La mafia a Cologno e in Lombardia
MAFIA IN LOMBARDIA
BREVE STORIA
Nel pianeta mafia la Lombardia è tutt’altro che un'isola felice.
Siamo terra di colonizzazione (di cosa nostra prima e di 'ndrangheta poi) fin dai tempi dell'infelice istituzione delle prime misure di prevenzione degli anni 60, quel famoso "soggiorno obbligato" che, contrariamente alle intenzioni del legislatore, diede il via libera al radicamento della criminalità organizzata in territori che un tempo ne erano privi. L'immigrazione interna da altre Regioni italiane e un humus locale favorevole all'insediamento mafioso hanno poi fortemente contribuito all'ulteriore diffondersi del fenomeno.
Negli anni 70 arrivano sul nostro territorio alcune importanti famiglie siciliane (Carollo, Fidanzati, Ciulla, Bono...) e fra questi Luciano Leggio (più noto come "Liggio") che nel 72 inaugura la stagione dei sequestri di persona, che prendono talmente piede che la Lombardia risulta essere al primo posto in Italia per tali reati fra il 69 ed il 98. Un altro arrivo importante è quello di Francis Turatello, un catanese dedito anche a rapine, gioco d'azzardo, prostituzione, racket e droga che ben presto si scontra col proprio luogotenente Angelo Epaminonda in una guerra di mafia che insanguina Milano alla fine di tale decennio.
Negli anni 80 si scoprono le infiltrazioni mafiose nell'economia e nella finanza. Per esempio, col Blitz di San Valentino dell'83 vengono arrestate circa 40 persone, un altro centinaio già detenute ricevono ulteriori ordini di cattura e vengono sequestrati beni per circa 300 miliardi. Inoltre emergono le prime commistioni fra politica, affari e criminalità organizzata. Per esempio, col blitz di San Martino viene sgominata una possibile scalata al casinò di San Remo, conteso fra i catanesi di Nitto Santapaola ed i palermitani di Giuseppe Bono e Salvatore Enea.
Tali commistioni si fanno ancor più palesi negli anni 90 quando talora emergono anche legami fra mafia siciliana e calabrese. Nell'indagine Duomo Connection si palesa una joint venture fra questi due gruppi criminali per il fiorente traffico degli stupefacenti, oltre al coinvolgimento di un politico di primo piano quale l'allora sindaco di Milano Paolo Pillitteri. Tangenti, mafia e malaffare si intrecciano in un tutt’uno che coinvolge pesantemente anche il gotha finanziario e bancario del Paese (es.: riciclaggio effettuato da faccendieri quali Michele Sindona, Roberto Calvi e dallo IOR).
Per il resto si tratta di anni ancora oscuri e da ben decifrare. Se inizialmente gli affari sono prevalentemente in mano a 2 clan siciliani in lotta fra loro per il controllo del territorio (Cursoti di Gimmy Milano e Catanesi di Santo Mazzei, che alla fine la spuntano con l'appoggio dei palermitani di Riina) poco dopo la 'ndrangheta prende il sopravvento nel nord Milano e nei comuni limitrofi, dedicandosi soprattutto a rapine e sequestri. Ma la violenza di tale periodo non può lasciare indifferenti le forze dell'ordine. Nel 92-93 si apre una cospicua stagione di inchieste che vede per la prima volta la collaborazione di alcuni soggetti (per es. Saverio Morabito e Antonio Zagari) e che porta all'arresto di circa 3000 mafiosi dei clan sia siciliani che calabresi, oltre al sequestro di ingenti patrimoni (da notare che nello stesso periodo in Sicilia vengono arrestate solo 1000 persone!).
Negli anni 2000, dopo i maxiprocessi del decennio precedente, le mafie riguadagnano progressivamente terreno, grazie alla loro capacità di rigenerarsi (ai vecchi boss finiti in carcere si sostituiscono le nuove leve), alle scarse risorse messe in campo dallo Stato per combattere il fenomeno (basti dire che in tutto il distretto di Milano solo 200 uomini sono impiegati a tali fini) e a un'attenzione mediatica pilotata più o meno colpevolmente sulla microcriminalità, spesso collegata ai nuovi fenomeni immigratori a cui nostro Paese è soggetto.
In questo contesto, mentre le cosche siciliane, dopo le stragi del 92, se non scompaiono preferiscono almeno mantenere un basso profilo (già si è fatto, con queste, troppo "stramazzo") la 'ndrangheta assume definitivamente il predominio del territorio lombardo. Sotto tale egemonia Milano diventa il crocevia del traffico internazionale degli stupefacenti (specie della cocaina) fra tutto il nord Europa e il Mediterraneo e a tali fini finisce per stringere anche accordi con organizzazioni criminali straniere (albanesi, kosovare, turche, magrebine) rinunciando per la prima volta all'originale requisito etnico. Negli anni 2000 assistiamo quindi ad un'autentica colonizzazione da parte delle 'ndrine, che riciclano in attività economiche apparentemente lecite i proventi derivanti dalle attività tradizionali, soprattutto dal narcotraffico. Le imprese più "gettonate", a tali fini, sono quelle connesse al settore immobiliare (movimento terra, costruzioni, agenzie immobiliari) senza trascurare il settore commerciale e dell'intrattenimento, i servizi alle imprese e lo smaltimento dei rifiuti. Ottime basi di riciclaggio del denaro sporco appaiono anche i money transfer, i compro oro ed i supermercati, di cui assistiamo alla proliferazione, oltre alla tradizionale usura (sempre crescente nei periodi di crisi economica, in cui faglia il credito bancario). Spesso l'infiltrazione avviene tramite prestanome insospettabili, o svuotando di fatto di potere decisionale i titolari delle imprese. Fiorente, ovviamente, anche il controllo degli appalti pubblici e l'infiltrazione nelle amministrazioni locali: cronologicamente il primo caso in Lombardia riguarda il comune di Desio, sciolto nel 2010.
Frattanto indagini e processi si susseguono fino alla storica operazione Crimine-Infinito della DDA di Milano e di Reggio Calabria, che porta alla luce 40 summit di 'ndrangheta in 2 anni, oltre 500 affiliati in tutta la Regione, sbaraglia 15 "locali" di 'ndrangheta e sequestra 60 milioni di euro alle cosche.
Nel 2011 il processo correlato a tale inchiesta giunge alla definizione in primo grado, con la condanna di ben 110 persone. Si tratta di una sentenza che costituisce un autentico spartiacque nella lotta alla 'ndrangheta nella nostra Regione, perché i numeri, le persone implicate, le evidenze spazzano via ogni ostinato negazionismo ad oltranza, quella mafia che non c'è che fino a poco tempo addietro era stato il leit motif anche di politici ed amministratori locali di primo piano.
SITUAZIONE ATTUALE
Oggi la situazione di capillare infiltrazione mafiosa in Lombardia può essere bene evidenziata dagli ultimi dati sulla confisca di beni ai clan, che, secondo quanto riportato dall' Agenzia Nazionale per i Beni Confiscati, ammontano ad oltre un migliaio. La portata del dato si comprende appieno qualora si consideri che esso pone la nostra Regione al poco onorevole 3° posto per beni confiscati, 4° per gli immobili dopo le regioni a "tradizione" mafiosa,, come pure siamo al 3° posto per aziende confiscate dopo le sole Sicilia e Campania.
A questi numeri va aggiunto, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente (dati Legambiente del 2012) l'altrettanto poco lusinghiero primo posto fra le regioni del nord in tema di ecomafie.
In questo contesto la 'ndrangheta la fa da padrona, ma non va scordata la presenza di altre organizzazioni nazionali (cosa nostra, camorra) e straniere (la mafia albanese, dedita allo sfruttamento della prostituzione ed al traffico degli stupefacenti in accordo con la nostra criminalità; la mafia russa, che investe soprattutto nel settore immobiliare e turistico; quella cinese che opera nel settore della contraffazione, in accordo con la camorra; quella nigeriana che ha il controllo della manodopera africana).
Tutto ciò emerge bene, da ultimo (settembre 2012), in una relazione consegnata dal Procuratore Distrettuale Antimafia lombardo Vincenzo Macri all'allora Procuratore Nazionale Piero Grasso
Nel documento si scopre che nella strada tra Milano e Brescia le 'ndrine procacciano affari sostenuti da altre mafie europee. La Dia sostiene che in occasione di Expo 2012 (se va in porto!) il centro delle tattiche d’intervento non è la Calabria ma Milano dove la ‘ndrangheta ha già messo i suoi pilastri e ha già stabilito che la nuova capitale italiana della criminalità mafiosa è Milano, città ponte verso i traffici italiani ed europei e del Nord Est. Come sempre accade i nostri investigatori sono sempre in ritardo rispetto alle astute manovre dei faccendieri. Purtroppo è già troppo tardi, la Lombardia con Milano, Brescia, Mantova e Bergamo è ormai terreno di conquiste per le attività malavitose.
«Non ci sono più tanti satelliti che ruotano intorno a un unico sole, la 'ndrangheta di San Luca - scrive Macrì- è una struttura federata, disposta a dialogare con la vecchia casa-madre, ma non più dipendere da essa, sia per la nomina dei responsabili della periferia dell'Impero, sia per l'adozione di nuove strategie e per la condivisione dei profitti».
Secondo stime Eurispes il fatturato della ‘ndrangheta è forte di 44 miliardi e l’impresa criminale risulta tra la più progredite al mondo, forte dell’asse con i narcos colombiani. Nei contenuti consegnati dalle Direzioni Distrettuali alla Direzione Nazionale Antimafia, la mafia spreca investimenti, prestanomi, traffici e corruzioni ad opera di delinquenti calabresi che comprano tutto senza disdegnare, nella nuova veste di imprenditori accorti, i vecchi sistemi intimidatori e cruenti.
La relazione termina con presagi importanti: la ‘ndrangheta sta spostando il suo epicentro di affari in Lombardia, terra ricca di imprese, soldi e droga. Nel giro di pochi anni, se le indagini dovessero confermare il quadro, i rapporti fra mafia lombarda e casa madre calabrese si andrebbero a ribaltare, con uno spostamento dei centri decisionali nella nostra regione. Non è un caso che i boss Paolo Sergi e Antonio Piromalli siano stati recentemente arrestati a Milano, da dove, secondo gli investigatori, gli inquirenti - dirigevano i traffici internazionali di droga e curavano i collegamenti con il mondo politico e delle istituzioni.
Ma se la situazione di Milano e dell'hinterland (come ad esempio Buccinasco, che nella relazione di Macrì viene descritta come un territorio sottoposto passivamente alla conquista delle cosche fin dagli anni 70) erano già note da tempo, quel che sorprende è scoprire che Brescia e la sua provincia sono entrate ormai a pieno titolo nelle maglie della criminalità organizzata. In particolare - si legge nel contributo messo a disposizione della Direzione Distrettuale di Brescia - i calabresi appaiono svolgere il ruolo di procacciatori d'affari per soggetti stranieri e come nel caso dell'interessamento per l'acquisto di una raffineria.
Se poi ancora ci fosse qualche dubbio circa la presenza forte e massiccia della criminalità organizzata sul nostro territorio, questo avrebbe dovuto essere fugato, da ultimo (10 Ottobre 2012) dall'arresto dell'assessore regionale alla casa Domenico Zambetti, accusato di aver comprato parte dei voti con cui fu eletto (circa 4000) dalla 'Ndrangheta. Ovviamente vale per lui, come per tutti, la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva, ma sentire la Boccassini parlare di "inquinamento della vita democratica" dà di che pensare...
Chicca finale, dopo le dimissioni in massa dei consiglieri comunali di di Desio in odore di 'ndrangheta, lo scioglimento del primo comune lombardo per infiltrazioni mafiose, quello di Sedriano nell'ottobre 2013.
Ma le notizie sono ormai quotidiane. Per qualche delucidazione vedere i file allegati, Tra le ultime notizie rispetto al momento in cui si scrive, le evidenze della perdurante presenza mafiosa in quel di Buccinasco, (qui), comune in cui l'odore di mafia già provocò, in passato, la caduta per dimissioni del consiglio comunale).
Restando sul tema mafia e politica, al 24/2/014 da un'analisi effettuata da "Il Fatto quotidiano" risulta che al 23/2/29014 i casi accertati al nord sono 74, e di questi ben 18 a Milano e provincia. Per maggiori delucidazioni cliccare (qui) ed il seguente link per una mappa del fenomeno.
MAFIA NELLA MARTESANA.
Da una mappa stilata congiuntamente da SCO, GdF e ROS già nel 2009 emerge come essa risulti dominata dai clan 'ndranghetisti ARENA-NICOSCIA-PAPARO, ad esclusione della zona di Pioltello, in mano alla cosca MANNO-MAIOLO.
MAFIA A COLOGNO.
- Al contesto mafioso sopra citato non si sottrae certo la città di Cologno Monzese.
Senza andare a scomodare la scellerata politica delle "coree" che hanno costituito autentici ghetti in cui gli immigrati dal sud ricreavano comunità locali in cui si ripetevano dinamiche proprie dei paesi d'origine (qui),
- anche a non voler citare il boss Gerlando Alberto Junior che risultava residente entro i nostri confini (pag 61 qui) e volendoci limitare ai tempi più recenti,
- ricordiamo l'eclatante tentativo di infiltrazione mafiosa alle amministrative comunali del 2009 (candidatura, nella lista dei Riformisti di centrosinistra di Leonardo Valle, poi arrestato per associazione a delinquere di stampo mafioso nel dicembre 2011 (qui)). A tale condanna vanno aggiunti le pesanti pene inflitte al padre, ad un fratello e ad altri 11 membri del clan, nel luglio 2012, per un totale di 150 anni di reclusione (vedi anche qui). Il tutto confermato in Cassazione nel giugno 2014 .
- Qualche granchio probabilmente è stato preso, invece, per l'arresto del dipendente comunale Giovanni Meo avvenuto nel 2010, assolto per non aver commesso il fatto dalla Corte d'appello di Caltanisetta nel maggio 2013 dopo 3 anni di reclusione (qui).
- e le evidenze di infiltrazioni nel complesso sistema economico degli appalti (un esempio riportato dalla stampa qui oppure qui ).
- Quando si parla di mafia a Cologno, si parla soprattutto del clan Paparo, al cui vertice troviamo il colognese Marcello, legato alle cosche calabresi dei Nicoscia, Arena, Barbaro e Grillo-Perri, implicate in grossi appalti di facchinaggio e trasporto per importanti catene di supermercati e in molteplici subappalti in nero di movimento terra nel Nord Italia per grandi opere quali la costruzione della quarta corsia della A4 e dell’Alta Velocità delle Ferrovie dello Stato , in barba alle normative antimafia.
Dal punto di vista processuale, gli appartenenti a tale clan furono assolti in primo grado dalle accuse di associazione a delinquere di stampo mafioso (vedere anche qui ) e condannati "solo" per fattispecie comuni. La sussistenza del 416 bis è stata invece riconosciuta nel successivo grado di giudizio, concretizzandosi in una serie di condanne ad un totale di oltre 46 anni di reclusione. Di queste, 12 anni e 7 mesi sono stati inflitti al capofamiglia. Ritenendo probabile il pericolo di fuga dei condannati, questi sono poi stati effettivamente tradotti in carcere, subendo appositi provvedimenti di custodia cautelare. Ma la sentenza di 2° è stata annullata dalla Cassazione nell'Ottobre 2013, con la conseguente scarcerazione di alcuni degli imputati. La Corte non ha infatti ravvisato la sussistenza dell'associazione mafiosa, negata in primo grado e ravvisata nel secondo. Si aspetta ora (29 ottobre 2013) la ripetizione dl giudizio d'appello.
- Ma non basta. A quanto pare non siamo solo terra della mafia "bianca" delle infiltrazioni, più o meno riuscite, nella politica e nell'economia. Un inquietante episodio (avvenuto il 10/5/2012) ci dice che stiamo assistendo ad un autentico "salto di qualità" della criminalità organizzata che ora non disdegna la violenza più efferata. Parliamo dell'uccisione, con modalità inequivocabilmente mafiose, del pregiudicato Giuseppe Nista, residente nella nostra città e fratello di un collaboratore di giustizia, forse vittima di una vendetta trasversale per le rivelazioni fatte dal congiunto in alcuni processi torinesi.
Se questi episodi, da ultimo, aggiungiamo un clamoroso caso di malaffare, che ha portato, nel febbraio 2014 all'arresto di un assessore comunale e del vicesindaco per una tangente connessa all'appalto per la gestione dei rifiuti (qui), tangente implicitamente confessata da entrambi con la richiesta di patteggiamento, risulta innegabile che la Libera Casa abbia ancora da fare per moltissimo tempo!
Da allora innumerevoli eventi hanno palesato la presenza sul territorio della 'ndrangheta, dalla confisca delle quote di una nota pizzeria nel 2018 a quello, da ultimo (aprile 2021) di una società con sede al quartiere Stella operante nella commercializzazione dei carburanti.
E come non citare strani righi aziendali?
Nonostante il fatto che amministrazione comunale abbia indubbiamente fatto qualche passo in avanti nella lotta per la legalità:
- dopo la richiesta di una commissione d'accesso, totalmente ignorata dall'allora ministro degli Interni Maroni
- ed un non esaltante consiglio comunale aperto sulle infiltrazioni mafiose,
- meglio essa si è mossa con l'adesione ad un protocollo di legalità (nel 2011) fra i comuni della Provincia e la Prefettura,
- con l'intitolazione del Cineteatro di Via Volta a Peppino Impastato, anche su nostra richiesta
- e con l'adesione al "Manifesto dei sindaci per la legalità contro il gioco d'azzardo" e
- con il contingentamento degli orari di sale giochi e locali similari.
- Ottimo anche il controllo del personale tramite badge per i cantieri aventi ad oggetto opere pubbliche,
- come pure l'approvazione codice di comportamento per i dipendenti pubblici e di un primo piano triennale anti corruzione
- e soprattutto con l'istituzione di un assessorato alla legalità, che ha già prodotto, su nostro invito, la richiesta di adesione del nostro Comune ad Avviso pubblico , nel febbraio 2014.
ancora molto resta da fare e noi siamo qui per ricordare a tutti di non abbassare la guardia ma soprattutto per portale le nostre proposte. Come quella
- di istituire un Osservatorio della legalità e
- un Codice Etico per gli amministratori davvero vincolante per gli stessi, sulla falsariga della cosiddetta Carta di Pisa, che superi il blando palliativo approvato nel 2012,
- di ideare un sistema premiale nell'edilizia analogo a quello adottato dal comune di Merlino, che premi le ditte assolutamente in regola (proposta a cui ci è stato risposto negativamente in quanto "riduttiva... secondo l'amministrazione un simile meccanismo dovrebbe riguardare tutte le imprese edili e non solo quelle premiate perché coinvolte dedicanti parte del costruito ad housing sociale... Beh, non spettiamo altro!)
- o, ancora, di istituire uno sportello legalità come quello ideato nella vicina Pioltello .
Alcune di queste richieste sono state e continuano ad essere fatte all'amministrazione, specie in occasione dell'annuale approvazione del piano anticorruzione comunale (considerando che spesso mafia e corruzione vanno a braccetto).
------------------------------------------------------------------------------------------
Per approfondimenti vedere allegati e
http://colognonews.blogspot.it/2010/07/milano-la-mafia-non-esiste.html
http://www.milanomafia.com/home
http://www.aclilombardia.it/index.php?option=com_docman&task=doc_view&gid=671
http://www.aggiornamentisociali.it/dossier/dossier2007mafia/0911frigerio.pdf
http://www.stampoantimafioso.it/wp-content/uploads/tesi%20con%20cambio%20DEF(1).pdf
Dossier Ndrangheta in Lombardia de La Repubblica
Omicidi di mafia in Lombardia 2005/2010
Mafia a Milano. Summit segreto
'Ndrangheta, l'orrore a Milano
Mafia in Lombardia: breve storia
Dossier "mafia e corruzione a Milano 2015" e "Monitoraggio beni confiscati in Lombardia 2014"