Attività di ricerca

Iniziata nel 1985 con i primi esperimenti di diffusione via rete di informazioni sul software didattico e più in generale sull'uso del calcolatore nei processi formativi, la mia attività di ricerca è andata orientandosi sempre più verso lo studio di modelli di utilizzo didattico-formativo della comunicazione a distanza: non solo quindi le tecnologie di rete come veicolo informativo ma anche come supporto alle attività di apprendimento (formale, non-formale, informale).

Questo nuovo orientamento va messo in relazione da un lato al percepire l'importanza che possono avere gli strumenti di comunicazione nella didattica e dall'altro al cercare di colmare il solco che in genere separa le possibilità offerte dalle ICT (Information and Communication Technology) dalle capacità del settore educativo di sfruttarle a pieno nei processi di insegnamento/apprendimento.

Dal 1991 al 1999 sono stato responsabile scientifico del programma di ricerca Telematica e Cooperazione Educativa nell'ambito del quale sono stati avviati i primi esperimenti dell'ITD-CNR sulla formazione e assistenza a distanza dei docenti attraverso la messaggistica elettronica.

Sulla base di queste esperienze, a partire dal 1992 ho coordinato un progetto triennale CNR (su finanziamento del Comitato Nazionale per le Scienze e le Tecnologie dell'Informazione) specificamente indirizzato a studiare strumenti e metodi per un efficace uso didattico delle tecnologie della comunicazione. L'idea chiave del progetto era che nel settore della formazione il potere didattico della telematica si concretizzi non tanto nel sostituire il telefono o il servizio postale, o nel fornire un sistema efficiente di distribuzione di massa, quanto piuttosto nella capacità di realizzare nuove forme di interazione collettiva (oggi si direbbe "social networking").

Di qui l'interesse sull'uso della telematica come strumento di supporto all'apprendimento collaborativo dove tutte le componenti del processo formativo (docenti, studenti ed entità esterne come esperti, altre scuole, etc) hanno la possibilità di condividere le proprie conoscenze ed esperienze sfruttando a pieno le funzionalità di rete.

Il progetto, noto con la sigla SEA-NET (Supporting Educational Activities via Network), nel suo triennio di attività ha prodotto da un lato alcuni prototipi di infrastrutture telematiche indirizzate alla didattica e basati su tecnologia mista Internet-Fidonet (fra tutti NICOLE: Network Interfaces for Collaborative Learning), dall'altro alcuni modelli d'uso della telematica quale strumento di supporto alla cooperazione didattica, sia fra docenti per le attività di formazione/aggiornamento e di progettazione didattica, sia fra studenti nei processi di apprendimento.

Questi primi risultati di SEA-NET sono stati in seguito "sperimentati sul campo" in alcuni progetti a carattere interdisciplinare che prevedevano l'uso di tecnologie di rete.

Nel settore dell'Educazione Ambientale, nell'ambito del progetto LABNET (convenzione fra ITD-CNR e Ministero Ambiente), si è dato vita a una delle prime esperienze di formazione a distanza di docenti basata sulle tecniche dell'online education (formazione in rete). Il corso, denominato MEDEA (Metodologie Didattiche per l'Educazione Ambientale) ('94/'95), ha avuto come contenuto una particolare metodologia per lo sviluppo di progetti di EA e ha coinvolto gruppi di insegnanti (gruppi di progetto) distribuiti sul territorio nazionale.

Sempre in LABNET è stato messo in pratica un altro concetto chiave scaturito dal progetto SEA-NET, quello cioè di "rete virtuale per la didattica" dando origine a un'infrastruttura telematica basata su tecnologia Internet (denominata PLANET, uno dei primi esempi di Intranet) che per circa tre anni ('93/'95) ha collegato numerosi laboratori e centri territoriali per l'EA.

Dal 1995 la mia attività di ricerca sull'uso didattico delle tecnologie di rete è proseguita indirizzandosi lungo cinque linee principali:

Trasversalmente a queste quattro linee si pone la quinta, legata all'uso delle Tecnonologie di Rete nell'Inclusione Socio-educativa per studenti in situazione di svantaggio (talvolta estremo), argomento a cui ho dedicato buona parte della mia attività di ricerca già a partire dalla metà degli anni '90. Il contesto dell'inclusione socio-educativa, nel tempo, ha dimostrato di offrire straordinari laboratori di innovazione didattica. In altre parole, la sperimentazione di una didattica che, per questioni di forza maggiore, si sviluppa in spazi e con metodi non “convenzionali”, consente di individuare soluzioni innovative esportabili nella didattica “normale”, sempre che si sia disposti ad aprire gli “spazi quotidiani” di una scuola spesso prigioniera di schematismi e prassi che ne imbrigliano il potenziale educativo.

Qui ho studiato soluzioni in grado di attivare processi di inclusione socio-educativa centrati sul concetto di "spazio ibrido di apprendimento". Gli spazi ibridi sono spazi dinamici, determinati da una connettività costante (grazie ai dispositivi mobili personali) che, in modo trasparente, integra contesti remoti nella dimensione spazio-temporale vissuta al momento. È quindi evidente come il concetto di “spazio ibrido” sia di particolare interesse per chi quotidianamente affronta il problema dell’inclusione socio-educativa di studenti impossibilitati alla normale frequenza scolastica.

Questi studi, di fatto, sono stati il punto di partenza di un’attività di ricerca tesa a generalizzare la capacità degli spazi ibridi di offrire una dimensione ideale per il seamless learning, ossia un processo di apprendimento senza soluzione di continuità in grado di travalicare gli schemi classici dell’istruzione formale, facendo al contempo acquisire agli studenti l’abitudine mentale a rilocare costantemente il proprio processo di apprendimento negli scenari e nelle situazioni che si possono presentare nel quotidiano a livello personale, professionale e sociale.

Tutto ciò anche (e soprattutto) in un’ottica rivolta al futuro. Se infatti è vero che nessuno, oggi, è in grado di disegnare gli scenari futuri in cui si muoveranno le nuove generazioni, è anche vero che si può almeno provare a ipotizzare come “equipaggiarle” per intraprendere il grande viaggio verso e attraverso quegli stessi scenari.

L’ipotesi che viene fatta nella mia ultima pubblicazione sull’argomento (vedi sotto) è che nello zaino del “viaggiatore verso i possibili futuri” non possano mancare due strumenti essenziali:  da un lato, la capacità di autodirigere e autoregolare il proprio apprendimento continuo, abilitandolo e potenziandolo di volta in volta anche grazie ai nuovi spazi d’interazione che si vengono a determinare con la disponibilità di tecnologie sempre più evolute; dall'altro, la capacità di esercitare il pensiero anticipante per orientarsi/guidare verso i futuri possibili personali e professionali.

Per un approfondimento si veda Imparare ad apprendere senza soluzione di continuità negli spazi ibridi, Franco Angeli, 2023.

Questo contesto di ricerca, di fatto, ha rappresentato il nucleo centrale attorno cui si è sviluppato l’ultimo decennio della mia attività di ricercatore CNR.

Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio 2024