Data pubblicazione: Jul 28, 2010 10:46:16 AM
Presentazione del libro “Là, dove si impigliano i sogni”
a cura di Dimitri Ruggeri
I sogni si sono liberati come demoni tra le rovine di questi borghi.
Lo scrittore esordiente Flavio Paoletti durante la giornata del 27.07 ha regalato al pubblico presente le stesse emozioni che ha provato come scalatore nell’ impresa di superare la vetta degli 8000 metri nella spedizione in Pakistan.
L'autore ha dibattuto, soprattutto nella parte finale della serata non solo l'aspetto sportivo ma soprattutto quello umano e sociale.
Flavio ha saputo guardare non solo al proprio “sé” di coronare un sogno ma anche le innumerevoli sfaccettature e diversità di quei popoli, le nuove schiavitù che attanagliano la società moderna ovattata e conformista.
Prospetta una vita minimalista basata sui veri valori che sono poi quelli antichi dei nostri avi.
“Quando le catene diventano leggere come il vento”
Recensione di Dimitri Ruggeri
(fonte: www.dimitriruggeri.com .:. www.popact.info)
(Aprle 2010)
[…] Una passione non si decide a tavolino, non si compra.
Una passione dà un senso alla vita, la condiziona, impegna il tempo libero...
e fa scalpitare in quello non libero!
Ti fa sognare per una vita intera.
Ti fa sentire un pesce fuor d’acqua,
spesso incazzato se lavori nel posto sbagliato
e ti fa urlare al vento nelle giornate libere.
Una passione è la tua pelle, il tuo parlare e il tuo pensare,
le tue amicizie e le tue scelte di vita.
La mia passione è la montagna e mi piacerebbe fosse rispettata di più.
( F. Paoletti)
Basterebbero queste ultime parole della postfazione al libro per capire “l’essenza” e “il perché”: la passione è il motore centripeto e centrifugo dell’uomo e della sua anima.
Il suo muoversi instabile e caotico è una tempesta che spazza via l’anello dell’ultima vincolante catena.
La passione muove la curiosità, rende l’essere attivo e proattivo.
La passione è quel gran turbine da cui possono scaturire quelle nebulose che poi diventano sostanza: i sogni.
Già, passione è anche sinonimo di tormento, di sofferenza e martirio: la Pasqua per i cristiani; non è un caso che scrivo questa nota a pochi giorni da questa ricorrenza.
(Non credo alle casualità).
Penso ancora che la parola Pesach per gli ebrei significa “passare oltre la schiavitù”.
In una parola: LIBERAZIONE.
(Non credo alle casualità).
Ho letto con interesse questo diario di Flavio, frutto di un’esperienza umana oltre che sportiva, attratto sia dalla passione che ho per la montagna ma soprattutto dalla curiosità di chi, da sognatore, diventa attore primario del proprio destino.
Questo libro è riuscito a sintetizzare al massimo emozioni e difficoltà di chi è arrivato a tendere la mano verso il cielo per liberare il proprio sogno.
Quello che fa Flavio non è semplice reportage, cronaca o diario ma è descrizione soggettiva rivolta all’oggettività dell’infinito di quei posti. Le due componenti si perdono e si intrecciano in una carnalità fisica e spirituale come fossero due amanti che si ritrovano dopo anni preservati da quella purezza frutto di una candida dimensione aereo-spirituale.
Si. Perché “l’essere impigliati” è condizione momentanea di un qualcosa che non aspetta altro che “l’essere liberati”. Non è difficile cadere nell’errore, che spesso si fa, nel considerare il tutto come un momentaneo flusso impetuoso di torrente: “Panta Rei”.
Il vivere alla giornata, oggigiorno, è spesso sinonimo di insicurezza e mancanza di chiarezza sul da farsi. E’ una giustificazione che prima o poi ti si presenterà davanti agli occhi con tutti gli interessi moratori o morituri.
I grandi sogni vanno costruiti e noi soltanto siamo gli artefici e carnefici.
Soltanto NOI possiamo costruirli e distruggerli.
Flavio, in più punti, ci descrive quella necessità primordiale dell’uomo, da sempre inquadrata, sotto la forma di eternità. Il tendere verso l’infinito.
Per l’appunto, ci fa capire come i sogni non si debbano confondere con utopie irrealizzabili o irraggiungibili ma piuttosto debbano essere inquadrati come prolungamenti di realtà ancora non manifeste avvinghiate dentro ognuno di noi, come magma incandescente pronto a sbottare.
Dipende solo da NOI.
Il SOGNO di Flavio stava lì dove l’uomo, da quando è sulla terra ripone speranze, silenzi e preghiere: la montagna.
Non mi dilungo nel discorrere sulle mille metafore che ci possono venire in mente ma vorrei soltanto confermare la primordialità spirituale e fisica che questa impresa ha in sé ed ha impresso in lui.
Gli Andini rappresentano tradizionalmente la Vergine Maria come un triangolo isoscele che nasconde la montagna stessa. In realtà quando gli europei pensavano di aver colonizzato a dovere questi popoli, i “selvaggi” hanno continuato a vedere la montagna anche nelle forme geometriche del Dio “Europeo”: la vetta di una montagna che culmina con il volto/cima della Madonna senza perdere l’originalità esclusiva. Il selvaggio non dimentica: Conserva, Preserva e Migliora l’ESSENZA.
Non importa in realtà chiarire quale sia la fede giusta; se quella pagana o monoteista.
Quel che importa apprendere è che in quelle cime sempre più alte riponevano i loro sogni, le loro speranze, le loro paure e i loro silenzi contemplativi anche sotto la persecuzione colona, anche a scapito, di quei sacrifici umani che ai civili erano incomprensibili.
SOLTANTO L’ELETTO DOVEVA MORIRE LASSU’ per la salvezza del suo villaggio o dell’intero popolo. Immolato al Dio Sole o a Pachamama. E cosi sia.
(Credo più all’uomo antico e selvaggio che in quello moderno e civilizzato).
Penso alle numerose vittime che lì hanno lasciato la vita. Pace a loro.
Non farò mai all’autore domande : Perché si sale un 8000 metri? Perché tanto rischio per una montagna? (domande reputate in un passo… “inutili”)
Non mi dilungo sulla celebrazione della persona e del coraggio dell’impresa.
Come semplice lettore della sua opera pongo l’attenzione sul coraggio di pubblicare; Coraggio non minore di un’ impresa sportiva. Assunzione piena di responsabilità di quel che si è fatto.
Un sogno anche questo o semplice conseguenza?
Non si sogna ad occhi aperti. Si sogna con la razionalità, con il sacrificio e l’abnegazione. Sacrificio scaturito dall’autore anche nella perseveranza di scrivere in condizioni border line ad esempio quando aveva le mani ghiacciate. In una parola: “consapevolezza”. I sogni si raggiungono con la consapevolezza e l’ingrediente primario della curiosità;
anche se, ahimè, viviamo in un mondo consumistico: le curiosità vengono ammazzate dalle comodità e tutto viene comprato.
Flavio denuncia, in un modo severo, questa improvvisazione e questa certezza, soltanto nostra (occidentale), di poter possedere tutto con il denaro. Essere o Avere?
Un pensiero lo rivolge al senso del tempo e alla sua relatività che questi popoli hanno.
Quanto è importante avere un riferimento temporale? E Se Flavio in una qualche vita fosse stato veramente uno di loro?
Bisogna riconoscere che l’uomo non ha mai rinunciato a questa sua tensione verso l’ignoto. Ulisse, Marco Polo o l’intraprendenza di tanti spedizionieri o Galileo nel campo della scienza. Non ci sarebbe stato quel progresso inteso più come condivisione di vedute e di nuovi intendimenti che come sviluppo economico.
Per questo è importante sognare nel quotidiano e in ogni momento della vita, a prescindere dal tipo di vetta.
Questo è il messaggio di Flavio.
Non importa se chi persegue il sogno rischierà la propria vita.
Non ci sono vite vissute a metà.
La vita o si vive o non si vive.
Altro ancora potrei dire sul suo cammino. Un cammino Biblico alla ricerca del proprio sé o meglio al rafforzamento dello stesso per condividere la felicità ancora più intensamente con i suoi amati.
Questo diario non è un autocelebrazione dell’autore, che mostra più di una volta le debolezze mentali e fisiche di “non farcela”. L’autore appare fragile.
E’ il ritorno dell’ ”essere” bambino.
E’ una necessità di risvegliare gli istinti primordiali rieducando l’uomo contemporaneo.
La montagna è natura, non è città, non è un ambiente in cui tutto è previsto e controllato, comodo e addomesticato, la natura ha le sue leggi, leggi eterne
(F. Paoletti)