IL VESCOVO ENRICO
Millenovecentocinquantotto. Il mondo intero assiste incuriosito agli ultimi volteggi dello Sputnik, il primo satellite artificiale della storia.
Domenico Modugno lancia il suo gioioso “volare” che diventerà la canzone italiana più ascoltata al mondo.
Nell'Italia del cosiddetto “miracolo economico”, Amintore Fanfani succede ad Adone Zoli alla presidenza del Consiglio dei Ministri.
Lucca è l'unica provincia “bianca”, a maggioranza democristiana, nella “rossa” Toscana. Chiusa e compatta nella sua cerchia urbana, sembra essere indifferente e apatica a quello che accade nel resto del Paese.
Muore Pio XII e viene eletto Papa, Giovanni XXIII.
La chiesa lucchese è retta, sin dal 1928, dall'anziano Arcivescovo Antonio Torrini.
Ormai ottantenne, il 29 giugno 1958, annuncia alla diocesi che la Santa Sede, ha deciso di inviare a Lucca un Vescovo ausiliare, Vescovo che porta il nome di Enrico Bartoletti.
Ma chi è questo vescovo quarantaduenne?
IL VESCOVO ENRICO
di
ROBERTO GIOVANNINI
Enrico Bartoletti nasce il 7 ottobre del 1916 in questa casa a S. Donato di Calenzano, un paese della provincia e della diocesi di Firenze, da Gino e Albertina Donnini.
Secondogenito di quattro figli, viene battezzato nell'antica pieve dove riceverà poi anche la prima comunione.
Nel 1927 all’età di 11 anni, terminate le scuole elementari, nonostante il parere contrario del babbo Gino, socialista convinto e fabbro colto e geniale, il giovane Bartoletti entra nel seminario fiorentino di Cestello che frequenta con dedizione e profitto.
- STELLA BARTOLETTI – Nipote di mons. Bartoletti - (47.04):
Il mio nonno invece, che era un laico, era socialista, ma socialista non riformista turatiano, socialista di quelli più a sinistra, più duri, più forti, questa decisione non l’accettò, tanto è vero che andò anche dal proposto di S. Donato che era don Pugi, gli chiese di dissuaderlo da questa idea di farsi prete e invece, non ce la fece.
Col tempo i rapporti tra il babbo Gino e il giovane Enrico si normalizzano come è testimoniato da uno scambio di corrispondenza sempre più fitto e confidenziale tra i due.
Nel 1934, a diciotto anni, Bartoletti viene inviato a Roma, presso l'Almo Collegio Capranica, uno dei più prestigiosi luoghi di formazione al sacerdozio.
Terminato brillantemente il liceo, frequenta la facoltà di Teologia alla Gregoriana e studia Sacra Scrittura, all'Istituto Biblico.
- DISS.CHIUSURA –
E’ una bella domenica di sole il 23 luglio 1939 quando, a Firenze, Enrico Bartoletti viene ordinato sacerdote, dal card. Elia Dalla Costa, nella chiesa di S. Salvatore, situata all'interno del palazzo Arcivescovile.
A parte questa breve, ma fondamentale parentesi, don Bartoletti rimane a studiare a Roma, all’Istituto Biblico, ancora per due anni.
Questo gli consente di completare la sua profonda formazione religiosa, e di acquisire un notevole bagaglio culturale basato su conoscenze e incontri con personaggi che diventeranno poi protagonisti autorevoli del Concilio Vaticano II.
Nell'estate del 1941 è richiamato a Firenze dove diventa uno dei vicerettori del Seminario Minore.
- Card. SILVANO PIOVANELLI – Arcivescovo Emerito di Firenze – (23.00):
Quando stava in seminario sembrava non avesse altra preoccupazione che quella della formazione, quindi quella della educazione dei giovani. Ma aveva tante altre iniziative, aveva tanti altri contatti e, è sempre stato in queste cose, un uomo che promuoveva, che faceva crescere e che creava comunione.
(dal diario, 12 novembre 1941:)
“Il meglio che possa dare agli altri di me stesso è la mia preghiera: quella soprattutto e prima di tutto.
Essere Angelo Custode dei miei alunni con la preghiera continua, particolare, per i singoli individui”.
(dal diario, 7 giugno 1942:)
“Mio Dio vi offro tutto per i miei ragazzi. Fatiche materiali, umiliazioni, vita di nascondimento: tutto! Accettate mio Dio!”
- DISS. CHIUSURA -
- DICHIARAZIONE di Guerra Mussolini – audio+video originali - (11.15):
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria.....
L'Italia vive il dramma della guerra e la Chiesa fiorentina, per volere dell'Arcivescovo Dalla Costa, è impegnata a proteggere gli ebrei: lo stesso Seminario minore viene utilizzato come rifugio provvisorio.
Proprio per questo, la mattina dell'8 dicembre 1943, subito dopo la messa, don Enrico viene arrestato.
Dopo un lungo interrogatorio, ad opera delle famigerate camice nere della Banda Carità, è rilasciato ma, come dice lo stesso Bartoletti, “con tanti ammonimenti e minacce...”
Intanto, col passaggio del fronte, il Seminario Minore diventa prima ospedale tedesco, poi americano.
Per don Enrico Bartoletti, ormai rettore del Minore a soli 27 anni, sono periodi di grande responsabilità e di intensissimo lavoro.
- DISS. CHIUSURA –
All'interno del seminario, la sua proposta formativa è accettata con entusiasmo dai seminaristi ma è totalmente osteggiata dal clero e dallo stesso cardinale Dalla Costa.
Cresce la diffidenza per il modo in cui viene gestito il seminario.
Bartoletti si sente solo.
(Dal diario:)
“Il mio lavoro, i miei metodi, le mie idee, tutto condannato in blocco e ufficialmente...
...ideologicamente sono solo, solo come un cane, con le mie miserie e con Dio...
… e cerco di rifugiarmi in Dio, per quanto mi dispiaccia di ridurlo ad una cosa tanto meschina e soggettiva, il mio Dio...
… il Cardinale ha convocato i superiori dei due seminari -per ridurli all'uniformità- concludendo nella condanna di quanto io facevo. Poi mi sono accorto che la rete attorno a me è vastissima ed io, il solo pesce da pigliare...”
- Card. SILVANO PIOVANELLI – Arcivescovo Emerito di Firenze – (25.03):
I diari sottolineano proprio questo, anche un patema interiore, anche uno sforzo notevole, appunto, d’assimilazione del vangelo, una difficoltà anche di fronte alle situazioni, ma tutte queste cose le viveva come una crocifissione sua personale. Agli altri, egli dava la serenità e la gioia.
Questa tensione provoca, nel 1952, l'Arrivo a Firenze, del visitatore Apostolico dei seminari mons. Ilario Alcini, la cui relazione conclusiva approva, senza mezzi termini, l'azione educativa di Bartoletti e invita il cardinale Dalla Costa a rimuovere il rettore del Seminario maggiore.
Ma le conseguenze di queste valutazioni non sono immediate: solo nel 1955 Bartoletti viene nominato rettore unico dei Seminari fiorentini.
In Seminario Bartoletti è anche docente di ebraico, greco biblico e introduzione alla Sacra Scrittura, la sua grande passione...
- Card. SILVANO PIOVANELLI – Arcivescovo Emerito di Firenze – (29.08):
E lui riusciva ad avere un rapporto personale con tutti. Ricordo ancora, in una maniera vivissima, come per esempio in occasione del Natale, egli faceva tanti bigliettini, rivolgendosi a ciascuno dei ragazzi, a ciascuno anche di noi, ed era un uomo che sapeva suscitare fiducia, fiducia nella persona, la quale si sentiva compresa, valorizzata e quindi impegnata a dare il meglio di se.
Nella vita cittadina fiorentina, la sua, è una presenza discreta, quasi timida.
Da educatore e padre spirituale, diffonde la Bibbia, tiene conferenze, partecipa a dibattiti e incontri.
Tra i molti personaggi che don Enrico Bartoletti ha occasione di incontrare a Firenze e con i quali instaura un rapporto di collaborazione e amicizia duratura, possiamo ricordare Giorgio La Pira, sindaco di Firenze dal 1951 al 1957; don Giulio Facibeni, fondatore dell’Opera Madonnina del Grappa e don Lorenzo Milani, con il quale avrà un rapporto tormentato ma mai interrotto fino alla morte prematura dello stesso don Milani.
- Card. SILVANO PIOVANELLI – Arcivescovo Emerito di Firenze – (22.00+14.17+20.17):
Don Lorenzo Milani era un integralista, si direbbe meglio, un integrale, un intero, egli non poteva sopportare, diciamo, mezze misure e per lui esisteva soltanto la strada che aveva individuato e sulla quale il Signore lo aveva messo.
Mons. Bartoletti era uno che cercava invece di conciliare, per il grande amore che aveva al Signore, cercava di andare incontro alle persone, valorizzarle per quello che avevano e perché diventassero quello che potevano diventare.
Ma, felice quando finalmente, sul letto di morte, lo ha potuto salutare, benedire, don Lorenzo Milani il quale era felice di essere visitato dal Vescovo Bartoletti, tanto che ai suoi ragazzi diceva “baciategli la mano, al Vescovo Enrico”.
A giugno del 1958 mons. Bartoletti lascia la direzione dei Seminari fiorentini in quanto, l’8 settembre dello stesso anno, su nomina di Papa Pio XII riceve, nella Basilica della SS. Annunziata a Firenze, dall’arcivescovo coadiutore mons. Florìt, la consacrazione episcopale con nomina di Ausiliare dell'Arcivescovo di Lucca, mons. Antonio Torrini.
Vive i giorni precedenti la sua ordinazione quasi con drammaticità, le riflessioni sfociano nella preghiera.
(dal diario, Agosto 1958:)
“Signore aiutaci a restare sulla croce senza stancarci; a non chiedere di essere schiodati, ma di restarci finchè tu vuoi”.
Come motto episcopale, il vescovo Bartoletti, sceglie “in spe fortitudo” e, davvero, la speranza sarà la fortezza che sempre lo sorreggerà.
- Mons. MANSUETO BIANCHI – Vescovo di Pistoia - (13.3+27.03):
Credo che il Vescovo lo si possa descrivere a partire dal nome stesso “episcopos”. Episcopos è colui che guarda, colui che guarda, come guarda la sentinella, è colui che guida il cammino dei fratelli, il cammino della comunità verso l’obbiettivo, verso la mèta, è colui che protegge, custodisce il cammino dei fratelli perché non sia un cammino disperso, non sia un cammino naufragato e perché la comunione fraterna sia sempre mantenuta, salvaguardata e promossa.
Non richiesto dalla Curia lucchese, il suo arrivo crea, in una Lucca chiusa e tradizionalista, imbarazzo, scetticismo e un certo fastidio...
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (32.15):
Quello che si avverte immediatamente è lo spaccato, è la diversità tra la Chiesa di Lucca degli anni 1958 e questo giovane, nuovo Vescovo, uomo nuovo, uomo che viene da lontano, ma con una formazione culturale, biblica, teologica, pastorale, spirituale completamente diversa da una Lucca che viveva delle sue sane ma superate, in qualche modo, tradizioni religiose.
Il 13 settembre 1958, in occasione della festività della S. Croce, il Vescovo Ausilare fa il suo ingresso ufficiale nella Diocesi, partecipando alla solenne “luminara”.
Da notare che, solo un mese dopo, il 28 ottobre, un grandissimo personaggio, Giovanni XXIII, verrà eletto Papa e farà così il suo ingresso ufficiale, alla guida della Chiesa universale marcandone fortemente il cammino.
- PAPA GIOVANNI XXIII, discorso alla luna – immagini+audio originali - (40.03):
Si direbbe che persino la luna si è affrettata, stasera, a guardare a questo spettacolo che neppure la Basilica di S. Pietro che ha quattro secoli di storia, non ha mai potuto contemplare....
Tornando a casa, troverete i bambini, date una carezza ai vostri bambini e dite questa è la carezza del Papa... troverete qualche lacrima da asciugare... dite una parola buona: il Papa è con noi, specialmente nelle ore della tristezza e della amarezza...
Parlando di Giovanni XXIII, Mons. Bartoletti ebbe a dire, rispondendo ad un interlocutore:
“E’ venuto questo vecchio Papa Giovanni e ci ha scavalcati tutti. E’ stato lui a chiarirci le idee, a farci capire dov’è la novità cristiana”
A fianco dell'anziano Arcivescovo Antonio Torrini, c'è l'influente Vicario Generale, mons. Vincenzo Del Carlo, che tiene saldamente in mano le redini della diocesi e al quale, l'Arcivescovo, si rivolge per ogni esigenza o consiglio.
Bartoletti viene tenuto accuratamente in disparte.
Il suo ministero inizia senza nessun incarico preciso se non quello di aiutare, come fosse un prete qualunque, mons. Torrini, nelle celebrazioni liturgiche e nelle manifestazioni religiose.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (21.11):
La curia era tutta di uomini di altra epoca, di altra mentalità, per niente aperti alla novità della situazione sociale e culturale italiana che poi esploderà in modo particolare negli anni successivi, ma soprattutto, per niente formati alla novità del Concilio.
Si può solo immaginare il disagio e la sofferenza di Bartoletti in questa situazione: vive una vita quasi da seminarista, non dispone di alcuna autonomia, non ha un ruolo preciso e in più è guardato con sufficienza e diffidenza.
Nonostante questo, mons. Bartoletti nutre, nei confronti dell'Anziano Arcivescovo, benchè uomo di altro secolo, di formazione spirituale e culturale completamente diversa, assoluto rispetto e devozione e cerca sempre di mantenere un rapporto di collaborazione basato sull'obbedienza, la stima e la carità fraterna.
- Mons. MANSUETO BIANCHI – Vescovo di Pistoia - (57.07):
L’aspetto della sua capacità di rapporto, della sua capacità di relazione che tanto ha significato per la Chiesa di Lucca e per le Chiese in Italia lo toccavamo con mano, potremmo dire, quotidianamente, nel suo rapporto con il vecchio Arcivescovo, mons. Torrini, un Arcivescovo ultraottantennne, vivrà fin o a 95 anni, sarà proprio lui a chiudergli gli occhi. Ecco, il rapporto tra mons. Bartoletti e mons. Torrini. Un giovane Vescovo, Bartoletti, intelligente, acclamato, stimato, ammirato e il vecchio Arcivescovo. E lui quasi si metteva nel cono d’ombra del vecchio Arcivescovo, senza mai sgomitare, senza mai fare un passo avanti, senza mai prendere il sopravvento su di lui, ma con un atteggiamento di affetto, di sottomissione, di obbedienza che veramente è stata una testimonianza per l’intera Chiesa di Lucca.
Questa difficoltà nel rapporto tra i due vescovi viene portata anche a conoscenza di Giovanni XXIII nel corso di una udienza di entrambi, a Roma, il 13 dicembre 1960.
Bartoletti, riferendosi a questo incontro con il Papa, appunta nel suo diario:
“L'ausiliare e il difficile accordo con l'Arcivescovo. Grande conforto per le sue parole e per la sua umanissima comprensione”
“Ricevuti eccezionalmente da soli, siamo restati col S. Padre in piacevole e edificante conversazione, dalle 12 alle 13”.
Segue un’annotazione di “colore”:
Il S. Padre mi è apparso di una sincerità e umiltà davvero impressionante. Sotto il buon taglio di un contadino, una grande fede e una non minore saggezza”.
Nel mandato della Santa Sede c'è anche la cura Pastorale dell'Azione Cattolica e quindi, almeno in questo settore, mons. Bartoletti, ha modo di sfruttare gli spazi che gli si aprono per cercare di coinvolgere sempre più il laicato.
E' in questa ottica che comincia ad insegnare, leggere e commentare la Sacra Scrittura nel corso degli incontri con il Movimento dei Laureati Cattolici, della FUCI, dell’Unione Giuristi Cattolici, dell’UCIIM, dei laici di Azione Cattolica e nei ritiri al Clero, dove ha modo di fare emergere la sua linea di fondo sulla parola di Dio, sulla Chiesa, la Liturgia e la Pastorale
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (46.05):
Inizia a leggere la Sacra Scrittura. Tutte le settimane, mi ricordo, iniziò con la Lettera ai Romani, e noi, dal Seminario, si facevano salti mortali per essere in Piazza del Giglio n° 3, nella sede di Regnum Christi. E si ritornava poi in Seminario e la mattina dopo si tempestava di domande il professore di Sacra Scrittura, il professore di teologia, per dirgli ma, queste cose… e vedevamo l’imbarazzo dei nostri docenti di Sacra Scrittura, di Teologia, di Morale, di Pastorale, perché portavamo delle notizie, dei contenuti dottrinali che non erano molto alla loro portata.
Si capisce che mons. Bartoletti ha una conoscenza della Bibbia fuori dal comune.
In realtà è un innamorato della Sacra Scrittura, un amore sbocciato nel corso dei suoi studi all’Istituto Biblico di Roma, approfondito nel corso degli anni e mai più abbandonato.
- AGNESE GARIBALDI – Gruppo volontari carcere – (32.18):
Nel Vangelo si ricordava la trasfigurazione, la seconda domenica di quaresima. Ecco, dopo tantissimi anni io ho sempre negli occhi e nel cuore, l’immagine di quest’uomo dotto, sapiente e vorrei dire, santo, che spiegava, ci trasmetteva questi segreti della Scrittura e ebbi questa impressione, quest’uomo non solo conosce la Scrittura ma la vive. Quindi raccontava quello che traspariva, che viveva e che interiorizzava nel suo cuore.
Questi incontri, queste lezioni e approfondimenti danno la sensazione di una ventata di aria fresca e ben presto l’ausiliare, viene invitato anche da altre associazioni oltre che da gruppi parrocchiali. Molti di questi incontri avvengono nel salone dell’Arcivescovato.
- PIER COSTANTE LUCCHESI – Già presidente FUCI – Lucca - (22.24+17.00):
Eravamo qua, parlavamo con lui, eravamo sollecitati a cercare il suo contatto. Ci accoglieva con calore, aveva una straordinaria attitudine a farsi giovane con i giovani e a darci però anche il senso di una maturità da acquisire di cui lui poteva essere curatore e maestro.
Ogni lezione di mons. Bartoletti era corredata di quegli elementi di portata spirituale ma anche di alto livello scientifico che la gente accettava, che la gente desiderava, che la gente attendeva.
-DISS. CHIUSURA-
Il 25 gennaio 1959, Giovanni XXIII, annuncia la celebrazione di un Concilio Ecumenico.
Sarà questo, come lo stesso Papa chiarirà più volte, un Concilio di apertura al tempo presente, una novella Pentecoste per far capire più profondamente alla Chiesa, mettendo anche in discussione se stessa, la propria identità.
Questo annuncio viene accolto con molta freddezza e stupore tra i Cardinali e le alte sfere della curia romana. C’è chi si dice semplicemente “preoccupato”, altri parlano di “imprudenza” e “inesperienza”, altri addirittura che questa decisione è “destinata ad un sicuro insuccesso”
Nella Chiesa e nel resto del mondo, invece, l’annuncio del Concilio è accolto con grande interesse e molta aspettativa.
- GIULIO ANDREOTTI – Senatore a vita - (58.04):
Il Concilio Vaticano II, indubbiamente è stata una svolta molto importante nella storia della Chiesa e nella vita anche dei cattolici italiani. Però bisogna sempre distinguere quelli che erano modi di esprimersi di alcuni singoli, addirittura nemmeno partecipanti ma esperti del Concilio, da quelle che sono le decisioni dei documenti. Spesso si continua a fare un po’ di confusione a questo riguardo: c’è una continuità tra prima e dopo il Concilio che è sostanziale. La storia della Chiesa e della Chiesa italiana è questa, con una sensibilizzazione accentuata verso una serie di problemi che, man mano, si pongono in maniera differente anche sul piano esterno ai confini limitati della nostra nazione.
Cosa sia stato il Concilio Vaticano II per mons. Bartoletti, lo dirà poi lui stesso nel corso dell’omelia di commiato dalla Diocesi di Lucca, il 19 novembre 1972:
- Mons. ENRICO BARTOLETTI - Audio originale – (Saluto fedeli.3) - (34.06):
“E venne il Concilio. Inattesa primavera di nuove prospettive che si rifacevano alle sorgenti stesse della vita della Chiesa; e se confermavano idee e propositi da me lungamente sognati e amati, mi sembravano mirabilmente rispondere alle necessità e alle attese di questa Chiesa di Lucca, capace dalla sua solida vetustà, di coniugare l‘antico con il nuovo e di sopportare l’innesto di giovani virgulti...”
(dal diario, 11 ottobre 1962:)
“Giovedì 11 ottobre 1962. Maternità di Maria. Solenne apertura del Concilio.
Alle 8,30 dai Musei Vaticani, sala delle Lapidi, comincia la sfilata dei Vescovi. Entriamo in S. Pietro: ecco la chiesa!
Veramente questa è un’epifania del Mistero Ecclesiale. Tutto si svolge, davvero, come una grande liturgia. Il mistero della Chiesa è operante nel suo massimo di visibilità”
- DISS. CHIUSURA –
Il Concilio Vaticano II scuote la tranquillità della vita religiosa lucchese.
La prima preoccupazione di mons. Bartoletti è quella di far conoscere il contenuto dei dibattiti e dei documenti conciliari. Infatti, a differenza della maggior parte dei Vescovi italiani, si impegna a diffondere subito i lavori del Concilio.
Lo fa con “lettere pastorali” scritte a sacerdoti, seminaristi, religiosi e laici, ma è soprattutto attraverso i famosi incontri nel salone dell’Arcivescovato, gremito all’inverosimile, che tenta di rendere vivo, in diocesi, il cammino conciliare, mettendone in luce il valore teologico e la dimensione pastorale.
- AGNESE GARIBALDI – Gruppo volontari carcere - (27.11):
Poco dopo il suo arrivo a Lucca, ci fu l’inizio del Concilio a allora vivemmo con mons. Bartoletti una stagione particolarmente significativa perché tornava dalle sessioni del Concilio, insieme a mons. Torrini e a Lucca, in Arcivescovato, invitava tutta la Diocesi per fare come un resoconto di quello che avevano vissuto a Roma. Ricordo in quella occasione fu invitato una volta anche La Pira.
Il 26 luglio 1964, tre giorni dopo il venticinquesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, muore il babbo Gino. Il dolore è immenso e porta il Vescovo quasi a prendersela con Dio:
(dal diario, 26 luglio 1964:)
“Il babbo è morto stamani, improvvisamente. Caro babbo mio”.
“Come fo, Signore, a credere al tuo amore, alla realtà del mistero pasquale, ad affermare ad ogni costo la mia speranza in Te?
Aiutami Signore, mi pare di non poterne più. Eppure ti lodo e ti benedico dal fondo dell’anima dove resta una radice profonda di letizia e di gaudio”.
E, dopo un riferimento alla Messa giubilare celebrata tre giorni prima, conclude:
“Ho creduto più che mai alla tua presenza e al tuo amore, o Signore. Fammi restare in questa luce di speranza, di abbandono e di donazione”
Nel 1956, nella Diocesi di Lucca, a Viareggio, nasce il fenomeno dei cosiddetti “preti operai”.
Don Sirio Politi, primo prete operaio italiano, va a lavorare in un cantiere navale e trasforma una vecchia baracca del porto in una piccola chiesa con annesso un piccolo locale abitativo.
Più tardi, nella località Bicchio, sempre a Viareggio, don Politi, fonda la Comunità sacerdotale agricola di Santa Maria. Qui si lavora, si prega, si decide e si vive insieme.
- Don LUIGI SONNENFELD – Già prete operaio – (49.00):
Il punto di riferimento della comunità è il mistero dell’incarnazione e quindi, come una sequela di Gesù, questo entrare nella storia umana non dalla porta principale ma dalla porta, diciamo, di servizio. E quindi la vita di lavoro, la vita di famiglia, una vita non separata dagli altri, non distinta nè per abito nè per modalità, era il principale messaggio che questa comunità portava, di una parola che era per tutti, non la parola della comunità, la parola di Gesù.
Un modo nuovo ma certamente diverso di concepire il sacerdozio che non lascia indifferenti le alte sfere ecclesiastiche.
A questo proposito, il 23 novembre 1971, mons. Bartoletti scrive al sostituto della segreteria di stato mons. Giovanni Benelli:
“L’aspetto positivo di detta comunità è la fedeltà ad una intensa vita di preghiera, personale e comunitaria. Vi sono però preoccupanti forme di polemica e di contestazione che sono tornate ad esprimersi prima del Sinodo, in varie manifestazioni...”
Ma già alla fine del 1971, la comunità in senso vero e proprio, cessa di esistere.
- DISS. CHIUSURA –
Nel 1965, a Concilio ormai concluso, mons. Bartoletti può proporre quello che ha sempre pensato: il primato della parola di Dio in tutta la vita della Chiesa.
Una delle principali innovazioni nelle celebrazioni liturgiche è l’introduzione della lingua italiana al posto del latino, con il celebrante, non più di spalle, ma rivolto verso l’assemblea dei fedeli.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (19.08):
Io ho fatto il chierichetto e, durante la messa si diceva il rosario, e la messa era in latino col prete rivolto su, verso..., nessuno capiva nulla e, da ragazzino, a Capezzano Pianore dove sono nato, guidavo il rosario durante la messa, che messa era quella lì...
- Mons. GIAMPIERO BACHINI - Rettore della Cattedrale di Lucca – (15.00+10.15+11..22+16.12):
Bartoletti aveva trovato una diocesi di stampo antico e portò subito una ventata nuova soprattutto facendoci capire l’importanza e la bellezza della parola di Dio, soprattutto per la liturgia. Quando iniziò il cambiamento, entrò la lingua italiana il 7 marzo del ’65, fu un grande giorno, io ero a S. Paolino e mi ricordo che lui celebrò la prima solennità di S. Paolino, il ’65, in italiano, con l’altare voltato verso il popolo. Ci aiutava a entrare dentro la liturgia e ci aiutava a capire quello che la liturgia doveva essere per la vita della Chiesa.
Ma recepire il senso del Concilio, richiede in molti un cambiamento di mentalità non sempre immediato e condiviso da tutti.
- Mons. MANSUETO BIANCHI – Vescovo di Pistoia -(6.24+13.8+35.11):
Quella di mons. Bartoletti è una figura che in un certo senso è emblematica. E’ la testimonianza di una persona che partendo da coordinate culturali, teologiche e spirituali diverse, ha migrato verso lo spirito del Concilio. E’ una figura di Vescovo che rappresenta il Vescovo del Vaticano II, il Vescovo nuovo secondo l’intuizione del Concilio e mi pare che sia una di quelle figure alle quali bisogna spesso e significativamente tornare perché ci affida, ci consegna delle testimonianze e dei valori che sono centrali nella vita del Vescovo e sono caratteristici della stagione della Chiesa post-conciliare.
A un mese dalla conclusione del Concilio, l’11 gennaio 1966, mons. Bartoletti, viene nominato amministratore apostolico “sede plèna”, fornito quindi di tutti i poteri episcopali.
Intanto, a seguito dei contatti avuti durante il Concilio con mons. Perraudin, Vescovo di Kabgayi, in Rwanda, la Diocesi di Lucca ha l’opportunità di sviluppare la sua dimensione missionaria.
Nel 1968 nel paese africano, per merito di don Gualdo Bosi, un ingegnoso e infaticabile prete “Fidei Donum” di origine garfagnina, dotato di ferrea volontà e di notevole capacità, viene inaugurata, nella zona di Cyeza, una nuova parrocchia intitolata al Volto Santo di Lucca e finanziata dalle offerte raccolte in diocesi.
- DISS. CHIUSURA -
Come amministratore apostolico, il “vescovo”, così veniva chiamato comunemente a Lucca mons. Bartoletti, cambia il modo di effettuare le visite pastorali nelle parrocchie.
Non più una visita prevalentemente amministrativa ma una visita come atto ecclesiale e pastorale con tutta la comunità riunita, anche con i malati che va personalmente a visitare nelle case.
“... la visita intende suscitare ovunque un approfondimento della fede; una coscienza illuminata dal nostro essere Chiesa; uno spirito di coesione e di collaborazione pastorale, nella verità e nella carità...”
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (19.21):
Lo ricordo quando lo accompagnavo nelle visite pastorali, queste donnine anziane, ammalate, le persone più semplici erano quelle che rimanevano più innamorate di questo Vescovo, per il suo tratto di bontà. Verità e carità in lui si univano inscindibilmente insieme.
Come sappiamo, mons. Bartoletti, era stato, per molti anni, educatore nei seminari fiorentini e quindi, è facile capire, che anche a Lucca abbia a cuore la formazione spirituale e culturale dei nuovi sacerdoti.
Nel seminario di Lucca la situazione è abbastanza delicata sia per le divergenze di vedute tra mons. Bartoletti e il rettore, mons. Pietro Cantieri, sia per il tipo di formazione adottata, basata sull’obbedienza senza discussioni e sulle rigide norme da seguire..
Nel 1966, in concomitanza alla nomina di mons. Bartoletti ad amministaratore apostolico “sede plena”, il rettore del seminario si dimette e, mons. Bartoletti nomina al suo posto, don Bruno Tommasi che, nel 1991, sarà nominato arcivescovo di Lucca.
- Don MARCELLO BRUNINI – Parroco del Varignano –Viareggio (Lucca) - (7.05+23.12):
Ho conosciuto mons. Bartoletti nel 1965 quando sono entrato in Seminario e è stato importante proprio l’incontro con lui in seminario perché lui mi ha insegnato in maniera profonda e personale un rapporto singolarissimo con il Signore Gesù. Per lui c’erano tre amori che attraversavano la sua vita e che ci comunicava: l’amore per Cristo, l’amore per la Chiesa e l’amore per le persone.
Il Vescovo avvia un cambiamento radicale: convoca un gruppo di lavoro formato da sacerdoti esperti e laici impegnati; chiede loro consigli e suggerimenti sulla gestione del seminario che diventa così una comunità di persone responsabili che insieme si impegnano alla formazione di una personalità umana e sacerdotale valida.
Il Vescovo Bartoletti diventa un amico ed un padre, un’autentica guida nel cammino verso il sacerdozio.
-Don MARCELLO BRUNINI – Parroco del Varignano – Viareggio (Lucca) - (48.14):
Normalmente noi abbiamo, che so, l’immagine dei Vescovi, quelli almeno più antichi, diciamo così, difensori totali dell’ortodossia, delle persone in qualche modo chiuse, un po’ timide e paurose, ecco, invece quando si incontrava lui era possibile parlare di tutto, dalla barzelletta fino all’ultimo libro di teologia anche scritto da teologi non proprio in linea, diciamo così, con il magistero della Chiesa. Quello che era importante per lui, voleva che, in qualche modo, noi si diventasse critici, assumessimo un po’ una intelligenza, una capacità proprio di lettura critica delle cose, delle idee, delle persone con le quali noi venivamo a contatto.
Ma il suo episcopato attraversa anche momenti difficili.
(dal diario 23 luglio 1970:)
“Da trentuno anni sono sacerdote. Il cammino è stato lungo; le grazie del Signore innumerevoli; ma la mia risposta è sempre debole, intermittente, emotiva, oggi stanca e dubbiosa. Mio Dio abbi pietà di me: guarda il mio desiderio di Te: di amarTi, di servirTi, di goderTi. Dammi la forza di compiere ciò che mi chiedi”.
Nel 1970 inizia una serie annuale di convegni diocesani pastorali che si svolgono in modo parallelo sia per il clero che per il laicato.
In quel periodo, ma anche precedentemente, un valido contributo lo riceve da don Filippo Franceschi che diventerà poi Vescovo di Civitavecchia, di Ferrara e infine di Padova e col quale mons. Bartoletti si trova in perfetta sintonia.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario mons. Bartoletti - (28.24):
Ci saranno i famosi convegni a Fiumetto dove convergono schiere innumerevoli di laici e lì fa riscoprire a tutti i cristiani laici, la loro dignità, la loro vocazione e missione nella Chiesa e nel mondo. Ma non laici per fare i sacrestani, laici per essere sale e luce, fermento evangelico nel tessuto della storia umana.
Il 16 gennaio 1971, a distanza di quasi tredici anni dal suo arrivo Lucca, mons. Bartoletti viene nominato Arcivescovo coadiutore con diritto di successione.
Che cosa significa questo nella sua vita episcopale a Lucca?
(dal diario, 16 gennaio 1971:)
“Non è cambiato nulla; ed è cambiato tutto. Sono legato e incarnato in questa Chiesa di Lucca. Devo esservi segno dell’amore di Dio, della ricerca del Vangelo, della presenza di Gesù il Signore. So bene che mi attendono grosse difficoltà e grandi responsabilità.
Debbo dare un ordine nuovo alla mia giornata e al mio lavoro”.
- Mons. FAUSTO TARDELLI – Vescovo di S. Miniato (Pisa) - (46.11):
Egli viveva per la Chiesa. Possiamo dire che, con la Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa ha vissuto e ce la faceva gustare. Ma la Chiesa non come qualcosa di astratto o di teorico, la Chiesa che era incontro tra le persone, era comunicazione, era tentativo di riannodare continuamente le fratture che si potevano essere realizzate. Chiesa che era fondamento sul Cristo ma anche comunicazione fraterna profonda, culto dell’amicizia sempre nel nome del Signore e davvero queste cose rimangono dentro il cuore e le porto con me come un tesoro prezioso a cui far sempre riferimento.
Mentre continua il suo impegno per la diffusione delle idee conciliari ed anche il suo futuro sembra legarsi sempre più alla Diocesi di Lucca, si aprono per lui nuove prospettive.
Gli impegni si moltiplicano.
Già da tempo ricopre incarichi importanti a servizio della Chiesa universale, come presidente della Commissione per la dottrina della Fede, membro del Consiglio della segreteria del Sinodo e relatore al Sinodo del 1971 sullo stato della Chiesa nel mondo.
- Mons. ENRICO BARTOLETTI – Intervista RAI – Sett. 1971 - (57.21+12.10):
La Chiesa trae in questo tempo la sua forza e la sua luce dal Concilio. Perciò, se vogliamo vedere la Chiesa nelle sue realizzazioni più valide non abbiamo che da riferirci al Concilio. Innanzitutto il rinnovamento liturgico che ha posto il popolo di Dio in un contatto vivo e immediato con la parola di Dio, che, conseguentemente, ha dato anche al laicato il senso vivo di essere parte viva del popolo di Dio ed ha quindi esaltato la esigenza della partecipazione alla vita della Chiesa. Sono questi in realtà gli aspetti più positivi ai quali potremmo aggiungere la partecipazione voluta dal Concilio al movimento ecumenico, al quale potremmo anche aggiungere lo sviluppo della teologia in una ricerca vasta che si illumina dalle indicazioni del Concilio stesso. Non possiamo perciò negare che nella vita della Chiesa, in questo periodo, vi sia stato un forte movimento di rinnovamento o di aggiornamento.
Intanto in tutto il Paese sono in atto violenti scioperi e manifestazioni studentesche. La contestazione si trasforma in guerriglia urbana e l’Italia cade nel caos. Le città diventano teatro di scontri cruenti.
Il Paese, ad opera di estremisti di destra e di sinistra ma soprattutto, delle Brigate Rosse, si trova a dover affrontare un tragico lungo periodo che passerà tristemente alla storia sotto il nome di “anni di piombo”, certamente i più difficili e drammatici della storia della repubblica che culmineranno, nel 1978, con l’omicidio di Aldo Moro.
- GIUSEPPE DE RITA – Presidente CENSIS - (29.18+24.13):
Che cosa erano gli anni ’70. Erano anni di una tensione inesprimibile e Bartoletti invece era una persona senza tensioni, una persona dolce, una persona tranquilla e sembra strano poter pensare a una persona così capace di eliminare le tensioni anche se poi le viveva dentro, in un mondo totalmente conflittuale. Sono stati anni anche della follia, la follia di considerare il salario variabile e indipendente o di considerare, in pratica, la fantasia al potere e poter gestire anche la società ammazzando qualche brava persona che faceva il suo mestiere. Sono stati anni durissimi, durissimi, forse il decennio più duro di tutta la nostra vita.
Frattanto, nell’agosto del 1971, all’età di 81 anni muore Albertina Donnini vedova Bartoletti, la cara ”mamma Albertina”, la madre del Vescovo Enrico.
- DISS. CHIUSURA –
Il 4 settembre 1972, mons. Enrico Bartoletti, è nominato, da Papa Paolo VI, che era succeduto a Giovanni XXIII il 21 giugno 1963, segretario generale della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana.
Il distacco da Lucca è doloroso.
- Mons. ENRICO BARTOLETTI – Audio originale – (Omelia dell’11 novembre 1972) – (32.09):
“Soprattutto avrei voluto darvi l’esempio di un Vescovo “in actione contemplativus”, che dalla preghiera e dall’unione con Dio sa trarre luminosità di insegnamento e coerenza di vita. Non ci sono certo riuscito; ma voi, pur fra le deficienze e le incoerenze del mio vivere ed agire, avete compreso il mio assillo, avete scoperto il mio umile segreto”.
Era dal 1959 che il cardinale Giovan Battista Montini, allora Arcivescovo di Milano, conosceva mons. Bartoletti, da quando cioè lo aveva invitato a tenere conversazioni sullo stato della società e la presenza della Chiesa.
Avendo avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo personalmente, Paolo VI ritiene che Bartoletti sia l’uomo giusto per cercare di dare una fisionomia alla Chiesa italiana negli anni difficili del post-Concilio e per indirizzare la Conferenza Episcopale verso una maggiore assunzione di responsabilità nei confronti della difficile situazione culturale e politica italiana.
Mons. Bartoletti si dedica a questo nuovo e importante mandato con la consueta efficienza e competenza: uno dei primi impegni è quello di favorire i contatti e i rapporti interpersonali tra i Vescovi.
Ma il primo progetto che mons. Bartoletti affronta con decisione, è il cammino pastorale “Evangelizzazione e Sacramenti”. Con una lungimiranza fuori dal comune, ipotizza l’esistenza di una Italia che, debba essere evangelizzata.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (29.20):
Ricordo sempre quando nel 1973 in una comunicazione che lui fece ai Vescovi italiani, quando affermò –cari confratelli, perché non ammettere che l’Italia stà diventando terra di missione- e i Vescovi lo guardarono meravigliati, posso citare uno in particolare, il card. Siri che rimase sorpreso da una tale affermazione.
Contemporaneamente si rafforza sempre più la convinzione che la strada dell’evangelizzazione debba necessariamente passare dal laicato con la naturale valorizzazione della presenza della donna nella chiesa. Un contributo notevole per la promozione del laicato femminile lo da, in quel periodo, l’onorevole, Maria Eletta Martini.
- on. MARIA ELETTA MARTINI – (19.18+19.17):
Rimane la Chiesa col suo alto potere, la sua alta responsabilità, con una carenza di sacerdoti sempre più evidente e allora il laico non supplente ma che, a titolo personale, porta avanti delle esperienze, può essere un fatto assolutamente utile... prevedendo, diremmo con qualche anno di anticipo, quella che sarebbe stata la grande valorizzazione del laicato che ha fatto il concilio, quando ha messo i laici addirittura come titolari dell'evangelizzazione come tutti i cristiani.
Questa stagione di nuova evangelizzazione può essere considerata una tra le più lucide e valide intuizioni di mons. Bartoletti.
- ROSA RUSSO JERVOLINO – Sindaco di Napoli -(12.02+39.03):
Una cosa che mi ha colpito fin dall’inizio è il fatto che mons. Bartoletti avesse molta fiducia nelle donne, nel laicato femminile. Bisogna tener conto che allora il discorso era molto brutto e brutale, era il momento nel quale i radicali proponevano l’utero è mio e ne faccio quello che voglio e ogni sponda che si poteva cercare per portare avanti un ragionamento rispettoso della dignità della donna e rispettoso della vita del bambino è stato di una utilità enorme e in questo noi avevamo come punto di riferimento costante, mons. Bartoletti.
Ma, nella sua straordinaria lungimiranza, mette in luce altri problemi, attuali ancora oggi.
- Mons. ENRICO BARTOLETTI - Intervista RAI – Sett. 1971 - (28.08+24.08):
Certo, il primo e più grave problema, la prima e più grave difficoltà che la Chiesa affronta in questo momento è la crisi di fede, la crisi, cioè, dell’accettazione del contenuto oggettivo della fede e conseguentemente anche l’accettazione e l’ossequio religioso al magistero della Chiesa che è essenziale alla sua stessa costituzione e all’annunzio del vangelo. Ed è chiaro che a questo problema è anche congiunto il problema della partecipazione alla promozione dell’uomo, il problema dei poveri che la Chiesa deve aiutare, difendere, come pure non manca ed è anzi, uno dei problemi più gravi ai quali l’attenzione del Santo Padre si è di continuo rivolta, il problema della pace.
A Lucca, il 20 gennaio 1973, all’età di 95 anni, muore l’Arcivescovo Antonio Torrini.
Il giorno seguente, mons. Bartoletti annota:
(dal diario, 21 gennaio 1973:)
“Il Signore scrive dritto con le nostre righe storte. Sento ora la sua bontà nell’avermi concesso di chiudere gli occhi al Vecchio Arcivescovo, e di succedergli in questa Chiesa che ho amato”.
- Don DIOMEDE CASELLI – Direttore del Villaggio del Fanciullo – Lucca - (26.05):
Credo che sia stato, il suo modo di comportarsi, di agire, di servire l’Arcivescovo Torrini, sia stato un esempio a tutti noi del clero lucchese di quel tempo. Perché ci ha insegnato che si è veramente sacerdoti, operatori di una vera pastoralità, quando si è capaci di amare gli altri, servendoli.
Ma, il suo grande desiderio di continuare a svolgere il suo ministero episcopale anche al servizio della Chiesa lucchese, sfuma dinanzi agli impegni sempre più gravosi al servizio della Chiesa romana e ai persistenti problemi di salute che lo accompagnano da tempo.
Il 2 aprile del 1973 infatti mons. Enrico Bartoletti annuncia ufficialmente che mons. Giuliano Agresti sarà il nuovo Vescovo di Lucca.
I giorni precedenti l’annuncio sono agitati.
(dal diario, 2 aprile 1973:)
“Ora sono solo: credo nella croce e accetto la croce. Signore aiutami a portarla fino in fondo, con amore, con fedeltà, con speranza...”.
La Pasqua del 1973 è l’ultima che trascorre a Lucca.
(dal diario, 24 aprile 1973:)
“Lascio Lucca per sempre. Distacco tremendo. Rimpianto per quello che non ho fatto.
Dolore per il disagio di questi ultimi mesi, che forse hanno cancellato tanto di me: -deo gratias-.
Distacco anche dalle persone, specialmente da alcuni sacerdoti.
SonoTuoi Signore, li ridono a Te. Ricomincio come Abramo. Sono sulla via di Emmaus”.
Rientrato a Roma il 24 aprile, torna subito ad occuparsi con tutte le sue forze, dei molteplici problemi che lo attendono, al servizio della CEI e non solo.
Tra l’altro, si deve occupare dei rapporti con i politici italiani per le vicende referendarie sul divorzio e sulla questione spinosa, di una eventuale legge di regolamentazione dell’aborto.
- ROSA RUSSO JERVOLINO – Sindaco di Napoli -(27.03+27.22):
Sul piano politico dominava il problema dell’aborto. Eravamo reduci dalla battaglia fatta per l’abrogazione della legge sul divorzio e dalla sconfitta subita e, immediatamente dopo, contrariamente a quello che avevano detto i divorzisti, è venuto subito a galla il problema dell’aborto e mons. Bartoletti si è trovato all’interno di questa tempesta tentando sempre, almeno dal mio punto di vista, ma non solo dal mio, con grandissimo equilibrio e con
grandissima saggezza, di non accendere gli animi gli uni contro gli altri, ma di aiutare il dialogo, di aiutare la ricerca di una soluzione possibile.
Pur tra mille difficoltà, per mons. Bartoletti, l’impegno costante rimane sempre quello di “traghettare la Chiesa italiana sulle sponde del Concilio”, che in poche parole significa passare da una Chiesa di “praticanti” a una Chiesa di “credenti”.
- Mons. ENRICO BARTOLETTI - Da una intervista RAI, settempre 1971 - (18.04):
A monte di queste difficoltà stà anche la diversa interpretazione del Concilio perché se vi è una eresia della violenza e della distorsione del Concilio, vi è anche una eresia della inerzia nella realizzazione del Concilio stesso.
Questo ruolo di “traghettatore” già emerso chiaramente a Lucca, esplode a Roma con l’imponente lavoro di organizzazione e preparazione del primo grande piano pastorale della Chiesa italiana che culminerà, nel novembre del 1976, in un convegno ecclesiale nazionale dal
tema “Evangelizzazione e Promozione umana” nel quadro del programma pastorale “Evangelizzazione e Sacramenti”.
- P. BARTOLOMEO SORGE – Direttore di Aggiornamenti Sociali - (1.15.22):
E lui mi disse: -Padre, la CEI ha pensato di fare un grande convegno eccelesiale per verificare la ricezione del Concilio Vaticano II da parte della Chiesa italiana a dieci anni di distanza. Io sono il presidente della commissione preparatoria, vorrei che fin nella commissione di presidenza fossero presenti tutte le componenti ecclesiali. Io sono vescovo, Lazzati mi ha già detto di si, quindi abbiamo un laico, adesso ho bisogno di un prete e di un religioso e questo deve essere lei- dico: -eccellenza abbia pietà di me sono direttore da poco tempo, mi stò ancora orientando- facevo qualche difficoltà. Lui mi guardò con uno sguardo che non ho più dimenticato e mi disse, con una umiltà profonda: -padre, non mi dica di no, mi dia una mano- non potevo dirgli di no. Poi il Signore se l’è preso otto mesi prima della celebrazione del convegno e oltre la mano il Signore si è preso anche il braccio, però è stata una esperienza bellissima perché siamo andati avanti due anni e mezzo insieme e ho potuto conoscerlo da vicino.
- ROSA RUSSO JERVOLINO – Sindaco di Napoli - (38.08):
Era il primo Convegno Ecclesiale della Chiesa italiana, la liturgia l’aveva in gran parte studiata lui, insomma c’era mons. Bartoletti dappertutto, però non c’era perché era già in paradiso e credo che questa presenza assenza abbia praticamente condizionato, in modo estremamente positivo, quello che è stato uno dei momenti più alti e più belli, secondo me, della Chiesa italiana.
Il 7 ottobre 1974, in occasione del suo compleanno, mons. Bartoletti, ci consegna, attraverso
questi appunti, uno dei tanti volti del Signore: questo è semplicemente Gesù, l’amico vero a cui affidarsi e al quale offre, umilmente, la sua “pochezza”:
(dal diario 7 ottobre 1974:)
“Nel mio cinquantasettesimo compleanno, vedo la mia nullità e miseria; ma ringrazio il Signore, perchè ogni giorno che mi concede è un segno del suo amore per me”
Molti e complessi continuano ad essere i problemi dei quali mons. Bartoletti si deve occupare: dalla revisione del Concordato tra Stato e Chiesa, che verrà poi firmato nel 1984, alla pesante crisi della Democrazia Cristiana, esplosa all’indomani delle elezioni amministrative del 15 giugno 1975, fino al declino inarrestabile dei Movimenti Cattolici.
- STELLA BARTOLETTI – Nipote di mons. Bartoletti - (27.18):
Ebbi la fortuna di vedere l’incontro, solo l’incontro, naturalmente, senza il colloquio, con Aldo Moro. Come lui lo salutò, con quale preoccupazione negli occhi e nel viso… lo zio era in grande tensione, gli strinse la mano, io credo, dieci volte prima di mandarlo via.
Intanto nel dicembre del 1975, a mons. Bartoletti, viene rinnovato l’incarico di segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.
Nonostante la fatica, la stanchezza, ma soprattutto la malattia, un forma giovanile di diabete che lo porta, nel tempo, a farsi tre iniezioni al giorno di insulina, non si sottrae mai agli impegni che il suo stato richiede e rimane a lavorare nel suo studio fino a notte fonda.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (13.00):
Alle undici, undici e mezzo, tutte le mattine, io andavo da lui, con la scusa di fargli firmare una lettera, perché potesse prendere qualcosa. Molte volte non era possibile questo per le udienze.
Per mons. Bartoletti, il lavoro e la fatica aumentano, soprattutto all’inizio del 1976 quando,
all’orizzonte, si va concretizzando la certezza dell’approvazione di un referendum radicale sulla legalizzazione dell’aborto.
- STELLA BARTOLETTI – Nipote di mons. Bartoletti - (28.02):
In continuazione lo chiamava il Papa, ma proprio tante volte durante il giorno, oppure c’erano queste necessità di risposte per scritto, allora incaricava uno dei suoi segretari di correre dal Papa a portargli queste missive, queste letterine diciamo, e le riceveva pure lui.
Gli ultimi giorni di mons. Enrico Bartoletti cominciano da lunedì 1° marzo 1976 con un colloquio in Vaticano che si concluderà a mezzanotte e mezza, tra Paolo VI, il Segretario di Stato Villot, i sostituti Casaroli e Benelli e lo stesso mons. Bartoletti.
La discussione verte sulle indicazioni da dare ai politici italiani circa lo scottante problema dell’eventuale legalizzazione dell’aborto, qualora passasse il referendum.
Bartoletti è distrutto.
-DISS. CHIUSURA-
Nella notte tra il 1° e il 2 marzo viene colpito da un attacco che all’inizio sembra un intensificarsi della polinevrite di cui soffre. Con l’aumento di diffusi dolori al torace viene ricoverato d’urgenza al Policlinico Gemelli di Roma dove viene diagnosticato un infarto cardiaco. Il 2 marzo mattina la situazione sembra grave ma non gravissima.
Nella serata di giovedì 4 marzo si parla di un sensibile miglioramento ma, alle tre di venerdì mattina si ha un arresto cardiaco.
Dopo vari e disperati tentativi di rianimazione, alle ore 8 ne viene comunicata la morte.
E’ il 5 marzo 1976.
E’ una morte inaspettata, traumatizzante, non per lui, ma per la Chiesa Italiana, la società tutta in generale e per la Diocesi di Lucca in particolare.
Era una speranza per molti e per molti è rimasto una speranza, che la morte, a soli 59 anni, ha spezzato.
- Mons. ENRICO BARTOLETTI – (Saluto al clero 11/11/72) – audio originale - (13.10):
“Io sono il buon pastore e conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me e, per le mie pecore, dò la mia vita”.
La salma, composta nella piccola cappella della CEI, è affettuosamente visitata da ecclesiastici e da politici ma anche da gente comune che ogni mattina, assieme a lui, era solita partecipare, proprio in quella cappella, all’Eucaristia.
Il giorno seguente, un commosso Paolo VI, asperge la salma di quello che era, oltre che un amico, un prezioso collaboratore.
- ROSA RUSSO JERVOLINO – Sindaco di Napoli - (46.07):
La cappellina della CEI, dove lui celebrava quasi come se fosse nella Cattedrale di S. Martino a Lucca, con la salma di mons. Bartoletti, li il Santo Padre Paolo VI che viene a trovarlo e l’Abate di S. Paolo che era sospeso “a divinis” che si inginocchia a baciare la mano al Papa e il Papa lo abbraccia. Quindi, intorno a un santo, a un santo della fede, a un santo dell’amore cristiano a me è parso che si ricomponessero anche le spaccature crude, forti, che c’erano in quel momento nella Chiesa.
Lunedì 8 marzo, alle ore 11,30, nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, si tengono i solenni funerali presieduti dal card. Antonio Poma.
Partecipano numerosi Cardinali, 52 vescovi, oltre 120 sacerdoti, il presidente del consiglio on. Aldo Moro, molti ministri e numerose personalità civili e della cultura.
Al termine, il feretro muove alla volta di Firenze dove, nella Cattedrale di S. Maria del Fiore, ha luogo un rito funebre.
Il mattino successivo, 9 marzo, la salma, attraversa il suo paese natale, S. Donato di Calenzano.
Alle ore 17 di una giornata piovosa, accolto da migliaia di persone, il Vescovo Enrico Bartoletti, fa ritorno a Lucca.
Benedetta dal Vescovo Giuliano Agresti, la salma di quello che era stato il suo predecessore, viene tumulata nella Cattedrale del “Volto Santo”, la Cattedrale di S. Martino, la sua Cattedrale.
Il viaggio terreno del Vescovo Enrico, un viaggio sofferto, faticoso, a volte penoso, finisce qui. Ha ascoltato l’invito del Maestro, per passare dalla riva del tempo alla riva dell’eternità, dove lui, che si era donato a Cristo e alla Chiesa senza condizioni e senza riserve, può finalmente incontrare “l’unico amico vero di tutti i giorni” come egli amava definire quel Cristo che ha sempre amato e desiderato oltre ogni cosa.
- DISS. CHIUSURA –
A distanza di 30 anni dalla sua morte, inizia il cammino verso il processo di Canonizzazione,
richiesto, all’unanimità, dall’intero Sinodo della Chiesa lucchese.
- Don EMILIO CITTI – Vicepostulatore – (38.04+14.10+16.06):
Il processo di canonizzazione è iniziato ufficialmente l'11 novembre 2007, nella solennità di S. Martino.
In quell'occasione, in cattedrale, durante una solenne celebrazione, si sono insediati gli organismi che portano avanti la causa stessa. Cioè, il tribunale, con il giudice delegato e i notai, il promotore di giustizia, il postulatore, la commissione storica e la vicepostulazione.
La commissione storica sta raccogliendo, valutando e studiando gli scritti e i documenti, come anche le situazioni storiche nelle quali ha vissuto il vescovo Enrico.
La vicepostulazione promuove, attraverso pubblicazioni varie, attraverso incontri, convegni, la figura, la vita, l'opera, il magistero, l'azione pastorale del vescovo Enrico e anche questo documentario è in questa linea.
- Mons. MAURO VIANI – Giudice Delegato – (38.03+24.03):
Compito del tribunale nella fase istruttoria, è quella di verificare le “virtù eroiche” del servo di Dio, così si chiama il candidato alla santità. Cioè deve valutare se questa persona, se questo fedele, ha vissuto in maniera radicale lo spirito del vangelo, la sequela di Cristo.
E per far questo, il tribunale è chiamato ad ascoltare alcune persone che nella vita hanno conosciuto, hanno incontrato, sono state vicine alla persona che è chiamata alla santità.
Credo che facendo questo processo, avvicinandoci a questa figura, possiamo davvero metterci alla scuola, alla scuola di un uomo e di un Vescovo che ha vissuto integralmente il vangelo e che ha portato nella Chiesa quel vento nuovo che il Concilio Vaticano II aveva proposto per tutti.
- Mons. ITALO CASTELLANI – Arcivescovo di Lucca – (1.15.22):
I Santi sono il capolavoro della sapienza di Dio. E' con questa consapevolezza, sarei per dire, con questa fede, che ci siamo mossi qui, nella nostra diocesi di Lucca, alla ricerca della santità del nostro carissimo fratello, il vescovo Enrico Bartoletti che mi ha preceduto qui, sulla cattedra della chiesa di Lucca.
La ricerca si è mossa su vari fronti, è una ricerca anche semplice perchè, in fondo, la vita cristiana e la santità è espressione della vita cristiana di tutti, ma è una ricerca, per la verità, anche complessa, quando si tratta di andare a leggere le tracce profonde che la sapienza di Dio ha lasciato appunto in un discepolo.
Tutto questo impegno viene a testimoniare il profilo di una chiesa che si impegna nella ricerca delle motivazioni e degli episodi che quindi, narrano, esaltano, pur con la semplicità e profondità, le virtù eroiche di santità, appunto, di questo fratello vescovo.
-DISS. CHIUSURA-
- GIULIO ANDREOTTI – Senatore a vita - (33.12):
Di mons. Bartoletti, la caratteristica che mi colpiva di più era di saper dire delle cose estremamente profonde ma in un modo molto semplice, molto accessibile, lo dico forse in termini banali perchè dovrebbe valere per tutti questo, ma lui ci credeva veramente in queste cose e aveva un fascino nei confronti particolarmente della gioventù universitaria che ne fa una figura certamente non dimenticabile.
- Mons. MANSUETO BIANCHI – Vescovo di Pistoia - (14.07):
Mons. Bartoletti è stato certamente, nel senso più profondo e più largo, un uomo di Chiesa, un uomo di comunione, ma è riuscito ad esserlo perchè è stato, nella sua radice, un uomo di Dio.
- ROSA RUSSO JERVOLINO – Sindaco di Napoli - (26.21):
Lui non era l'uomo delle frasi roboanti o delle grandi scoperte, era l'uomo della santità. Io so che tutte le volte che non avevo coraggio, che non sapevo più quale strada cogliere, mi rivolgevo a lui e ne venivo sempre via rasserenata e rassicurata.
- Fr. ARTURO PAOLI – Piccolo fratello di Charles de Focauld - (37.04):
Se si tratta di dare una testimonianza alla sua santità, alla sua rettitudine di vita, io la darei a piene mani. Era una persona certo che, diciamo, non solamente ha servito la Chiesa con una grande fedeltà e anche il regno di Dio, ma direi che ha portato su di sé molte sofferenze e le ha portate con grande dignità e con grande pazienza.
PIER COSTANTE LUCCHESI – Già presidente FUCI – Lucca -(4.3) – 26.19
Era un po' un esploratore e riusciva, in qualche maniera, a comunicarci questa necessità di farci custodi e interpreti del nostro tempo in una prospettiva che fosse, il più possibile, libera e autonoma in quanto vissuta in una dimensione ecclesiale di cui lui era custode ma non necessariamente despota.
- Mons. PIETRO GIANNESCHI – Già segretario di mons. Bartoletti - (18.09):
Uomo di carità a tutto campo, con le persone umili e semplici, con le persone superbe e con le persone sapienti. Le ha vinte tutte! Ha vinto i cardinali della curia romana con la bontà e con la carità. Univa sapienza e bontà.
- GIUSEPPE DE RITA – Presidente CENSIS - (18.02):
Siccome si parla di Bartoletti come un santo, non era soltanto un santo nello spirito, era anche un buon
organizzatore che aveva, se mi è permesso, da ex allievo dei gesuiti, aveva anche qualcosa da Ignazio Di Lojola.
- Mons. FAUSTO TARDELLI – Vescovo di S. Miniato (PI) - (25.19):
Ma certamente c'è un elemento che mi ha sempre colpito profondamente, è la sua profonda interiorità che sapeva trasmettere, nel dialogo personale, in quell'attenzione premurosa che egli aveva nei confronti di ciascuno. Però traspariva il suo cammino interiore, la sua profonda fede, il suo affidarsi al Signore giorno per giorno.
- P. BARTOLOME SORGE – Direttore di Aggiornamenti Sociali - (21.10):
Ma credo che, veramente, una figura come questa potrebbe ridare fiducia anche a quanti hanno amato, a quanti hanno sofferto, a quanti si sono impegnati storicamente, concretamente nella nostra Chiesa italiana perchè il Concilio fosse accettato, accolto e vissuto come un dono di Dio, una nuova Pentecoste.
Questo “servo di Dio” che, con la sua forza morale, la sua lucida intelligenza, la sua lungimiranza, ha sopportato pazientemente il peso delle enormi contraddizioni della Chiesa Italiana per la quale ha donato la sua vita, ora è in cammino verso la canonizzazione.
Il percorso è ancora lungo... ma mentre aspettiamo, saldamente ancorati alla riva del tempo, ci piace ascoltare una voce che giunge dalla riva dell’eternità: è una voce amica, una voce che ormai è diventata molto familiare...
- Mons. ENRICO BARTOLETTI - (Saluto al clero, 11/11/72) –(52.07):
“Ed io, pur lontano da voi, seguirò il vostro canto e mi ricorderò del monito di Agostino: canta, come il viaggiatore; canta, ma cammina; canta e cammina, senza deviare, senza indietreggiare, senza fermarti. Qui canta nella speranza, lassù nel possesso. Questo è l’alleluia della strada, che percorrerò con voi, anche se lontano da voi; quello sarà l’alleluia del possesso che, finalmente, spero, di raggiungere con tutti voi”.
-FINE-
(Titoli di coda)
NERO: Voce Narratore
BLEU: Voce Vescovo
VERDE: Materiale video e audio già presente