Il Pellegrino nelle immaginette religiose
“Peregrinus” è un termine di età classica, affermatosi nell’epoca medioevale e deriva dalla locuzione “per agros” e indica gli individui che percorrono il territorio esterno alla città. Il peregrinus, non appartenendo alla comunità con cui viene in contatto, è uno straniero e pertanto sconosciuto. È dunque un diverso, viene da lontano e va altrove. Da straniero non conosce i luoghi e gli itinerari e perciò deve trovare il suo cammino attraverso piste non sempre giuste. Il pellegrino è soggetto a smarrirsi e deve chiedere la giusta direzione alla gente del luogo. Ha bisogno di protezione giuridica, di trovare ospitalità e di ricevere cibo per sostentarsi.
I pellegrini, come del resto la maggior parte delle persone, viaggiavano a piedi percorrendo giornalmente trenta/quaranta chilometri in pianura; venti/trenta in zone montuose o particolarmente difficili.
Partire per un viaggio era in ogni modo, quasi sempre un'impresa: alla fatica fisica e alle avversità della natura che occorreva sopportare, si aggiungevano gli assalti dei briganti.
Non è un caso che molti pellegrini, prima di partire, facessero testamento: il viaggio poteva durare molto tempo e il ritorno non era poi così sicuro. In ogni caso era consuetudine considerare sotto la protezione della Chiesa i beni e gli effetti di chi partiva per un pellegrinaggio. Chi tornava, però, dopo aver vissuto un'esperienza tanto importante, era tenuto in gran considerazione, non solo perché dimostrava di aver superato molte prove ma anche perché si riteneva arricchito di una grazia del tutto speciale.
Agli inizi, nei primi secoli del cristianesimo, il pellegrinaggio fu un fenomeno prevalentemente individuale. Verso la fine del primo millennio, invece, prende corpo il pellegrinaggio collettivo, meglio preparato e senza dubbio meno rischioso. Una svolta nel carattere stesso del pellegrinaggio si ebbe dal VII secolo, quando si cominciò a prescriverlo o ad imporlo, assieme all'elemosina, come penitenza per peccati di una certa gravità. Si andava in pellegrinaggio non solo per visitare i luoghi santi di culto, ma anche per sciogliere un voto. Il pellegrinaggio, come pratica di penitenza e di riscatto morale, coinvolse anche le classi sociali più alte, senza escludere re e imperatori.
In seguito all'Editto di Costantino, nel 313 d.c. il pellegrinaggio a Gerusalemme divenne per i cristiani un'usanza fissa. Si andava per cercare la Croce, i chiodi, la tunica di Cristo, la Scala Santa o per ripercorrere i luoghi della sua sofferenza. A mano a mano che il culto cristiano si espandeva, cresceva anche la devozione per gli Apostoli Pietro e Paolo, martirizzati a Roma, e ritenuti i fondatori della Chiesa. Quando Gerusalemme cadde sotto la dominazione araba, la meta fondamentale dei pellegrinaggi diventa Roma. Nascono così le VIE ROMEE, tra cui la Via Francigena che attraversa l’intera Europa, per giungere alla nuova città santa. Così Roma diventò la città benedetta, battezzata dal sangue dei due apostoli di Cristo e acquistò un'importanza sempre maggiore rispetto a Gerusalemme, di pari passo con la decadenza dell'Impero Romano e sotto la pressione dei barbari che depredavano e devastavano città e vie di comunicazione.
Lungo i vari itinerari furono eretti dei punti di ristoro per i pellegrini: ospizi, monasteri, pievi e spesso proprio la presenza di un centro religioso o di un luogo d’accoglienza nelle vicinanze crearono un ventaglio di varianti e articolazioni.
Mete
Molte furono le mete dei pellegrinaggi cristiani, ma tre di esse prevalevano sulle altre: Gerusalemme, Roma e Santiago de Compostela.
Molti volevano tenersi vicino le reliquie sacre o i resti mortali dei santi, oppure oggetti appartenuti a Gesù, sentivano il bisogno di riportare indietro con sé, un oggetto che continuasse a rappresentare un legame tangibile con la straordinaria esperienza vissuta.
I pellegrini che si dirigevano a Gerusalemme erano detti palmieri, e portavano ben in vista la croce; quelli che andavano a Roma erano detti romei e portavano le chiavi intrecciate o il santo volto della Veronica, quelli che viaggiavano verso Compostela, portavano impressa sul bavero la conchiglia di San Giacomo. Quest’oggetto, in seguito, divenne il simbolo comune a tutti i pellegrini, senza distinzione di santuario.
Il pellegrinaggio a Compostella si diffuse maggiormente dopo che gli Arabi conquistarono molte regioni europee e S. Giacomo fu visto come paladino e difensore della cristianità contro la minaccia degli infedeli.
Nell'iconografia religiosa (1) il pellegrino indossa un mantello con il cappuccio, detto pellegrina, che copre il corpo fino ai piedi e protegge dal freddo; porta un cappello rotondo a larghe tese tenuto fermo da un laccio, chiamato petaso, che protegge dalla pioggia e dal sole. Impugna il bordone, un bastone da marcia con una punta chiodata, che aiuta il pellegrino a camminare ed è anche un'arma di difesa contro i briganti. Porta una bisaccia che si appende alla vita, sufficiente per il minimo indispensabile; è sempre aperta perché il pellegrino deve essere sempre pronto a donare come a ricevere. Queste suppellettili erano solennemente benedette davanti all'altare prima di essergli consegnati. Inoltre al mantello o al cappello il pellegrino soleva fissare dei distintivi quali la conchiglia, le chiavi di S. Pietro o l’effigie della Veronica.
NOTA (1)
L’iconografia del pellegrino è ben definita nel rituale di vestizione riportato con ogni dettaglio nel primo libro del manoscritto Liber Sancti Jacobi a Santiago de Compostela nel XII sec. La cerimonia consiste essenzialmente nel consegnare al pellegrino il bordone e la bisaccia, gli oggetti cioè che maggiormente gli serviranno lungo il cammino che lo avrebbero identificato ovunque e che, come tali, diverranno gli elementi essenziali della sua immagine.
In esso si specifica che la bisaccia deve essere piccola e senza legacci, in quanto deve essere sempre pronta a dare e ricevere ricordando così al pellegrino che dovrà portare con se solo una piccola scorta, e soprattutto, che dovrà condividere con i poveri e bisognosi.
Il Bordone, (da burdo, mulo), oltre a servirgli per appoggiarsi durante il viaggio e per difendersi dai lupi e cani, rappresenta la fede sulla quale deve sostenersi lungo il difficile e pericoloso cammino.
In epoca successiva il pellegrino verrà rappresentato con un ampio cappello a larghe falde per ripararsi dal sole, e con una mantellina, detta schiavina o sanrocchino, spessori cuoio, per proteggere le spalle dalla pioggia e intemperie.
San Rocco
San Rocco
S. Rocco, un santo francese nato a Montpellier nel 1350, è il santo protettore dei pellegrini, ma anche degli appestati e più in generale dei contagiati.
Perduti i genitori in giovane età, distribuì i suoi averi ai poveri e s'incamminò in pellegrinaggio verso Roma dove vi arrivò durante un’epidemia di peste. Si mise a soccorrere i contagiati e malati che, a volte, venivano abbandonati persino dai familiari.
Successivamente anche lui venne contagiato. Allora, un po' per non aumentare il contagio e un po' per tener fede al voto di anonimato che aveva fatto come pellegrino, si trascinò fino ad una grotta (tuttora esistente, trasformata in luogo di culto) lungo il fiume Trebbia, in una zona che all'epoca era alla periferia di Sarmato, sempre sulla via Francigena. La tradizione indica che durante la degenza di Rocco appestato, un cane provvedeva quotidianamente a portargli come alimento un pezzo di pane sottratto alla mensa del suo padrone.
Nelle immaginate religiose il santo viene presentato in abito da pellegrino, con una serie di caratteristiche e simboli che si ripetono in modo più o meno costante:
- il vestito caratteristico del pellegrino, consistente nel tabarro, mantello a 360° e relativo tabarrino, (mantellina di dimensioni ridotte, posta sopra il lungo tabarro vero e proprio, con funzione protettiva del tronco e delle spalle, specie quando si trasportava bagaglio ecc.) che da lui ha poi preso il nome (sanrocchino), un cappello a larga tesa, un bastone, una zucca per contenere l'acqua (spesso appesa al bastone), conchiglie (da usarsi per attingere appunto l'acqua) fissate, a seconda dell'immagine, sul mantello o sul cappello oppure appese a mo' di collana, bisaccia a tracolla, in alcuni casi pure una piccola fiaschetta attaccata alla cintola contenente delle sostanze medicamentose, e nelle mani la "lancette" ossia il piccolo bisturi che si iniziava ad usare all'epoca per incidere i bubboni, favorendo la fuoriuscita del pus;
- la corona del Rosario (in effetti il santo era molto devoto della Madonna "delle Tavole", tuttora venerata nella sua città natale, e questa raffigurazione mariana appare anche in qualche icona rocchiana); qualcuno, pure, sostituisce la cintura ai fianchi con un cordone francescano; esiste addirittura qualche rara raffigurazione che lo presenta rivestito dello scapolare trinitario;
- segni della peste: l'elemento distintivo per eccellenza è una piaga, solitamente sulla coscia, ma gli "addetti ai lavori" (di solito i medici) fanno notare che anche le mani e gli arti vengono raffigurati con le deformazioni derivanti dai postumi del contagio;
- croce rossa sugli abiti, sul lato del cuore, per indicare l'angioma a forma di croce che egli aveva sul petto dalla nascita e che costituirà l'elemento in base al quale verrà riconosciuto (da suo zio materno Bartolomeo) quando dopo il decesso sarà preparato per la sepoltura;
- l'angelo (che fu il primo "elemento" a comparire nelle più antiche immagini rocchiane), ossia il messaggero di Dio che conforta Rocco durante la malattia, gli annuncia la guarigione, lo avverte di prepararsi alla morte e di chiedere al Signore una grazia e la manifesta dopo il decesso del pellegrino, facendo trovare la tavoletta che reca: "Chi invocherà il mio servo sarà guarito";
- il cane: soprattutto a partire da Quattro e Cinquecento compare anche questo animale, che reca in bocca il tozzo di pane sottratto alla mensa di Gottardo Pallastrelli, con cui avrebbe provvidenzialmente nutrito il santo durante la malattia.
San Benedetto Giuseppe Labre
S. Benedetto Giuseppe Labre, un santo francese, nato a Amettes nel 1748, che trascorse parte della sua breve vita come pellegrino, sostando in preghiera davanti alle immagini più care della Madonna e davanti all’Eucarestia.
Dopo vari tentativi fatti in Francia per essere accettato nei monasteri dei Certosini e dei frati Trappisti, prese la via dell’Italia e giunse a Roma il 3 dicembre del 1770.
Tra il 1773 e il 1774, andò in pellegrinaggio a Compostella per venerare la tomba di san Giacomo, passando per Saragozza a rendere omaggio alla Vergine del Pilar.
Ovunque sono testimoniate tracce e memorie del suo passaggio, è ricordata la sua carità e gli sono attribuiti miracoli.
morì a Roma all’età di 35 anni.
E’ conosciuto anche con altri nomi:
- Il Vagabondo di Dio, poiché viaggiò continuamente, iniziando una vita di pellegrino in giro per l’Europa, facendogli percorrere in 14 anni più di 30mila chilometri
- Il “pellegrino della Madonna”, per la sua la devozione alla Vergine Maria e in particolar modo alla Madonna dei Monti di Roma, suo santuario preferito,
- Il “povero delle Quarantore” per la sua adorazione continua dell’Eucaristia presente nelle chiese durante le Quarantore.
- Il “penitente del Colosseo” perchè lo aveva scelto come sua dimora, dormendo sotto il 43° arco, alla V° stazione della Via Crucis.