RAPOSA SERRA DO SOL, LA LOTTA CONTINUA - Testo del documentario (2005)

(Sottotilazione):

A) – “Ci sono state molte invasioni e molte distruzioni di comunità.

I fazendeiros, i garimpeiros invadevano i villaggi anche per fare le loro feste. Bevevano e litigavano e per loro era tutto normale”

B) – “La distruzione è avvenuta di mattina, la comunità non se l’aspettava.

Stavano pescando e io ero ad una riunione.

L’esecutore è stato Paulo Cèsar, con varie persone armate e ubriache; hanno distrutto le nostre case, alle nove del mattino”

C) – “Gruppi di politici e risicultori locali hanno distrutto 37 case nelle comunità di Jawarì, Homologacao, Brilho do sol, Tai-tai e Insikiran”

D) – “Sono state distrutte circa 22 case.

Sono venuti in cento, verso le sei del mattino. Hanno incendiato tutto senza darci il tempo di salvare le nostre cose.

Quando era qui nella sua casa per prendere la sua roba, gli hanno sparato qui, in casa”

E) – “Bisogna sapere che la giustizia, in questo paese, non funziona.

Il potere legislativo, giudiziario, questi poteri… non funzionano, qui.

Il potere giudiziario stà funzionando solo per i ricchi, ma per i poveri, non funziona”

titolo: RAPOSA SERRA DO SOL: LA LOTTA CONTINUA

di ROBERTO GIOVANNINI

Siamo in Roraima, uno dei 27 stati del Brasile, situato all’estremo nord del paese, al confine tra Venezuela e Guiana inglese. Qui vivono circa 60.000 indios, 15.000 dei quali popolano la zona indigena di Raposa Serra do Sol con cinque etnie diverse: Makuxì, Wapichana, Ingarikò, Taurepang e Patamona.

Secondo gli storici, quando, nel 1500, il navigatore portoghese Pedro Cabral, giunse sulle coste del Brasile, gli abitanti di tutto il Paese erano almeno 5 milioni.

Oggi, di questi popoli originari, sopravvivono in tutto il Brasile, circa 360.000 individui. Questo ci dà la misura precisa di quello che ha significato, per queste persone, la colonizzazione portoghese.

Nel sec. XVIII, il Brasile è il maggior produttore di zucchero al mondo e la scoperta di giacimenti auriferi nello stato di Minas Gerais, le “miniere generali”, va ad aumentare la ricchezza della colonia.

Più tardi, nel 1937, anche in Roraima viene scoperto un enorme giacimento aurifero. La notizia di questo “nuovo eldorado” fa affluire una moltitudine di cercatori isolati e di vere e proprie imprese di estrazione che invadono brutalmente le terre indigene.

Boa Vista, la capitale dello stato di Roraima, ne serba ancora oggi memoria tangibile.

In precedenza, altre e non meno dolorose invasioni, erano avvenute.

Già alla fine del ‘700 i fazendeiros avevano iniziato a far pascolare il loro bestiame sulle terre degli indios, nei villaggi e sui campi coltivati che venivano distrutti.

Alla fine dell’800, le “fazende”, le fattorie, insediate nella zona, sono circa 40; negli anni ’80 si possono contare circa 1.000 fazende con 400.000 capi di bestiame.

- CARLO ZACQUINI:

e così dove il loro bestiame, il bestiame col loro segno, arrivava, quella era considerata la terra del padrone del bestiame. Ossia, il bestiame, ha conquistato la terra degli indios…

Gli indios, di indole mite, con le terre ormai invase, confusi, disorientati e non avendo altre risorse, non riescono ad opporsi e molti si lasciano assoldare, come manodopera a basso costo, dai nuovi padroni che estendono sempre più la loro invasione. E se vogliono lavorare, sono obbligati ad imparare il portoghese, fatto questo che, lentamente, ma inesorabilmente, li porta, in gran parte, ad abbandonare le loro lingue d’origine.

- MARIO CAMPOS:

… gli indios hanno un rapporto molto bello con la terra; la terra è la madre, dalla terra dipende la vita. La (sua) lotta viene perché la terra è stata invasa dai garimpeiros, i cercatori d’oro, dai facendeiros, dai produttori di riso che distruggono, che dividono le comunità, che dividono i (propi) capi indigeni, che portano la bevanda alcolica, che portano la prostituzione e tutta una serie di cose che rende molto difficile la loro vita…

Negli anni ’80, la chiesa cattolica locale e alcune ONG, prendono seriamente coscienza del problema e, attuando la stessa ideologia utilizzata dagli invasori, che il bestiame è indice di proprietà della terra, lanciano il progetto “una vacca per indio”.

- CARLO ZACQUINI:

… sono stati raccolti fondi notevoli per comprare alcune migliaia di mucche (veramente e) che sono state distribuite e oggi formano un allevamento di proprietà degli indios della savana…

… e sono riusciti a risorgere, specialmente in alcune regioni, in modo tale che hanno preso una forza economica e politica che ha permesso di entrare in questa lotta per la riconquista del loro territorio, per l’espulsione degli invasori…

Il concetto da ribadire è questo: la terra non è, per gli indios, un bene da possedere ma una “madre” comune, fonte di vita, come lo è per i pigmei africani o per gli aborigeni australiani, dove l’individuo può conservare le sue tradizioni, la sua cultura, la sua dignità, la sua spiritualità.

La terra è caccia, pesca, coltivazione e allevamento.

In poche parole, anzi, con una sola parola, la terra, per l’indio, è tutto!

- JACIR JOSE’ DE SOUZA:

… la terra per noi è molto importante, perché noi viviamo della terra. Ci sono i fiumi, i laghi, dove noi peschiamo il pesce che serve per alimentare le nostre famiglie. Sulle montagne, sulle “serre”, noi andiamo a caccia di animali selvatici: caprioli, cervi, armadilli, paca...

E’ per questo motivo che il territorio, è molto importante per noi perché, senza esso, come faremmo a vivere? La terra è indispensabile per coltivare, per creare nuove colture, per mantenere le nostre famiglie…

- MARIO CAMPOS:

… la finale degli anni ’70, inizio degli anni ’80, la fondazione del Consiglio Indigeno di Roraima, che è una organizzazione indigena molto rispettata in tutto il paese, in tutto il Brasile; conosciuta anche all’estero per la forma molto consistente, molto onesta, come fa la lotta di liberazione dei popoli indigeni…

Ed è proprio in quegli anni che, la lotta per la terra, viene appoggiata anche da un’associazione che si chiamava CINTER e che poi, prenderà il nome di CIR, Consiglio Indigeno di Roraima.

Il C.I.R., è una specie di parlamento che riunisce i rappresentanti di tutte le etnie presenti nello Stato di Roraima. E’ nato per salvaguardare i diritti degli indios e per far rispettare le leggi brasiliane nell’interesse delle stesse popolazioni indigene.

Ha la sua sede in Boa Vista.

- MARINALDO JUSTINO TRAJANO:

…il CIR è una organizzazione senza fini di lucro voluta dalle autorità indigene, in difesa dei popoli indigeni. Questo obiettivo principale include anche la lotta e la sofferenza per la riconquista della terra, specialmente in Raposa Serra do Sol.

Il CIR oggi ha le sue rappresentanze in 10 regioni, con 11 etnie differenti in tutto lo stato di Roraima, per un totale di circa 60.000 indigeni”.

Raposa Serra do Sol è prevalentemente una savana attraversata da piste di terra rossa e da numerosi affluenti del Rio delle Amazzoni.

Gli indios che la abitano hanno un forte senso della comunità e della terra e una piena coscienza dei propri diritti e della propria identità.

I villaggi variano da nuclei di due, tre case, a grandi comunità con raggruppamenti di abitazioni costruite attorno a un cortile centrale.

Le comunità si basano su legami di parentela e i vari componenti del villaggio cacciano assieme. Mentre la coltivazione per uso personale è quasi sempre fatta da ogni singola famiglia.

A guidare la comunità c’è il “tuxaua”.

- JVALDO ANDRE’:

Il “tuxaua” è il responsabile che coordina la comunità. Organizza tutto il lavoro per sviluppare i progetti. Convoca le riunioni per dibattere i vari argomenti ed esaminare anche le difficoltà che si possono incontrare per organizzare il lavoro di tutto il villaggio, sempre nel rispetto del parere di tutta la comunità.

Il “tuxaua” viene eletto a maggioranza e resta in carica fino a quando ha la fiducia della comunità. In caso contrario, se non stà facendo un buon lavoro, viene sostituito da un altro candidato.

Qui, nella comunità di Maturuca, vivono 389 persone per un totale di 49 capi-famiglia.

Al centro di ogni villaggio c’è la “maloca”, una grande capanna dove si svolge tutta la vita comunitaria. Qui si tengono le riunioni politiche e le assemblee; le feste per le ricorrenze della comunità o per accogliere gli ospiti. Si può dormire nelle amache, consumare il pasto di ogni giorno, e anche partecipare alla celebrazione di una messa.

La condivisione è il fondamento della vita sociale, una vita non guidata dalla fretta o dall’ansia, ma capace di accoglienza, di dialogo, di ascolto, di festa.

- CARLO ZACQUINI:

Di fatto, nessun indio di quelli che parlavano il portoghese a quell’epoca e che erano già la maggior parte, voleva riconoscere o accettava di essere chiamato “indio”

La parola “indio” era associata a tutto quello che c’era di negativo,(che ci poteva essere di negativo) per cui “indio” è ubriaco, è ladro, è ignorante e (insomma) erano sinonimi, in un certo senso, per cui nessuno voleva essere riconosciuto come “indio”

Il bianco, credevano che fosse qualcuno che venisse là e che fosse dalla parte di Dio, che fosse un rappresentante di Dio in un certo modo… e poi si sono accorti che non lo era, che non era buono…

I lider più coscienti, dicono chiaramente, noi non vogliamo diventare “bianchi” ma vogliamo imparare per difenderci dai bianchi…”

- ORLANDO PEREIRA DA SILVA:

“In questa zona c’è stata una lotta molto grande e la gente stà ancora lottando...

Oggi la mia preoccupazione è quella di continuare la lotta perché la terra torni a noi definitivamente, i bianchi non possono restare per dominare le persone…

Ci sono molte persone che non ci rispettano… ci sono dei bianchi che riconoscono la nostra dignità ma altri non ci rispettano e ci umiliano continuamente….”

- MARINALDO JUSTINO TRAJANO:

…30 anni di lotta, 21 indigeni assassinati, qui, nella zona di Raposa Serra do Sol…

…questi sono i segni del proiettile nel braccio… ma ci sono molti altri indios che hanno addosso le cicatrici dei proiettili, nelle spalle, nel petto… e non è la prima volta che succede… è una lotta che continuamente tutti noi dobbiamo affrontare…

Nessun responsabile di questi crimini è mai stato arrestato in tutti questi anni… ma così non va bene, non funziona…

Nel periodo che va dal 1981 al 1999, nella terra indigena di Raposa Serra do Sol, sono stati commessi, contro gli indios, questi crimini:

(da riportare, scritti, sul video e anche da leggere da parte dello speaker):

- 21 indios assassinati

- 21 tentativi di omicidio

- 54 minacce di morte

- 51 aggressioni fisiche

- 80 abitazioni distrutte

- 71 incarcerazioni illegali

- 5 piantagioni distrutte

- MARIO CAMPOS:

Il nostro lavoro, in quanto missionari, ha una dimensione politica molto grande, logicamente. Politica, di rispetto alla cultura, alla tradizione e ai diritti dei popoli indigeni, delle comunità indigene e, per questo motivo, noi siamo perseguitati dai politici direttamente… dai produttori di riso…

Tre compagni miei sono stati già rapiti a gennaio dell’anno scorso, per tre giorni e, tutti i giorni, quasi tutti i giorni, arrivano delle minacce, noi non possiamo più andare liberamente, visitando le comunità…

- JUAN CARLOS:

La missione di Surumù è stata invasa da un gruppo tra 150 e 200 uomini e.. hanno rapito tre missionari, fra i quali mi trovavo anch’io..

E’ stata una situazione molto difficile, drammatica, perché sai, essere svegliato alle tre (ore) del mattino così… con i vetri che cadono, le porte che si rompono.. grida da tutte le parti.. persone armate di coltelli e così via… è stata una situazione un poco spaventosa…

Ma quali sono le cause che spingono i missionari e gli indios, a sacrificarsi in questa lotta? Ci sono molti motivi, ma quello principale è che, nel corso degli anni e con la connivenza dei vari Governi Brasiliani, sono stati depredati dei loro territori dai fazendeiros (gli allevatori di bestiame), dai garimpeiros (i cercatori d’oro e di diamanti), dai madeireiros (boscaioli commercianti di legname) e più recentemente anche dagli arrozeiros (i produttori di riso).

A questi si sono aggiunte truppe militari che si sono insediate in caserme costruite nei territori indigeni e che, per questo e anche per altri motivi, sono in continuo transito sulle terre abitate dagli indios.

- JUNIOR COSTANTINO:

… qui c’era il nostro deposito, era un magazzino con le nostre provviste di cibo, è stato tutto distrutto… …è stato bruciato tutto… tutte le nostre provviste alimentari, il nostro cibo… abbiamo perso tutto…

…anche qui c’era una casa di un padre di famiglia che è stata distrutta… hanno bruciato tutto, anche i vestiti, tutto…

… qui c’era il posto di salute con le medicine e tutte le attrezzature mediche… anche qui hanno incendiato… hanno distrutto tutto, medicine, attrezzature, stazione radio, tutto bruciato…

… tutto distrutto, anche la scuola con tutto il materiale didattico, qui c’era la nostra scuola…

La scuola ha ripreso a funzionare ma in queste condizioni….

Una delle più importanti iniziative promosse dal CIR, è la scuola indigena di Surumù.

Antica missione Benedettina prima e, dal 1948 dei missionari della Consolata, dagli inizi degli anni ’70, è stata trasformata in scuola ad uso esclusivo dei giovani indigeni. Immersa nel verde, la scuola, così come è organizzata e strutturata, risale al 1997.

- MARINALDO JUSTINO TRAJANO:

… qui c’è una scuola indigena differenziata, dove i giovani indigeni ricevono una formazione molto importante.

Questa scuola è per noi motivo di orgoglio e anche di speranza perché la formazione che ricevono i giovani indigeni sarà poi molto utile quando rientreranno nei loro villaggi…

- ALDEMIR RODRIGUEZ:

Voglio parlare del simbolo della nostra scuola.

Questo libro significa “il sapere, la cultura”; la zappa è “il lavoro”; la tartaruga è “la pazienza”.

Quindi qui, nella scuola, noi impariamo teoria e pratica. Con la “pazienza” apprendiamo a lavorare e a conoscere.

- LUIS VENTURA FERNANDEZ:

… la scuola di Surumù si deve ad una iniziativa dei Capi del Consiglio Indigeno di Roraima.

Ha lo scopo di formare i giovani ed è molto legata a tutto ciò che è lotta per la terra.

Tutto questo cammino che i capi indigeni avevano fatto nel corso di trenta anni per la riconquista della loro terra, dei propri diritti, ha trovato qui uno spazio per le nuove generazioni: i giovani indigeni, per essere formati in questa linea politica affinché possano essere in grado di saper decidere il loro futuro e assumersi le proprie responsabilità in questo cammino, in questa lotta politica…

Ed è proprio in questa missione, diventata simbolo, che furono tenute le prime riunioni clandestine per organizzare la resistenza e la lotta.

- FRANCISCO ANDRE’:

Il fascio di rami significa la lotta, l’unione, il lavoro delle nostre comunità, dei nostri capi e di tutto il nostro popolo di Raposa Serra do Sol, ma anche dello stato di Roraima.

Un ramo si può spezzare ma, molti rami, non saranno mai spezzati. Questo che cosa significa: Il popolo unito non sarà mai sconfitto!

In questa scuola secondaria, oltre alle nozioni propriamente teoriche, viene impartita, ai giovani indios, una formazione pratica di agricoltura e allevamento affinché possano promuovere, nelle comunità di origine, forme alternative di autosostentamento e siano anche in grado di recuperare e riadattare le terre liberate dagli invasori.

Ogni due mesi di formazione e residenza nella scuola, seguono altri due mesi di esercitazioni pratiche nei rispettivi villaggi e così via fino al termine del quadriennio previsto. In questo modo, la scuola, non separa i giovani dalla vita reale, ma gli permette di esercitare quanto hanno appreso, nello stesso ambiente dove dovranno vivere e lavorare.

- LUIS VENTURA FERNANDEZ:

La scuola di Surumù si configura in quello spazio di futuro dove tutta la lotta fatta dai capi indigeni per la riconquista del territorio possa avere una continuità nei giovani, affinchè riescano a rendere produttiva questa terra e possano dare un degno futuro a tutto il popolo indigeno di Roraima.

Il 15 aprile 2005, il presidente del Brasile, Lula da Silva, firma il decreto della tanto attesa omologazione, tra le altre, della Terra Indigena Raposa Serra do Sol che sancisce la restituzione agli indios delle loro terre.

Questo atto definitivo sembra porre fine alla lotta ultratrentennale per la legittima riconquista dei territori da parte degli indios.

Ma sarà proprio così?

Joenia Wapichana, india, è un’avvocatessa instancabile che in tutti questi anni ha assistito il C.I.R. nelle sue legittime rivendicazioni. E’ candidata al premio Nobel per la pace.

- JOENIA WAPICHANA:

Il 15 aprile 2005 è un giorno storico per il popolo indigeno di Raposa Serra do Sol, perché segna una nuova fase per questa terra dopo 34 anni di varie violazioni dei diritti umani e dà un nuovo impulso al processo di riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni, non solo per lo stato di Roraima, ma per tutto il Brasile.

Per noi questa vittoria è molto importante perché significa il trionfo dei diritti e apre una nuova fase per la possibilità di lavorare la terra a conferma che l’indigeno ha il pieno diritto di vivere in base alle sue tradizioni per poter sviluppare i suoi progetti…

- MARIO CAMPOS:

…la lotta delle comunità indigene continua, adesso con altra prospettiva, (no?). Adesso hanno la terra, hanno riacquistato il suo diritto e adesso pensano nello sviluppo…

…Vogliono recuperare la caccia, la pesca, vogliono organizzarsi del suo mondo (no?).

… e poi anche il rispetto per la natura. Ogni progetto che fanno, loro pensano, spontaneamente, nessuno gli ha mai fatto un’aula di ecologia di queste cose, non ne hanno bisogno, spontaneamente loro dicono: deve essere in questo modo perché la terra così non soffre, la terra continuerà a darci…

- JOSE’ NAGIB DA SILVA LIMA:

Il Governo Federale, il Governo Lula, appoggia l’omologazione. Abbiamo preso questo impegno adottando una serie di misure controllate da un comitato gestore della Presidenza della Repubblica.

Attraverso queste misure è previsto il ritiro dei risicultori che stanno ancora occupando la Riserva Indigena omologata: hanno un anno di tempo per andarsene.

Molti indios hanno abbandonato le loro terre di origine e si sono stabiliti in città attratti dal miraggio di una vita migliore. Alcuni riescono a tirare avanti più o meno dignitosamente. Altri sopravvivono a stento.

Sono circa 20.000 gli indios che abitano in Boa Vista.

- FRANCESO BRUNO:

Ci sono attualmente due tipi di indigeni in città: quelli che sono venuti dai villaggi e quelli che sono nati qui in città, a Boa Vista.

Quindi quelli che sono nati nei loro villaggi e sono venuti a Boa Vista a cercare altre maniere di vivere, diciamo, cercare di migliorare la loro condizione, conoscono la piantagione, la foresta, i fiumi (e tutto); e quelli che sono nati qui, praticamente non conoscono la vita originaria dei villaggi, solo per sentito dire…

- CLAUDIA TOME’ DA SILVA (65.1.2+65.3)

Io so che un indigeno quando viene via dal villaggio non ha idea delle difficoltà che troverà nella città. Perché nel villaggio, senza che sia necessario pagare, abbiamo tutto: farina, granturco, frutta e molte altre cose come la caccia, la pesca… tutto gratis. Nella città non abbiamo niente di tutto questo. Vivere nella città è difficile, si.… perché noi indios non abbiamo tessuto sociale, non abbiamo conoscenza della realtà della città. E’ per questo che noi indigeni stiamo soffrendo…

- NICOLAO JORGE:

…se dovessi ritornare nella comunità, lo farei, perché mi piaceva vivere nel villaggio. Ma ora siamo qui e qui, nella città, si vive in maniera diversa dal villaggio.

..ma a me piaceva… quello che mi piaceva molto, del villaggio era pescare, cacciare, fare queste cose, assieme a tutta la famiglia, amici, parenti…

Qui nella città, sei sempre senza lavoro. Nonostante che io abbia fatto dei corsi di formazione, sono disoccupato… Ti guardano in faccia, ti dicono che non hai le competenze necessarie, o che non hanno tempo… ti dicono: aspetta che poi ti chiamiamo, ma non ti chiamano mai… il problema della città è anche questo, per me…

A questo punto del montaggio, dovevamo trarre le conclusioni e i commenti finali per “chiudere” il documentario ma, da Raposa Serra do Sol, giunge una brutta notizia.

In un drammatico comunicato, il Consiglio Indigeno di Roraima informa che, all’alba del 17 settembre 2005, la Scuola Indigena di Surumù è stata invasa e incendiata da 150 uomini incappucciati e armati.

E’ stato tutto distrutto: la chiesa, l’ospedale, i dormitori, i refettori, le cucine, le stanze dei professori, la biblioteca, le aule e anche un fuoristrada del CIR che si trovava sul posto per trasportare un malato a Boa Vista.

Il comunicato ipotizza che, come al solito, questo attacco sia stato promosso dal maggior produttore di riso della zona, Paulo César, prefetto di Pacaraima che, in base al decreto di omologazione firmato da Lula il 15 aprile 2005, ha, come gli altri occupanti illegali, un anno di tempo per andarsene.

Il comunicato termina:

“Il Consiglio Indigeno di Roraima ripudia questo atteggiamento codardo di coloro che sono contrari ai diritti degli indigeni, manipolati da gruppi politici ed economici che, storicamente, usano la violenza, avvalendosi dell’impunità, per conquistare i loro obbiettivi”

Gli indios, tenaci, pazienti e pacifisti da sempre, accettano la solidarietà, ma respingono, con fierezza, pietà e compassione.

Allo stesso tempo chiedono con forza che siano osservati i loro sacrosanti diritti, riconquistati dopo oltre trenta anni di resistenza e di lotta e che il governo brasiliano sia finalmente capace di far rispettare le sue leggi:

E’ una semplice questione di giustizia!

titoli di coda

FINE