lascio dunque qui, in evidenza, un estratto dalla mia ultima pubblicazione Per una Memoria incarnata: tornare oggi al kiddush, in Noi, la vostra bandiera. Studi e interventi per la Memoria della Shoah nelle università, nelle scuole e nei musei d’Italia. Con un saggio di Esty G. Hayim («Il tempo, la storia e la memoria» 6/2021, “Strumenti per la didattica”), a cura di C. Ferranti, N. Santoni, Macerata, eum, 2021 [2022], pp. 7-18, che può anche essere letta o scaricata da questo sito, alla pagina Area Ricerca.
Dall’emanazione della Legge 20 luglio 2000, n. 211, istitutiva del Giorno della Memoria, le iniziative ad esso dedicate si sono moltiplicate e diffuse ai vari livelli istituzionali, dalla più alta formazione alle scuole, dalle fondazioni alle diverse comunità che animano la vita politica e sociale del paese. La stessa attività di didattica e formazione svolta da undici anni dalla Rete [Rete Universitaria per il Giorno della Memoria], come quella di altre associazioni a ciò dedicate, si situa nel solco di un valore “acquisito”, per il quale occorre tuttavia fare una profonda e onesta riflessione su quanto esso sia stato davvero “incarnato”, in modo da farne un buon uso nel presente e conferire così un valore denso all’ormai accreditato “dovere della Memoria”. In altri termini, quello che si vuole evidenziare è che non è affatto sufficiente compiere tale dovere se dette iniziative non vanno ad incidere la persona, il comportamento, le scelte e la collettività cui il messaggio della Memoria è rivolto e nei quali essa trova la sua ragion d’essere.
Non è infatti il ricordare agli uomini del presente una pagina tenebrosa del passato ‒ il cui peso la mente non riesce nemmeno a sorreggere, non solo a capire ‒ lo scopo di tutto ciò che raccogliamo sotto la denominazione “Memoria della Shoah”. Il fine essenziale e imprescindibile è bensì quello di edificare la persona, che è anche il compito fondamentale dell’educazione. Se questa non fosse mirata alla costruzione della persona non ci sarebbe futuro. Se l’edificazione di un’etica, di una spiritualità e di una morale non fosse l’obiettivo della formazione, vana sarebbe la trasmissione del sapere, così come vana sarebbe una Memoria celebrata, o insegnata, se essa non diventasse parte di uno stile di vita, una Memoria cioè “incarnata”, conglobata nell’essere, nel pensare e nell’agire.
«Sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita», ammonisce San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (1Cor 13,1). Nel prendere a prestito la nota similitudine paolina, possiamo dunque dire, accostando l’amore alla Memoria della Shoah, che il cimbalo che strepita, o il bronzo che rimbomba, è il compiere quel “dovere della Memoria”, che soggiace alla giornata commemorativa del 27 gennaio e a tutti gli eventi formativi che ad essa girano intorno, senza tuttavia riuscire a farla penetrare nel sé, di chi parla e di chi ascolta.
Incarnare la Memoria della Shoah vuol dire dunque innanzitutto “viverla dentro” senza pretesti e senza appello, come sottolineano le parole che Esty G. Hayim scrive nel saggio iniziale pubblicato in questo volume, citando la protagonista del suo romanzo Vite agli angoli: «non posso evadere. La Shoah è dentro di me». Solamente a queste condizioni si può riempire di sostanza la frase ripetutamente pronunciata, se non inflazionata, “perché non accada mai più”, per evitare che essa venga svuotata di senso e non si sciupi in un «bronzo che rimbomba» o in un «cimbalo che strepita».