da un insegnamento di Padre Raniero Cantalamessa
Ecco cosa ha scritto, in proposito, il Concilio in un testo giustamente famoso: "Lo Spirito Santo non solo per mezzo dei sacramenti e dei ministeri santifica il Popolo di Dio e lo guida e adorna di virtù, ma "distribuendo a ciascuno i propri doni come Piace a Lui" (cfr. 1 Cor 12,11), dispensa pure tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere ed uffici utili al rinnovamento e alla maggiore espansione della Chiesa, secondo quelle parole: 'A ciascuno... la manifestazione dello Spirito è data perché torni a comune vantaggio" (cfr. 1 Cor 12,7). E questi carismi straordinari o anche più semplici e più comuni, siccome sono soprattutto adatti e utili alle necessità della Chiesa, si devono accogliere con gratitudine e consolazione" (Lumen gentium, 12). ripristinato, in questo testo, il duplice movimento dello Spirito; di esso infatti si dice che agisce "non solo attraverso i sacramenti", cioè dall'alto, ma anche dal basso, attraverso quella fitta rete di grazie che sono i carismi di tutti i battezzati. Nell'uno e nell'altro caso si tratta, inoltre, di un'azione destinata a "santificare" il popolo di Dio, cioè a qualcosa di essenziale e di costitutivo della Chiesa, e non semplicemente a un suo abbellimento o arricchimento accidentale.
CARISMI E SERVIZIO
Dal testo conciliare risulta chiaro qual è lo scopo dei carismi: essi sono destinati a
rendere i fedeli "adatti e pronti" ad assumersi delle responsabilità in ordine al rinnovamento interiore e all'espansione esterna della Chiesa. In ciò il Concilio non fa che riproporre il più puro insegnamento del Nuovo Testamento sui carismi. S.Paolo scrive che è Dio che "ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero (cioè il servizio), alfine di edificare il corpo di Cristo" (Ef4,11). S. Pietro, da parte sua, raccomanda: "Ciascuno viva secondo la grazia (carisma) ricevuta, mettendola a servizio (diakonìa) degli altri" (1 Pt4,10).
Lo scopo dei carismi è, dunque, la diakonìa, il servizio, il ministero. Quest'ultimo termine, ministero, è il più usato nelle nostre traduzioni della Bibbia; tuttavia, è diventato, nel nostro linguaggio corrente, talmente vago e ambiguo che ha bisogno di essere ben compreso, per non essere frainteso (esistono anche i "ministeri" politici e governativi, che non sono sempre organismi di servizio, o almeno non sono avvertiti dalla gente come tali). Quello che la parola ministero significa nel Nuovo Testamento è semplicemente servizio (da ministrare, che significa servire). Lo scopo dei carismi non è dunque quello di dare lustro, prestigio o fama di santità a chi li riceve; non è quello di dargli delle sicurezze o dei poteri sugli altri. Assolutamente! Cosi, si stravolgono i carismi.
I carismi sono, dunque, per la Chiesa: per la bellezza della Chiesa, per la vitalità e la varietà dello Chiesa. Questo ci mette sulla strada per scoprire come mai S. Paolo chiama la carità la via migliore", il carisma dei carismi. Anche qui ci facciamo guidare da S. Agostino. Dopo aver ricordato i vari carismi elencati dall'Apostolo in 1 Cor 12,8-10, S. Agostino dice: "Forse, tu non hai nessuno di questi doni elencati; ma se ami, quello che Possiedi non è poco. Se infatti ami l'unità, tutto ciò che in essa è Posseduto da qualcuno, 10 possiedi anche tu! Bandisci l'invidia e sarà tuo ciò che è mio, e se io bandisco l'invidia, è mio ciò che Possiedi tu. L'invidia separa, la carità unisce. Soltanto l'occhio, nel corpo, ha la facoltà di vedere; ma è forse soltanto perse stesso che l'occhio vede? No, egli vede per la mano, per il piede e per tutte le altre membra; se infatti il piede sta per urtare in qualche ostacolo, l'occhio non si volge certo altrove, evitando di Prevenirlo. Soltanto la mano agisce nel corpo; ma forse che essa agisce soltanto perse stessa? No, agisce anche per l'occhio; infatti se sta per arrivare qualche colpo che ha di mira, non la Mano, ma soltanto il volto, forse che la mano dice: 'Non mi muovo, perché il colpo non è diretto a me". Così il piede, camminando, serve tutte le membra; le altre membra tacciono e la lingua Parla per tutte. Abbiamo, dunque, lo Spirito Santo se amiamo la Chiesa e l'amiamo se ci manteniamo inseriti nella sua unità e nella sua carità. Infatti lo stesso Apostolo, dopo aver affermato che agli uomini sono stati dati doni diversi, così come vengono assegnati compiti diversi alle membra del corpo, continua dicendo: 'lo vi mostrerò una via migliore di tutte1 (1 Cor 12,31) e comincia a parlare della carità. Antepone la carità alle lingue degli uomini e degli angeli, la preferisce ai miracoli della fede, alla scienza e alla profezia; la mette perfino prima di quelle grandi opere di misericordia che consistono nel donare tutto ciò che si ha ai poveri; la preferisce, da ultimo, anche al martirio del corpo. A tutti questi grandi doni antepone la carità. Abbi dunque la carità e avrai tutto, perché qualsiasi altra cosa tu possa avere, senza di essa, a nulla potrà giovarti" (S. Agostino, In lohannem, 32,8).
Ecco svelato il segreto perché la carità è "a via migliore": essa mi fa amare l'unità (cioè la Chiesa e, concretamente, la comunità in cui vivo), e nell'unità, tutti i carismi, non solo alcuni, divengono "miei". Anzi c'è di più. Se tu ami veramente l'unità, il carisma che io possiedo è più tuo che mio. Supponiamo che io abbia il carisma di "evangelista", cioè di annunciare la Parola di Dio; io posso compiacermene e vantarmene: allora divento "un cembalo squillante" e il carisma- mi dice l'Apostolo- " a nulla mi giova", mentre a te che ascolti la Parola annunciata, esso non cessa di giovare, nonostante il mio peccato. Per la carità, tu possiedi senza pericolo ciò che un altro possiede con pericolo. Che straordinaria invenzione della sapienza di Dio! La carità moltiplica i carismi; fa del carisma di uno il carisma di tutti.
Ma perché questo miracolo avvenga, bisogna, dice Agostino, bandire l'invidia, cioè morire al proprio "io" individuale ed egoista che cerca la propria gloria, ed assumere invece grande, immenso, di Cristo e della Chiesa. E questo suppone uno stato di profonda conversione. I carismi infatti suppongono che si viva in stato di continua conversione; essi non si mantengono sani ed integri che in tale stato.
L'ESERCIZIO DEI CARISMI
Siamo, così, introdotti alla considerazione dell'ultimo punto: l'esercizio concreto dei carismi. Voglio partire da un'espressione di S. Paolo che abbiamo già ascoltato, ma non ancora commentato: "A ciascuno - dice - è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune " (1 Cor 12,7). Mi preme ora sottolineare le parole: "una manifestazione particolare dello Spirito". Dunque, il carisma è una manifestazione, o epifania, dello Spirito; è un modo parziale, ma autentico, di manifestarsi dello Spirito. (11 termine greco usato è lo stesso che, nel Nuovo Testamento, indica la manifestazione di Cristo: phanérosis). Con ciò si è detta una cosa molto seria; si è detto che i carismi, o non ci sono affatto in una persona, o, se ci sono, si guasteranno presto, se essi non sono il manifestarsi spontaneo e quasi il riflesso naturale dello Spirito che riempie il suo cuore e la sua vita. Se, in altre parole, sono qualcosa di staccato e di posticcio nella vita di chi li esercita. Gesù ci dice che con i carismi si può finire perfino all'inferno; dice infatti: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei deli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei deli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome (primo carisma!) e cacciato i demoni nel tuo nome (secondo carisma!) e compiuto molti miracoli nel tuo nome (terzo carisma!)? lo però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità " (Mt 7,21-23).
Come mai questa gente che profetizza, che scaccia i demoni e opera molti miracoli, si sente dire, nel giorno del giudizio: "Via da me!"? E' che quei carismi non erano la "manifestazione" autentica di una vita guidata dallo Spirito di Gesù, ma erano qualcos'altro; erano, semmai, ostentazione dello Spirito, non manifestazione dello Spirito. Così avviene quando si abusa dei doni di Dio per la propria gloria o utilità, senza accettare le austere esigenze che lo Spirito stesso pone e che il vangelo espone, che si riassumono nella parola "croce".
Dobbiamo perciò entrare in una prospettiva di conversione reale, smettendo di pensare ai carismi come a dei bei doni che, a un certo punto, grazie all'effusione dello Spirito, si sono posati sull'albero della nostra vita. Questo sarebbe, in tal caso, un albero di Natale, non un albero vero. Già un'altra volta ho illustrato la differenza che c'è tra l'albero di Natale e un albero vero. L'albero di Natale, in genere, è un alberello di plastica, al quale si appendono i regali natalizi e che si butta via, appena i regali sono stati staccati e la festa è passata. Un cristiano che presenta dei carismi, senza però la sostanza di una vita improntata al Vangelo, somiglia a quell'alberello di plastica che non serve più a niente e che si butta via non appena sono stati colti i sui doni. Ben diverso è il cristiano la cui vita è simile all'albero che cresce lungo corsi d'acqua: egli porta sempre di nuovo frutto a suo tempo e le sue foglie non appassiranno mai (cfr. Sai 1,3). Costui passerà, sì, attraverso l'inverno, cioè attraverso periodi in cui non sembra aver alcun frutto ed è spoglio di tutto (passerà attraverso lo spogliamente e l'aridità), ma a primavera tornerà a germogliare e, anzi, quando i suoi frutti non si vedono, è proprio allora che ne produce di più.
S. Paolo esprime bene tutto questo quando afferma che i carismi devono essere l'espressione di una vita "secondo lo Spirito"; i carismi infatti sono al sicuro solo in coloro che, "mediante lo Spirito, fanno morire le opere della carne" (cfr. Rin 8,13). Questo ci spiega come mai tante persone si siano fermate per la strada, dopo un inizio folgorante nel Rinnovamento o, addirittura, siano tornate indietro.
Avviene, dei Rinnovamento, come quando si accende un fuoco in casa; dapprima si appicca il fuoco a del materiale facilmente infiammabile, come carta, paglia, o arbusti secchi. Ma finita quella prima fiammata, o il fuoco è riuscito ad accendere i pezzi di legno grandi, e allora durerà fino al mattino dopo e riscalderà tutta la casa, o non vi è riuscito, e allora non succede proprio nulla; si è trattato, appunto, di un "fuoco di paglia". Sul piano del rinnovamento spirituale, o la fiamma iniziale si attacca al cuore e lo trasforma da cuore di pietra in cuore di carne, o non giunge al cuore, ma resta alla periferia e allora si consuma presto e non lascia traccia di sé.
Se, nei nostri gruppi, sono ancora così scarsi i "carboni accesi", cioè le vite realmente penetrate dal fuoco dello Spirito che bruciano ormai per la Chiesa, la ragione risiede qui; è che non si è permesso al fuoco di giungere al cuore. Non si è passati attraverso quella che S. Paolo chiama "la circoncisione del cuore" (cfr. Rin 2,29).
Dobbiamo prendere più sul serio alcune regole basilari di santità che si osservano, appunto, nella vita dei santi riconosciuti tali dalla Chiesa, lo mi stupisco e soffro, e qualche volta fremo anche di sdegno, quando, tra persone del Rinnovamento, sento dire che si deve proclamare la gioia della risurrezione e che non si deve esagerare nel parlare di croce, di rinnegamento di sé, per non tornare a una certa vecchia spiritualità troppo "afflittiva". Certo che noi dobbiamo spingere la fede e la gioia della risurrezione fino all'estremo, ma l'equilibrio non sta nel dosare un po' di risurrezione e un po' di croce. Questo è un modo di pensare tutto umano. L'equilibrio sta nel portare all'estremo l'una e l'altra cosa; l'equilibrio sta nell'accettare fino in fondo la croce, per Poter sperimentare fino in fondo la risurrezione.
La Chiesa non si smentisce, Gesù non si smentisce; per venti secoli, i santi si sono santificati così. All'inizio del cammino spirituale, la grazia si fa sentire con doni e consolazioni grandi, al fine di staccare la persona dal mondo e farla decidere per Dio; ma in seguito, una volta distaccati dal mondo, lo Spirito spinge tali persone a incamminarsi per la "via stretta" del vangelo, la via della mortificazione, dell'obbedienza, dell'umiltà. Non si vede perché oggi il Signore debba aver cambiato radicalmente metodo e fare i santi attraverso una via diversa, lastricata di dolcezze ed esperienze esaltanti, dall'inizio alla fine. Non si vede perché e come possa farli passare di gloria in gloria, senza farli passare di croce in croce.
Gesù ci ha salvati passando di croce in croce e ha fatto i santi facendoli passare di croce in croce, pur nella gioia pregustata della risurrezione. I carismi devono esibire i frutti dello Spirito; e se non ci sono questi, tutto è pericoloso, bisogna fermarsi, riflettere. Gesù ha
detto: "Dai frutti li riconoscerete", e i frutti di cui parla sono quelli dello Spirito: amore, gioia, pace, benevolenza, pazienza, umiltà, obbedienza...
E giacché ho nominato l'obbedienza, vorrei insistere un momento su questa virtù, 1 carismi si devono esercitare nell'obbedienza. S. Paolo ci ha detto che i carismi sono di coloro che, mediante lo Spirito, fanno morire le opere della carne; cioè di quanti, attraverso l'obbedienza, mortificano l'amor proprio, l'orgoglio, il proprio punto di vista. In un gruppo dove non c'è clima di obbedienza e di sottomissione (a chi presiede, al sacerdote, o semplicemente reciproca), tutto è in pericolo, tutto è ambiguo; nascono le fazioni e poi le delusioni. L'obbedienza è il marchio per riconoscere se un fratello è animato da un carisma autentico o no; basta vedere se egli è disposto - qualora una voce autorevole glielo chieda - a tirarsi in disparte, a sottomettere il suo carisma alla comunità.
S. Teresa d'Avila aveva delle apparizioni di Gesù; e si trattava davvero di Gesù in persona, non del demonio; ma, dal momento che un certo confessore le aveva detto che c'era un inganno del demonio e che doveva spruzzare la visione di acqua santa, ella obbediva e spruzzava di acqua santa Gesù e Gesù era contento che lei obbedisse al suo confessore. Come si può, allora, sentire tra noi qualcuno che dice: "Mi si mortifica, sono inibito, mentre io sento che il Signore mi chiama a far questo e quello". Tu senti, tu senti, ma non ti accorgi, caro fratello, che questo tuo "sentire" ti sta portando fuori strada. L'importante non è ciò che tu senti; l'importante è ciò che "sente" la Chiesa. Se volete proprio avere dei "sentimenti", abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù e cioè, come dice Paolo, l'obbedienza e l'umiltà (cfr. Fil 2,5ss).
Un'ultima cosa devo dire, qui, circa l'esercizio dei carismi: che essi non possono andare insieme con il peccato. Dunque che bisogna rompere definitivamente con il peccato. Alla vigilia dell'effusione dello Spirito, tutto quello che il Signore vuole da voi è questo. Non è scegliere quale carisma chiedere (è meglio, anzi, non chiedere proprio niente e lasciare che sia lo Spirito a distribuire i suoi doni "come vuole"). La cosa veramente importante è offrire al Signore un cuore contrito e umiliato, un cuore che non ha più attaccamenti al peccato. Beati voi se, in questa circostanza, in un momento di raccoglimento, riuscite a dire a Gesù: "Signore, ho capito qual è la mia vera radice di peccato, il legame che ancora mi impedisce di correre liberamente verso di te; perciò, tremando a causa della mia debolezza, ma pieno di fiducia nella tua grazia, dico: tra me e 'quel' peccato, più niente in comune; dico: Basta! Rompo definitivamente con il mio peccato!".
Signore, aiutaci ad avere un cuore contrito e umiliato, che ha tagliato tutti i ponti con il peccato volontario, perché tu possa riversare su di noi il tuo Spirito e arricchirci dei suoi doni per la gloria del Padre e per l'edificazione della tua Chiesa. Amen!
La sobria ebbrezza dello Spirito - Edizioni RnS